Capitolo
Decimo
Di
solito nulla e’ come appare e
anche il cielo più luminoso finisce per oscurarsi. Anche se
il sole continua a
brillare per poi tramontare e non avere più la forza di
alzarsi, e non c'e’
nemmeno la luna a rischiarare un cielo vuoto e oscuro.
Da
qui è scomparso il sole, ci sono
solo piccoli punti luminosi che si perdono nel vuoto della sofferenza
che
provoca la privazione, punti luminosi che non sono altro che ricordi:
il primo
sorriso di suo figlio, il primo dente caduto, i primi passi, o la prima
volta
che suo figlio aveva detto “mamma”,
il vuoto che Gloria aveva nel petto era paragonabile solo al sole che
si
spegne.
Perché
effettivamente il suo sole si
era spento senza lasciare nella sua vita nemmeno uno spiraglio di luce.
Passava
le sue notti a rivivere gli ultimi istanti con il figlio, le sue mani
che
venivano strappate via dalle mani del suo piccolo!
Era
straziante per lei e niente
riusciva a darle pace, lo rivoleva, rivoleva il suo bambino di nuovo a
casa e
sapeva che la colpa di tutto era di quella sgualdrina di una Capuleti.
Si
era chiusa nella sua camera
insieme al delirio che accompagnava la follia che Giulietta Capuleti
aveva
causato, e non permetteva a nessuno se non alla fida Demetra di entrare
nella
sua stanza, solo con la fanciulla si confidava e si apriva come se
fosse stata
la sua unica alleata.
Si,
alleata, perché proprio di una
guerra si trattava, e proprio con lei iniziò a capire che
forse un modo per
farla pagare alla razza immonda dei Capuleti c'era. Il dolore che si
portava
dietro come un macigno appeso al petto le impediva di rendersi conto
che non
tutto era perduto e che nella sua vita c'erano ancora delle cose belle
di cui
gioire come il matrimonio che suo nipote Benvolio aveva annunciato una
settimana prima.
Ma
lei non riusciva a vedere niente
di buono in quel matrimonio con una parente del principe
poiché anche in quel
matrimonio ella vedeva il complotto che aveva allontanato suo figlio.
Nei
confronti di quel ragazzo orfano e solo, che lei aveva accolto per
amore del
marito, provava un odio paragonabile a quello nei confronti dei
Capuleti,
poiché non di rendeva conto di come fosse possibile che lui,
potesse essere
felice, sul punto di sposarsi e avere dei figli nella sua Verona e suo
figlio
no?
Si era rifiutata di
partecipare al matrimonio
e non aveva nemmeno dato gli auguri al nipote, si era dimenticata di
lui come
il ragazzo si era dimenticato del figlio. Sedeva inerte con le lunghe
braccia
incrociate in grembo ad osservare il suo riflesso nello specchio, ma
anche questo
le provocava dolore, perché i suoi lineamenti erano cosi
simili a quelli di
Romeo da farle male.
Dal
giardino di casa sua venivano i
canti e i balli dei festeggiamenti per il matrimonio di Benvolio, ma
per lei
erano solo rumori indistinti…
Si
alzò dalla toletta e si avviò
verso il letto dove si distese ancora tutta vestita e iniziò
strapparsi poco
alla volta alcune ciocche di capelli. Dolore, dolore fisico, dolore
mentale,
dolore del cuore. Perché? La domanda che si faceva da giorni
ormai era solo questa.
La
vita era cosi strana, ti metteva
davanti a delle situazioni che tu non sapevi come affrontare, le
conseguenze
spesso facevano soffrire proprio come stava soffrendo lui in quel
momento, le
uniche cose che gli davano un po' di conforto erano le lettere di frate
Lorenzo
e quelle dei suoi genitori: le lettere della madre erano sempre piene
di deliri
e tramite loro sentiva un rancore che non riusciva a riconoscere come
proprio,
una rabbia che gli faceva apparire il mondo in un eterno è
irremovibile complotto
contro i Montecchi.
