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Autore: Lost on Mars    04/08/2014    8 recensioni
Amelia Hogan aveva un solo obiettivo nella vita: essere qualcuno. Avrebbe fatto di tutto pur di non rimanere nell’ombra a condurre una vita qualunque. Era ambiziosa, forse troppo, ma aveva deciso che avrebbero smesso di dipingerla con l’indaco. Né viola né blu, un colore a metà, una via di mezzo. Ad Amelia le vie di mezzo non piacevano, ma era proprio di una di queste che aveva paura: Ashton Irwin, un ragazzo a metà, una via di mezzo. Diviso tra due mondi, proprio come lo era l’indaco tra due colori.
Dalla storia:
« Tu vuoi bene a qualcuno, Ashton? »
Lui esitò per un momento, abbassò lo sguardo a terra e per un breve istante mi sembrò innocuo e indifeso. Quando rialzò il capo, l’ombra di quel sorrisetto divertito che gli avevo visto prima era sparita del tutto, e il suo volto adesso era di nuovo una pagina bianca, senza emozioni disegnate sopra. Nemmeno un velo di tristezza, nostalgia o ricordo. Niente di niente.
Ma dopotutto, cosa mi aspettavo? Che Ashton Irwin avesse dei sentimenti?
Genere: Mistero, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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2 – IL CASO ROCKWOOD
 
