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Autore: AskMeToBelieve    30/07/2014    3 recensioni
Lui e lei a Parigi, ad amarsi davvero. Per fuggire da quella realtà troppo opprimente per loro, che li ostacolava soltanto e che li costringeva a nascondersi.
Lui è il suo VERO amore, quello che la fa sentire viva, come mai era successo.
Lei il suo UNICO amore, quello tanto atteso e cercato, che lo ama davvero e non solo perché è una famosa popstar.
Lui le da un ciondolo come simbolo del sentimento che li lega, come una promessa che sfida il tempo.
Non potrebbero essere piu felici di così.
Poi... un incidente, che indietreggia il tempo e li fa ritornare all'inizio di tutto. Dove ancora niente era scritto, o forse si?
Lei in Italia e lui a Londra. Lui non ricorda nulla, lei si, e ha soltanto quel ciondolo come prova del loro amore surreale.
Nessuno dei due può permettersi di perdere tutto questo, eppure la sfida contro il tempo, per il ricongiungimento del loro destino, può concluderla solo lei.
Un amore senza tempo da rimettere insieme, due ragazzi che si amano, ma il tempo, si prende ancora gioco di loro.
Riuscirà lei con un semplice ciondolo a far ritornare tutto come l'ultima volta?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sophia's Pov.


Quella notte fu una delle più lunghe della mia vita. Una di quelle notti le cui ore sembravano non passare mai e dove ti sentivi incastrata nel tuo letto quasi come se ci fossero delle redini a tenerti ben stretta, impedendoti di compiere anche il più elementare dei movimenti. Lo sguardo perso in un punto imprecisato – ma che sembrava il più profondo di tutti – la sensazione di vuoto che pesava sul cuore, i capelli arruffati e l’espressione quasi arresa e disperata sul mio volto, mi facevano sentire una perfetta cretina. Non dovevo essere un bello spettacolo in quel momento.                                                                                                                                                       
Per tutto il tempo avevo le palpebre chiuse, ma non dormivo per davvero, i mille pensieri mi affollarono la testa impedendomi di rilassarmi quanto bastava per godermi delle ore di 'sano' riposo, o meglio, 'riparatore'. Il senso di preoccupazione, di paura, di colpa e di angoscia aumentarono ancora di più il flusso ininterrotto delle mie soffocanti emozioni e da lì dormire si rivelò essere un'impresa davvero ardua, tanto che mi ritrovai distesa su un materasso improvvisamente troppo grande e incastrata in un frammento di tempo intrascorribile ed asfissiante. Il ticchettio delle lancette dell'orologio sul mio comodino, scandivano un tempo che io speravo con tutta me stessa passasse in fretta, ma che invece, sembrava restare bloccato - ora dopo ora - esattamente nello stesso ed identico punto. Erano le sei del mattino da ore ormai. Non c'era verso di riaddormentarmi, nè soluzione che mi permettesse di recuperare il sonno perduto.
Forse il riposo mancato era solo una piccola parte delle cose che speravo di recuperare, di riportare indietro... ma era anche la perdita meno importante che potessi permettermi di smarrire, quindi non ci diedi peso. Decisi di smetterla di restare in quella condizione di dormiveglia eterno e di iniziare precocemente la mia intensa attività giornaliera, e di vedere Harry il prima possibile, prima che facesse sempre più male.                                                          
Una parte di me non vedeva l’ora di incontrarlo, di stringerlo forte, di sommergerlo di scuse, di stargli vicino una volta e per sempre, ma l’altra voleva solo allontanarlo per permettergli di salvarsi. Voleva solo che quell’incontro sarebbe durato il meno possibile e che non fosse così doloroso come mi aspettavo, per nessuno dei due. Mi stavo torturando a furia di rifletterci incessantemente per un’intera nottata. Mi sorpresi del fatto che non fossi realmente impazzita.         
Con un sospiro motivatore, cercai di alzarmi senza far troppo rumore, in modo da non svegliare le mie amiche che ancora dormivano beatamente ma, la gamba di Jen avvinghiata alla mia, me lo impedì. Dannazione, quella ragazza quando dormiva era peggio di un campo di battaglia, te la ritrovavi in tutte le posizioni possibili senza accorgertene, ma era buffo osservarla riposare in tutti quei modi strani. Per un nano secondo ero quasi sul punto di scattarle una foto per riderci su ogni volta avrei voluto, ma abbandonai presto quel mio istinto scherzosamente perfido, per divincolarmi da lei.     
Tentai di togliere la gamba delicatamente, sollevando la sua, ma senza nemmeno avere il tempo di poggiarla sul materasso, ecco che poggiò l'altra, facendole prendere il posto di quella che ero appena riuscita a spostare quasi vittoriosa. Sospirai diverita e rassegnata allo stesso tempo... si preannunciava l'inizio di un'intensa e particolare giornata 'costruttiva', se così potevo definire i miei tentativi inutili di levarmela da dosso senza svegliarla. Mi ributtai a peso morto sul letto, e affondando il retro della mia testa nel morbido cuscino che adesso, a differenza della notte appena trascorsa, era molto comodo e rilassante, e quasi mi spingeva a richiudere gli occhi e a riabbandonarmi a Morfeo, ma sapevo perfettamente che se avessi permesso al sonno di prendere il sopravvento adesso, non avrei potuto fare più nulla di quello che avevo previsto nell'agenda.

Si, sarebbe stata davvero una giornata molto... molto intensa.  

