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Autore: Leahia    03/08/2014    4 recensioni
AU ElliotxLeo, accenni lievi e trascurabili a varie coppie secondarie
Va bene, va bene. Questa fanfiction è definibile come "la mia mossa finale". Dubito che farò mai più una cosa così astronomicamente stupida. Ebbene, ci troviamo in una Londra (completamente inventata da me vi prego non vi crucciate su distanze e quisquilie simili) nella quale due giovani studenti dai caratteri a dir poco opposti si ritrovano a vivere nello stesso appartamento, il tutto coronato da un'inquietante padrona di casa e una gang di amici abbastanza inusuali. Quali torture potrebbe inventarsi una sadica annoiata (alias me) per questi problematici coinquilini?
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Elliot Nightray, Leo Baskerville, Lottie
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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London’s Problematic Housemates

Elliot Nightray camminava su un marciapiede di Londra, diretto alla sua nuova casa. Non l’aveva vista che in foto, dato che avendo sempre abitato a Edimburgo non aveva avuto occasione di andare a Londra solo per vedere il suo futuro appartamento. Ma adesso si sarebbe trasferito a Londra in pianta stabile, per studiare a Oxford (cosa che mai mancava di ricordare), e aveva avuto bisogno di un posto dove stare. Aveva sentito da un suo “amico” che un altro ragazzo stava cercando un appartamento a Londra, e così si erano decisi per far sapere all’altro che avrebbero potuto dividere l’affitto. Senza essersi mai incontrati. Era un bel rischio, ma se a vent’anni non rischi poi non rischi più, e tanto valeva. L’appartamento era a Wellington Road, al limite del centro, ma andava benissimo, poiché sebbene Elliot fosse decisamente benestante, l’affitto in una casa più centrale era decisamente alto. Raggiunse il luogo. Wellington Road, 33. Il palazzo era vecchio stile, con i muri color crema scrostati in alcuni punti e le finestre dipinte di bianco che si era stinto. Bussò alla porta e gli aprì una ragazza con i capelli rosa (Rosa?) e molto pimpante, fasciata in uno scampol0 di stoffa rosso fiammante e in equilibrio su due tacchi vertiginosi, che lo accolse come se lo aspettasse da una vita.
-Tu devi essere Elliot Nightray, vero?- gli disse, stringendogli la mano con vigore e scrutandolo con due grandi occhi rosa (Rosa?!).
-Ehm... sì, sono io... e lei è...?
-Charlotte, ma chiamami Lotty! Sono la tua padrona di casa!- annunciò, ridendo. Non gli aveva neppure detto il suo cognome. Che accidenti c’era da ridere? Era tanto buffo?
-Sì, ecco... signorina Charlotte, potrebbe dirmi dove dovrei abitare...?- domandò Elliot, tentando di mantenere un minimo di formalità con la sua padrona di casa. Lui che se la immaginava una vecchia burbera e scostante si era trovato davanti una squinzia che sembrava uscita da qualche video sconsigliabile. “Lotty” scosse la testa ridendo.
-No, no! Mi devi chiamare Lotty, capito? L-O-T-T-Y! Ripeti la frase chiamandomi con il nome giusto, e dandomi del tu, forza!- lo esortò, sporgendosi in avanti e muovendo il dito a maestrina. Elliot suo malgrado arrossì per l’improponibile piccolezza del vestito della ragazza, ma tentò di ritrovare il contegno.
-Allora... Lotty... potresti portarmi nel mio appartamento?- fece, esitante, il ragazzo. Lotty sorrise soddisfatta e lo trascinò su per le scale, abbandonandolo poi davanti ad una porta.
-Il tuo coinquilino è arrivato da un po’, e si è fatto meno problemi di te- lo avvertì la ragazza, scendendo le scale. Elliot la guardò con tanto d’occhi. Perché non lo aveva avvertito prima? Che accidenti aveva insistito per farsi chiamare “Lotty” e non gli diceva che il suo coinquilino lo aspettava? Ma che aveva in testa quella ragazza? Elliot decise che non voleva rispondere all’ultima domanda. Si voltò verso la porta, pronto ad affrontare la persona all’interno e l’interno stesso, e bussò due volte. Sentì una voce che lo invitava ad entrare, dato che la porta era aperta. Elliot sperò di non aver subito fatto la figura del perfetto idiota, ma si convinse che aveva bussato per pura cortesia perché aveva capito che la porta era aperta, e la spinse leggermente. La stanza era non molto grande e occupata solo da un tavolo, un divano, una libreria e qualche scatolone. Le pareti erano chiare, e c’era una bella finestra che dava su un giardinetto poco lontano dalla quale si ammirava lo skyline di Londra. La cosa che però catturò l’attenzione di Elliot era il ragazzo sul divano. Stava leggendo, prima che entrasse lui, e adesso lo guardava con la testa leggermente inclinata. Elliot non sapeva da cosa cominciare, e prima di tutto voleva guardare la persona, anche se sarebbe apparso scortese. Il ragazzo si alzò, ma era più basso di Elliot di una decina di centimetri. Aveva i capelli neri, lunghi e inverosimilmente spettinati che gli coprivano mezzo viso, e la parte non coperta dai capelli lo era da un grande paio di occhiali rotondi. Gli occhi si vedevano solo grazie a un’inclinazione della luce dalla finestra: erano molto scuri, sembravano viola, e avevano delle strane sfere dorate nell’iride, che Elliot pensò fossero frutto della propria immaginazione. Il ragazzo era esile, la carnagione chiara e l’aria di chi passa metà della vita seduto a leggere, ma questo non gli dava sicurezza. Anzi, sembrava una persona pronta ad ucciderti nel caso tu l’avessi fatta arrabbiare. Elliot non era più tanto sicuro che quella fosse stata la scelta giusta, ma come si dice, “il dado è tratto”. Allungò una mano.
