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Autore: smolderhalderlover_98    30/07/2014    4 recensioni
Questa Fan Fiction nasce dal desiderio di vedere finalmente Oliver e Felicity insieme. La mia storia prende molto spunto da ciò che realmente accade nel film, perchè voglio che tutto sia il più realistico possibile; per esempio, pur essendo una fan fiction Olicity, ci saranno anche episodi tra Oliver e Laurel.
Il racconto inizia in medias res, dal momento in cui Oliver mostra a Felicity la sua vera identità.
Nota* Nella mia storia, sino a quel momento Oliver non è mai stato e non ha mai baciato Laurel.
Mi farebbe piacere ricevere consigli, recensioni e critiche, in modo da poter migliorare la storia.
Mi scuso per eventuali errori di ortografia.
E' la mia prima fan ficiton, perciò,
buona lettura, spero vi piaccia.
Genere: Romantico, Science-fiction, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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21. SEPARAZIONE.
Felicity.
Prima di andarcene da casa mia, Barry prende campioni di sangue un po’ ovunque. Bisogna avere il sangue di Slade con il Mirakuru per creare la cura. Quando chiudo la porta dietro di me, sembra quasi un addio. Qualcosa, dentro di me, mi avvisa insistentemente che potrebbe essere l’ultima volta che varco quella soglia. Nonostante ciò, non sento paura, per adesso. Sono più che mai determinata a ottenere ciò che ci siamo prefissati. Voglio che Slade, mio padre, sia curato. Non voglio che nessuno dei miei amici, della mia famiglia, diventi un assassino per causa sua.
Una volta arrivati nelle mura sicuramente più sicure del covo, speculiamo per una ventina di minuti sul da farsi. Durante questi venti minuti, Barry è chino e zitto su un microscopio, cercando tra tutti i campioni di sangue, uno che non sia il suo. Mi sento tremendamente in colpa e il bello è che quella pagina di Cime Tempestose non dovrebbe significare niente. Mi sento in colpa per sentirmi in colpa. Se non mi sentissi in colpa forse Barry, non avrebbe dato peso ai giochetti di Slade. E invece è così. Mi sento anche tremendamente egoista.
“Trovato”, esclama a un certo punto, quasi sbattendo sul microscopio. È ancora sporco di sangue. Lo guardo come se soffrisse, ma in realtà è già guarito: senza dubbio essere colpito da un fulmine causato da un acceleratore di particelle ha i suoi vantaggi.
“Adesso che si fa?” chiede Oliver, dubbioso.
“Gli ingredienti per la cura sono agli Star Labs. Potrei entrare in quelli di Starling City, ma non sono sicuro che ci siano. A Central City, invece, sono sicuro al cento per cento”.
“Quindi, che vogliamo fare? Proviamo prima qui?” interviene Dig.
“Secondo me sarebbe una perdita di tempo.” Sara sembra piuttosto annoiata. Però le do ragione. “Se Slade è qua vicino sentirebbe la notizia della rapina e gli puzzerebbe.”
Barry mi guarda sofferente. “Anche se partissi adesso dovrei trascorrere la notte lì, domani.”
“Bè, verrei con…”
“Devi restare e cercare Slade con i tuoi sistemi, Felicity” mi interrompe Dig, che caso strano non mi guarda in faccia, ma guarda Oliver. Sembra che gli stia mandando un messaggio telepaticamente.
Poi si volta verso di me. “Vado io con lui”. E poi mi sorride.
Cala il silenzio. Anche se siamo determinati, siamo tutti tesi.
Abbiamo tutti paura di perdere qualcuno. La vittoria non è scontata, e anche se lo fosse? Qualcuno potrebbe farsi male. Qualcuno potrebbe morire. Vinceremo, ma perderemo. Chi perderemo? Mi guardo intorno, chiedendo scusa tra me a tutte le persone davanti a me. Non mi potrei mai perdonare la morte di uno di loro. Il senso di colpa mi inseguirebbe per sempre. Barry, Dig, anche Sara.
Mi rifiuto di pensarci, ma tra le possibilità c’è anche la morte di Oliver.
Che mi ucciderebbe.

Dig e Barry partono con due miseri zaini. Le rotaie sono quasi tutte vuote: i treni sono già tutti partiti, tranne l’ultimo per Central City. Nessuno lo aspetta: ci siamo soltanto noi. Tra di me penso che se qualcuno volesse spiarci, sarebbe sin troppo semplice.