Mi rialzai di nuovo con riluttanza e presi il mio amato cuscino, per collocarlo al di sotto della gamba di Jen, così che, anche con la mia assenza, avrebbe avuto comunque un pò di spessore per rimanere nelle sua strana posizione. Con una mossa veloce e repentina alzai la sua gamba, spostando la mia al volo e posizionando il cuscino nella postazione giusta, evitando di abbassarmi troppo e quindi di ricevere una piedata in testa. Anche se quasi tutte le mattine dovevo fare tutte queste peripezie per far uscire tutti illesi e contenti, dovevo ammettere che erano dei nuovi ritmi a cui già non potevo fare a meno. Fu proprio facendo questo che mi accorsi di quanto era bello avere qualcuno che ti facesse compagnia e che ti aiutasse a distrarti quando avevi altri pensieri per la testa.                                                   
Con aria trionfante e sorpresa da quella mia improvvisa agilità, mi allontanai dal letto e mi avvicinai allo scaffale di fronte a me e, rovistando un po’ tra le mie cose per cercare il necessario per una doccia mattutina, notai il mio quadernino lilla.
Lo presi e sfogliandolo mi resi conto di non averci scritto su da quanto ero arrivata qui a Londra. Non avevo annotato il mio incontro con Harry, la mia mezza settimana trascorsa con loro, al rapporto d’intesa che si era creato dal nulla tra me e lui, ciò che era successo in questi cinque giorni… nulla. Nessuna riflessione, nessuna frase, nessun pensiero, nessuna emozione. Mi sorpresi di me stessa, per essermi dimenticata di scriverci… ma come avrei potuto annotarci qualcosa se mi mancavano le parole e nessuno era stato in grado di riportarmele indietro? Se chi poteva farlo, avrei dovuto lasciarlo andare via per sempre? Una vocina dentro di me, mi persuase a cogliere l’attimo e così, nel bel mezzo dell’alba, mi sedetti e decisi di scrivere su quel quaderno. Senza introduzioni, senza flashback, senza premesse, senza freni. Avrei scritto quello che mi passava per la testa, quello che provavo… e magari sarei riuscita a mettere in ordine il mio flusso di coscienza, senza doverlo per forza affidare a lui.                                                                                                         
Una volta iniziato a scrivere, fu difficile fermarmi… e per un po’, dimenticai tutto il resto. Quando terminai, rilessi tutto d’un fiato quello che scrissi e mi ritenni soddisfatta:
 
L'amore se non ha il tuo viso familiare, la tua voce calda, le tue mani morbide, i tuoi occhi che riflettono il mondo o il tuo profumo che trasforma tutto in primavera, allora non è amore.
Non riesco ad immaginarlo con nessun'altro.
Che me ne faccio delle farfalle nello stomaco se non ci sei tu ad afferrarle quando volano via?
Che me ne faccio dell'inverno se gli unici brividi che provo, sono con te?
Che me ne faccio del mondo, se il mio mondo non sei più tu?
Come faccio ad amare qualcun'altro, se amo solo te?
Che me ne faccio dell'amore, se non ha più il suo nome inciso sopra?
Che me ne faccio degli altri, se per me esisti solo tu?
Non è così facile come sembra. Io senza di te, non riesco a stare.
Come faccio a sentirmi mancare con altri sguardi? Con altri abbracci?
Prendi la mia mano.
Guardami negli occhi come sai fare tu.
Ascolta i nostri respiri all'unisono.
Giurami che insieme possiamo ancora stravolgere le regole, dimmi che siamo ancora in tempo per correre lì dove le stelle hanno ancora tempo per noi. Perché qui, le stelle avverse sotto cui siamo nati, stanno facendo di tutto per allontanarmi da te, ed io non voglio. No, cavolo, non voglio. Magari altrove, magari lontano noi siamo giusti l’uno per l’altra, ed i nostri passati non saranno più un intralcio per la nostra felicità.
Perché non possiamo fuggire lì? Perché non posso tenerti con me? Dannazione.
Tu sei l'unica ancora di salvezza che ho a cui aggrapparmi.
L'unica cosa che ancora mi resta, che ancora mi permette di restare ben piantata a terra, seppur mi fa sentire mancare allo stesso tempo. L’unica che mi salva e mi distrugge, l’unica che ho sempre desiderato.
Ma adesso, nonostante tutto, posso dirti che una certezza ce l'ho: semmai un giorno, mi chiedessero il lato migliore di me, senza nessun dubbio, mi volterò e guarderò te.”
 
Anche se sono costretta a lasciarti andare e ti guarderò da lontano, mentre i nostri sguardi s’incrociano per l’ultima volta… resteresti comunque la mia parte migliore.” Sussurrai chiudendo il quaderno e trattenendo le lacrime che da lì a poco avrebbero fatto capolino.
 
Faceva così tremendamente male voltare pagina prima ancora di leggere il prologo, faceva così tremendamente male andare avanti se ogni cosa che vedevo, mi faceva venire in mente lui. Faceva tremendamente male e basta, ma era per il suo bene, ed io dovevo essere forte. Avrei dovuto allontanarmi da lui così che non si affezionasse più così tanto a me. Non potevo permettermi errori. Dovevo resistere e piangere in silenzio. Lui non doveva accorgersi di nulla, doveva solo,inconsciamente, trovare qualcun altro con cui potersi legare così tanto. Ed io sarei stata bene comunque, anche se non ero felice.
Chiusi il quadernino e lo riposi al suo posto, così che a nessuno sarebbe venuto il sospetto che ci avessi scritto su, così che nessuno avrebbe capito quanto ci stessi male e ripensai alla comica scena tra me e Jen appena conclusa, riuscendo a scacciare, in parte, il magone che minacciava di avanzare in me. Mi voltai e notai Charlie cambiare posizione, girandosi verso la parte esterna del letto. Sorrisi.
Mi alzai dallo sgabello il più silenziosamente possibile, sorprendendomi del fatto che non avessi svegliato nessuno e presi la mia trousse dalla mensola. Proprio mentre pensavo seriamente ad una mia uscita di scena in perfetto stile catwoman, sentii una flebile voce, chiamarmi alle spalle.

" Soph? Sei tu?" chiese Charlie mezza assonnata.

Ancora girata di spalle feci una smorfia, sbuffando esasperata e mi voltai verso di lei.

