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Autore: theonlyocean    30/07/2014    2 recensioni
"Non riuscivo quasi a crederci; in pochi minuti era passata dall'essere dolce e carina all'essere fottutamente bella e attraente. Ipnotizzava chiunque la guardasse per più di venti secondi e ricambiava sempre lo sguardo come a dire che ci stava.
Compreso me, incapace di capire cosa dirle o cosa fare, rimanendo li imbambolato a guardarla. Si girò e mi fece segno di uscire.
Ero innamorato e fottuto, oh quanto lo ero."
Genere: Horror, Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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7 Febbraio 2014, Dormitorio del college, 8.25 am

- Sveglia baby, sono le nove! -

Aprii leggermente gli occhi per cercare di capire cosa faceva tutto quel rumore. Avevo probabilmente chiesto a Simon di venire presto quel mattino in camera mia, ma non doveva essere stata una buona idea. Come al solito provava a svegliarmi battendo sulla padella piccola, cambiando di tanto in tanto utensile. Mi sistemai il cuscino dietro alla schiena, gli urlai di smetterla e cercai il mio telefono. Un messaggio da Lizzie, che mi chiedeva se avessi appunti su de Espronceda, uno da mia madre, che chiedeva se avessi avuto intenzione di andare a casa per il weekend, e uno da Yulia che ci aspettava fuori dal dormitorio. Guardai l'orario e sbuffai: la solita fissa di Simon di mandare avanti il suo orologio e di non vedere i quarti d’ora. Aprii il cassetto dei miei vestiti, presi una camicia bianca, un paio di jeans neri, degli anfibi dello stesso colore e dissi a Simon che Yulia ci aspettava fuori. Appena scendemmo, lei ci guardò con l’aria di chi ci avrebbe letteralmente fulminati se avessimo ritardato di qualche minuto in più.

- Devo abituarmi a questi Venerdì liberi – iniziò lei.
- Mai sentito parlare di "pausa mensile"? – le disse Simon.
- Nel mio vecchio college succedeva solo una volta al trimestre -
- Dove andavi? – le chiesi.
- Manchester, una noia mortale – disse imitando il modo di parlare Northern.
- Oddio, passare dal nord a Londra deve essere stato scioccante, sai, tutte le auto, i turisti – disse Simon.
- Scioccante è poco, poi il college era uno di quelli orrendi fatti a mo' di chiesa, con le vetrate e stupidi ragazzini snob – guardò il telefono e fece partire una chiamata. – E in confronto qui è il paradiso. Potete scusarmi un secondo?-
Appena si allontanò Simon disse: - E' simpatica -
- Beh, ce l'ha con i posh, come si fa a trovarla antipatica? -
- Secondo me è di qualche parte vicino Southampton, ha la pelle olivastra, è figa e non urla quando parla come fa tua sorella -
- Che hai da dire su Annie? -
- Oh, niente – disse soffocando una risata.
- Coglione – gli diedi una spinta leggera facendolo sbilanciare.
Yulia arrivò in quel momento. – Allora, verso le undici devo vedermi con una ragazza che ha bisogno degli appunti di mercoledì e poi devo andare a prendere una mia amica -
- Ma non hanno dato appunti Mercoledì – dissi perplesso.
- Mi hanno detto che devo rifare letteratura medioevale perché " apparentemente" non ho dato né quell'esame né gli altri l'anno scorso; l'ho saputo solo ieri dopo aver già preso tutti i testi nuovi. Cambiando discorso, dove andiamo? – ci chiese.
- Io direi di farci un giro verso Regent Street, a quest'ora iniziano a girare le modelle del Black Friday – esordì Simon. Lo guardammo scocciati e lui aggiunse facendo spallucce: – Beh, la caccia è già aperta! -
- Coglione – dicemmo io e Yulia in contemporanea scoppiando poi a ridere.

