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Autore: Eos BiancaLuna    03/08/2014    3 recensioni
[Shakespeare, Opere teatrali]
[Shakespeare, Opere teatrali][Shakespeare, Opere teatrali] Romeo e Giulietta decidono di sposarsi ma il giorno del matrimonio lei conosce Mercuzio e improvvisamente si rende conto di non volersi più sposare. Scritta a 4 mani da me e una mia amica che adoro, basta sul gdr che ci ha fatto conoscere.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Capitolo Decimo

 

Di solito nulla e’ come appare e anche il cielo più luminoso finisce per oscurarsi. Anche se il sole continua a brillare per poi tramontare e non avere più la forza di alzarsi, e non c'e’ nemmeno la luna a rischiarare un cielo vuoto e oscuro.

Da qui è scomparso il sole, ci sono solo piccoli punti luminosi che si perdono nel vuoto della sofferenza che provoca la privazione, punti luminosi che non sono altro che ricordi: il primo sorriso di suo figlio, il primo dente caduto, i primi passi, o la prima volta che suo figlio aveva detto “mamma”, il vuoto che Gloria aveva nel petto era paragonabile solo al sole che si spegne.

Perché effettivamente il suo sole si era spento senza lasciare nella sua vita nemmeno uno spiraglio di luce. Passava le sue notti a rivivere gli ultimi istanti con il figlio, le sue mani che venivano strappate via dalle mani del suo piccolo!

Era straziante per lei e niente riusciva a darle pace, lo rivoleva, rivoleva il suo bambino di nuovo a casa e sapeva che la colpa di tutto era di quella sgualdrina di una Capuleti.

Si era chiusa nella sua camera insieme al delirio che accompagnava la follia che Giulietta Capuleti aveva causato, e non permetteva a nessuno se non alla fida Demetra di entrare nella sua stanza, solo con la fanciulla si confidava e si apriva come se fosse stata la sua unica alleata.

Si, alleata, perché proprio di una guerra si trattava, e proprio con lei iniziò a capire che forse un modo per farla pagare alla razza immonda dei Capuleti c'era. Il dolore che si portava dietro come un macigno appeso al petto le impediva di rendersi conto che non tutto era perduto e che nella sua vita c'erano ancora delle cose belle di cui gioire come il matrimonio che suo nipote Benvolio aveva annunciato una settimana prima.

Ma lei non riusciva a vedere niente di buono in quel matrimonio con una parente del principe poiché anche in quel matrimonio ella vedeva il complotto che aveva allontanato suo figlio. Nei confronti di quel ragazzo orfano e solo, che lei aveva accolto per amore del marito, provava un odio paragonabile a quello nei confronti dei Capuleti, poiché non di rendeva conto di come fosse possibile che lui, potesse essere felice, sul punto di sposarsi e avere dei figli nella sua Verona e suo figlio no?

 Si era rifiutata di partecipare al matrimonio e non aveva nemmeno dato gli auguri al nipote, si era dimenticata di lui come il ragazzo si era dimenticato del figlio. Sedeva inerte con le lunghe braccia incrociate in grembo ad osservare il suo riflesso nello specchio, ma anche questo le provocava dolore, perché i suoi lineamenti erano cosi simili a quelli di Romeo da farle male.

Dal giardino di casa sua venivano i canti e i balli dei festeggiamenti per il matrimonio di Benvolio, ma per lei erano solo rumori indistinti…

Si alzò dalla toletta e si avviò verso il letto dove si distese ancora tutta vestita e iniziò strapparsi poco alla volta alcune ciocche di capelli. Dolore, dolore fisico, dolore mentale, dolore del cuore. Perché? La domanda che si faceva da giorni ormai era solo questa.

La vita era cosi strana, ti metteva davanti a delle situazioni che tu non sapevi come affrontare, le conseguenze spesso facevano soffrire proprio come stava soffrendo lui in quel momento, le uniche cose che gli davano un po' di conforto erano le lettere di frate Lorenzo e quelle dei suoi genitori: le lettere della madre erano sempre piene di deliri e tramite loro sentiva un rancore che non riusciva a riconoscere come proprio, una rabbia che gli faceva apparire il mondo in un eterno è irremovibile complotto contro i Montecchi.