-Elliot Nightray- si presentò. L’altro allungò a sua volta la mano e gliela strinse con una decisione insospettabile.
-Leo Baskerville.
Rimasero in silenzio. Elliot era molto imbarazzato. Primo: era arrivato per secondo. Secondo: era parecchio più alto di Leo. Terzo: Leo sembrava una persona difficile da avvicinare. Quarto: il libro che Leo aveva lasciato sul divano era il numero successivo della serie che stava leggendo e la cosa lo intrigava non poco. Decise di far leva sul libro, sperando di non fare niente di stupido.
-Ehm... quello che hai lasciato sul divano... è il ventiquattro di Holy Knight?- domandò, più tranquillamente possibile, pur non riuscendo a non far trasparire il nervosismo dalla propria voce.
-Sì, lo è- rispose Leo- L’ho comprato stamattina. Segui la serie?
-Sì, ma non ho avuto il tempo di comprare questo libro, ancora- replicò Elliot, lieto che la frase dell’altro si fosse conclusa con una domanda. Solo che a quel punto non aveva a minima idea di come andare avanti... Tacquero di nuovo, e rimasero ad osservarsi per un po’ di tempo, quando Lotty piombò nella stanza.
-Ragazzi! Avete fatto conoscenza? Che ne dite se... oh! Ho interrotto?- domandò, mettendosi una mano sulla bocca. I ragazzi la guardarono straniti, poi si resero conto che ancora non si erano lasciati le mani e si affrettarono a staccarle. Elliot era rosso come il vestito di Lotty.
-No Lotty, ci stavamo solo presentando- disse Leo con naturalezza rimettendosi a sedere e lasciando Elliot da solo in piedi, talmente rigido che si sarebbe potuto spezzare se qualcuno l’avesse toccato. Lotty gli si avvicinò, e il ragazzo notò che era decisamente più alta di lui con quei tacchi assurdi.
-Va bene... dicevo, che ne dite se usciamo a fare un giro in città almeno vi conoscete meglio?- propose, sprizzando gioia da tutti i pori.
-No- fece Leo, tassativo. Elliot esitò. Non ne aveva voglia, ma non poteva contraddirla così. E perché quell’altro le rispondeva così male? Quando si accorse che Lotty fissava irritata Leo decise che avrebbe potuto tacere e osservare gli sviluppi.
-Santo cielo, Leo! Esci un po’! Lui- e così dicendo prese Elliot per un braccio- non ha detto di no!
-Veramente...- balbettò Elliot a bassa voce, ormai così rosso da risultare inquietante. Lotty lo fulminò con lo sguardo.
-Fino a prova contraria sono la vostra padrona di casa! Fate quello che vi dico, e io vi dico di uscire!
Leo la guardò inviperito, ma si alzò e mise una giacca scura che giaceva abbandonata accanto a lui.
-E va bene. Ma che sia breve.
Elliot tacque, ma ciò non era rilevante perché Lotty stava dando la colonna sonora a tutti, raccontando cose completamente idiote. Più volte Elliot si sorprese a osservare Leo che camminava, le mani infilate in tasca e lo sguardo volto a terra, e qualche volta incrociò persino il suo sguardo. Ad un certo punt0 Lotty decise che non sarebbe potuta vivere altri cinque minuti senza il meraviglioso cappello esposto in una vetrina, e dopo il categorico rifiuto di Leo e il cortese diniego di Elliot entrò da sola, lasciando i due ragazzi fuori ancora più soli di lei con se stessa.
-Perché non le hai detto nulla?- lo accusò Leo appena Lotty fu fuori portata d’orecchio.
-Come?- domandò Elliot confuso. Leo lo infilzò con lo sguardo.