Lui
da un punto di vista oggettivo,
si rendeva conto che non era cosi ma dal suo esilio forzato e ingiusto,
quelle
parole prendevano sempre più significato. L'ultima
inviatagli quella stessa
mattina verso la sua nuova sistemazione riportava le seguenti parole:
“Romeo figlio mio la casa
è cosi vuota senza
di te! L'aria è sempre più grave e il mio cuore
sta cedendo lentamente sotto i
colpi della sofferenza! Oh figlio mio non sai quanto vorrei che a
pagare fosse
quella cagna di una Capuleti, e solo colpa sua se il gioiello della
nostra famiglia
vive di stenti in una città ostile. Romeo credo che ci sia
in atto una specie
di complotto nei tuoi confronti e anche tuo cugino ne è
immischiato! Oh Romeo
non sai come Vorrei che tu fossi qui per vedere come quella sgualdrina
sta
cercando di portare nel proprio letto anche Mercuzio! E’ una
lurida che è stata
perfino in casa nostra ospite di tuo cugino! E il tuo caro migliore
amico la
difende sempre! Romeo io trovo disgustoso sia lui che lei, io ti
prometto
figlio mio che ti vendicherò e darò a quella
puttana e alla sua lurida razza
quello che si meritano!”.
Più
o meno a quel punto Romeo aveva
smesso di leggere per passare a quella del padre che invece era
più mite e gli
faceva sentire il dolce profumo di casa, attraverso i suoi racconti su
quello
che succedeva poteva trovarsi ad un ballo o in un duello improvvisato a
casa
loro dal suo migliore amico e dalla sua amata, l'ultima narrava proprio
di
quello.
Si
trovò a sospirare, pensare a
Giulietta come sua amata gli procurò un dolore allo stomaco,
si stava rendendo
conto che non era la fanciulla che si era costruito nella sua fantasia
e che di
conseguenza il suo amore non era reale, le parole della madre per
quanto
volgari e sconclusionate gli riportavano una realtà ben
precisa. Giulietta e
Mercuzio stavano insieme.
Si
chiese distrattamente come la
madre fosse arrivata a quella conclusione, forse aveva assistito a
qualche
scena che nel suo delirio si era dimenticata di scrivergli.
Prese
tra le mani la corona di legno
ultimo regalo del suo confessore e se la rigirò tra le mani
pensando che forse
c'era davvero qualcosa sotto al suo esilio, si alzò
arrivando allo scrittoio
desideroso di togliersi dalla mente quelle congetture dovute alla
lontananza e
prese tra le mani le lettere di frate Lorenzo.
Le
sue lettere erano cariche di
conforto cristiano per la sua anima e riportavano i risultati delle sue
ricerche, era un uomo di parola è non aveva dimenticato la
sua promessa.
L'ultima
missiva che gli aveva
mandato quella mattina gli spiegava che, anche se non potendo citare la
sua
fonte, doveva ammettere che i suoi sospetti erano fondati, il giovane
Capuleti
era vivo e di conseguenza il suo esilio era ingiusto, di li a qualche
giorno
sarebbe potuto tornare a Verona da uomo libero e chiedere al mondo
ciò che gli
aspettava.
Sorrise
di nuovo proprio come quella
mattina leggendo le stesse parole ma il suo sorriso si spense presto
rendendosi
conto solo in quel momento che il suo umore era cambiato, infatti
quelle parole
gli sarebbero state mille volte più gradite, solo se qualche
giorno prima lui
non l'avesse rivista e se il suo cuore fermo non avesse ripreso a
battere al
suono della voce di lei.
Una
volta lo stesso frate gli aveva
detto che l'amore dei giovani risiedeva negli occhi e solo li a Mantova
lui si
rendeva conto di quanto tutto ciò fosse vero, la ragazza che
nella sua mente
aveva preso il sopravvento era solo un’immagine speculare del
suo primo amore,
la Giulietta di cui si era innamorato al ballo dei Capuleti era solo
una fugace
scia luminosa nel cielo che per un attimo aveva oscurato lo splendore
della sua
luna.
Si
era infatuato di Giulietta solo
perché Rosalina celava il suo cuore sotto una pesante coltre
nera che altro non
era che il sudario della sua bellezza, le due fanciulle così
simili in aspetto
e in età si erano quasi confuse nella sua mente e lui aveva
finito per
alternare l'una all'altra.
