Capitolo 4 –
When you finally trust me
Trust me
I’ll be there when
you need me
You’ll be safe,
here
When you finally
trust me, finally believe in me
I will let you down
—
Let
you down —
«Bene.
E ora?»
Jay osservò l'elicottero riprendere quota e allontanarsi
sino
a sparire dalla vista. Il dispositivo che Vit aveva avuto l'accortezza
di
prendere si era rivelato estremamente utile, funzionando come una sorta
di
pilota automatico per il velivolo. Erano atterrati più
volte, per confondere le
acque e fornire false piste, ma la ragazza aveva insistito per scendere
solo
alla terza occasione, quando il carburante si era ormai quasi esaurito.
«Jenn?» La voce di Vitaly le fece distogliere lo
sguardo dal
cielo che andava via via scurendosi.
«Che c'è?» chiese con voce stanca.
«Cosa vuoi fare adesso?» La ragazza si
guardò intorno: si
trovavano nella periferia di una cittadina, soli, stremati, assieme ad
un uomo
che non era davvero un uomo ma un’arma rinchiusa in un corpo
umano.
O
un uomo
intrappolato in un’arma. Dipende dai punti di vista, immagino
«Dobbiamo
riposare» decise. «Deve esserci un albergo qui nei
dintorni, un motel, un bed&breakfast, qualunque
cosa...» Sospirò
pesantemente. «Se solo avessi le mie cose...»
Il Soldato alzò il capo e la guardò, come se si
fosse appena ricordato
di qualcosa d'importante. Frugò per un istante nella tasca
del giubbotto,
traendone un paio di libretti dalla copertina plastificata. Li porse
alla
ragazza, che li prese dopo un attimo di esitazione, sotto lo sguardo
vigile di
Vit.
«Oh» esclamò Jay non appena vide di cosa
si trattava.
«Grazie»
Documenti falsi, qualche centinaio di dollari in contanti, un
passaporto, una scheda telefonica sicura. Quello che il suo marsupio
conteneva.
La ragazza non gli chiese come fosse riuscito a prenderli, con tutta
probabilità lui non le avrebbe risposto. L'importante in
quel momento era
raggiungere un posto sicuro dove riposarsi, e magari mangiare qualcosa.
Due ore dopo si ritrovarono nella hall di un piccolo albergo,
Jay a braccetto con Vit e il Soldato appostato all'esterno, pronto ad
intervenire in caso qualcosa fosse andato storto. La scusa ufficiale
per
spiegare al proprietario – un signore molto gentile, ma
facile ad attaccare
bottone – i segni sul viso di Vitaly era stato il
coinvolgimento in un recente incidente
d'auto.
L'uomo si mostrò molto dispiaciuto del fatto, e si
premurò di
dirlo ad alta voce mentre consegnava loro le chiavi della camera. Jay
sorrise e
lo ringraziò, poi i due salirono al primo piano ed entrarono
nella loro stanza.
«Non ci sono cimici, qui» lo riprese Vit in tono
secco.
L'altro gli scoccò un'occhiata irritata.
«Controllo i dintorni» disse, e saltò
giù dalla finestra.
La ragazza si sedette sul letto con un sospiro. Sollevò gli
occhi e guardò l'amico.
«Dai» fece. «Dillo. Lo so che stai per
metterti ad urlare»
Vitaly strizzò l'occhio sano, poi portò la mano
aperta alla
tempia.
«Sei impazzita?!» esclamò. «Il
Soldato d'Inverno, Jenn! Ti
sei bevuta il cervello! Quello ci ammazza alla prima
occasione!»
Jay si lasciò cadere all'indietro sul materasso e si
coprì
gli occhi con il dorso della mano.
«Tra tutti gli agenti, tra tutti quelli che potevi
sedurre...»
«Non l'ho sedotto, Vit. Lo sai che non ne sono
capace» lo
interruppe lei.
«...proprio lui?! Ma dico, capisco il tuo essere disperata,
capisco la tensione, capisco tutto, ma il
Soldato d'Inverno! Jennifer! Che
diavolo ti è saltato in mente?! Criptare il suo DNA!