Lui da un punto di vista oggettivo, si rendeva conto che non era cosi ma dal suo esilio forzato e ingiusto, quelle parole prendevano sempre più significato. L'ultima inviatagli quella stessa mattina verso la sua nuova sistemazione riportava le seguenti parole: “Romeo figlio mio la casa è cosi vuota senza di te! L'aria è sempre più grave e il mio cuore sta cedendo lentamente sotto i colpi della sofferenza! Oh figlio mio non sai quanto vorrei che a pagare fosse quella cagna di una Capuleti, e solo colpa sua se il gioiello della nostra famiglia vive di stenti in una città ostile. Romeo credo che ci sia in atto una specie di complotto nei tuoi confronti e anche tuo cugino ne è immischiato! Oh Romeo non sai come Vorrei che tu fossi qui per vedere come quella sgualdrina sta cercando di portare nel proprio letto anche Mercuzio! E’ una lurida che è stata perfino in casa nostra ospite di tuo cugino! E il tuo caro migliore amico la difende sempre! Romeo io trovo disgustoso sia lui che lei, io ti prometto figlio mio che ti vendicherò e darò a quella puttana e alla sua lurida razza quello che si meritano!”.  

Più o meno a quel punto Romeo aveva smesso di leggere per passare a quella del padre che invece era più mite e gli faceva sentire il dolce profumo di casa, attraverso i suoi racconti su quello che succedeva poteva trovarsi ad un ballo o in un duello improvvisato a casa loro dal suo migliore amico e dalla sua amata, l'ultima narrava proprio di quello.

Si trovò a sospirare, pensare a Giulietta come sua amata gli procurò un dolore allo stomaco, si stava rendendo conto che non era la fanciulla che si era costruito nella sua fantasia e che di conseguenza il suo amore non era reale, le parole della madre per quanto volgari e sconclusionate gli riportavano una realtà ben precisa. Giulietta e Mercuzio stavano insieme.

Si chiese distrattamente come la madre fosse arrivata a quella conclusione, forse aveva assistito a qualche scena che nel suo delirio si era dimenticata di scrivergli.

Prese tra le mani la corona di legno ultimo regalo del suo confessore e se la rigirò tra le mani pensando che forse c'era davvero qualcosa sotto al suo esilio, si alzò arrivando allo scrittoio desideroso di togliersi dalla mente quelle congetture dovute alla lontananza e prese tra le mani le lettere di frate Lorenzo.

Le sue lettere erano cariche di conforto cristiano per la sua anima e riportavano i risultati delle sue ricerche, era un uomo di parola è non aveva dimenticato la sua promessa.

L'ultima missiva che gli aveva mandato quella mattina gli spiegava che, anche se non potendo citare la sua fonte, doveva ammettere che i suoi sospetti erano fondati, il giovane Capuleti era vivo e di conseguenza il suo esilio era ingiusto, di li a qualche giorno sarebbe potuto tornare a Verona da uomo libero e chiedere al mondo ciò che gli aspettava.

Sorrise di nuovo proprio come quella mattina leggendo le stesse parole ma il suo sorriso si spense presto rendendosi conto solo in quel momento che il suo umore era cambiato, infatti quelle parole gli sarebbero state mille volte più gradite, solo se qualche giorno prima lui non l'avesse rivista e se il suo cuore fermo non avesse ripreso a battere al suono della voce di lei.

Una volta lo stesso frate gli aveva detto che l'amore dei giovani risiedeva negli occhi e solo li a Mantova lui si rendeva conto di quanto tutto ciò fosse vero, la ragazza che nella sua mente aveva preso il sopravvento era solo un’immagine speculare del suo primo amore, la Giulietta di cui si era innamorato al ballo dei Capuleti era solo una fugace scia luminosa nel cielo che per un attimo aveva oscurato lo splendore della sua luna.

Si era infatuato di Giulietta solo perché Rosalina celava il suo cuore sotto una pesante coltre nera che altro non era che il sudario della sua bellezza, le due fanciulle così simili in aspetto e in età si erano quasi confuse nella sua mente e lui aveva finito per alternare l'una all'altra.