Quelle
tre settimane di lontananza
dalla più giovane della famiglia Capuleti gli avevano fatto
capire tutto ciò, e
poi c'era stato l'incontro, il rivedere quegli occhi luminosi come
stelle
riascoltare quella voce che altro non era che il respiro della sua
fantasia, lo
avevano indotto a credere che a tutto c'era rimedio, che anche se
lontano da
casa la vita poteva tornare a sorridergli, se Rosalina era
lì a Mantova, e si
trovava nello stesso convento dove lui stesso era costretto a passare
le sue
giornate era un evidente segno che il destino era dalla sua parte.
E
anche se lei ormai indossava
l'abito nero che la consacrava a Cristo ciò non voleva dire
che lui era
costretto ad ignorare quello che la Dea fortuna e il Dio cupido stavano
cercando di fargli capire.
Il
secondo incontro con l'agognato
soggetto dei suoi sogni era stato di una dolcezza unica. Aveva capito
che la
fanciulla soleva passeggiare in giro per il portico adiacente la chiesa
ogni
pomeriggio dopo lo scoccare della quinta ora e che se lui voleva
vederla quello
starebbe stato il momento più propizio, quindi si era
appostato lì e quando la
fanciulla aveva fatto il suo ingresso le si era avvicinato come si
soleva ad un
galantuomo del tempo e dopo aver ottenuto il suo permesso aveva
iniziato a
passeggiar con lei.
"Sapete
Rosalina è la prima
volta che in una città cosi lontana dalla mia Verona io
trovi un viso a me
familiare e amico", la fanciulla gli aveva sorriso dolcemente, "Romeo
io sono onorata che voi mi consideriate una vostra amica" e cosi
avevano
preso l'abitudine di passeggiare insieme, e una volta che in lui non
c'erano
più le mire di volerla svestire delle sue virtù
parlare con lei e trovare punti
in comune era stato più semplice, avevano dimenticato tutto
ciò che era
accaduto a Verona e si erano ripromessi di vedersi ancora il giorno
seguente, e
cosi era stato per tutta la settimana e nella ragazza qualcosa era
mutato.
Era diventata più
affettuosa, aperta, aveva
preso le pene di Romeo come proprie, ci erano volute due settimane di
conoscenza per far capire alla fanciulla vestita di nero che forse
qualcosa in
più alla vita monacale c'era.
Ne
aveva parlato con la madre
superiora perché temeva di star commettendo un grosso
peccato, ma la donna più
anziana e saggia le aveva detto che finché i suoi voti non
erano stati
pronunciati la sua condizione era reversibile e dopo una notte insonne
passata
a riflettere su cos'era la cosa giusta da fare, e a chiedere a Dio una
risposta
alle sue penose domande era giunta alla conclusione di doverne parlare
con
Romeo.
Si
era presentata dal ragazzo armata
di buona volontà e aveva iniziato il suo discorso:" Romeo
ascoltatemi,
sono giunta oggi alla conclusione che io mi sono innamorata di voi,
queste due
settimane insieme a parlare e a vedervi mi hanno fatta rendere conto
che forse
il gesto che sto per compiere non è quello giusto."
Aveva
taciuto un attimo impossibilitata
ad andare oltre e poi c'era stato il bacio. Un bacio dolce e lento come
un
frutto maturato al sole che gli aveva riscaldato il cuore e gli sveva
fatto
toccare il cielo con un dito, quali parole più dolci
avrebbero potuto sentire
le sue orecchie? Nessuna!
Eppure
lui non era sicuro si sentiva
strano non voleva che la ragazza dovesse pentirsi di avergli confessato
il suo
amore, quindi non era riuscito a ricambiare una sola parola limitandosi
a
sorridere e a darle un leggero bacio sulle labbra.
Si
alzò dal letto spaesato e si
avvicinò alla piccola finestra del convento perdendosi con
lo sguardo oltre il
cielo e il prato che circondava la struttura, si sentiva in dovere di
decidere,
il suo cuore era chiaro aveva già scelto Rosalina, che in
quelle tre settimane
gli era stata vicina come non mai, ma la sua mente si trovava
annichilita in
quello che era il suo rapporto con Giulietta, non l'amava questo era
sicuro ma
perché si sentiva in colpa nei confronti di quella
fanciulla? In fondo né lei
né il suo migliore amico non gli avevano mai scritto da
quando era li e nemmeno
il cugino che tanto aveva amato si era più degnato di
chiedere sue notizie.