 
Io e Valerie ordinammo entrambe una pizza margherita, mi guardai attorno, ma il ragazzo misterioso non lavorava come cameriere, né era venuto semplicemente a cenare. Forse aveva parcheggiato lì perché in strada non c’erano posti. Eppure, la voce nervosa di Valerie mi faceva pensare che lei lo conoscesse. Le avevo chiesto chi fosse e lei non mi aveva detto il suo vero nome, ma solo di starne alla larga. E dato che non lo vedevo da nessuna parte, cercai di informarmi meglio.
« Si può sapere chi era quel tipo? » chiesi di nuovo, mentre aspettavamo le nostre ordinazioni.
Valerie sbuffò e cercò in tutti modi di evitare la mia domanda, poi incrociò il mio sguardo indagatore e sospirò, rassegnata. Allungò la testa verso di me per sussurrarmi sotto voce un nome. « Michael Clifford, non ripeterlo »
Annuii lentamente, senza ripetere il nome che mi aveva detto. « E frequenta la nostra facoltà? Come fai a conoscerlo? Perché ti rende così nervosa? »
« Hey, frena con le domande, non sono un robot! » scherzò Valerie, riacquistando quell’allegria che le avevo visto in volto sin dal primo momento che l’avevo vista. « Comunque sì, vive nella confraternita, è una lunga storia ed è un’altra lunga storia » continuò, rispondendo in ordine alle mie domande.
Sbuffai, praticamente aveva evitato tutte le domande più interessanti, rispondendomi solo all’unica che potevo benissimo immaginare da sola.
« Come ti trovi qui a Sydney? » mi chiese, cambiando argomento. Lessi nei suoi occhi che voleva evitare di parlare di Michael Clifford. Avrei potuto chiederlo a Luke il giorno dopo.
« Bene. Anche se è tutto molto diverso da Nedlands, sembra un mondo nuovo » risposi scherzosamente, versando dell’acqua nel mio bicchiere.
« Cielo, perché da Nedlands sei venuta fin quaggiù? » mi domandò, spalancando gli occhi.
« Be’, avevo solo bisogno di cambiare tutto. Volevo stravolgere un po’ la mia vita. Sono sicura che la mia famiglia mi mancherà tantissimo, ma qui io voglio ricominciare, capisci? »
Valerie intanto annuiva. Arrivarono le nostre pizze e io mi armai subito di forchetta e coltello. In diciannove anni di vita non avevo mai imparato a tagliare una pizza decentemente, quindi sapevo che avrei fatto una delle mie solite figuracce. Io e Valerie continuammo a parlare di Sydney, di quanto fosse una splendida città, del mare, dell’università e io le chiesi se avesse mai avuto un cotta per Luke. Mi rispose che verso i sedici anni lui aveva provato a baciarla, ma la cosa era stata talmente imbarazzante che si erano resi conto di poter essere solo amici. Valerie mi parlò molto di Luke e del loro rapporto, per lei era come un fratello, e gli voleva bene dal profondo dell’anima. Capii che erano parole vere perché le vidi gli occhi brillare.
E subito dopo, la luce negli occhi di Valerie si spense, fissava un punto alle mie spalle, allora feci per girarmi, ma lei mi bloccò subito. « Non girarti » asserì, con un tono di voce molto serio. Annuii debolmente e rimasi seduta composta, continuando a tagliare la mia pizza in piccole fette.
« Perché? » chiesi, confusa.
« Ti spiego tutto dopo, in camera, okay? Continuiamo la nostra cena, ti prego » mi disse, fingendo un sorriso.
Mi arresi alla sua richiesta e continuammo a parlare come due normalissime amiche. Rifiutai il dolce perché non ero riuscita a finire nemmeno la mia pizza e mi sentivo completamente piena. Verso le dieci fummo fuori dal locale. Valerie mi disse che se non avessimo avuto lezione il giorno dopo mi avrebbe portato in un pub carino, e io mi limitai a ridere. Non volevo dirle che in realtà non mi trovavo a mio agio in quei posti.
Ritornammo in macchina e Valerie partì, andando via più velocemente di quando eravamo arrivate. Scommettevo che aveva a che fare con quel ragazzo di nome Michael. E fu in quel momento che vidi un’ombra dallo specchietto retrovisore. Una sagoma scura che si avvicinava ad una macchina accanto a quella di Valerie.
La ragazza accanto a me fece retromarcia bruscamente e inversione ancor più bruscamente. Partì velocemente e il ristorante sparì presto alle nostre spalle. Valerie sembrava inquieta e faceva dei respiri profondi.
« Che c’è? » le chiesi dolcemente.
« Dobbiamo tornare al dormitorio. Magari si fermerà prima... si fermerà alla confraternita... » cominciò a vaneggiare, superando di un po’ il limite di velocità.
« Valerie, calmati e rallenta » dissi io.
« No! Non posso rallentare, dobbiamo arrivare il più presto possibile. Se rallento... » ma la frase le morì in gola una seconda volta.
« Almeno rispetta il limite. Non voglio che ti multino! » continuai.
Valerie sospirò e rallentò un pochino, mantenendosi sui cinquanta chilometri orari. Vedevo i suoi occhi verdi viaggiare rapidamente dalla strada allo specchietto retrovisore. Vi lanciai uno sguardo anche io e vidi due fari in lontananza. Aggrottai le sopracciglia e mi rigirai sul posto per vedere meglio. Un’automobile era dietro di noi da quando avevamo lasciato il ristorante.