Quelle tre settimane di lontananza dalla più giovane della famiglia Capuleti gli avevano fatto capire tutto ciò, e poi c'era stato l'incontro, il rivedere quegli occhi luminosi come stelle riascoltare quella voce che altro non era che il respiro della sua fantasia, lo avevano indotto a credere che a tutto c'era rimedio, che anche se lontano da casa la vita poteva tornare a sorridergli, se Rosalina era lì a Mantova, e si trovava nello stesso convento dove lui stesso era costretto a passare le sue giornate era un evidente segno che il destino era dalla sua parte.

E anche se lei ormai indossava l'abito nero che la consacrava a Cristo ciò non voleva dire che lui era costretto ad ignorare quello che la Dea fortuna e il Dio cupido stavano cercando di fargli capire.

Il secondo incontro con l'agognato soggetto dei suoi sogni era stato di una dolcezza unica. Aveva capito che la fanciulla soleva passeggiare in giro per il portico adiacente la chiesa ogni pomeriggio dopo lo scoccare della quinta ora e che se lui voleva vederla quello starebbe stato il momento più propizio, quindi si era appostato lì e quando la fanciulla aveva fatto il suo ingresso le si era avvicinato come si soleva ad un galantuomo del tempo e dopo aver ottenuto il suo permesso aveva iniziato a passeggiar con lei.

"Sapete Rosalina è la prima volta che in una città cosi lontana dalla mia Verona io trovi un viso a me familiare e amico", la fanciulla gli aveva sorriso dolcemente, "Romeo io sono onorata che voi mi consideriate una vostra amica" e cosi avevano preso l'abitudine di passeggiare insieme, e una volta che in lui non c'erano più le mire di volerla svestire delle sue virtù parlare con lei e trovare punti in comune era stato più semplice, avevano dimenticato tutto ciò che era accaduto a Verona e si erano ripromessi di vedersi ancora il giorno seguente, e cosi era stato per tutta la settimana e nella ragazza qualcosa era mutato.

 Era diventata più affettuosa, aperta, aveva preso le pene di Romeo come proprie, ci erano volute due settimane di conoscenza per far capire alla fanciulla vestita di nero che forse qualcosa in più alla vita monacale c'era.

Ne aveva parlato con la madre superiora perché temeva di star commettendo un grosso peccato, ma la donna più anziana e saggia le aveva detto che finché i suoi voti non erano stati pronunciati la sua condizione era reversibile e dopo una notte insonne passata a riflettere su cos'era la cosa giusta da fare, e a chiedere a Dio una risposta alle sue penose domande era giunta alla conclusione di doverne parlare con Romeo.

Si era presentata dal ragazzo armata di buona volontà e aveva iniziato il suo discorso:" Romeo ascoltatemi, sono giunta oggi alla conclusione che io mi sono innamorata di voi, queste due settimane insieme a parlare e a vedervi mi hanno fatta rendere conto che forse il gesto che sto per compiere non è quello giusto."

Aveva taciuto un attimo impossibilitata ad andare oltre e poi c'era stato il bacio. Un bacio dolce e lento come un frutto maturato al sole che gli aveva riscaldato il cuore e gli sveva fatto toccare il cielo con un dito, quali parole più dolci avrebbero potuto sentire le sue orecchie? Nessuna!

Eppure lui non era sicuro si sentiva strano non voleva che la ragazza dovesse pentirsi di avergli confessato il suo amore, quindi non era riuscito a ricambiare una sola parola limitandosi a sorridere e a darle un leggero bacio sulle labbra.

Si alzò dal letto spaesato e si avvicinò alla piccola finestra del convento perdendosi con lo sguardo oltre il cielo e il prato che circondava la struttura, si sentiva in dovere di decidere, il suo cuore era chiaro aveva già scelto Rosalina, che in quelle tre settimane gli era stata vicina come non mai, ma la sua mente si trovava annichilita in quello che era il suo rapporto con Giulietta, non l'amava questo era sicuro ma perché si sentiva in colpa nei confronti di quella fanciulla? In fondo né lei né il suo migliore amico non gli avevano mai scritto da quando era li e nemmeno il cugino che tanto aveva amato si era più degnato di chiedere sue notizie.