Il
suo cuore si riempì di un
sentimento che non era rabbia ma delusione, si sentiva deluso perche
era stato
lasciato solo e perché se la situazione fosse stata
invertita lui non li
avrebbe abbandonati, eppure non si sentiva in collera con loro, pensava
che
stessero andando avanti con le loro vite, e questo gli
provocò un brivido di
dolore dal quale si riscosse con questo pensiero: dunque
perché non poteva
farlo anche lui?
Si
risedette sul letto e si passò
una mano sugli occhi e poi sul cuore, e in un attimo la decisione fu
presa. Si
alzò dal letto e si diresse fuori nell'angusto corridoio di
pietra , il suo cuore
era più leggero e sembrava avere delle ali che lo facevano
quasi volare più che
camminare, si vergognò per un attimo di essersi fatto
prendere dallo sconforto
e di essere caduto nelle paranoie della madre, di aver pensato che le
persone
che gli volevano bene stavano tremando contro do lui, si
fermò davanti alla
cella di Rosalina, e bussò alla porta finche la voce roca
della ragazza non gli
rispose "Sorella sono in preghiera vi prego di tornare più
tardi" per
tutta risposta Romeo parlò con voce chiara e forte, dicendo
solo due parole
"Ti amo!".
Dall'altra
parte ci fu un po' di
silenzio poi la porta si aprì per far entrare il giovane,
che si trovò davanti
il suo Angelo.
La
fanciulla indossava l'abito
talare nero ma i suoi capelli castano chiaro e lunghi cadevano liberi
sulle
spalle fino a toccare la curva del sedere, la sua pelle candida era
rossa nella
zona delle guance e i suoi luminosi occhi neri erano colmi di lacrime
"Romeo sei sincero? Vuol dire che ricambi i miei sentimenti anche se ti
ho
tenuto lontano per tanto tempo?".
Il
giovane annuì e chiuse la porta
prima di prenderle la mano, "Sei tu che devi perdonare me! Sono stato
uno
sciocco a cercare in un’altra quello che non volevi darmi!
Avrei dovuto
insistere e farti capire per me quanto eri importante!".
La
fanciulla gli posò le dita sulle
labbra e scosse la testa "Shhh, Romeo non pensiamoci più
l'importante e
che ci siamo ritrovati!" Il ragazzo le sorrise e prendendole anche
l'altra
mano gliele baciò entrambe, poi le rivolse un lungo sguardo
languido e si
avvicinò al suo viso “Sono un uomo
libero.”
La
giornata era limpida e il cielo
era di quel preciso colore azzurro che tanto ispirava suo padre a
scrivere
poesie d'amore, cosi intenso da far male agli occhi, si
allontanò dalla
finestra dove stava ad oziare per avvicinarsi allo specchio, si
guardò riflesso
e per un attimo si stupì di come era cambiato in
così poco tempo, non si
riferiva ad un cambiamento fisico, ma più ad uno mentale, i
suoi occhi erano
luminosi e sulle sue labbra aleggiava un sorriso soddisfatto.
Da
quando aveva conosciuto Arianna
nulla aveva avuto più senso se non poter starsene ad oziare
tra le sue braccia
e finalmente qual giorno si sarebbero celebrate le nozze, la casa dei
suoi zii
era in fermento dalla sera prima e tutti si affrettavano ad ubbidire
agli
ordini che suo zio dava.
Si
girò ad osservare l'abito bianco
che lo attendeva sulla sedia, era infatti di consuetudine che gli sposi
vestissero entrambi di bianco per un buon augurio alla coppia che si
stava
creando e si avvicinò alla sedia dov'era appoggiata,
accarezzò delicatamente il
tessuto fresco del farsetto e indugiò con un dito su uno dei
bottoni dorati che
lo ornavano, si sentì un po' spaesato e confuso e in un
attimo la paura di
perderla come era già successo con i suoi genitori gli
bloccò il respiro in
gola.
Mentre
si perdeva in quei pensieri
troppo brutti per un giorno troppo bello la porta si aprì e
il suo migliore
amico entrò portando davanti a se un bocciolo di rosa bianca
che si abbinava
perfettamente al suo abito da cerimonia , gli si avvicinò e
quando il ragazzo
si voltò la sua espressione felice divenne in un attimo lo
specchio dubbiosa di
quella del ragazzo “Quale
pena allunga le ore di Benvolio? Cosa oscura il volto dello sposo in
un giorno tanto felice?”.