Okay, era una coincidenza. Doveva esserlo. Mi era sembrato di rivedere quel ragazzo quando eravamo uscite, ma era buio e non potevo dirlo con chiarezza. Quel Michael Clifford non poteva starci seguendo, o magari stava semplicemente tornando al campus come noi, Valerie aveva detto che frequentava la nostra stessa facoltà. Non dissi niente e lasciai che Valerie guidasse, svoltammo a sinistra e ci ritrovammo di nuovo ai cancelli del campus, superammo la confraternita e ci ritrovammo di nuovo nel parcheggio dove eravamo partite. Solo a quel punto Valerie parve rilassarsi, ma gettava ancora delle occhiate sulla strada per assicurarsi che non spuntasse qualcuno da un momento all’altro. La vidi completamente calma solo quando si chiuse la porta della nostra stanza alle spalle.
Gettai il mio cardigan nero sul letto e sospirai. Quando mi avvicinai allo specchio, presi le salviettine struccanti e ne tirai fuori una. « Vuoi parlarmene? »
Valerie annuì, posando la borsa sulla sua scrivania, accanto ai libri e a una pila di vestiti stirati, che aspettavano solo di essere messi a posto nell'armadio.
Non disse niente mentre ci preparavamo per andare a letto, io mi concentrai per togliere tutto il trucco dai miei occhi azzurri e legai i miei capelli castani in una coda veloce.
Aspettai che ci mettessimo il pigiama e scivolassimo nei nostri letti prima di invogliare Valerie a parlarmi di quello strano ragazzo.
« Hai mai sentito parlare del caso Rockwood? » mi chiese. Scossi la testa. « Certo, dimenticavo che sei qui da due giorni. Te ne avrebbero parlato, comunque. Si dice che due anni fa, non molto lontano da questo campus, il signor Rockwood, una figura importante che forniva fondi all’università, fu trovato morto nella sua cantina. Non si sa come, i medici hanno detto che era stato un infarto, ma la serratura era scassinata, la casa a soqquadro. Il signor Rockwood aveva piccoli tagli e abrasioni su tutto il corpo come se prima di morire fosse stato... ».
« Torturato? » provai io.
« Esatto. Non si è mai trovato il colpevole, perché per la polizia non c’è mai stato un colpevole. Uscì fuori che il signor Rockwood soffrisse di depressione, i medici dissero che si era procurato da solo le ferite e che in seguito fosse morto » continuò Valerie, con lo sguardo perso nel vuoto. « In casa non c’erano impronte, sembrava che nessuno fosse stato lì, eccetto il signor Rockwood. Anche se nessuno tuttora sa spiegarsi la serratura scassinata e i tutti gli oggetti a terra, i cassetti aperti, centinaia di documenti sul pavimento ».
« Sembra che qualcuno stesse cercando qualcosa di importante » osservai.
« Sì, ma non era un ladro normale. Non avrebbe ucciso il signor Rockwood e di sicuro non l’avrebbe torturato » disse Valerie.
« O forse sì, per farsi dire dove teneva la cosa che cercava e poi lo ha ucciso per non lasciare tracce, » continuai, poi mi morsi un labbro. « Be', cosa c'entra Michael in tutto questo? » chiesi ancora, aggrottando le sopracciglia. Valerie mi guardò, mordendosi nervosamente le labbra.
 « Vedi, Amelia, in tutto il campus si crede che sia stato Michael. Tutti hanno paura di lui, anche nella confraternita. È circondato da amici perché è lui a sceglierli e loro non possono sottrarsi al suo volere. Se Michael Clifford ti punta, non puoi far altro che assecondarlo » rispose lei, tirandosi su le coperte come se avessero potuto proteggerla. Ora sì che ero confusa.
« È ridicolo. Michael avrà la nostra età e il caso Rockwood è di due anni fa. Come faceva un diciassettenne ad uccidere un uomo adulto come un killer esperto? Per di più senza lasciare tracce? Non puoi semplicemente pensare che sia una persona con tanti amici? » continuai. La trovavo una paura infondata, assomigliava tanto a una leggenda metropolitana.
« È di un anno più grande di noi, » disse Valerie. « Comunque, un sacco di cose lo ricollegano a quel fatto, lasciando perdere la cerchia di amici ».
« Hai detto che non c'erano impronte o altro, » le feci notare. « E che il tizio è morto a causa di un infarto. Non vedo come la cosa possa essere ricollegata a Michael, insomma, nessuno può far passare un omicidio per infarto ».
 Non conoscevo quel ragazzo, eppure lo stavo difendendo. Non era fisicamente possibile una cosa del genere, a meno che i dottori non avessero mentito alla stampa.
« Lui si è comportato in modo strano da quel giorno in poi, si assentava a scuola ed è stato promosso per un pelo, e poi eccolo qui, nella nostra stessa università » disse Valerie.
« Non è una matricola, è una coincidenza che si sia iscritto prima di noi » ribattei.
« Oh, sì che è una matricola. È del primo anno, si è iscritto semplicemente un anno dopo. Casualmente dopo di me. E poi, spiegami perchè ci stava seguendo » disse nervosa la mia compagna di stanza.
« Ci stavi insieme o qualcosa del genere? Magari stava semplicemente tornando alla confraternita, frequentiamo la stessa università e c'è una strada sola per raggiungerla. Non è poi così strano » risposi, abbassando un po' il tono di voce per non fare troppo rumore.
« Non ci stavo insieme! Non starei mai con un delinquente... noi eravamo... amici, più o meno. Veniva a scuola con me e Luke » mi confessò Valerie, giocando con il lenzuolo bianco.
« Hai paura che ti faccia del male? » chiesi.
 « No... ».
« O hai paura delle voci che girano su di lui? » continuai, Valerie rimase in silenzio e abbassò lo sguardo: ci avevo preso.  « Dormire ti fará bene, Val, posso chiamarti così? ».
Valerie sorrise e annuì. « Hai ragione, meglio dormirci sopra, domani abbiamo lezione ».
Detto questo, lei spense la luce e io scivolai presto nel mondo dei sogni.