Il suo cuore si riempì di un sentimento che non era rabbia ma delusione, si sentiva deluso perche era stato lasciato solo e perché se la situazione fosse stata invertita lui non li avrebbe abbandonati, eppure non si sentiva in collera con loro, pensava che stessero andando avanti con le loro vite, e questo gli provocò un brivido di dolore dal quale si riscosse con questo pensiero: dunque perché non poteva farlo anche lui?

Si risedette sul letto e si passò una mano sugli occhi e poi sul cuore, e in un attimo la decisione fu presa. Si alzò dal letto e si diresse fuori nell'angusto corridoio di pietra , il suo cuore era più leggero e sembrava avere delle ali che lo facevano quasi volare più che camminare, si vergognò per un attimo di essersi fatto prendere dallo sconforto e di essere caduto nelle paranoie della madre, di aver pensato che le persone che gli volevano bene stavano tremando contro do lui, si fermò davanti alla cella di Rosalina, e bussò alla porta finche la voce roca della ragazza non gli rispose "Sorella sono in preghiera vi prego di tornare più tardi" per tutta risposta Romeo parlò con voce chiara e forte, dicendo solo due parole "Ti amo!".

Dall'altra parte ci fu un po' di silenzio poi la porta si aprì per far entrare il giovane, che si trovò davanti il suo Angelo.

La fanciulla indossava l'abito talare nero ma i suoi capelli castano chiaro e lunghi cadevano liberi sulle spalle fino a toccare la curva del sedere, la sua pelle candida era rossa nella zona delle guance e i suoi luminosi occhi neri erano colmi di lacrime "Romeo sei sincero? Vuol dire che ricambi i miei sentimenti anche se ti ho tenuto lontano per tanto tempo?".

Il giovane annuì e chiuse la porta prima di prenderle la mano, "Sei tu che devi perdonare me! Sono stato uno sciocco a cercare in un’altra quello che non volevi darmi! Avrei dovuto insistere e farti capire per me quanto eri importante!".

La fanciulla gli posò le dita sulle labbra e scosse la testa "Shhh, Romeo non pensiamoci più l'importante e che ci siamo ritrovati!" Il ragazzo le sorrise e prendendole anche l'altra mano gliele baciò entrambe, poi le rivolse un lungo sguardo languido e si avvicinò al suo viso “Sono un uomo libero.”

                                                        

La giornata era limpida e il cielo era di quel preciso colore azzurro che tanto ispirava suo padre a scrivere poesie d'amore, cosi intenso da far male agli occhi, si allontanò dalla finestra dove stava ad oziare per avvicinarsi allo specchio, si guardò riflesso e per un attimo si stupì di come era cambiato in così poco tempo, non si riferiva ad un cambiamento fisico, ma più ad uno mentale, i suoi occhi erano luminosi e sulle sue labbra aleggiava un sorriso soddisfatto.

Da quando aveva conosciuto Arianna nulla aveva avuto più senso se non poter starsene ad oziare tra le sue braccia e finalmente qual giorno si sarebbero celebrate le nozze, la casa dei suoi zii era in fermento dalla sera prima e tutti si affrettavano ad ubbidire agli ordini che suo zio dava.

Si girò ad osservare l'abito bianco che lo attendeva sulla sedia, era infatti di consuetudine che gli sposi vestissero entrambi di bianco per un buon augurio alla coppia che si stava creando e si avvicinò alla sedia dov'era appoggiata, accarezzò delicatamente il tessuto fresco del farsetto e indugiò con un dito su uno dei bottoni dorati che lo ornavano, si sentì un po' spaesato e confuso e in un attimo la paura di perderla come era già successo con i suoi genitori gli bloccò il respiro in gola.