Verso le 10.20 ci ritrovammo dentro TopShop per colpa di Simon che ci stava provando con un gruppetto di americane. Dovevo dire che il suo accento australiano fake faceva la sua porca figura. Se solo fosse stato biondo sarebbe circondato dalle ragazze. Proprio quando una di loro stava per dargli il suo numero e io volevo fargli fare una figura di merda, a Yulia squillò il telefono. Incuriosito dalla strana lingua in cui parlava, persi l'occasione di perculare Simon. Yulia attaccò e mi disse che la sua amica Hanneli era arrivata in anticipo con il treno e che quindi doveva andarsene via prima. Le dissi che se voleva la potevo accompagnare e andammo insieme da Simon ad avvisarlo che dovevamo allontanarci per un po'.
Ci affrettammo verso la fermata di Piccadilly Circus, diretti a King's Cross. Arrivati alla stazione ci incasinammo non poco per trovare il binario giusto e ci ritrovammo questa tipa venirci incontro. Era quasi uguale a Yulia tranne che per gli occhi verde scuro, la statura leggermente più bassa della sua e un forte accento scouse, che a stento capivo. Esordì, quasi senza farmi presentare, dicendo che sul treno aveva dovuto cambiare vagone quattro volte perché il suo biglietto non andava bene. La accompagnammo fino all'albergo dove alloggiava, vicino al British Museum, e io ne approfittai per tornare a casa prima. Le salutai, chiamai mia madre per avvisarla e mi incamminai verso il college.

Presi dalla stanza lo zaino da viaggio che ho sempre pronto per andare a dormire da Simon, ci misi dentro una maglietta, il caricatore del telefono, le cuffiette, il libro in francese che avevo comprato ad Annie per un favore che mi aveva fatto, e andai a prendere la metro.
Scesi ad Hampstead, seguii la strada principale verso sud, girai a sinistra e feci la lunga discesa quasi sgombra di macchine che di notte mi inquietava ma di giorno era splendida, così vuota e tranquilla; quella che un paio di anni fa avevamo fatto io e mia sorella da soli portando le valigie verso quella che era una delle tre case poco costose rimaste della zona.
Lì è successo di tutto: da Simon che si stava per far investire dall'unico camion che ci sia mai passato, a mio cugino che all'angolo con l'A502 aveva iniziato a spacciare droghe pesanti, con me quasi maggiorenne morente dalla voglia di raccontarlo a qualcuno per farmi figo.
Mi infilai sulla Carlingford Road e suonai al numero 27. Sentii mia madre correre giù, quasi imprecando perché il citofono non apriva.
Si affacciò dal portone e mi abbracciò per un istante che sembrò un secolo.
Mi fece le sue solite tonnellate di domande: "Nuove materie? Come vai con quelle vecchie? Hai dato qualche esame? Simon come sta? Hai smesso di bere? Che fine hanno fatto gli orecchini che mi aveva regalato la zia Louise?".
Cazzo gli orecchini. Li avevo prestati ad una ragazza del mio corso di letteratura perché se ne era innamorata vedendoli su mia madre e avevo accettato di darglieli per una sera e ormai, dopo due mesi, me ne ero completamente dimenticato. Sbuffai dicendole che erano da considerarsi persi. Lei si incazzò non poco, ma poi ammise che non le erano mai piaciuti.
Appena entrato in casa corsi verso la mensola delle robaccie, misi a fare i pop corn nel microonde, e, appena pronti, mi affogai in una scodella enorme.
Andai in salone, mi sedetti sul divano e accesi la tv. Misi il canale dello sport e in quel momento Simon mi chiamò.

- Oh Al, che fine hai fatto? -
- Mah, sono andato a casa prima e sto cercando di vedere la tv -
- Quindi stasera non hai intenzione di scendere? -
- Non proprio, al massimo se vuoi vieni qui, ceniamo da qualche parte e dormi da me -
- Idea sensata, non ho niente da fare quindi va bene -
- Poi, con le americane? – cambiai canale dandomi ai programmi di cucina.
- Niente, mi hanno sgamato quando ho visto Adam e l’ho salutato. Sai cosa ha detto? "Smettila con 'sto accento finto che non piace più"
- E quelle? – dissi in contemporanea al "Quel fottuto pollo vola ancora!" di Gordon Ramsay.
- Hanno iniziato a ridere e se ne sono andate -
- Cazzo ci eri quasi riuscito però. Comunque, Yulia non è di Southampton -
- E come lo sai? -
- Mi ha detto che è di Leeds mentre andavamo a prendere la sua amica -
- Si, probabile – disse masticando, conoscendo l’odio che provo quando lo fa.
- E la sua amica è quasi identica a lei ma parla scouse -
Lui soffocò una risata: – Sul serio? -
A Simon fanno ridere tutti gli accenti del nord, compreso il mio. – Si, nemmeno la capivo, poi ogni tanto parlavano tra di loro in una lingua strana e probabilmente parlavano di me –
- Dai, se anche fosse non te la prendere; a che ora vengo da te? -
- Vieni verso le cinque, poi fa buio e ti perdi – dissi con una punta di sarcasmo.
- Ricevuto capo, a dopo -