Anche i saluti con Barry mi sembrano una specie di addio. Ho questo presentimento che mi fa venire i brividi. Forse ho paura e basta di perderlo, non mi importa il modo. In ogni caso, quando mi abbraccia, ricambio come se fosse l’ultima volta.
“Hai paura?” mi chiede.
“Un po’”, rispondo. Mi accarezza la guancia, dolcemente. Gli poso un bacio sulla guancia, ma alla fine lui si gira e le nostre labbra si sfiorano di nuovo.
“Stai attento” lo avviso.
Sorride. “Stai attenta.”
Si potrebbe dire che l’amicizia tra me è Dig è così profonda che basta uno sguardo per dirci tutto quello che dobbiamo dire. Ma non si sa mai che cosa potrebbe succedere, e io non voglio andarmene da questo mondo senza prima averlo abbracciato e senza prima avergli detto che gli voglio bene. E che lo ringrazio per ogni cosa che fa e soprattutto che esiste.
Il suo abbraccio alla fine mi tranquillizza, un po’. “Grazie Dig”
“Cosa hai intenzione di fare con Barry quando sarà tutto finito?”
Cerco di elaborare un’espressione confusa, ma so di cosa sta parlando.
“Non fare la finta tonta”, mi dice infatti.
Sollevo gli occhi al cielo. “Troverò un modo per non far soffrire né me né lui”
“Lo sai che questo modo non esiste, vero?”
Annuisco. “Non posso chiedergli di stare con me quando…” gli spiego, lasciando in sospeso la frase.
“Quando sei innamorata di Oliver.”
Non lo lascio nemmeno finire che lo abbraccio.
“Ci vediamo tra due giorni. Prenditi cura di Barry.”


Dopo che io, Oliver e Sara (per niente imbarazzante) restiamo fermi con lo sguardo spiritato a osservare il treno allontanarsi dalla stazione, torniamo al covo. Corro subito verso i miei computer, mentre osservo Oliver e Sara provare le tecniche di combattimento. Forse ne esistono di specifiche per difendersi da un uomo con il Mirakuru, ma in ogni caso, si nota quanto si stiano impegnando maggiormente rispetto alle altre volte.
Non appena il sistema è pronto, sulla schermata principale mi si apre un avviso di pericolo. Ci mancava solo questo. Per un momento infinitesimale, sono tentata di lasciar perdere. Ma questa non sono io.
“Oliver, Sara, c’è una rapina alla Starling National. Ci sono 17 ostaggi…”
“Non ti lasciamo da sola qui, è fuori discussione” mi interrompe Oliver.
“Non possiamo nemmeno abbandonare 17 persone al loro destino” gli rispondo irritata.
Oliver prende un gran respiro e chiude gli occhi per un secondo. Poi torna a guardarmi. “Non ho intenzione di lasciarti sola.”
“Dammi l’indirizzo” interviene Sara. “Vado io.”
Oliver si volta verso di lei. “Sei sicura?” Ma Sara se ne sta già andando.
“Bè, io non ho niente da fare, qui.”
In tutta risposta Oliver alza gli occhi al cielo, stringendo i pugni. Sono sicura che era questo che voleva evitare. Si capisce benissimo anche dal modo in cui Sara ha sottolineato io. Me. Vuole evitare di stare solo con me.
L’ultima volta che siamo stati sola in una stanza, in questa stanza, ci siamo baciati, o meglio, lui  mi ha baciata. E poi mi ha ignorata. Anche adesso mi sta ignorando. Eppure ha insistito per non lasciarmi sola. Non l’ha fatto con Sara. L’ha lasciata andare da sola.
Nonostante questo non trovo nessun motivo per rallegrarmi. L’ha fatto esclusivamente perché si fida di lei, forse più di me, ed è a conoscenza del suo livello in fatto di combattimenti. Sa bene che Sara è in grado di difendersi da chiunque, e anche che se dovesse incrociare Slade, in un modo o nell’altro riuscirebbe a mettersi al sicuro. Invece io sono la damigella in pericolo. Quella da salvare, la spina nel fianco.
Ma mi ha baciata… Qualcosa dovrà pur contare.
Faccio un paio di giri sulla sedia, prima di riuscire a spiccicare parola.