È un assassino, Jenn, è
l'arma dell'Hydra per eccellenza, è...»
«Basta, Vitaly»
Il ragazzo ammutolì di colpo; serrò le labbra.
Jay si puntellò coi gomiti per tirarsi su e guardarlo in
faccia.
«Stiamo bene, no? Ci ha aiutati, ha ucciso...» Si
interruppe.
Deglutì. «Ha ucciso degli uomini
dell'Hydra» riprese, a voce più bassa.
«Ha
salvato la vita ad entrambi»
Vit la fissò per qualche istante con gli occhi sgranati, poi
scosse la testa e si portò una mano alla fronte.
«Ti fidi di lui» mormorò.
«No» lo contraddisse subito lei. «Ma
credo che possa
guadagnarsela, quella fiducia»
Vitaly gemette, come per un forte e improvviso dolore fisico.
«Dio, Jennifer, non di nuovo!» esclamò.
«Tu vuoi sempre
salvare tutti, ma quello non è qualcuno che può
essere salvato! Non sono
nemmeno certo che sia ancora qualcuno!»
Scosse la testa, le andò vicino e le prese il viso tra le
mani.
«Non di nuovo» ripeté guardandola negli
occhi. «Jenn, per
favore. Non di nuovo, ti prego. Con
me ti è andata bene, ma non sarà sempre
così»
Jay distolse lo sguardo, mordicchiando il labbro inferiore
fino quasi a ferirlo. Aprì bocca per replicare, ma un lieve
rumore li distrasse
entrambi: il Soldato stava rientrando dalla finestra. La ragazza mise
le mani
sopra quelle di Vit e le spostò dolcemente.
«Dormi un po'» disse accennando un sorriso.
Lui esitò, gettò uno sguardo all'uomo. Jay lo
spinse sul
letto e si scostò per fargli spazio.
«Su, ne hai bisogno» affermò
prendendogli la mano. Vitaly
intrecciò le dita a quelle di lei, poi annuì
piano e chiuse gli occhi.
«Notte Jenn» mormorò.
«Notte» La ragazza gli sistemò meglio il
cuscino sotto la
testa, spense la luce; prese ad accarezzargli i capelli sporchi e
intrecciati
con la mano libera.
Sentì il Soldato muoversi, da qualche parte nel buio della
stanza, e lo stomaco le si contrasse a causa di una paura improvvisa:
forse Vit
aveva ragione, forse era davvero impazzita. Quell'uomo era stato nei
suoi
incubi sin da quando era bambina, ne era sempre stata terrorizzata.
L'immagine dei cadaveri sul tetto del Triskelion le passò
davanti agli occhi per un istante. Si chiese quante persone erano
morte.
Erano
agenti
dell'Hydra. Non ci avrebbero pensato due volte a sparare a te o a Vit
Cercò
di convincersi che era una cosa positiva, che c'erano
meno nemici da affrontare, meno uomini che davano loro la caccia. Ma
non riuscì
a mettere a tacere il senso di colpa.
«Puoi dormire»
Sussultò, colta alla sprovvista, e si voltò nella
direzione
dalla quale proveniva la voce: sentì con chiarezza il sibilo
delle placche
metalliche dell'arto bionico che si sfioravano tra loro mentre il
Soldato si
alzava in piedi e si avvicinava di qualche passo.
S'irrigidì.
«Non vi ucciderò nel sonno, o qualunque altra cosa
tu stia
pensando»
Il respiro di Vit si era fatto più profondo e regolare,
segno
che il ragazzo si era addormentato. Jay gli lasciò la mano,
gli accarezzò
un'ultima volta i capelli e ruotò di centottanta gradi,
piegando le gambe di
fianco.
Il Soldato le era di fronte, ritto in una posa rigida, le
braccia lungo i fianchi; la sovrastava del tutto con il suo metro e
novanta
abbondante. Era tanto vicino che avrebbe potuto serrare le dita attorno
al suo
collo solo allungando il braccio.
Jay si sentì di nuovo bambina, sentì la paura
serrarle lo
stomaco.