Avvisai mia madre dell'ospite imprevisto, mi rilassai per un paio d'ore e verso le quattro e mezza mi avviai verso la fermata con tutta la calma possibile, conoscendo il suo modo di impostare l'orario ma anche la sua abitudine di fermarsi dall'edicolante.

Mentre lo aspettavo, mi accesi una sigaretta e, intravedendo Yulia tra la folla di passeggeri che uscivano, mi rabbrividì la schiena. Non l'avevo vista davvero, ma avevo ancora i nervi all'erta quando Simon, all'improvviso, mi arrivò da dietro tirandomi per le spalle, facendomi prendere un colpo e quindi anche cadere il mozzicone di sigaretta che era rimasto.
Lo mandai a fanculo ancora spazientito e facemmo il giro largo per prendere una birra al pub di mio cugino, ammesso che ci lavorasse ancora.
Entrati dentro, il gruppetto dei gallesi mi salutò ricordandomi quanto gli mancava quel bravo ragazzo di Ricky. Decisamente non ci lavorava più, e ancora più certo era il fatto che avremmo dovuto pagare. Prendemmo due Guinness e chiedemmo di mio cugino. C'era chi diceva che fosse andato ad Edimburgo a fare il cameriere e chi diceva di averlo sentito parlare della zia di York e della sua casa libera dove vivere con la ragazza. Altri azzardarono che si era convertito allo spaccio di ecstasy intorno ad Hackney. Io dissi che la scelta più probabile era quella di York, ma che la zia di cui lui parlava di sicuro aveva sposato un americano e si era trasferita in Florida con lui.
Dopo circa un'ora e mezza io e Simon decidemmo di andarcene e prendemmo della roba cinese da un ristorante. Ci fermammo in un parcheggio e, indeciso se mangiare subito o aspettare l’ora di cena, telefonai a mia madre chiedendole se avevamo gente in casa quella sera. Alla sua risposta negativa le dissi che avevamo in mente di andare al centro e di tornare tardi. Lei mi rispose che potevo, a patto che mi sarei dovuto portare le chiavi di casa. Mangiammo con calma e tornammo a casa per cambiarci. Io misi la maglietta che mi ero portato, una felpa con cappuccio fin troppo leggera, nonostante vedessi chiaramente le nuvole basse che pian piano si scurivano sempre di più, e prestai una camicia a Simon dato che non aveva previsto di uscire.


7 Febbraio 2014, West End, 21.25 pm

Perdemmo un sacco di tempo per colpa di Simon che, secondo lui, doveva essere "perfettamente sexy", mettendoci un'ora solamente per sistemarsi i capelli, facendomi schiumare di rabbia per la troppa attesa. Glieli avrei rovinati volentieri quei capelli.
Finalmente, verso le nove prendemmo la metro e scendemmo a Leicester Square, imbucandoci in una discoteca. Superammo per miracolo i buttafuori e poco dopo mi accorsi che ero l'unico non in camicia. Passammo le prime due ore provandoci sguaiatamente con chiunque ci capitasse davanti e, annoiati dalla discoteca semivuota, uscimmo fuori. Un gruppetto di sedicenni semi brilli davanti a noi doveva essere alle prime armi con una canna, cercando di capire se avevano usato troppa dose per un joint o meno, quando Simon disse loro che chi gliela aveva fatta era un cane.
Il più grosso di loro si avvicinò pretendendo che gliela rifacesse lui. Simon si appartò con le loro cartine, l'erba che gli rimaneva, e produsse qualcosa più che decente. Poi, non soddisfatti si rivolsero a me perché la provassi per confermare che si fosse accesa. Io aspirai più di quanto dovessi, iniziando subito a tossire, e confermai la bravura di Simon, nonostante mi mancasse l'aria, avendoci perso l’abitudine.
Chiesi se potevo fare un'altra tirata ma loro, di tutta risposta, mi proposero di comprare una bustina con dell'hashish; rimasi perplesso e mi chiesi se non avessero fatto gli inesperti per farsi rollare bene qualcosa e infilarci la possibilità di vendere qualcosa di forte. Scacciai via quell'idea e pagai per la bustina 6 pound, un prezzo ragionevole.
Simon preparò due joint lì su due piedi e dopo una serie di tiri già ci sentivamo più leggeri e decisamente fatti, tanto che ammiccai ad una biondina niente male, che sfortunatamente aveva un ragazzo, tanto muscoloso quanto incazzato.
Lui minacciò di rovinarmi il bel faccino che mi ritrovavo e io, da gran coglione che ero, gli risposi che il bel faccino piaceva a sua madre.