“Non…Non credi che dovremmo parlare di…”
“No.”
Il modo in cui mi interrompe è così brusco che per un attimo credo di cadere dalla sedia. Per un attimo il mio unico desiderio è di sparire dalla sua vista. Oliver è voltato di fianco rispetto a me, ha i pugni e la mascella contratta.
Così mi alzo dalla sedia e mi metto di fronte a lui, con le braccia incrociate.
“Bè, invece io credo di sì”.
Non ho intenzione di lasciarlo fuggire adesso. Continuo a ripetermi che ci deve essere un motivo se mi ha baciata, due volte.
“La prima volta che ti ho baciata sei stata tu a non volerne parlare.”
Deglutisco. In effetti è vero. Proprio adesso il karma deve fare la sua parte?
“Sì. Perché pensavo che il ritorno di Sara avrebbe influito su di te. E infatti te la sei portato subito a letto!” esclamo, fuori di me.
“Mi sembrava di aver baciato te, non Sara” dice infastidito.
“Certo, non sapevi che fosse viva! Di certo hai recuperato in seguito!”
Oliver aggrotta le sopracciglia. “Che cosa è tutto questo astio nei confronti di Sara?”
“Ma quanto sei bravo a cambiare discorso?” mi avvicino, puntandogli un dito contro.
Fa un sorrisino acido. “Un abilità utile, in effetti.”
“Oliver…”
“Felicity.”
Quando dice il mio nome in quel modo, dolce, e sofferente e caldo, faccio un passo indietro.
“Non avrei dovuto farlo” continua con un orribile faccia da poker.
Sento un dolore acuto farsi strada nel torace, e diramarsi tra le vene sino agli arti. Stringo i denti. Deglutisco.
“Di cosa stai parlando?” chiedo con voce roca.
“Del …bacio.”
Fantastico. Riesce a malapena a dirlo.
Emetto un rantolo che sa di dolore, e i suoi occhi corrono preoccupati verso i miei. In questo momento, forse, mi rendo conto che non mi stava nemmeno guardando in faccia.
I suoi occhi blu sanno di bagnato. Mi fissa, come se volesse imprimersi la mia smorfia di dolore nella mente.
“Di quale?” dico poi sarcastica. “Perché se lo consideri un errore, nei hai fatti ben due.”
Oliver fa un leggero movimento in avanti, verso di me, quasi impercettibile. Poi torna indietro.
“Ti prego, non… complicare ulteriormente le cose.”
I suoi occhi mi stanno veramente supplicando. Sembrano un mare, così profondo e pieno di segreti, in cui temo di affogare e allo stesso tempo lo voglio disperatamente.
Mi si secca la bocca e lo stomaco mi si stringe in uno nodo.
“Tu non capisci…” continua poi. “Tu non hai idea! Di cosa sia il pensiero di te, bianca, fredda, accasciata nel pavimento pieno del tuo sangue, per colpa mia.” Sta urlando, adesso. “Tu non sai quanto mi pesi il fatto che per quello che faccio, per la vita che conduco, tu potresti morirmi davanti in un solo secondo!”
“Quindi è questo che sono per te, un peso!?” sbotto, mentre ancora la sua voce rimbomba tra le pareti.
“Non ho mai detto questo!” sbraita lui.
“Certo, come n…”
Uno squillo interrompe il nostro litigio. La tensione scompare tutta in una volta e mi sembra quasi di essermi appena svegliata da un incubo molto realistico.
“È il cellulare di Sara” osserva Oliver.
“L’ha dimenticato”.
Dato che gli squilli continuano a ripetersi per alcuni minuti, ci avviciniamo al tavolo dove è poggiato.
Non appena Oliver posa lo sguardo sulla schermata principale, spalanca gli occhi.
Guardo anche io. Nyssa. “La conosci?” gli chiedo allarmata.
“Prega di no” risponde freddamente.
“Dai, quante Nyssa esistono al mondo?”
Oliver guarda verso le scale.
“È arrivata. Fai finta di niente.”
Oliver si apposta dietro di me, al computer, appoggiando una mano sulla mia spalla. La sento così calda eppure mi causa brividi in tutta la schiena. Mi viene veramente difficile far finta di niente.
“Eccomi ragazzi” dice Sara scendendo le scale.
Non appena sente lo squillo, si precipita verso il telefono.