"Si, Charlie sono io. Nessun ladro in vista, tranquilla!" scherzai.
"Che ci fai sveglia così presto?" chiese sorpresa stropicciandosi gli occhi.
"Nulla, sto andando a farmi una doccia. Mi sono appena ricordata di avere molte cose da fare stamattina e volevo abbreviare i tempi svegliandomi presto" cercai di dire stranamente di fretta e pregando con tutta me stessa che si riaddormentasse. Tutto questo vocio prima o poi avrebbe svegliato tutti, me lo sentivo.
"Mmmh..." mugulò poco convinta. "Senti, se non te la senti di dirmi cos'hai va bene, non voglio sapere cosa hai in quella tua mente folle... ma cerca di farti venire la voglia di fare la superspia in un orario meno mattutino!" disse lanciandomi un cuscino.
"Hei!" esclamai rilanciandoglielo. "Non è colpa mia, ma di Jen che come sempre si è avvinghiata a me. Ma va bene, la prossima volta che mi alzo, sveglio tutte aprendo la tenda di scatto. Così l’impatto traumatico non vi lascia scampo” battibeccai divertita.
"Se lo fai, dimenticati di una vita tranquilla”
Risi. "Sei sempre così simpatica la mattina Charlie!" scherzai.
"Tu sempre così troppo indaffarata" rispose lei sistemandosi il cuscino sotto la testa.
" Ma so che mi vuoi tanto bene" continuai tirando fuori la lingua.
"Purtroppo” sospirò lei. “ Incomincio a pensare seriamente di cambiare amica... e prenderne una più silenziosa e più aggraziata magari. Sai, almeno mi fa dormire la mattina presto" bofonchiò da sotto al cuscino.
"Se lo fai dimenticati una vita tranquilla!" le risposi divertita con la stessa battuta che mi disse poco prima, mentre lei rise di gusto e ritornò a dormire tranquilla.

Si, credo che abituarsi a quella nuova compagnia sarebbe stato difficile, ma lo sarebbe stato ancora di più se ne avessi dovuto fare a meno.
Uscì dalla camera dando un'ultima occhiata alle ragazze e ancora sorridendo, richiusi leggermente la porta avviandomi verso il bagno.

***

“Allora cosa prevede il tuo programma oggi?” mi chiese Jen mentre si truccava accuratamente seduta alla scrivania.
“Innanzitutto credo che andrò all’Old Hannings a salutare tutti i ragazzi. Non ho avuto modo di stare con loro l’ultimo giorno della scadenza del progetto. Sento un po’ la loro mancanza”
“Senti la mancanza di Harry semmai!” mi corresse lei, senza interrompere quel che stava facendo.

Si, aveva decisamente ragione. Mi mancava maledettamente.

“Esatto!” s’intromise Charlie mentre si sistemava i capelli.
“Vabbè dettagli…” la feci breve. Preferivo non parlare di lui, non dopo quello che avevo scritto di lui stanotte. “E dopo aver fatto ciò ritornerò al London State per accertarmi che il mio progetto sia arrivato correttamente e che sia stato valutato”.
“La solita secchiona perfettina!” esclamarono le mie amiche in coro per prendermi in giro, ed io sbuffai portando gli occhi al cielo. “Voi invece? Che piani avete per oggi?”
“Bhè credo che ci faremo un giro per il quartiere, sai sembra molto carino qui. E con l’aiuto di Charlie, credo faremo una sosta al centro. Ho voglia di fare tante cose!” Affermò Jen euforica.
“Perché ho la sensazione che ne combinerai una delle tue stamattina?” la presi in giro.
“Semplice, perché sarà esattamente così” rispose con fare disinvolto.
“Oh povera me!” esclamò Charlie portandosi una mano al viso disperata, provocando le risate divertite di tutte. “Potremmo anche raggiungerti all’Old Hannings se vuoi. Sembra un posto accogliente… ce ne parli spesso e non abbiamo mai avuto l’occasione di andarci, né di conoscere nessuno dei ragazzi” continuò Charlie.
“Già… sai, sentirne parlare e vederli sui giornali è un conto, ma averli di fronte… è tutta un’altra cosa!” s’intromise Jen.

Ci riflettei su. Anche se non ero certa che gli fosse consentito entrare in una sede privata, era un’ottima idea. Almeno avrei avuto un diversivo per andarmene in fretta e per impedire che il mio incontro con Harry diventasse 'troppo intimo', come sempre ormai.

“D’accordo d’accordo… ho capito” sorrisi. “Ci vediamo lì alle 10.30 ” affermai, mentre loro esulavano estasiate.          

Presi la borsa dal letto e dopo aver dato un’ultima controllata per accertarmi di non aver dimenticato nulla, mi avvicinai alla porta.

“Sapete come raggiungere l’Old Hannings? O volete che ve lo spieghi?”
“Abbiamo la cartina, guarderemo da qui grazie.” Disse Charlie.
“Sicure?”
“Si, tranquilla. Insomma, quanto mai potrà essere difficile?” intervenne Jen ironica
Le guardai divertita. “Va bene, allora vado. Ci vediamo dopo!”

Richiusi la porta dietro di me, prendendo un respiro profondo, e sperando che, quando avrei incontrato Harry, i suoi occhi non mi avrebbero fatto molto male.