«Se avessi voluto ucciderci non avresti aspettato fino ad
ora» sussurrò. «Non avresti
difficoltà a farlo in ogni caso, anche se fossimo
vigili e armati. Oppure mi sbaglio?»
Lui scosse leggermente la testa, poi la guardò quasi con
curiosità,
la fronte aggrottata.
«Non mi chiedi perché?»
La ragazza alzò le spalle.
«Immagino che non mi risponderesti» disse.
«Immagino tu abbia ragione»
Il Soldato prese una sedia accostata alla parete, la sistemò
davanti al letto e si sedette. Jay si agitò un poco,
cambiò posizione.
«Non voglio farti del male, ma devo sapere una
cosa»
«Va... va bene»
«Credi davvero a quello che hai detto al tuo
amico?»
Jay sgranò lì occhi, sorpresa, poi si
voltò per guardare Vit,
il quale era ancora profondamente addormentato.
«Da quanto... da quanto stavi ascoltando?» gli
chiese
tornando a fronteggiarlo.
«Più o meno da “quello ci ammazza alla
prima occasione”»
Se si fosse trattato di una qualunque altra persona, la
ragazza avrebbe giurato che s'era amareggiato nel pronunciare quelle
parole. Ma
si trattava del Soldato d'Inverno, e non di una qualunque altra
persona.
«Sì, sono convinta di quello che gli ho
detto»
L'uomo inarcò le sopracciglia, all'apparenza perplesso.
«Ora sono io a doverti chiedere
“perché”»
Lei distolse lo sguardo, fissando un angolo buio della stanza
senza vederlo davvero.
«Uhm... posso avvalermi della facoltà di non
rispondere?»
«Temo di no» Non c'era nulla di minaccioso nel suo
tono, ma
Jay colse comunque la sua trepidazione: il Soldato voleva sapere.
«Potrei mentirti» provò, non troppo
convinta.
«Me ne accorgerei» replicò lui.
«Va bene, allora... La verità è che Vit
ha ragione»
Lui non parve gradire la risposta: aggrottò la fronte, le
sue
labbra presero una piega decisamente poco amichevole.
«Nel dire che sono un pazzo assassino che ti
ammazzerà non
appena vorrà, il che significa che potrei farlo anche ora?» Si sporse sul bordo della
sedia, gli occhi scuri che
scintillavano minacciosi.
«Potrei uccidere prima te, poi spezzare il collo al tuo amico
prima che si svegli» sussurrò guardandola negli
occhi.
Jay sussultò e si spostò un po' più
indietro, fino a sfiorare
il corpo inerme di Vitaly.
«Nel dire che voglio salvare tutti»
balbettò con un filo di
voce, pallida. «Ha ragione in questo, ma solo in
questo»
«Ci sono persone che non possono essere salvate»
«Tutti possono essere salvati. Ma forse hai ragione anche tu.
Non posso salvare chi non vuole essere salvato»
Il Soldato rimase in silenzio per interi minuti, lo sguardo
perso nel vuoto. Alla fine alzò gli occhi e li
puntò sul suo viso.
«Quando mi hai parlato, la prima volta,
sull'elicottero...»
mormorò. «C'era una parte di me che gridava di
metterti a tacere, di spararti
di nuovo così saresti stata zitta per qualche altra ora. Ma
un'altra parte di
me mi sussurrava di darti ascolto, ed era insopportabile»
Portò le mani alle tempie, come se fosse in preda ad un
violento mal di testa.
«Perché...» gemette.
«Perché mi sei così familiare? Non
posso
fare a meno di fidarmi di te...»
Jay provò una specie di fitta al cuore.
«Dimmi perché mi sembra di conoscerti»
Vide quegli occhi brillare tra le dita che nascondevano il
resto del volto del Soldato, li sentì fissi nei suoi. C'era
qualcosa di
disperato in quelle parole, una supplica soffocata dalla ferrea
disciplina che
gli era stata impartita in anni e anni di addestramento.
«Mi dispiace» sussurrò Jay.
