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Autore: Kaimy_11    06/08/2014    2 recensioni
Si può scoprire come una guerra possa unire, invece che dividere.
In un mondo tanto attento alle regole, alle leggi, una trasgressione può diventare bella e importante quanto un fiore nel deserto.
Forse amare significa trasgredire, forse per un capofazione degli Intrepidi proteggere qualcuno per lui importante potrebbe essere un rischio troppo grande.
Ma come rinunciare ad una persona capace di essere forte e testarda quanto lui, ma che al tempo stesso sa come dare pace al suo cuore tormentato?
Sarà davvero il fuoco che scioglie il ghiaccio, o il ghiaccio a spegnere il fuoco?
In guerra e in amore tutto è permesso...
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eric, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The reason '
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4. Diamante grezzo

 

 

 

 

Doveva solo tenere duro.

Peccato fosse molto più facile a dirsi che a farsi. La barra di metallo sembrava lottare contro di lei e, ad ogni secondo, sembrava diventare sempre più scivolosa. Le dita poi, iniziavano a minacciare seriamente di abbandonarla, il dolore infatti era talmente insopportabile che iniziò a temere che potessero staccarsi dal resto della mano.

E così, se già di per se la sfida che stava affrontando era dura, le distrazioni e l’insorgere di nuovi problemi, rendevano impossibile raggiungere la vittoria. Il cervello non riusciva a concentrarsi sull’obbiettivo, distratto dai segnali di dolore che il suo corpo continuava a lanciarle. Tutto le diceva di mollare, la ragione le urlava di lasciar perdere e le suggeriva che il risultato che aveva ottenuto fino a quel momento era già ottimo, ma a lei non bastava.

Il dolore lancinante alle dita, i muscoli doloranti che chiedevano sollievo e la barra sempre più scivolosa non dovevano distrarla, non dovevano esistere.

Doveva solo tenere duro e rimanere appesa.

L’allenamento del giorno prevedeva una prova di resistenza per testare l’effettiva forza degli iniziati. Perciò Quattro, il loro allenatore, li aveva divisi in maschi e femmine e aveva chiesto loro di restare appesi ad una trave di ferro il più allungo possibile. La sfida fra i ragazzi si era conclusa con la vittoria di Edward e, subito dopo, era iniziata quella tra le ragazze.

Erano tutte molto agguerrite poiché, a differenza degli scontri con gli altri compagni, quell’allenamento sembrava più facile e meno doloroso, ma niente poteva essere più sbagliato.

Le prime ragazze erano cadute dopo poco, Tris e Christina, invece, avevano resistito molto più a lungo ma, per fortuna, alla fine avevano ceduto.

L’ultimo ostacolo alla vittoria rimaneva lei, Molly, la più alta e larga di spalle di tutte. Era davvero terrificante quando combatteva, aveva mandato al tappeto tutte le altre contro cui aveva lottato senza dimostrarsi poi tanto compassionevole.

Per i primi minuti era riuscita abilmente a chiudere la mente, tenendo fuori dolore e stanchezza per riuscire a rimanere sospesa senza problemi. Aveva allungato i muscoli e controllato il respiro e, mente le altre cadevano o si lamentavano per il male alle mani, lei rimaneva statica e silenziosa.

Peccato che, adesso che rimanevano solo in due e quella serenità mentale le sarebbe potuta tornare molto utile, lo sforzo fisico aveva superato di troppo il limite richiamandola alla realtà dei fatti.

E la realtà non era delle migliori.

Era esausta, non riusciva a smettere di pensare al dolore e Molly non si decideva a cadere. Cercò di chiudere gli occhi per scacciare via tutta la sofferenza ma, quando li riaprì, se ne pentì all’istante.

Il capofazione Eric, che affiancava spesso Quattro nell’addestramento, le si era posizionato di fronte e la guardava con insistenza. Era stato anche davanti a Molly a fissarla e a provocarla, certo, ma di sicuro a lei non aveva fatto lo stesso effetto.

Al solo pensiero che lui la vedesse in quello stato pietoso e che potesse deriderla o insultarla, o peggio, considerarla debole, la rabbia l’accecava e il cuore accelerava i suoi battiti.

Forse avrebbe dovuto chiedersi perché reagiva in quel modo, ma non ne aveva la possibilità.

Doveva subito trovare una soluzione per stabilizzarsi su quella trave altrimenti sarebbe caduta e, a quel punto, non avrebbe sopportato che Eric dichiarasse Molly vincitrice e togliesse a lei dei punti in classifica.

In quel memento trovò la risposta ai suoi problemi, il capofazione fermo davanti a lei a tenerla d’occhio era un problema dal momento in cui aveva deciso di dimostrarsi all’altezza di ogni addestramento.