Harry’s Pov

Erano le sei del mattino, ed io, come raramente mi era capitato, stavo già lavorando ad un nuovo pezzo. Avevo in testa una melodia che mi tormentava da giorni e pensare alle parole da adeguarci su non fu così difficile come credevo. Avevo la mia fonte d’ispirazione e non mi era mai successo di scrivere un testo di una canzone così facilmente. In questi giorni avevo dovuto trovare un modo per darmi forza da solo, per auto-incoraggiarmi come avevo bisogno, per riprendere la mia vecchia routine anche senza di lei, che ogni mattina ormai non veniva più a riempirci la testa di mille domande per il suo progetto, o a sorriderci e sostenerci come poche persone sapevano fare.
Lavoravo a quel pezzo da tre giorni, e so che avrei continuato ancora per molto. Era come se sentissi di dovermi liberare di tutto quel che provavo, come se per trovare le risposte di cui necessitavo dovevo per forza “ritornare alle origini” e cercare di sfogarmi componendo, piuttosto che confidarmi con lei. E se anche avessi voluto, non ne avrei avuto comunque il modo, dato che per ben cinque fottutissimi giorni, di lei non ne avevo più traccia; tranne che per qualche risposta furtiva e monosillaba che ero riuscito a strapparle tra un giorno e l’altro, ma poi… nulla. Non avevo la minima idea di cosa le fosse successo, di come stesse, di cosa avesse bisogno. Io ero lì che avrei potuto darle tutto quello che desiderava, o almeno, avrei cercato di aiutarla… esattamente come aveva fatto lei con me. Ma per qualche assurdo e snervante motivo lei non me lo permetteva. Era fredda, sembrava avesse innalzato il suo muro ancora di più, proprio quando il mio, invece, avevo appena imparato a distruggerlo. Non riuscivo a capire cosa avesse e questo mi innervosiva parecchio, soprattutto se questo suo malessere la costringeva ad assentarsi per così tanto tempo.
In questi giorni mi ero reso conto più che mai di quanto stesse diventando importante Sophia per me, e non mi ero mai sentito così, non mi ero mai trovato in questa situazione. Insomma, era ridicolo cazzo!                                  
Una ragazza che conoscevo da appena una settimana mi era entrata dentro, molto meglio e molto più di tante altre ragazze con cui ci ero stato per mesi. Non sapevo nulla di lei, eppure in sua compagnia mi sentivo come se ci fossi abituato da sempre… e invece no cazzo, non mi ero mai sentito così. Mi sentivo come se sapessi tutto di lei e come se lei conoscesse ogni minimo dettaglio di me. Bastava un solo sguardo per salvarmi come non mi era mai accaduto, ed un altro ancora per distruggermi senza alcun controllo. Come poteva una perfetta sconosciuta, ispirarti così tanta fiducia e sicurezza? Come poteva una perfetta sconosciuta capirti così tanto solo guardandoti? Come riusciva ad avere questo effetto così calmante su di me? Come poteva una ragazza comparsa dal nulla, entrare nella mia vita con così tanto silenzio e fare, allo stesso tempo, così tanto rumore? Le avevo confidato da cosa stavo scappando, dopo neanche tre giorni di conoscenza – fuga che nemmeno i miei amici della band conoscevano – e mi ero sentito sollevato di un grosso peso. Mi sentivo come se avessi fatto la cosa più giusta in vita mia. E se avessi avuto modo di riscegliere, lo avrei fatto ancora. Come era possibile tutto questo? Non potevo legarmi così tanto ad una ragazza conosciuta da poco… insomma, se lo avessi detto in giro mi avrebbero preso per pazzo! Perfino i miei amici direbbero che mi è dato di volta il cervello porca puttana.    
Mi sentivo così impotente… e questo mi confondeva. Non sapevo cosa provavo per lei… ma sicuramente ora che era entrata nella mia vita, prepotentemente ma con così tanta delicatezza, non l’avrei lasciata andare via. Avevo come il presentimento che Sophia avesse un ruolo importante per me, e anche se ancora non sapevo quale fosse, già la sentivo dentro di me. E non capivo il perché.                                                                                                                                            
Le avevo detto tante frasi importanti dannazione. Non le dicevo a tutti quanti… in realtà non le avevo mai dette a nessuno. E così sarebbe dovuto essere. Ma quando
stavo con lei, tutto ciò che pensavo, ciò che mi dettava la mente, l’orgoglio, la barriera e tutto me stesso si annullavano completamente. Era come se il mio cuore o qualcos’altro dentro di me prendesse il sopravvento e si mettesse in comunicazione con lei. Senza darmi nemmeno il tempo di rendermi conto di cosa le stavo dicendo. Sapeva più cose lei di me che i miei migliori amici. Lei custodiva le mie emozioni più nascoste, le mie sensazioni e paure che non potevo permettermi di mostrare.
Lei… lei… era in grado di rivoluzionarmi in questo modo. E non sapevo se era un bene o un male. Ma non riuscivo a fare a meno di tutto quel bellissimo imprevisto, rigenerante e stravolgente come un uragano.                                                                                                               
Forse erano i suoi occhi celesti così trasparenti e così profondi che catturavano la mia attenzione, trascinandomi a lei. Forse era la sua riservatezza, il suo passato da cui fuggiva – a me sconosciuto-  che catturava la mia vulnerabilità e la rendeva sua.                                                                                                                                
Forse era il suo sorriso che mi catturava e basta… e mi sentivo più leggero ogni volta che lo faceva.
Come se un suo sorriso mi salvasse senza che lei lo sapesse. E senza che lo sapessi neanch’ io d’altronde.
Stavo delirando. Non era possibile che arrivavo a dire cose simili di una ragazza che conoscevo appena. Forse stavo sognando, forse ero intrappolato in una fantasia che avevo immaginato soltanto io, forse era solo un’allucinazione. La più bella che abbia mai visto però. E se quando ero in sua compagnia, non vedevo l’ora di rivederla il giorno dopo, adesso che non avevo più sue notizie, avevo soltanto voglia di correre da lei, buttare giù quella porta a suon di pugni, guardarla negli occhi ed abbracciarla forte. Ma non sapevo cosa mi desistesse dal farlo. Probabilmente se avesse voluto parlare dei suoi problemi con me, lo avrebbe già fatto. Forse non voleva, ed io non potevo pretendere di piombare da lei all’improvviso e farmi dire ciò che la turbava contro la sua volontà. Anche se mi faceva molto male vivere in questa condizione di impotenza.                                                                                                                                              
Ero sicuro che avesse qualcosa, me lo sentivo… e purtroppo il mio sesto senso non sbagliava mai. In questi anni avevo imparato a conviverci. C’era così tanta alchimia tra noi, che ormai anche io riuscivo a leggerla dentro, anche se non bene come, invece, sapeva fare lei. Volevo aiutarla, volevo che ritornasse felice come sempre. Volevo soltanto averla vicino, ed io mi sentivo tremendamente stupido, anche solo a pensarla una cosa così, data la nostra particolare “situazione”. Non sapevo cosa provavo per lei, ma sapevo solo che era qualcosa di forte, di raro… qualcosa tipo che sarei voluto restarci a parlare per ore per una notte intera. E lasciare che le nostre paure insieme, scacciassero ogni tempesta. Invece, mi ritrovavo a scrivere una stupida canzone, perché era l’unico modo che avevo per far capire ciò che sentivo, a qualcuno che forse nemmeno mai le avrebbe sentite queste parole, ma era sempre stata la mia seconda fuga, e lo sarebbe sempre stato. Dopo questi cinque giorni di nulla, occupavo il mio tempo morto componendo e quel che stava venendo fuori era talmente sofferto e personale, che sarebbe stata la mia piccola canzone proibita. Così come quella strana sensazione che avevo dentro di me, ogni volta che vedevo lei… e la guardavo negli occhi.
Nessuno doveva saperlo, almeno finchè non ero certo perfino io stesso di cosa provassi. Sarebbe stato il piccolo grande segreto.  
Ancora assorto nei miei pensieri, ripresi il plettro dal comodino, e dopo aver riprovato un paio di accordi, provai a canticchiare quel che avevo scritto:

Now you were standing there, right in front of me
I hold on scared and harder to breath.
All of a sudden these lights are blinding me
I never noticed how bright they would be.
Seems like these days I watch you from afar
just trying to make you understand:
Don’t let me, don’t let me
Don’t let me go
‘Cause I’m tired of feeling alone”

L’insieme stava venendo su abbastanza bene e non vedevo l’ora di terminare quella canzone. Magari avrei potuto cantarla a squarciagola, magari qualcuno l’avrebbe sentita, lei l’avrebbe sentita, e non sarei stato più costretto a cantarla da solo... si, e poi come per magia il mondo si sarebbe trasformato in un insieme di cuoricini rosa e uccellini che cinguettavano, stavo diventando davvero patetico. Veramente molto patetico e ridicolo. Che mi stava succedendo? Odiavo non conoscere la risposta cazzo.
Delirando tra un film mentale da oscar e l’altro, una chiamata mi distrasse e per qualche assurdo motivo, mentre presi il telefono, speravo fosse lei, ma quando lessi il nome di Zayn quella piccola speranza dentro di me scomparve, così come il lieve sorriso che minacciava di spuntare sul mio viso.

Era ovvio che non potesse essere lei, cosa ti eri messo in testa?” mi ripetei mentalmente sentendomi ancora più stupido.

Se avesse voluto farsi viva, lo avrebbe fatto cinque giorni fa… non si sarebbe ‘dimenticata’ di me così. Già, trascuravo quanto potesse far male una cosa simile… c’ero abituato ormai, ma qualsiasi cosa facesse lei o faceva tremendamente bene, o tremendamente male. Non c’erano vie di mezzo… e forse questa era sempre stata la particolarità del nostro rapporto. Non era entrata nella mia vita come accadeva a tutti, non l’aveva fatto con una risata, con una chiacchiera o con qualsiasi altro metodo d’approccio che usavano tutti, né c’era entrata con uno scontro casuale su un marciapiede di periferia, bensì con uno sguardo. Con un solo semplice sguardo, che mi aveva completamente stravolto.
L’ennesimo squillo del telefono mi riportò dalla realtà dall’ennesimo mio pensiero su di lei. Stava accadendo troppo spesso in questi cinque giorni. Avevo bisogno di distrarmi, di pensare ad altro. Guardai nuovamente il nome di Zayn sullo schermo e risposi.

“Hey Zayn” dissi quasi apatico.
“Hey Haz” disse lui in tono opposto al mio. “Come va?”
Rimasi perplesso “Va… va come sempre”

Ci furono alcuni secondi di snervante silenzio.

“Zayn cosa vuoi?” sputai scocciato. “Se devi dirmi qualcosa fallo subito, non girarci intorno con questa vocina compassionevole, perché non fa altro che irritarmi” dissi tra i denti.

Odiavo queste sue chiamate troppo compassionevoli. Da quando avevo iniziato a star male per l’assenza di Sophia, mi aveva tempestato di chiamate dove mi chiedeva come stessi, cosa facevo e bla bla bla. Tutto stava assumendo una vena ridicola. Come voleva che stessi cazzo? Perché era sempre così felice quando mi chiamava?
Io non lo ero, non lo ero per niente. Non mi aiutava quel suo tono compassionevole. Stavo bene porca puttana. Non ero felice, ma stavo bene.
E subito in quel momento mi domandai se fosse giusto che una persona potesse stare bene, anche se in realtà non era per niente felice
. Mi domandai davvero con tutto me stesso se fosse possibile.

“ Ehm” mugulò lui imbarazzato e sorpreso “volevo solo sapere come stavi… e ricordarti che tra un’ora c’è il soundcheck”.
“Si lo so cosa c’è tra un’ora” ribattei indispettito mentre guardai l’orologio.

Erano già le otto. Ed io, per perdermi tra i miei deliri e pensieri, non mi accorsi che erano già passate due ore da quando mi ero svegliato. Silenziosamente ringraziai Zayn, per avermene fatto accorgere. Ma non gliel’avrei mai confessato, per oggi ero stato vulnerabile abbastanza.

“D’accordo, allora suppongo non ci sia altro da dire” esitò. Mi iniziai a sentire in colpa, merda. “A tra poco” concluse in modo spento.
“Va bene” risposi. “E… scusami” mi lasciai scappare velocemente, quasi sussurrando, prima che concludesse realmente la chiamata. Non ero certo che mi avesse sentito in tempo, ma non mi importava.

Era strano ritornare di nuovo scontroso verso di lui, verso di loro. Era da un po’ che non lo facevo più e che avevo promesso di non farlo. Ma se a chi l’avevo promesso non potevo dimostrarlo, che senso aveva continuare a mantenerla? Avevo così un diavolo per capello, che anche se avessi voluto rispettarla per me stesso, non ne sarei stato capace. Dovevo trovare qualche altro metodo che mi aiutasse a sfogarmi. Dovevo trovarlo… e subito. Tutti questi dubbi e questi pensieri mi stavano facendo scoppiare la testa.
Non appena riattaccai, raccolsi tutti i fogli sparsi disordinatamente sul letto e riponendoli gelosamente dentro una busta di carta che nascosi sul fondo del cassetto del mio comodino. Presi la chitarra e dopo averla inserita nella custodia, la posai al solito posto vicino l’armadio.
Mi affannai a raccattare i primi vestiti che avevo a tiro e cercai di prepararmi velocemente per recarmi all’Old Hannings. E mentre mi vestivo, non potevo fare a meno di riflettere su ciò che avevo pensato prima: stavo bene, ma non ero felice; perché, ora come ora - anche se non ero di certo di come avrei reagito - per essere felice volevo soltanto che lei oggi venisse da me.