«Ma non posso dirtelo»
Il Soldato scattò in piedi, infuriato, quasi rovesciando la
sedia. Le si avvicinò, bloccandole la fuga. La mano bionica
si serrò attorno al
suo braccio destro.
«Per favore. Non posso dirtelo, non ancora...»
pigolò la
ragazza, gli occhi sgranati.
Lui si fermò all'istante. Aggrottò le
sopracciglia, parve
confuso.
«Eri una bambina» mormorò, lo sguardo
perso in un ricordo
lontano. «Avevi paura. Non... non riesco a
ricordare...»
La lasciò andare e indietreggiò di qualche passo,
barcollando. Serrò le palpebre, come per trattenere quelle
immagini.
«Avevi paura... di me...» Digrignò i
denti.
Jay lo fissò per un attimo, sconcertata, poi
saltò su, gli si
accostò e gli sfiorò gentilmente il dorso della
mano.
«Lasciali andare» sussurrò.
«Torneranno. Lascia che vadano,
per ora»
Il Soldato la scacciò ma lei non desistette. Attese che i
ricordi passassero, e quando lui riaprì gli occhi gli
sorrise appena, con
dolcezza.
«Tutto bene?» chiese.
L'uomo la fissò per qualche secondo, il fiato corto e
l'espressione sorpresa, ma alla fine si riprese e si
raddrizzò. Il suo volto
tornò inespressivo.
«Vai a dormire» disse, senza nessuna particolare
intonazione.
Jay socchiuse le labbra, esitò; scosse la testa e
tornò a
sedersi sul letto.
«Svegliami tra un po', così potrai riposarti anche
tu»
«Era una battuta? Io non riposo»
«Sei solo un essere umano. Non montarti la testa»
La ragazza sbadigliò e si accoccolò schiena
contro schiena
con Vit.
«Ah» Parve ricordarsi improvvisamente di qualcosa.
«Come devo
chiamarti?»
Qualche metro più in là, appoggiato alla parete,
il Soldato
inarcò le sopracciglia.
«Insomma, mi rifiuto di chiamarti “Soldato
d'Inverno”, e
penso che anche tu sarai stufo di questo nome. È quello che
ti ha dato l'Hydra,
no? Quindi... come vuoi essere chiamato? James? Jamie? Buchanan? Bucky?
Barnes?
“Ehi tu”?»
L'uomo sembrava sempre più perplesso. Con tutta
probabilità
si stava chiedendo come faceva a conoscere quelle informazioni, quando
lui
stesso ne era all'oscuro. In ogni caso, non fece domande.
Ci stette a pensare per diverso tempo.
«Bucky» disse infine.
«Bucky» ripeté la ragazza.
«Buck. Come il protagonista di
quel romanzo. Mi piace»
Gli sorrise apertamente, e lui sgranò un poco gli occhi.
«Buona notte, Bucky»
«...Ti chiami Jennifer, giusto?»
«Chiamami Jay. Jennifer è troppo lungo»
«Come vuoi»
Lo sentì muoversi, ma non sollevò le palpebre.
Neppure quando
percepì la sua presenza sin troppo vicino a lei, nonostante
tutti i suoi
muscoli bruciassero per il desiderio di scattare e fuggire via il
più
rapidamente possibile.
«Cercherò di guadagnarmi quella fiducia,
Jay» mormorò il
Soldato d'Inverno – Bucky.
La ragazza non gli rispose, ma entrambi sapevano che aveva
sentito.
Il
mattino seguente, Jay fu svegliata da un
tocco leggero.
Aprì
piano gli occhi, ancora intontita dal sonno, e scorse il
Soldato – Bucky. Doveva iniziare a chiamarlo così
– chino su di lei, la mano
destra che le sfiorava la spalla. La luce del sole filtrava dalle tende
scure
che coprivano le finestre.
«Che ore sono?» biascicò con voce
impastata.
«Quasi le nove»
«Tu non hai dormito per niente, vero?» La ragazza
si mise a
sedere e si stropicciò gli occhi con i pugni chiusi. Lui
scrollò le spalle.