-Perché non hai detto che non volevi uscire? Tu non volevi uscire!- continuò Leo. Elliot arrossì leggermente ma si arrabbiò. E arrabbiarsi con qualcuno dopo averci scambiato sì e no quattro parole è una cosa per la quale serve davvero talento.
-Mi sembrava scortese negare un favore alla mia padrona di casa dopo che la conosco da due minuti!- fece, irritato- Piuttosto com’è che tu continui a essere così diretto con lei?- andò a un passo dal dire “con me”, ma il poco di contegno che gli rimaneva gli diceva almeno di non fare l’egocentrico. Di colpo Leo parve più scontroso che arrabbiato.
-È mia cugina...- spiegò. Sembrava imbarazzato.
-Ah- disse Elliot, ancora più imbarazzato dell’altro. Non si assomigliavano per niente. Una sembrava uscita da un party hard, mentre l’altro da un convegno di letterati. Già, avrebbe anche dovuto fargli delle domande sull’università, ma lo avrebbe fatto in un secondo momento. Quando non avrebbe avuto altro di cui parlare. In quel momento sentirono il cinguettio di Lotty.
-Ragazzi, dovete assolutamente entrare e dirmi come mi sta questa gonna!- li chiamò. Elliot e Leo si guardarono dubbiosi.
-Ma non era entrata per un capello?- chiese Leo, voltandosi di nuovo verso la vetrina scintillante di rosa e rosso.
-A memoria mia sì- rispose Elliot. Leo sospirò.
-Via, andiamo a complimentarci per quanto le stia meravigliosamente bene quella gonna di pelle corta e rossa che si sarà provata.
Elliot sollevò uno degli angoli della bocca e Leo sorrise complice, pur senza guardarlo, ed entrarono nel negozio. Uscirono dal negozio non meno di quaranta minuti più tardi, portando una decina di borse rosa con un fiocchetto. Lotty aveva iniziato di nuovo a parlare ignorando del tutto i due facchini... ehm, Elliot e Leo, anche se in realtà era uscita in città per fargli fare conoscenza. Elliot in realtà pensava che Leo non ci avesse creduto, conoscendola. Era ormai il tramonto quando una Lotty talmente esagitata da fare invidia ad un fuoco d’artificio gli propose di salire sul London Eye per far godere a Elliot la vista di Londra, città nuova, per lui, sotto il “meraviglioso sole rosso del tramonto!”. Elliot si domandò come fossero riusciti ad arrivare tanto lontano da casa e ancor più come ci sarebbero tornati, ma realizzò che erano non più di dubbi inutili e inconsistenti bruciati dal sole della presenza di Lotty. Accettarono, anzi non negarono, e la ragazza li trascinò sotto al London Eye, semivuoto nella giornata di inizio settembre. In realtà era quasi del tutto vuoto, un’immagine che Elliot etichettò come “non accadrà mai più”. I ragazzi andarono sulla prima cabina di vetro che passava aspettando Lotty, che però rimase a flirtare con il tipo alla reception. Si voltò nell’istante in cui le porte si chiusero e sgranò gli occhi, ma era tardi. Elliot e Leo erano rimasti del tutto soli in un’enorme cabina del London Eye. Con quante possibilità, pensava Elliot, poteva succedere una cosa simile nella vita di qualcuno? Verosimilmente 0. Ma a lui era successo. Guardò Leo, che con sua sorpresa sorrise e sospirò.
-Alleluia. Pensavo che non se ne sarebbe mai andata... bene, a parte gli scherzi, credo che questo sia il momento di farci le domande che si fanno quando si incontra una nuova persona. Inizia tu.
Elliot rimase interdetto, poi decise di non controbattere alle esatte parole dell’altro e si sedette, e Leo si sedette davanti a lui.
-Bene... cose classiche, allora- esordì il Nightray, ricevendo un cenno di assenso dall’altro- Vediamo... che cosa farai all’università?
-Io lettere antiche- rispose Leo- a Oxford. Anche tu studierai a Oxford, no?
-Esatto, ma studierò lingue- confermò Elliot. Lettere antiche. Fantastico, una delle cose più diverse da lui che avrebbe potuto scegliere.
-E vediamo... quand’è il tuo compleanno?- chiese Leo- Il mio il 25 ottobre- continuò. Elliot sorrise leggermente, cercando di non farsi vedere, alla serie di domande banali e si sistemò meglio sulla panchina vuota, guardando fuori dalla cabina dalla quale si vedeva Londra.
-L’8 agosto. Com’è bella Londra... oh, tocca a me. Qual è il tuo colore preferito? Il mio l’azzurro.
-Il mio il viola. Sì, Londra è davvero molto bella. Tu di dove sei?
-Edimburgo. Tu sei nato a Londra, vero?
-Vero.