Zayn’s Pov

Gettai il telefono con rassegnazione su un sediolino qualsiasi dell’auditorium e mi sedetti a peso morto sugli scalini, sbuffando. Mi ero stancato di sentire Harry così, un’altra volta. Mi ero stancato di vedere di nuovo l’Harry di quasi una settimana fa: suscettibile, perennemente nervoso e che inveisce contro di noi per ogni minima cosa. Mi sembrava di ritornare indietro, quando tutti soffrivamo per questa spiacevole situazione e sembravamo essere giunti al capolinea. Non mi andava di rivivere di nuovo tutto questo. Non mi andava di litigare di nuovo con il mio migliore amico e far sì che la tensione tra noi ostacolasse anche il nostro lavoro. Non capivo perché all’improvviso era ritornato ad essere così scontroso e misterioso, a ‘dialogare’ senza far a meno delle sue risposte taglienti e delle frecciatine sarcastiche. Aveva rialzato la sua barriera, era ovvio, ma non riuscivo a capire cosa lo avesse sconvolto o ferito così tanto, al punto da fargliela erigere di nuovo. Ci riflettevo in continuazione, eppure, nonostante tutte le ipotesi che avessi in testa, nessuna sembrava essere quella giusta, o meglio, quella così sofferta per lui.
Un pensiero fisso mi ronzava in testa, però, e se fosse stato proprio quello l’enigma di tutto questo, allora avrei dovuto fare una vera e propria chiacchierata con lui. Insomma, stava andando tutto così bene cazzo, perché comportarsi ancora così? La situazione, ad un certo punto, era migliorata e, coincidenza o no, assunse una piega diversa proprio con l’arrivo di Sophia. Da quel giorno Harry sembrava essere cambiato. Sembrava essere ritornato nella sua vera natura. L’ultima volta che vidi Sophia, fu quando ebbe improvvisamente un forte attacco di panico qui nell’auditorium… prendemmo un bello spavento tutti quanti, ci sorprendemmo di quanto fu forte il suo malore improvviso, ma ciò che ci sorprese del tutto, fu la reazione di Harry. Balzò in piedi di colpo e corse da lei come se noi non esistessimo più. La abbracciò stretta e sul suo viso vidi un’espressione molto sentita e coinvolta, sembrava davvero che fosse molto preoccupato per lei. Noi altri ci guardammo tra noi basiti e sorpresi, quasi sconvolti. Non ci aspettavamo un comportamento così premuroso da parte del nuovo Harry, non ci aspettavamo che ritornasse ad essere quello di sempre in tre secondi, soltanto vedendola stare male. Dopo il lungo abbraccio si guardarono negli occhi per un bel po’ di tempo, e vidi quasi una grande scintilla tra i due, e fu lì che mi resi conto che probabilmente per Harry, Sophia non era poi così indifferente. Ma quando lei tentò di scappare imbarazzata e lui piantò in asso noi nel bel mezzo di una conversazione, solo per raggiungerla e portarla con sé, trasformai la mia tesi in una vera e propria teoria: Sophia aveva la strana, sconosciuta, ed inspiegabile capacità di tirar fuori il vero Harry, di migliorarlo, di cacciare il meglio di lui, ed io avevo questo sospetto fin dalla prima volta che si sono incontrati qui all’Old Hannings.
Sapevo che lei poteva aiutarci inconsciamente, sapevo che potesse riuscirci ed ero davvero felice di essermi accorto che il mio, non fosse solo un semplice presentimento. Il giorno dopo Harry era completamente cambiato, o meglio era ritornato in sé: venne alle prove col sorriso stampato sulle labbra, era di buon umore, provava meglio del solito e propose tante buone idee per le esibizioni. Era decisamente più coinvolto in quel che facevamo, e finalmente mi sembrò di rivivere i vecchi tempi, quelli quando iniziammo a muovere appena i primi passi da band esordiente. L’entusiasmo era lo stesso e anche la complicità, smise di trattarci male, di essere perennemente cupo e di mal umore, non conduceva più una vita sregolata né prendeva decisioni avventate.
Nessuno seppe spiegarsi il perché di questo suo nuovo cambiamento, ma io si. Non so cosa fecero quel giorno quando scapparono insieme, non so cosa si dissero, cosa successe… ma qualunque cosa sia stata, aveva liberato Harry di un grosso peso. Era rigenerato e sapevo che fosse merito di Sophia.
Sorrisi a quel pensiero e mi venne il magone quando mi accorsi di ripensare a tutto questo come un ricordo lontano e non come alla realtà.
Da quel giorno Harry cambiò in meglio, ma Sophia scomparve. Non si ebbero più sue notizie, se non che aveva preso un giorno di malattia, quindi deducevo che non si sentisse bene. Ma poi i giorni divennero, tre, poi quattro, poi cinque… fino a finire la settimana, ma di lei nessuna traccia. Tutti iniziammo a sospettare che il suo giorno per malattia fosse ricollegato all’attacco di panico che le venne la settimana scorsa, ed iniziammo a temere il peggio, ma se fosse stato così sarebbe arrivato un comunicato o un certificato di malattia che lo avrebbe attestato, quindi scacciammo questo brutto pensiero dalla mente. L’unico ad essere ancora molto preoccupato era Harry, e rividi nei suoi occhi e nei suoi atteggiamenti, la stessa preoccupazione che provò quel giorno quando lei si sentì male, solo moltiplicata cinque volte di più. Improvvisamente, ogni giorno che passava e lei non c’era, lui era sempre più giù di morale oltre che sempre perennemente preoccupato.  Aveva continui sbalzi d’umore, passava dalla rabbia, alla tristezza, dalla lieve euforia, alla solitudine. Non capivo che gli stava succedendo. Sapevo che il suo comportamento era strettamente legato a Sophia, ma per arrivare addirittura a fargli cambiare umore allora, c’era qualcosa sotto di cui nemmeno io ne ero a conoscenza. Harry non mi aveva mai parlato di lei. Non ci eravamo mai seduti a tavolino per fare una bella chiacchierata su cosa provasse, ma non ne avevo mai avuto il modo. Era sempre sfuggente, ed inseguirlo diventava sempre più difficile. Ma se la situazione non sarebbe migliorata, avrei preso seriamente in considerazione quest’idea.
Dovevamo risolvere questo problema e subito, o le prove avrebbero rallentato e calato di qualità ogni singola volta. Prima l’avevo chiamato perché da quando era triste, sentivo il bisogno di farlo, per stargli vicino, e fargli capire che con me poteva sempre parlare di tutto, anche se si allontanava un po’. M evidentemente tutte le mie chiamate lo infastidivano… magari le avrei ridimensionate.
Oltre a sapere come stava volevo anche ricordargli del soundcheck perché ieri venne in ritardo e sballammo la scaletta di un’ora. Tornammo a casa più tardi del solito e il signor Hampton non ne fu molto felice dato che sarebbe dovuto partire per Los Angeles, ed era stato costretto a spostare il volo a oggi pomeriggio. Ciò che mi consolò fu il fatto che riuscì a sentire il suo sussurrato e fugace ‘scusami’ e sorrisi quando lo fece, perché in fondo in fondo, non era poi così diverso dall’Harry di sempre. Prima di Sophia, il suo cambiamento era insensato, era un cambiamento fin troppo radicale, ora invece era un mutamento di sofferenza. Stava particolarmente giù e quindi agiva di conseguenza… e per questo motivo gliela passavo. 
Riuscì a sentire le sue scuse, ma non glielo avrei detto per adesso, magari avrei solo sottolineato il suo momento di debolezza, ma mi aveva fatto piacere. Sarebbe finito tutto prima o poi, se solo Sophia fosse entrata da quella porta oggi. Lo speravo davvero con tutto il cuore. Volevo vederci meglio in tutta questa storia, volevo vedere Harry felice e prima o poi un dialogo con entrambi non me lo avrebbe tolto dalla testa nessuno.
Mi alzai dallo scalino per andare a prendere il telefono. Ero rimasto seduto lì per non so quanto e avevo perso la cognizione del tempo. Raggiunsi la mia destinazione e cercai di vedere l’orario, quando la porta si aprì, facendo risuonare lo scricchiolio per tutto l’auditorium.
Alzai lo sguardo velocemente e quando mi accorsi che Harry entrò da quella porta, subito tirai un sospiro di sollievo.