«Sei un testardo»
Bucky non ebbe reazioni a quel commento.
«Ascolta» disse invece. «Sveglia il tuo
amico. Occupati dei
tagli che ha sul viso, in bagno dovrebbe esserci il pronto soccorso.
Mangiate
qualcosa, fatti una doccia, quello che vuoi. Ma nel giro di un'ora al
massimo
dobbiamo andarcene da qui»
Jay divenne subito più attenta.
«Ci hanno trovati? Di già?» chiese
allarmata.
«No, ma non si può mai sapere» rispose
Bucky. Si accostò alla
finestra, controllando che non ci fosse nessuno nei paraggi.
«E tu? Che farai?» «Mi
procurerò un... passaggio.
E qualche altra cosa che potrebbe esserci utile. Vedi
quell'incrocio laggiù, dopo quella strada?»
Indicò il punto con l'indice della
mano destra.
Lei si alzò e gli andò vicino, non senza un
istante
d'esitazione.
«Lo vedo, ci sono» affermò.
«Vi aspetterò lì. Non più di
un'ora, ricordatelo»
La guardò per un attimo, come se stesse valutando se
aggiungere qualcos'altro, ma alla fine scosse la testa,
scavalcò il davanzale e
si lasciò cadere di sotto.
Jay rimase a guardarlo mentre voltava il capo a destra e a
sinistra, attento ad ogni minimo particolare che potesse risultare
ostile, e
poi correva oltre l'angolo della strada sparendo dalla sua visuale.
Quando non
riuscì più a vederlo, tornò dentro e
si accostò al letto.
«Ehi, Vit» chiamò scuotendo leggermente
l'amico. «Vit, su,
svegliati. Dobbiamo andare»
Lui si tirò su di scatto, esclamando un “che
succede?” in
tono allarmato. Si calmò all'istante non appena la vide.
Jay gli riassunse rapidamente le istruzioni che Bucky le
aveva dato, e Vit inarcò le sopracciglia.
«Vuoi dargli retta?» domandò sorpreso.
La ragazza si morse il
labbro, indecisa se parlare o meno.
«Ieri...» disse alla fine. «Dopo che ti
sei addormentato, io
e lui abbiamo parlato per qualche minuto»
«Ti ha minacciata?!» chiese subito Vit, arrabbiato.
«No, no!» si affrettò a negare lei,
mettendo le mani avanti.
«Anzi. Credo... credo che abbia ricordato qualcosa»
Prese un bel respiro,
abbassando lo sguardo.
«Credo si sia ricordato me»
Il ragazzo s'irrigidì all'improvviso.
«Il laboratorio?»
«No. Quando ero piccola»
«Jenn, se qualcos'altro gli tornasse in mente...»
«Andrà tutto bene, Vit» gli
assicurò la ragazza.
«Non puoi esserne certa» replicò lui.
«Jennifer, tu non gli
hai mai fatto davvero del male, ma io...» Portò
una mano a coprirsi gli occhi,
il volto contratto in una smorfia di rimpianto.
«Io ero quello che attivava l'elettroshock, ero... ero il
carnefice, Jenn. E fino a che tu non sei venuta a parlarmi sono stato
convinto
che era giusto farlo, che non c'era nulla di sbagliato nel privare un
uomo di
tutto quello che lo rende tale. Se lo sapesse... mi ammazzerebbe, Jenn,
mi
ammazzerebbe senza pensarci due volte»
Jay gli posò una mano sulla spalla.
«Andrà tutto bene» ripeté.
Gli fece alzare il viso, sorrise e lasciò un bacio leggero
sulla guancia del ragazzo.
«Su, che ne dici di dare un'occhiata a quelle
ferite?»
Allora.
Sono tornata, sì.
Questo capitolo è un po' (molto) più lento
rispetto ai precedenti, pieno di dialoghi e forse persino noioso, ma
necessario ai fini della comprensione della trama. I prossimi andranno
meglio, spero.
Ovviamente, il romanzo al quale Jay si riferisce è "Il
Richiamo della Foresta"
di Jack London.
Keyla