Il
ragazzo guardò il giovane che per
l'occasione indossava il completo ufficiale degli Scaglieri e scosse la
testa “Credo
sia solo paura di perdere la
persona che più amo al mondo come è successo con
tutta la mia famiglia”.
Benvolio oltrepassò Mercuzio e si sedette su di uno sgabello
davanti ad uno
specchio, la camera non era sua e gli era stata data per tenerlo
lontano dalla
sposa sino al momento del si, Mercuzio gli si mise alle spalle e
posò le mani
sulle spalle nude di Benvolio “Non
succederà! Non c'è niente e nessuno che trami
contro voi due!”.
Poggiò
la rosa sulla toletta e legò
con fare premuroso i capelli di Benvolio in una coda “Sarai
felice con lei! Avrete un
mucchio di figli e in men che non si dica dovrò ritrovarmi a
fare da zio a un
piccolo te!”.
A
quelle parole a Benvolio scappò un
sorriso “Si
desidero tanto dei figli! Pensavo che se il primo sarà
maschio si
chiamerà come mio padre ovvero Guglielmo! Se invece
sarà una bimba pensavo ad
Elisabetta come mia madre!”, i suoi occhi si riempiono di
lacrime e si alzò in
piedi per vestirsi e per nascondere il suo dolore a Mercuzio, il
giovane biondo
lo lasciò per un po' nel suo silenzio mentre lo osservava
vestirsi e quando
Benvolio ebbe finito e si girò verso l'amico il suo viso era
di nuovo sereno.
I
suoi occhi erano luminosi come il
cielo il suo sorriso candido come neve faceva capolino dalle labbra
rosa e così
Mercuzio gli si avvicino e gli inserì il bocciolo in un
asola apposita sul lato
del farsetto proprio sopra allo stemma della famiglia Montecchi.
“Vorrei
dirti tante cose, ma non
trovo le parole! Perché se tra di noi c'è
qualcuno che è bravo con i sentimenti
quello sei tu Benvolio. Sei tra di noi il più giovane ma sei
sempre stato il
più saggio! Oggi che compi il passo di diventare uomo voglio
dirti che per me
sei un altro fratello!”, le lacrime che Benvolio aveva
trattenuto sgorgarono
fuori al discorso di Mercuzio che gli era sempre stato vicino
più dei suoi
stessi familiari, dopo un fraterno abbraccio i due si avviarono verso
la
chiesa.
Il
sole era ancora alto e
risplendeva sui centinaia di boccioli che adornavano l'ingresso della
chiesa e
l'intera navata, i pochi posti a sedere che di solito occupavano le
famiglie
nobili erano stati ricoperti interamente di stoffa bianca e
tutt'intorno all'altare
oltre ai boccioli di rose e gigli risplendevano decine di candele, che
facevano
risplendere ogni singolo petalo dei fiori, la scena era molto
suggestiva
talmente tanto che non sembrava di essere in una chiesa ma in un
racconto di
miti che si svolgeva sull'olimpo; proprio accanto all'altare due
giovani
attendevano con impazienza l'arrivo della sposa.
Ella
non si fece attendere molto e
ad un quarto alle undici il coro di bambini disposti dietro alle
colonne
iniziarono ad intonare il loro canto e dal fondo della chiesa lo
splendore
della sposa fece ammutolire tutti gli invitati.
Giulietta
era stata invitata al
matrimonio e per volere della sposa sedeva sulla panca della sua
famiglia,
indossava un abito rosso con le maniche a sbuffo e un corpetto che
metteva in mostra
le sue giovani curve, i lunghi capelli castani intrecciati intorno alla
testa
con alcune ciocche che scendevano morbide e ricce sulle spalle.
Il
suo sguardo era rapito dalla
bellezza della sposa che con andatura lenta da felina raggiungeva
l'altare,
indossava un lungo abito bianco con il corpetto dorato e le lunghe
maniche di
velo giungevano fino a terra, erano interamente ricamate d'oro e sulla
gonna
facevamo bella mostra numerose pietre preziose che facevano luccicare
la gonna
ad ogni suo movimento.