“Hey amico” dissi facendogli un cenno con la mano.
“Hey” sorrise appena, con il tono spento. “Iniziamo le prove?”

Restai di stucco. Evidentemente voleva distrarsi proprio parecchio… ma non avrei fatto domande. Magari oggi sarebbe stata la giornata buona.

“Certo” esclamai, mentre lui sistemava le sue cose. “Dammi solo il tempo di chiamare gli altri”.
 


Sophia’s Pov


Guardai per la terza volta l’orario sul mio orologio da polso mentre battevo insistentemente il piede per terra. Ma dove erano finite quelle due? Avevamo appuntamento qua fuori ben dieci minuti fa e di loro ancora nessuna traccia. Probabilmente si erano fermate a contemplare qualche vetrina di troppo, o stavano cercando di fare colpo su qualche bell’inglese di turno. Avrei tanto voluto stare con loro, chissà quante ne avevano combinate.
Sorrisi pensando alle loro marachelle e alla loro allegria contagiosa, ma subito l’ansia iniziò a farsi spazio dentro di me. Il solo pensiero che lì dentro potesse esserci Harry mi terrorizzava e mi rallegrava allo stesso tempo. Ma avevo paura di guardarlo negli occhi, avevo paura che non sarei riuscita ad evitarlo come avrei voluto, anzi, come era giusto che fosse. Dovevo resistere con tutta me stessa, dovevo essere forte, non potevo crollare.
Passarono altri cinque minuti e il tempo stringeva. Non potevo perdere altro tempo. Prima sarei entrata, prima me ne sarei andata. Mi mordicchiai l’interno delle guance guardando da un lato all’altro della strada, e non vedendo le mie amiche arrivare, decisi di entrare comunque.
Aprii la porta cigolante e feci capolino con la testa, vedendo alcune figure in miniatura parlare tra loro sul palco, mentre strimpellavano degli strumenti. Bene, non mi avevano nemmeno notata, ero ancora in tempo per correre via… ma era un’idea folle e scossi la testa cercando di convincermi ad andare fino in fondo. Ero scomparsa per giorni senza dare spiegazioni, adesso me ne sarei dovuta andare per forza perché il progetto era finito. Non potevo scomparire senza un valido motivo dalle vite di tutti loro. Passare per un saluto era il minimo che potessi fare.
Entrai con decisione nella sala e, paradossalmente, ogni passo che facevo diventava sempre più pesante. Era come se i piedi affondassero nelle sabbie mobili e le mie gambe riuscivano con sempre più difficoltà a raggiungere la meta.

Forza Sophia, puoi farcela” mi ripetei, mentre ero a metà strada tra l’entrata e il palco.

Una piccola parte di me stava maledicendo con tutta se stessa le mie amiche. Se non avessero fatto tardi, in questo momento non mi sentirei come se un fulmine stesse per colpirmi in pieno. Sarebbe stati tutto molto più facile accidenti!  Tra un’imprecazione mentale e l’altra, non mi accorsi di un borsone che si trovava nel bel mezzo dei miei passi ed inciampai emettendo un mezzo urlo stridulo. Fortunatamente riuscì a non cadere, ma in compenso tutti loro smisero di fare quel che stavano facendo e si voltarono verso di me sbalorditi. Oh no.