Mentre si perdeva in quei pensieri troppo brutti per un giorno troppo bello la porta si aprì e il suo migliore amico entrò portando davanti a se un bocciolo di rosa bianca che si abbinava perfettamente al suo abito da cerimonia , gli si avvicinò e quando il ragazzo si voltò la sua espressione felice divenne in un attimo lo specchio dubbiosa di quella del ragazzo Quale pena allunga le ore di Benvolio? Cosa oscura il volto dello sposo in un giorno tanto felice?”.

Il ragazzo guardò il giovane che per l'occasione indossava il completo ufficiale degli Scaglieri e scosse la testa Credo sia solo paura di perdere la persona che più amo al mondo come è successo con tutta la mia famiglia”. Benvolio oltrepassò Mercuzio e si sedette su di uno sgabello davanti ad uno specchio, la camera non era sua e gli era stata data per tenerlo lontano dalla sposa sino al momento del si, Mercuzio gli si mise alle spalle e posò le mani sulle spalle nude di Benvolio Non succederà! Non c'è niente e nessuno che trami contro voi due!”.

Poggiò la rosa sulla toletta e legò con fare premuroso i capelli di Benvolio in una coda Sarai felice con lei! Avrete un mucchio di figli e in men che non si dica dovrò ritrovarmi a fare da zio a un piccolo te!”.

A quelle parole a Benvolio scappò un sorriso Si desidero tanto dei figli! Pensavo che se il primo sarà maschio si chiamerà come mio padre ovvero Guglielmo! Se invece sarà una bimba pensavo ad Elisabetta come mia madre!”, i suoi occhi si riempiono di lacrime e si alzò in piedi per vestirsi e per nascondere il suo dolore a Mercuzio, il giovane biondo lo lasciò per un po' nel suo silenzio mentre lo osservava vestirsi e quando Benvolio ebbe finito e si girò verso l'amico il suo viso era di nuovo sereno.

I suoi occhi erano luminosi come il cielo il suo sorriso candido come neve faceva capolino dalle labbra rosa e così Mercuzio gli si avvicino e gli inserì il bocciolo in un asola apposita sul lato del farsetto proprio sopra allo stemma della famiglia Montecchi.

Vorrei dirti tante cose, ma non trovo le parole! Perché se tra di noi c'è qualcuno che è bravo con i sentimenti quello sei tu Benvolio. Sei tra di noi il più giovane ma sei sempre stato il più saggio! Oggi che compi il passo di diventare uomo voglio dirti che per me sei un altro fratello!”, le lacrime che Benvolio aveva trattenuto sgorgarono fuori al discorso di Mercuzio che gli era sempre stato vicino più dei suoi stessi familiari, dopo un fraterno abbraccio i due si avviarono verso la chiesa.

Il sole era ancora alto e risplendeva sui centinaia di boccioli che adornavano l'ingresso della chiesa e l'intera navata, i pochi posti a sedere che di solito occupavano le famiglie nobili erano stati ricoperti interamente di stoffa bianca e tutt'intorno all'altare oltre ai boccioli di rose e gigli risplendevano decine di candele, che facevano risplendere ogni singolo petalo dei fiori, la scena era molto suggestiva talmente tanto che non sembrava di essere in una chiesa ma in un racconto di miti che si svolgeva sull'olimpo; proprio accanto all'altare due giovani attendevano con impazienza l'arrivo della sposa.

Ella non si fece attendere molto e ad un quarto alle undici il coro di bambini disposti dietro alle colonne iniziarono ad intonare il loro canto e dal fondo della chiesa lo splendore della sposa fece ammutolire tutti gli invitati.

Giulietta era stata invitata al matrimonio e per volere della sposa sedeva sulla panca della sua famiglia, indossava un abito rosso con le maniche a sbuffo e un corpetto che metteva in mostra le sue giovani curve, i lunghi capelli castani intrecciati intorno alla testa con alcune ciocche che scendevano morbide e ricce sulle spalle.

Il suo sguardo era rapito dalla bellezza della sposa che con andatura lenta da felina raggiungeva l'altare, indossava un lungo abito bianco con il corpetto dorato e le lunghe maniche di velo giungevano fino a terra, erano interamente ricamate d'oro e sulla gonna facevamo bella mostra numerose pietre preziose che facevano luccicare la gonna ad ogni suo movimento.