 
***

Il giorno dopo scoprii di condividere letteratura insieme a Luke, mentre Valerie aveva pedagogia. Colsi l'occasione di chiedergli del caso Rockwood e Luke mi raccontò la storia proprio come l'aveva raccontata Valerie, ma si era dimostrato piuttosto scettico sul fatto che un ragazzo della nostra età avrebbe potuto fare una cosa simile. Fortunatamente, non ero l'unica a ritenerla una cosa stupida.
In quella lezione, Luke mi disse che verso l’ora di pranzo il professore avrebbe affisso in bacheca le iscrizioni per il concorso di scrittura creativa e la mia giornata divenne improvvisamente una bella giornata. Dimenticai per una lunghissima ora tutto quello che mi aveva detto Valerie la sera prima. All’orizzonte c’era un’occasione e io non me la sarei fatta scappare.
A psicologia ero di nuovo da sola, perciò occupai un posto nella seconda fila, cercando di prestare attenzione a quello che diceva il professore. Dieci minuti dopo la porta dell'aula cigolò e si aprì, rivelando lo stesso ragazzo che avevo visto la sera prima fuori dal ristorante.
« Grazie per essersi unito a noi, Clifford » commentò sarcastico il professore. Il ragazzo sorrise e cominciò ad ispezionare l'aula alla ricerca di un posto vuoto.
« Mi chiami pure Michael » ribatté strafottente, causando le risatine di qualche studentessa. Dopo trenta secondi vidi che il posto accanto a me venne occupato. Alzai ingenuamente lo sguardo, per vedere gli occhi verdi e acquosi di Michael fissarmi curiosi. Avrei dovuto immaginarlo, dato che il posto vuoto più vicino alla porta era il mio.
All'improvviso, la penna con cui stavo prendendo appunti mi cadde dalle mani, rotolò sul tavolo e cadde per terra. Mi sentivo paralizzata. Michael si chinò a terra per raccoglierla e me la porse, sbattei le palpebre un paio di volte.
« Ti è caduta questa » sussurrò, senza staccare i suoi occhi dai miei.
« Grazie » dissi, mi ributtai col viso sul mio quaderno e ricominciai a scrivere ogni parola che sentivo. Quando il professore si avvicinò al computer per far partire alcune slide, non avevo più motivo di prendere appunti, e Michael mi rivolse di nuovo la parola.
« Credo di averti già vista da qualche parte, sai? » mi disse.
« Probabilmente mi confondi con un'altra persona » risposi io, cercando di comportarmi il più normalmente possibile. Non dovevo lasciarmi influenzare da Valerie e dalle sue assurde teorie. Era un ragazzo normalissimo, quello che mi stava accanto.
« Impossibile, ti ho già vista tempo fa » continuò.
« Mi sono trasferita da Nedlands due giorni fa, quindi non penso che tu mi abbia già vista » mormorai, ribadendo meglio il concetto.
« Nedlands? ».
« È un paesino vicino Perth ».
« Accidenti, Perth è lontana. Come mai sei qui? » mi chiese.
« Avevo bisogno di cambiare aria, ambiente... volare da un capo all'altro dello Stato, non so se capisci...» risposi.
« Oh, sì capisco benissimo ».
Dopodiché il professore ricominciò a spiegare e io ricominciai a prendere appunti. Quando la lezione finì, scappai via dall'aula. Non sapevo perché l'avessi fatto, ma Michael, per quanto mi sembrasse un normalissimo studente universitario, mi metteva un po' di inquietudine. Aveva quell'aria sognante e fastidiosamente calma, mentre parlava, che mi fece pensare al fatto che, se uno come lui avesse veramente commesso un omicidio, poi ci sarebbe passato sopra e l'avrebbe dimenticato come se niente fosse.
Il solo pensiero mi metteva i brividi.
A pranzo non mi vidi né con Valerie né con Luke, bensì presi di nuovo un panino al bar. Dovevo smetterla di mangiare panini su panini o sarei ingrassata nel giro di una settimana. Andai nell’atrio, per vedere se il professore di letteratura avesse già affisso il bando e le iscrizioni del concorso. Mi avvicinai e sorrisi, il foglio era lì.
Lessi il bando: le iscrizioni sarebbero state aperte per una settimana, dopodiché avremmo avuto due settimane di tempo per consegnare il nostro scritto, basandoci su tre incipit già forniti. Due settimane dopo ci sarebbe stata la classifica, il primo premio erano mille dollari. Comunque, un po’ di soldi non facevano mai male. Quella sera stessa avrei telefonato ai miei genitori per chiedergli i soldi necessari per comprare un’automobile, anche di seconda mano, così avrei potuto spostarmi in città e per il campus senza chiedere a Valerie.
Presi la penna, legata con uno spago alla bacheca, e scrissi il mio nome nello spazio apposito. Poi feci per uscire e tornare al mio dormitorio, ma proprio mentre io attraversavo la porta per uscire, Michael entrava.
Mi sorrise e io non seppi cosa fare, rimasi semplicemente ferma mentre lui continuava a camminare verso la bacheca. Mi voltai, aveva scritto il suo nome sotto al mio. Si era iscritto al concorso. Il mio cervello continuava ad urlare che anche quella avrebbe potuto essere una coincidenza, ma tre coincidenze in meno di ventiquattro ore erano decisamente troppe. Venne verso di me, che ero ancora ferma sotto lo stipite della porta.
« Che vinca il migliore, Amelia » disse, continuando a sorridere. E mentre si allontanava, io non potei far altro che chiedermi come facesse a conoscere il mio nome.