19 anni di prudenza persi per una fottuta canna, sei un genio Alexander!

Mi spintonò facendomi capire che non scherzava e Simon cercò di portarmi via tirandomi il braccio. Mi opposi e diedi al suddetto tizio del coglione perché non sapeva difendere la sua ragazza come si doveva e ne rimediai una spinta che mi fece cadere, dato il mio fisico decisamente non atletico, sbattendo la testa. La ragazza iniziò a dire al tipo di lasciar stare, e io sperai che la ascoltasse, ma lui, invece, chiamo un altro tizio muscoloso, chiedendogli se lo aiutava a farmi fuori.
Mi alzai di colpo preparandomi a una rissa, ma vidi qualcosa muoversi con la coda dell'occhio.
Qualcuno si era piazzato tra me spiegando al tizio che non era mia intenzione provarci con la sua ragazza e che ero troppo fatto per ragionare autonomamente. Dalla voce capii che era Yulia, e che non voleva sentire altrimenti.
Il tizio mi diede del cagasotto ma poi, convinto dalle sue parole, mi lasciò stare. Appena si allontanò ringraziai Yulia con un filo di voce e Simon si avvicinò a me dicendo che non sarebbe più uscito di sera se mi fossi comportato di nuovo così.

- Non dovevi prendere quella roba Al, non sappiamo nemmeno cosa c'era dentro – disse Simon.
Li rincuorai: – Calmatevi, sto bene – non stavo bene; vedevo molto sfocato e avevo caldo nonostante il freddo gelido. Mi passai una mano tra i capelli e, sentendo qualcosa di liquido e troppo caldo abbassai la mano, ritrovandone metà insanguinata. Iniziai a farmi prendere dal panico e corsi verso una panchina lì vicino per sdraiarmi. Simon stava iniziando a preoccuparsi, ma piuttosto che per il suo amico in preda alla nausea e con un taglio in testa, per la madre dell'amico che gli avrebbe riversato tutta la colpa. Yulia semplicemente interveniva a monosillabi, e mi chiese se avevo freddo. Io ancora sudavo, ma lentamente iniziavo a tremare, maledicendomi per aver portato una felpa leggera. Me la tolsi e misi la sua felpa, facendola rimanere in maglietta. Da una parte mi sentivo un po' in colpa perché avrebbe di sicuro sentito freddo, ma dall'altra il mio lato pervertito saltava di gioia, alimentato da chissà cosa mi ero fumato.

Dopo una mezz'ora buona mi ero quasi ripreso e riuscivo a camminare senza barcollare troppo, quindi decidemmo di andare via per non causare altri danni. Yulia venne con noi alla stazione, ma ci salutò al bivio per la direzione opposta alla nostra. Dopo qualche passo mi ricordai di avere ancora indosso la sua felpa e corsi indietro chiamandola. Niente, era già sparita. Provai a telefonarla con il cellulare, ma dava staccato.
Qualcosa nella mia mente mi diceva di andarla a cercare, volevo trovarla.
Fantasticai su cosa sarebbe successo se l'avessi ritrovata e le avessi dato la felpa, con lei a morire di freddo e io come un eroe ai suoi occhi.