Il collo della fanciulla era circondato da un filo di perle con sotto un pendente in corallo azzurro dai lobi prendevano orecchini identici al ciondolo, generoso regalo dello zio dello sposo, i capelli erano raccolti in una singola treccia ornata da piccole rose bianche che scendeva rigida fino alla fine del corpetto, il velo era corto e le copriva solo metà volto, e in tutto l'insieme era talmente luminosa da lasciare senza fiato, perfino il Principe che rigido sedeva sulla panca accanto a Giulietta e ai suoi nipoti non poteva fare a meno di sorridere a quella visione.

Il padre lasciò la mano della fanciulla poggiandola su quella di Benvolio e si mise accanto a sua figlia, cosi quando i bambini ebbero finito di cantare il prete giratosi di spalle iniziò la sua cerimonia in latino e solo alla fine della sua litania si girò di nuovo verso gli sposi per benedire gli anelli e unirli ufficialmente in matrimonio.

Durante il discorso finale ai due sposini la fanciulla in rosso era cosi assorta a guardarli che non si accorse della presenza vicino a lei. Mercuzio le prese la mano e se la portò alla bocca.

Lei si girò a guardarlo stupita da quel sorriso. “Come va la gamba?” le sussurrò all’orecchio dandole poi un bacio sulla guancia e si mise a giocare con i suoi capelli. Incontrò lo sguardo di rimprovero di suo zio ma lo ignorò.

 “Un po’ meglio” rispose Giulietta a bassissima voce “Grazie…”, gli strinse timidamente la mano che lui teneva sul suo ginocchio e si girò verso il frate che annunciava la fine della cerimonia, palesemente imbarazzata.

La festa che seguì la cerimonia fu qualcosa di meraviglioso. C'erano serviti su lunghe tavolate i polli e le oche più grasse di Verona, numerose brocche di vino erano disposte in modo che ogni invitato potesse averne una davanti a se, e tutto sembrava agli occhi degli invitati una favola.

La festa si teneva per l'occasione nel giardino grande nel retro della dimora, i grandi alberi da frutta erano stati addobbati con grandi fili di seta e sotto i loro lunghi rami erano stati invitati anche alcuni musicisti che dovevano allietare la splendida giornata, tutto al matrimonio faceva dimenticare per un attimo tutte le brutte avventure che avevano sconvolto Verona nell'ultimo periodo, sembravano però aver dimenticato anche che un innocente era stato punito senza colpa e che ancora nessuno doveva avviarlo dell'avvenuta rettifica della sentenza.

Arianna notò Giulietta con in braccio la piccola Viola e le si avvicinò allegramente. “Vi state divertendo vedo” disse amichevolmente. La ragazza in rosso guardò quella in bianco con un sorriso, “Non posso ancora tornare a ballare…”, lanciò un’occhiata fugace alle danze intorno a loro che terminavano in quel momento, “Però si, avete organizzato un ricevimento magnifico!”. La sposa accarezzò distrattamente i capelli rossastri di Viola, “C’è la cerimonia della consumazione adesso, ce la fate a venire?”. Giulietta la guardò senza capire…

Poco dopo si ritrovò quasi costretta, in piedi, nella stanza da letto di Benvolio e Arianna, una guardia era appoggiata alla porta mentre altre due si trovavano all’esterno.

I genitori della sposa, Caterina, il conte Montecchi e un paio di cugini dello sposo accanto a lei, Valentino, Mercuzio ed Escalus di fronte a loro dall’altro lato del letto. La porta si aprì ed entrò Demetra, la dama di compagnia di Gloria. Guardò tutti con un falso sorriso e si posizionò decisa vicino ad Escalus mettendolo un po’ a disagio mentre gli mostrava un panorama un po’ troppo scoperto delle sue curve.

Arianna seduta sul letto, indossava una semplice camicia da notte quasi trasparente ed era intenta a sciogliersi la treccia. Il suo neosposo apparve all’ingresso della stanza con addosso solo un indumento intimo. Si avvicinò lentamente al letto senza guardare nessuno, aveva occhi solo per lei.