Il
collo della fanciulla era
circondato da un filo di perle con sotto un pendente in corallo azzurro
dai
lobi prendevano orecchini identici al ciondolo, generoso regalo dello
zio dello
sposo, i capelli erano raccolti in una singola treccia ornata da
piccole rose
bianche che scendeva rigida fino alla fine del corpetto, il velo era
corto e le
copriva solo metà volto, e in tutto l'insieme era talmente
luminosa da lasciare
senza fiato, perfino il Principe che rigido sedeva sulla panca accanto
a Giulietta
e ai suoi nipoti non poteva fare a meno di sorridere a quella visione.
Il
padre lasciò la mano della
fanciulla poggiandola su quella di Benvolio e si mise accanto a sua
figlia,
cosi quando i bambini ebbero finito di cantare il prete giratosi di
spalle
iniziò la sua cerimonia in latino e solo alla fine della sua
litania si girò di
nuovo verso gli sposi per benedire gli anelli e unirli ufficialmente in
matrimonio.
Durante
il discorso finale ai due
sposini la fanciulla in rosso era cosi assorta a guardarli che non si
accorse
della presenza vicino a lei. Mercuzio le prese la mano e se la
portò alla
bocca.
Lei
si girò a guardarlo stupita da
quel sorriso. “Come va la gamba?” le
sussurrò all’orecchio dandole poi un bacio
sulla guancia e si mise a giocare con i suoi capelli.
Incontrò lo sguardo di
rimprovero di suo zio ma lo ignorò.
“Un po’
meglio” rispose Giulietta a bassissima
voce “Grazie…”, gli strinse timidamente
la mano che lui teneva sul suo
ginocchio e si girò verso il frate che annunciava la fine
della cerimonia,
palesemente imbarazzata.
La
festa che seguì la cerimonia fu
qualcosa di meraviglioso. C'erano serviti su lunghe tavolate i polli e
le oche
più grasse di Verona, numerose brocche di vino erano
disposte in modo che ogni
invitato potesse averne una davanti a se, e tutto sembrava agli occhi
degli
invitati una favola.
La
festa si teneva per l'occasione
nel giardino grande nel retro della dimora, i grandi alberi da frutta
erano
stati addobbati con grandi fili di seta e sotto i loro lunghi rami
erano stati
invitati anche alcuni musicisti che dovevano allietare la splendida
giornata,
tutto al matrimonio faceva dimenticare per un attimo tutte le brutte
avventure
che avevano sconvolto Verona nell'ultimo periodo, sembravano
però aver
dimenticato anche che un innocente era stato punito senza colpa e che
ancora
nessuno doveva avviarlo dell'avvenuta rettifica della sentenza.
Arianna
notò Giulietta con in
braccio la piccola Viola e le si avvicinò allegramente.
“Vi state divertendo
vedo” disse amichevolmente. La ragazza in rosso
guardò quella in bianco con un
sorriso, “Non posso ancora tornare a
ballare…”, lanciò un’occhiata
fugace alle
danze intorno a loro che terminavano in quel momento,
“Però si, avete
organizzato un ricevimento magnifico!”. La sposa
accarezzò distrattamente i
capelli rossastri di Viola, “C’è la
cerimonia della consumazione adesso, ce la
fate a venire?”. Giulietta la guardò senza
capire…
Poco
dopo si ritrovò quasi costretta,
in piedi, nella stanza da letto di Benvolio e Arianna, una guardia era
appoggiata alla porta mentre altre due si trovavano
all’esterno.
I
genitori della sposa, Caterina, il
conte Montecchi e un paio di cugini dello sposo accanto a lei,
Valentino,
Mercuzio ed Escalus di fronte a loro dall’altro lato del
letto. La porta si
aprì ed entrò Demetra, la dama di compagnia di
Gloria. Guardò tutti con un
falso sorriso e si posizionò decisa vicino ad Escalus
mettendolo un po’ a
disagio mentre gli mostrava un panorama un po’ troppo
scoperto delle sue curve.
Arianna
seduta sul letto, indossava
una semplice camicia da notte quasi trasparente ed era intenta a
sciogliersi la
treccia. Il suo neosposo apparve all’ingresso della stanza
con addosso solo un
indumento intimo. Si avvicinò lentamente al letto senza
guardare nessuno, aveva
occhi solo per lei.