E lui pretendeva sempre il massimo da loro.

Non era come Quattro, Eric chiedeva sempre agli iniziati di raggiungere il limite, e lei quel limite voleva superarlo. Voleva spingersi oltre e dimostrare il proprio potenziale, magari togliendo quel sorrisino derisorio dalla faccia di Eric, facendogli vedere quanto valeva.

Decise di dover modificare a suo favore la situazione, perciò, con uno sforzo immane, fece ruotare una delle sue mani e cambiò il modo in cui si teneva alla trave. Se prima entrambe le mani erano orientate in avanti, adesso una era girata all’indietro, così seguì la spinata delle braccia messe in opposizione e si girò mettendo la line delle spalle in verticale rispetto alla quella della trave.

Una volta raggiunta quella posizione, le fu più facile dondolarsi in avanti con il bacino per dare uno slancio con la gamba e aggrapparsi anche con il tallone. Ovviamente la spinta le era constato uno sforzo immane, dato che il suo corpo era stremato, e aveva rischiato davvero di cadere. Ma, adesso che tutto il suo peso non scaricava più solo sulle braccia, ma si appoggiava anche sulla caviglia che aveva agganciato alla trave, le sembrava di essere leggera come una piuma.

Forse il sollievo non sarebbe durato tanto a lungo, ma abbandonò ugualmente la testa all’indietro e prese un profondo respiro, sollevata.

-Così non vale!- protestò con voce stridula Molly, appesa poco più avanti.

-Perché?- Esclamò Eric, incrociando le braccia al petto. -Dovete rimanere appese più che potete, nessuno ha specificato come!-

Il capofazione era ancora davanti a lei, così ad Aria bastò voltare appena la testa a sinistra per incrociare il suo sguardo e, con un tuffo al cuore, poté chiaramente scorgere il sorriso con cui le ricambiò lo sguardo.

Per la ragazza quel sorriso fu la più grande delle soddisfazione.

Avrebbe voluto dirgli che tutti gli anni passati fra gli Eruditi non erano stati del tutto inutile, e che ovviamente ingegnarsi per trovare sempre la soluzione migliore faceva parte di lei, ma per svariati motivi non poteva. Dovette quindi accontentarsi di quella piccola vittoria che il sorriso di Eric rappresentava.

Era riuscita a dare dimostrazione delle sue abilità e lui aveva apprezzato, rendendola complice di quel ghigno sinistro con cui era solito manifestare la propria soddisfazione.

Il secondo dopo, Molly si staccò dalla trave e atterrò con un tonfo.

Aria abbandonò ancora la testa all’indietro e sorrise. Lentamente fece passare il piede oltre la trave e, dopo che le gambe furono tornate in verticale, lasciò andare anche le mani e atterrò sulle ginocchia.

-Abbiamo una vincitrice!- dichiarò Eric, e Quattro prese nota scrivendo su una lavagnetta.

Quando, con estrema cautela si raddrizzò, tutti i muscoli del suo corpo protestarono e le lanciarono scariche di dolore che le trapassarono la mente.

Fece un passo e si trovò a zoppicare ma, sollevando gli occhi, Eric le era sempre di fronte e con le braccia ancora incrociate al petto. Prima di raggiungere Quattro, lui le fece un cenno con il capo e i lineamenti del suo viso si allargarono in un sorriso maligno mentre, con fare ammiccante, si inumidiva le labbra passandovi sopra la lingua.

Nel momento in cui la sua amica Sasha le si avvicinò dandole un colpetto sulla spalla, Aria dovette nascondere la soddisfazione che provava, mentre si massaggiava le mani doloranti l’una con l’altra.

-Insomma, vuoi diventare come il Carrarmato!- esclamò la bionda.

Carrarmato era il nomignolo che Sasha aveva affidato a Molly dopo che, nell’incontro che aveva dovuto sostenere contro di lei, si era ritrovata con un occhio nero e un fianco dolorante.

Aria la spintonò via scherzosamente.

-Bene, adesso si combatte!- Disse improvvisamente Quattro, avvicinatosi al ring insieme ad Eric.

Aria alzò la testa e, trattenendo il dolore che aveva alle articolazioni, si trascinò insieme all’amica vicino al resto del gruppo.

-Dato che sono state le ultime due a cadere…- Continuò Eric, -Molly ed Aria sul ring!-

-Wow!- sussurrò con finto entusiasmo Sasha, al suo fianco.

Aria intensificò lo sguardo verso Molly che saliva sul ring. Erano entrambe stremate e la cosa poteva essere sconveniente quanto vantaggiosa.