 
***

Passai i seguenti giorni prima a lezione, poi a pranzo con Valerie e Luke e poi chiusa in camera a scrivere. Avevo scritto fiumi di parole,  ma niente sembrava convincermi abbastanza. Valerie cominciò a pensare che stessi troppo tempo davanti al computer e io glielo lasciai fare. Ormai ero arrivata ad un punto in cui avevo riscritto la stessa cosa minimo tre volte e non riuscivo a scegliere la versione migliore.
A distanza di cinque giorni dalla consegna, ero arrivata a quattro stesure. Valerie mi trascinò letteralmente fuori dalla stanza per andare a prendere un gelato con lei e Luke. Mi assicurò che saremmo rimasti nel campus e che avrei potuto tornare a scrivere quando volevo.
Il racconto era da consegnare in segreteria, portai a far stampare l’ultima stesura due giorni prima della scadenza, poi andai a consegnarlo. Quando entrai, Mrs. Carter era di nuovo lì, dietro la scrivania, con gli occhiali colorati sul naso e un sorriso gentile sul volto. Solo che, di fronte a lei, c’era l’ultima persona che avrei voluto incontrare.
Michael Clifford le stava porgendo un mucchietto di fogli rilegato a mo’ di libro. Il suo racconto. Cercai di non scompormi, ma di nuovo la voce di Valerie mi ritornò in testa. La scacciai via, dovevo convincermi che Michael fosse una persona normalissima, che magari aveva letto il mio nome sul mio quaderno, o l’avesse sentito a lezione, oppure lo fosse andato a chiedere al professore soltanto perché voleva conoscermi.
Calcolai ogni ipotesi, ogni cosa che farebbe una persona normale, e mi sentii un po’ meglio. Mrs. Carter mise il racconto di Michael in una cartellina e poi spostò lo sguardo su di me. Io mi avvicinai dopo che Michael ebbe fatto un passo indietro. Mi sorrise ancora, e io divenni nervosa. Balbettai qualcosa a proposito del concorso e lasciai lì il mio racconto, scappando via dalla segreteria.


 

Marianne's corner
Ciao a tutte! Eccoci qua con il secondo capitolo, alloooora, l'avevo detto io che le cose si facevano interessanti. Il ragazzo misterioso era Michael, mi scuso se non si è capito bene AHAHAHA. Comunque, abbiamo un bel po' di informazioni non tanto belle sul nostro Mikey. Hey, io lo ripeto. Non aspettatevi i ragazzi dolci e coccolosi come nelle altre fan fiction ahahah, giusto per chiarire ;) Non esistate e farmi sapere le vostre impressioni, credete che sia Michael l'artefice del caso Rockwood? Credete che sia cattivo? Buono? Qualcos altro? Ahhh, non vedo l'ora di scoprire tutte le vostre teorie. Vi preannuncio già che in questo e nel prossimo capitolo i tempi saranno molto veloci, nell'arco di tempo del concorso non succede niente di speciale e nel prossimo capitolo usciranno già i risultati. Chi vincerà tra Michael e Amelia? Si accettano scommesse u.u Scusate le domande, ma mi diverto lol.
Ora passo alla mia parte preferita: i ringraziamenti. GRAZIE DI CUORE alle 6 persone che hanno recensito lo scorso capitolo, wow! Sono rimasta piacevolmente sorpresa, quindi, grazie a Letizia25, animanonimy, jessiesmile, DarkAngel1, Hazel_ e ashton_irwin94
Grazie anche a chi ha inserito la storia tra le seguite/preferite/ricordate ;) spero continuiate a seguire, perché deve succedere ancora tutto!
Bacioni,
Marianne

 





 
   
 
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