Giulietta continuando a non capire bene quello che stava per succedere domandò a se stessa come mai Gloria non avesse preso parte alle nozze e come avrebbe potuto reagire se avesse visto lei li nella sua casa. Questa volta sarebbe stata indifesa perché non aveva con se i pugnali e per di più non poteva stare molto in piedi, la ferita profonda alla coscia non si era ancora rimarginata. Improvvisamente sentì il desiderio di andare a casa dalla sua Luce, che sicuramente l’attendeva sul letto o sul tavolo della cucina scodinzolando per un po’ di coccole.

Benvolio si sdraiò accanto ad Arianna e lei si sedette sopra di lui per baciarlo. Valentino diede un colpo di tosse e il fratello guardò per aria. I genitori della sposa si presero per mano e tutti parvero stranamente silenziosi, o imbarazzati pensò Giulietta. Cercò lo sguardo di Mercuzio ma un gemito attirò la sua attenzione e sbirciò senza volerlo all’interno del baldacchino.

Benvolio teneva i lembi della camicia da notte di Arianna sollevati sotto il suo seno e lei si muoveva sopra di lui, all’inizio gemendo poi alzò la voce sempre di più fino ad urlare il nome di lui più volte. Tutti abbassarono gli occhi, l’unica che sembrava si stesse divertendo era Demetra, che ridacchiava e aveva addirittura preso sotto braccio il Principe che la guardava con aria interrogativa.

Giulietta improvvisamente esausta di quell’assurda situazione si avviò alla porta, ma la guardia la bloccò intimandole di restare fino alla fine. Lei lo afferrò per il collo e nonostante fosse molto più bassa riuscì ad intimidirlo “Apri subito questa dannata porta! Ho la nausea e mi alletta parecchio l’idea di vomitarti addosso!”.

L’uomo la guardò stravolto e spalancò la porta. Mercuzio che aveva osservato la scena si precipitò fuori la stanza anche lui. Quando la porta fu richiusa le urla di Arianna si sentivano ancora ma più deboli.

Il ragazzo biondo la trattenne per una mano e lei si girò verso di lui trovandoselo a un passo dal viso. “Ti senti male?” le chiese serio. Benvolio strillò qualcosa di incomprensibile alle loro orecchie. “Si! Questa cosa mi ha nauseata! Era proprio necessario? La prossima volta che qualcuno si sposa non lo voglio sapere”, lo disse cosi sinceramente ma anche piuttosto ironica secondo Mercuzio che si lasciò sfuggire una risata di gusto.

“Ti accompagno a casa, vieni”, l’attirò a se e la sollevò con un braccio sotto le ginocchia e l’altro a sostenerle la schiena. “Guarda che ho solo una ferita! Mica la gamba rotta, ce la faccio a camminare!” si lamentò lei mentre si avviavano all’uscita di casa Montecchi. Lui rise un po’ prima di risponderle “E ammettilo che non ti dispiace stare tra le mie braccia…”. Giulietta arrossì e sorrise, poi senza dire nulla gli strinse le braccia intorno al collo e si rilassò. Aveva proprio ragione e ne era consapevole.

 

Nella piccola cella tutto sembrava immutato, come se un pittore avesse dipinto con zelo le perfette figure dei due giovani che sdraiati sul letto, dopo lunghe chiacchierate e baci e carezze erano caduti in un sonno che sembrava quello dei giusti.

Erano cosi immersi nei loro sogni che quando la porta si aprì di scatto non si svegliarono ma purtroppo non furono immuni  alle grida di indignazione della madre superiora che li guardava con rimprovero, “Suor Rosa! Ma cosa state combinando? Siamo in un Luogo Sacro! Non dovreste essere cosi attaccati!”.

Il giovane Romeo si alzò di scatto e rosso in viso cerco di spiegare, ma la donna più anziana lo cacciò dalla stanza chiudendogli la porta in faccia, e invano lui bussò a lungo ma nessuna delle due donne aprì, così fu costretto a tornare nella sua cella in attesa di qualcosa…. Ma di cosa esattamente? Non seppe darsi una risposta.

   
 
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