“Sophia?!” esclamarono quasi in coro come se avessero visto un fantasma, rimanendo immobili nelle loro posizioni.
“Ehm... c-ciao ragazzi!” dissi imbarazzata per l’accaduto cercando di dissimulare.

Scorsi lo sguardo velocemente per tutto l’auditorium, ma con mia sorpresa Harry non c’era. Qualcosa dentro di me si spense all’improvviso, ma fui grata del fatto che non aveva assistito a questa pessima ed imbarazzante scena. Tutti posarono gli strumenti e lentamente, ancora spiazzati, mi raggiunsero, posizionandosi di fronte a me disordinatamente. Avevo gli occhi di tutti addosso, iniziavo a sentirmi nervosa.

“ Sophia ma… ma sei davvero tu?” mi chiese Niall sorpreso.
Sorrisi “Si, si sono io” smorzai un po’ la tensione. “Scusate… non volevo interrompervi! Volevo entrare silenziosamente e salutarvi quando avevate finito, ma non ho visto il borsone e…” tentai di giustificare la mia entrata in scena improvvisa.
“N-non posso crederci!” esclamò Liam interrompendo i miei tentativi di giustificazione e abbracciandomi incredulo, quasi come se fosse contento che non mi fosse accaduto nulla di male. Tutti lo imitarono, dando vita ad un caloroso abbraccio di gruppo. “Come stai?” mi chiese poi sciogliendo l’abbraccio, con tono molto paterno poggiando la mano sulla spalla.
“Bene, grazie” risposi allo stesso modo guardando basso.
“Siamo stati davvero tanto in pensiero” continuò lui, ed io mi sentì tremendamente in colpa. “Sai, l’ultima volta che ti abbiamo visto non ti sei sentita bene e pensavamo ti fosse successo qualcosa di grave… grazie a Dio non è così!”
“ Già fortunatamente sto bene. Nessun pericolo in vista!” cercai di sdrammatizzare.
“Perché non hai fatto avere più tue notizie?” mi chiese Zayn, con uno sguardo serio e compassionevole.

Mi spiazzò con quella domanda. Avrei dovuto aspettarmelo, ma non credevo me l’avesse chiesto lui, ero convinta lo facesse Harry. Ma dov’era? Probabilmente non sarebbe venuto oggi. Sospirai.
Esitai per qualche secondo sostenendo il suo sguardo, incurante di quello degli altri che ci fissavano curiosi.

“Bhe… ehm” biascicai nervosa.

La portà si aprì di scatto, interrompendo la conversazione e aiutandomi a uscirmene da questa situazione spinosa.
Tutti ci voltammo verso la sua direzione, e silenziosamente sperai che fossero le mie amiche.                                                 
Una chioma ricciolina s’intravide in lontananza e mi sentii come se il pavimento crollasse d’un tratto da sotto i piedi. Mi sentì come se un peso di piombo si fosse materializzato sul mio stomaco, ma il mio cuore batteva così forte che quel peso quasi non lo sentivo più. Non credevo sarebbe venuto, pensavo che oggi avesse preso il giorno libero. I ragazzi si guardavano tra loro preoccupati, e dopo aver tolto lo sguardo da me, lo posarono su di lui, quasi come se intuissero che la sua reazione se e quando mi avrebbe visto, sarebbe stata incontrollabile, e dentro di me sapevo sarebbe stato così. Lo fissai intensamente, e cercai di farmi piccola piccola mimetizzandomi nel gruppetto.
Pregavo con tutto il cuore che non si fosse accorto di me, ma sapevo che sarebbe stato impossibile. Non sapevo se avrei retto il suo sguardo, non sapevo come avrei reagito. Sentivo di non farcela.

“Ho trovato gli spartiti!” esclamò guardando ancora i fogli di carta che aveva in mano. “ Adesso possiamo p-“  si arrestò di colpo non appena alzò lo sguardo ed incrociò il mio.

Merda.





Writer's Pov:
Eccomi qui! Si lo so, ho aggiornato dopo ben 5 mesi di ritardo, non so nemmenlo io come sia successo, ma vi chiedo un milioni di volte scusa.
In questi 5 mesi ho fatto di tutto: studiato come una forsennata per l'ultimo periodo scolastico, festeggiato il mio 18esimo compleanno (che richiede davvero tanto tempo e tanta organizzazione) e tante altre piccole attività che ero convinta mi tenessero occupata per molto meno tempo.
Spero davvero che ci sia ancora qualcuno che mi segua e che abbia atteso questo capitolo, anche per tutto questo tempo.
Come ben avete notato la situazione incomincia ad invertirsi e ribaltarsi... Sophia che sceglie di rinunciare a Harry perchè non vuole coinvolgerlo nel suo passato... gesto molto altruistico e di immenso amore, ma riuscirà a resistere e a portare a termine questo sue estremo gesto d'amore? Harry che, invece, inizia a rendersi conto che Sophia è molto più importante di quello che pensava ed è deciso a rincorrerla per far pace con i suoi sentimenti. Questa fuga andrà a buon fine? E Harry come reagirà adesso che ha visto Sophia?
Ah, la frase che scrive Sophia sul suo quadernino, è una frase sempre mia, tratta da una nota che ho scritto sulla mia pagina facebook, (si ho anche una pagina facebook xD) spero vi piaccia. :)
Giuro che metà del prossimo capitolo gia ce l'ho pronto, perchè ho voluto portarmi avanti, quindi vi garantisco che aggiornerò il prima possibile! Parola mia.
Grazie a tutte quelle persone che intanto hanno aumentato le visite e mi hanno lasciato alcune recensioni bellissime che mi riempiono il cuore di gioia. Tra un impegno e l'altro le leggo le vostre recensioni, l'ho sempre fatto... siete sempre con me. Adesso rispondo a tutti, e lo farò sempre. Grazie di cuore <3
Vi aspetto al prossimo capitolo!

- Alex.

P.S: Ho pubblicato la storia anche su wattpad, per chi volesse seguirla anche lì ecco il link:
http://www.wattpad.com/story/16816008-come-l%27ultima-volta







 
  
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