Giulietta
continuando a non capire
bene quello che stava per succedere domandò a se stessa come
mai Gloria non
avesse preso parte alle nozze e come avrebbe potuto reagire se avesse
visto lei
li nella sua casa. Questa volta sarebbe stata indifesa
perché non aveva con se
i pugnali e per di più non poteva stare molto in piedi, la
ferita profonda alla
coscia non si era ancora rimarginata. Improvvisamente sentì
il desiderio di
andare a casa dalla sua Luce, che sicuramente l’attendeva sul
letto o sul
tavolo della cucina scodinzolando per un po’ di coccole.
Benvolio
si sdraiò accanto ad
Arianna e lei si sedette sopra di lui per baciarlo. Valentino diede un
colpo di
tosse e il fratello guardò per aria. I genitori della sposa
si presero per mano
e tutti parvero stranamente silenziosi, o imbarazzati pensò
Giulietta. Cercò lo
sguardo di Mercuzio ma un gemito attirò la sua attenzione e
sbirciò senza
volerlo all’interno del baldacchino.
Benvolio
teneva i lembi della
camicia da notte di Arianna sollevati sotto il suo seno e lei si
muoveva sopra
di lui, all’inizio gemendo poi alzò la voce sempre
di più fino ad urlare il
nome di lui più volte. Tutti abbassarono gli occhi,
l’unica che sembrava si
stesse divertendo era Demetra, che ridacchiava e aveva addirittura
preso sotto
braccio il Principe che la guardava con aria interrogativa.
Giulietta
improvvisamente esausta di
quell’assurda situazione si avviò alla porta, ma
la guardia la bloccò
intimandole di restare fino alla fine. Lei lo afferrò per il
collo e nonostante
fosse molto più bassa riuscì ad intimidirlo
“Apri subito questa dannata porta!
Ho la nausea e mi alletta parecchio l’idea di vomitarti
addosso!”.
L’uomo
la guardò stravolto e
spalancò la porta. Mercuzio che aveva osservato la scena si
precipitò fuori la
stanza anche lui. Quando la porta fu richiusa le urla di Arianna si
sentivano
ancora ma più deboli.
Il
ragazzo biondo la trattenne per
una mano e lei si girò verso di lui trovandoselo a un passo
dal viso. “Ti senti
male?” le chiese serio. Benvolio strillò qualcosa
di incomprensibile alle loro
orecchie. “Si! Questa cosa mi ha nauseata! Era proprio
necessario? La prossima
volta che qualcuno si sposa non lo voglio sapere”, lo disse
cosi sinceramente
ma anche piuttosto ironica secondo Mercuzio che si lasciò
sfuggire una risata
di gusto.
“Ti
accompagno a casa, vieni”,
l’attirò a se e la sollevò con un
braccio sotto le ginocchia e l’altro a
sostenerle la schiena. “Guarda che ho solo una ferita! Mica
la gamba rotta, ce
la faccio a camminare!” si lamentò lei mentre si
avviavano all’uscita di casa
Montecchi. Lui rise un po’ prima di risponderle “E
ammettilo che non ti
dispiace stare tra le mie braccia…”. Giulietta
arrossì e sorrise, poi senza
dire nulla gli strinse le braccia intorno al collo e si
rilassò. Aveva proprio
ragione e ne era consapevole.
Nella
piccola cella tutto sembrava
immutato, come se un pittore avesse dipinto con zelo le perfette figure
dei due
giovani che sdraiati sul letto, dopo lunghe chiacchierate e baci e
carezze
erano caduti in un sonno che sembrava quello dei giusti.
Erano
cosi immersi nei loro sogni
che quando la porta si aprì di scatto non si svegliarono ma
purtroppo non furono
immuni alle grida
di indignazione della
madre superiora che li guardava con rimprovero, “Suor Rosa!
Ma cosa state
combinando? Siamo in un Luogo Sacro! Non dovreste essere cosi
attaccati!”.
Il
giovane Romeo si alzò di scatto e
rosso in viso cerco di spiegare, ma la donna più anziana lo
cacciò dalla stanza
chiudendogli la porta in faccia, e invano lui bussò a lungo
ma nessuna delle
due donne aprì, così fu costretto a tornare nella
sua cella in attesa di qualcosa….
Ma di cosa esattamente? Non seppe darsi una risposta.