Simon mi riportò alla realtà dicendo che si stava cagando sotto dal freddo.
"Mister finezza" continuò: – Ti dai una mossa Al? Già sarà sulla metro, gliela ridai domani -
Ci riflettei per un altro minuto e decisi che sarei uscito a cercarla. Diedi a Simon la mia felpa e gli affidai le chiavi di casa. Chiamai mia madre per avvisarla dell'improvviso cambio di programma e lei mi impose di tornare a casa per le tre massimo.
Avevo un'ora e mezza buona. Cercai di fare mente locale e ricordai che aveva detto alla sua amica, mentre andavamo al suo albergo, che "le case di Acton fanno schifo ma ne vale la pena per quanto costano poco". Fino a prova contraria, l’unica linea che da Leicester Square porta ad Acton o lì intorno è la Piccadilly, quindi mi sbrigai a prendere quella che poteva essere l'ultima metro della serata e scesi ad Acton Town. Nella piazza davanti alla stazione ero l'unico, a parte due ragazze vestite da sera. Cercai di orientarmi e seguii la via che portava al centro del quartiere.
Dall'altra parte della strada vidi una ragazza seduta alla fermata dell’autobus con una maglietta identica a quella di Yulia. Non riuscivo a vederle la faccia perché era china e concentrata sul telefono. Per prova, mandai a Yulia un messaggio dicendole che ero sulla Gunnersbury Lane e che avevo la sua felpa.
Dopo due minuti mi arrivò la sua risposta: – Arriva fino alla stazione di Acton Central e aspettami lì -
- Credo di vedere una che ti somiglia dall'altro lato della strada – La ragazza della fermata alzò la testa e mi fece un cenno con la mano. Che culo.
Attraversai la strada senza farci troppo caso: – Seriamente, potevi portarmela anche Lunedì se volevi – iniziò lei.
- Mi sarei dimenticato di sicuro, e poi ho fatto prima così – dissi sfoderando il sorriso più affascinante che potevo fare.
- Certo però che sei testardo eh? Comunque grazie – si addolcì. – Se ti sbrighi riesci a non perdere quell'N11 che sta passando ora -

Mi girai al volo, dimenticandomi i piani che avevo per provarci con lei, la abbracciai, ed iniziai a correre salutandola. Salito sull'autobus controllai se portasse direttamente ad Hampstead, ma, come al solito, dovevo fare almeno un cambio. Alla fermata di Trafalgar Square scesi e, quando finalmente l'N5, che portava appena dietro casa mia, arrivò, mi ricordai della sera dell'estate prima, quando Simon mi aveva lasciato da solo, ubriaco e con un temporale imminente; della sensazione di essere seguito mentre ritornavo al college; della figura che avevo visto scomparire dopo il passaggio di un bus. Cercai di dimenticare la bruttissima sensazione di magone che avevo provato appena prima di entrare nel dormitorio.
Scesi, e imboccai la discesa prima di casa, illuminata da soli due lampioni, di cui uno con una luce a malapena percettibile. Feci appena una decina di metri quando vidi al primo incrocio una figura, di spalle, che aveva la stessa felpa nera con leniter malum scritto in rosso che avevo ridato mezz'ora prima a Yulia. Mi salirono i brividi alla schiena e presi in considerazione l'idea di arrivare a casa per una via più lunga piuttosto che quella principale. Pensai bene di accendermi una sigaretta il più rumorosamente possibile cosicché la figura si girasse, ma quasi non diede segni di avermi sentito. Telefonai a Yulia, ma dopo qualche squillo si sentivano solamente leggeri crepitii.
Cosa cazzo stava succedendo.

Ero solo, completamente solo, e la paura che questa figura si fosse rivelata qualcosa di più inquietante mi paralizzava.

- Ehm, ehi scusa! – niente, non mi sentiva. Provai ad avvicinarmi, ma all'improvviso si mosse in avanti sparendo in quello che era un principio di nebbia. Decisi di cambiare strada tornando indietro, ma l'unico lampione funzionante si spense lasciandomi nell'oscurità totale.
Telefonai a mia madre che rispose dopo secoli dicendo che sentiva poco e a tratti. Le ripetei più volte che ero sulla via di casa, senza luci con cui orientarmi e non sapevo dove andare. Lei rispose che dovevo continuare a salire e che mi avrebbe aspettato davanti al portone. Dovevo sbrigarmi.

Ricominciai la salita con il cuore in gola, camminando velocemente. Sentii un rumore tutt'altro che rassicurante e iniziai a correre.
Un improvvisa luce bianca mi abbagliò, inciampai su un sasso e caddi per terra, lasciando all'asfalto gelato qualsiasi briciola di calore mi fosse rimasta.
L'ultima cosa che ricordo era un'ombra venire dalla luce verso di me.

E poi il buio.


  
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