-Che fortuna... scommetto che però dopo un po’ di tempo ci si fa l’abitudine.
-Oh no. Io continuo ad amare Londra come se non l’avessi mai visitata.
A quel punto Leo sorrise, perdendosi con lo sguardo nel tramonto di Londra, ed Elliot non lo interruppe. Non sarebbe stata una convivenza facile, con un compagno di stanza così visceralmente diverso da lui e una tale padrona di casa, ma ormai era tardi per tornare indietro. E poi anche a lui piaceva leggere, no? Magari avrebbero trovato dei punti di collegamento. Stava pensando quando si sentì una musica provenire dalla tasca della giacca di Leo. Era il suono di un pianoforte. Il moro si affrettò a rispondere.
-Che vuoi, Lotty?- disse, anziché “pronto” o simili. Elliot non sentì la risposta.
-Sì, stiamo bene. Sì, scendiamo subito. Oh no, mi dispiace per il tuo tacco.
E riattaccò. Riassunse: Lotty era estremamente preoccupata per i due, sebbene i due non capissero cosa ci fosse da preoccuparsi, e gli aveva chiesto di scendere dalla ruota nonappena avessero potuto. Ah, si era anche rotta un tacco. I ragazzi tacquero per il resto del giro, guardando il sole che scendeva piano dietro alla Torre di Londra. Scesero appena la cabina si aprì, e Lotty gli corse incontro. Elliot notò che si era levata le scarpe con i trampoli, e adesso la superava di un paio di centimetri.
-O santo cielo mi dispiace tanto! Sono stata proprio una scema! Davvero, scusate!
Leo alzò le spalle e Elliot le disse cortesemente che non c’era bisogno di tante scuse. Lotty si riprese.
-Bene, adesso ci facciamo una foto tutti e tre!
Annunciò allegra. Nessuno dei ragazzi aveva la forza di controbattere, e Lotty ebbe la sua foto senza pretese. Una foto con un ragazzo alto, con gli occhi azzurro cielo e i capelli quasi beige arrossito e serio, un ragazzo basso con i capelli neri assurdamente fuori posto che non si capiva dove guardasse ma sorrideva e una ragazza ridente come se le avessero detto che aveva vinto la lotteria. Lotty lo impostò come nuovo sfondo del cellulare, e a tal proposito dette il suo numero e quello di Leo ad Elliot e si fece dare quello del ragazzo. Tornarono a casa in taxi, pagati da Elliot, e appena possibile si separarono. I ragazzi si trovarono di nuovo soli nella loro casa.
-Bene!- disse Leo, assumendo un aria gioiosa simile a quella di sua cugina- Visti i tuoi comportamenti di oggi credo che sarai un pizzico incapace, ma domani dobbiamo sistemare questa roba. Speriamo che tu sia almeno un po’ interessante o me ne vado. Quella è la tua camera. Buonanotte!
Elliot rimase in silenzio mentre Leo se ne andava nella sua stanza, lasciando dietro di sé una metaforica scia di fiori morti. Cos’era il Leo degli ultimi sette secondi? Era il vero Leo? E se sì allora non si sarebbe sorpreso se Lotty avesse dichiarato di voler farsi suora. Che accidenti gli era successo per passare da un comportamento quasi gradevole a quella dichiarazione sconnessa? Entrò nella sua camera e si mise nel letto. Non era il momento di pensarci. Ci avrebbe pensato, ma non in quel momento. Era stata una giornata piena e aveva capito nulla di nessuno. Non che lui si fosse comportato come era solito comportarsi... Avrebbe indagato meglio il giorno dopo. E quelli dopo ancora.






The Corner of the Mad Lady
Buonasera, fandom di Pandora Hearts! Allora, non mi perderò in chiacchiere. L’idea per questa storia è uscita da uno dei pericolosi meandri del mio malato cervello mentre studiavo latino, quindi non sono del tutto responsabile di ciò che ho scritto. Se tutto questo è stato pubblicato, ringraziate Lerion (è sempre colpa sua andate ad ammazzare lei io non c’entro). Riguardo a questo capitolo, vi avverto che è credo il secondo peggiore tra tutti, e quello dove sono andata più OOC, ma era voluto, giusto per provare. E so che nel corso della storia ci saranno molte incongruenze e simili, ma ehi, è una demenziale, non ha bisogno di essere spiegata. A tal proposito, è demenziale non perché sia demenziale, ma perché io sono demente, e voi leggete questa... cosa... a vostro rischio e pericolo. Ah, dubito che aggiornerò con regolarità, perché tecnicamente posso aggiungere un capitolo a questa storia quando più mi gira, e quindi sconvolgerne l’equilibrio. Probabilmente mi son0 scordata qualcosa, ma non so cosa, quindi... Goodciao!
  
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