“Sta squillando da molto?” chiede allarmata.
Oliver si gira verso di lei, senza abbandonare la mia spalla. Mi giro pure io.
“Non ci abbiamo fatto caso” risponde lui.
Sara prende il telefono in mano, guardandoci diffidente, per poi chiudere la chiamata. “Va bene” dice con un sorriso.
“Ora che sei tornata posso iniziare le ricerche su Slade” dico, a nessuno in particolare.
“Felicity. Sono le due del mattino e stai crollando. Dovresti dormire” mi consiglia Oliver. Ma sembra più un ordine.
“E tu non dovresti allenarti, dato che sei stato sparato stamattina.”
“Ti ho detto già che sono abituato al dolore fisico.”
Sbatto una mano sul tavolo. “Bè, è interessante il fatto che tu ti ricorda ciò che mi dici mentre sei sotto l’effetto dei farmaci!” sbotto.
Sara emette una leggera risata e cerca di nasconderla. “Felicity, dovresti veramente riposare”. Ah, fa la spalla a Oliver?
Bene. Mi giro verso i miei computer senza nemmeno rispondere e inizio a lavorare.
Solo per accedere alle telecamere del vicinato ci vogliono venti minuti, e adesso devo osservare almeno un’ora di filmato.
Dopo cinque minuti che guardo sempre la stessa immagine, inizio a maledire Oliver e Sara che si allenano dietro di me. Avevano ragione, sono praticamente morta. Proprio mentre un’auto sospetta che ha tutto l’aspetto di una batmobile passa affianco al vialetto di casa mia, i miei occhi si chiudono.

Oliver.
Nel secondo esatto in cui Sara mi chiede una pausa mi accorgo che c’è troppo silenzio. Il ticchettio familiare delle dita di Felicity sulla tastiera non c’è più. Mi giro verso di lei allarmato solo per capire che avevo ragione. È crollata, ignorando la sua testardaggine.
Ha la testa poggiata di lato sulla scrivania. Sono sicuro che volesse lavorare per fare un dispetto a qualcuno. Forse a me, forse a Sara.
è stata una dura giornata per lei: il rapimento, la nave, le minacce di Slade, la fuga, l’esplosione, la sua casa semidistrutta, Barry che se ne va…
La paura, la rabbia, l’angoscia.
Lo so, perché ho provato anche io tutte quelle cose.
Ma quando l’ho baciata ho spento tutto ciò che non fosse serenità.
Sara si sistema nel suo sacco dall’altra parte del covo e guarda il soffitto.
Io mi avvicino a Felicity, facendo piano, e la osservo.
Ha le sopracciglia leggermente inarcate, e le mani strette in una morsa sotto la guancia destra. Mi ricorda tanto le mie allucinazioni da Vertigo… Quando era morta. Solo a pensarci un’angoscia pesante mi monta nel petto. Anche il mio corpo se lo ricorda: non riesco a fermare il tremito delle mie mani.
Le sollevo il viso dalla scrivania posandole una mano sulla guancia.
Resto così per qualche secondo, e la sua espressione si distende. Torna ad avere l’aspetto di una bambola, di una diciasettenne. In questo momento, Felicity è la figura perfetta della calma, della serenità. Le tolgo gli occhiali e mi ritrovo avvinto in un déjà-vu.
Della sua prima notte al covo. Le sue ciglia, come allora, fanno un giro perfetto sino a toccare l’altra parte della palpebra. Qualcosa è diverso, però. Non irradia più quel senso di delicatezza. Forse allora non lo sapevo, ma Felicity non si rompe mai.
Faccio passare un braccio sotto le sue gambe e la prendo in braccio; la sua testa si posa naturalmente nell’incavo del mio collo. Cammino per qualche passo il più delicatamente possibile, cercando di non svegliarla, e l’adagio nel mio sacco a pelo. Le sollevo la coperta sino al petto.
Senza nemmeno accorgermene, le nostre dita si sono intrecciate.
Mi avvicino al suo viso sino a distinguere ogni lentiggine e ciglia, talmente tante e lunghe che mi chiedo come facciano a non intrecciarsi.
Le poso un leggero bacio sulla fronte.
E le lascio la mano.



Ciao a tutti! Un capitolo in meno verso la fine!
Aspetto i vostri consigli e i vostri pareri:)




 
   
 
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