Sotto lo sguardo preoccupato dell’amica, la ragazza passò accanto agli altri iniziati davanti a lei e salì sul ring. Una volta che furono l’una di fronte all’altra, le ragazze si misero in posizione di difesa e si prepararono a combattere.

Ragionando il più in fretta che poteva, Aria analizzò le proprie possibilità ed individuò il metodo migliore per agire. La stanchezza era il fattore dominante, dato che sia lei che Molly avevano consumato quasi tutte le energie alla trave.

Perciò, l’unica alternativa che aveva era quella di mettere l’avversaria al tappeto il prima possibile, usando tutte le forze che aveva ancora in corpo. Se lo scontro fosse andato avanti per troppo tempo, non avrebbe avuto la forza di sostenerlo, e la superiorità fisica di Molly avrebbe avuto la meglio.

La sua avversaria, oltre ad essere più grossa, era anche sempre la prima ad attaccare, ma non poteva darle questo vantaggio. Era distrutta e le mani le facevano malissimo, anche un solo pugno incassato avrebbe potuto farle perdere energie e farla cadere a terra senza più la forza per rialzarsi.

Doveva annientarla subito.

Quando, come era prevedibile, il pugno di Molly partì verso di lei, il precedente sforzo di rimanere appesa ad una trave di ferro l’aveva rallentata, così Aria riuscì non solo ad intercettare il pugno, ma anche ad afferrarle il polso.

Senza lasciare la presa, l’aggirò e le bloccò il polso contro la schiena piegandolo in maniera innaturale, tanto che Molly urlò dal dolore e cadde in ginocchio. Dato che era alle sue spalle, approfittando della morsa in cui teneva ancora la sua avversaria, le diede un potente calcio ai lombari che la fece finire faccia a terra.

Molly provò a rialzarsi appoggiandosi sulle braccia, ma Aria non le lasciò scampo e la mandò nuovamente al tappeto con un calcio in pieno viso. Per evitare che provasse nuovamente a rialzarsi, le assestò un ulteriore calcio al fianco, strappandole ancora un urlo.

Dopo alcuni secondi, Molly si abbandonò totalmente a terra.

-Incontro terminato!- Dichiarò Quattro.

Mentre scendeva dal ring, Aria vide Eric vicinissimo al bordo dove era ancora accasciata Molly, intento a fissarla con un misto di disgusto e delusione.

Forse credeva che sarebbe stata lei a vincere, considerato che era visibilmente più forte, ma Aria aveva vinto grazie all’astuzia nonostante l’ inferiorità fisica. Il fatto che fossero entrambe reduci da un esercizio sfibrante era stato d’aiuto dato che, probabilmente, con Molly al pieno delle forza la velocità e la brutalità non avrebbero funzionato.

-Hai appena vinto il titolo di Carrarmato in seconda!- Sasha l’aspettava dietro ad altri due ragazzi e, quando la vide, scosse il capo e sospirò.

Aria la raggiunse e si massaggiò le mani doloranti ma, quando notò l’espressione imbronciata dell’amica, sorrise.

 

Come sempre i corridoi sotterranei erano scarsamente illuminati, ma lui li conosceva a memoria e non erano certo un po’ di ombre a spaventarlo.

Percosse il tunnel con passo sicuro, senza prendersi il disturbo di guardarsi in torno troppo a lungo e, quando infine scorse la scia di luce che veniva fuori dalla grotta che voleva raggiungere, decise di rallentare il passo per non fare troppo rumore. Il suo piano funzionò e i suoi passi vennero coperti dal rumore di spari che proveniva dal poligono così, quando raggiunse l’entrata, pensò di non disturbare la persona all’interno e rimase ad attendere che fosse lei ad accorgersi del suo arrivo.

Aria era diversa dalle altre, e su questo punto ormai la discussione con sé stesso era chiusa. Doveva riconoscere che non erano in tante ad essere così brillanti negli addestramenti, così determinate, e a poter vantare un discreto fascino.

La vide schiudere le labbra per lasciare passare un sospiro, mentre con la mano libera dalla pistola si passava il dorso contro la fronte per liberarla da alcuni ciuffi di capelli. Per quel pomeriggio aveva scelto di raccogliere la chioma corvina in una traccia che le scendeva su una spalla e, mentre stendeva i muscoli del suo corpo per rilassarsi, lasciando cadere la mano armata lungo il fianco, Eric pensò che quella ragazzina rasentasse un tipo di perfezione a cui lui non era disposto a rinunciare.

La sentiva come qualcosa di suo a cui doveva dedicare attenzioni e cure, era come un diamante grezzo da modellare perché arrivasse al massimo splendore, per poi custodirlo con attenzione.

Era sempre stato ambizioso da che ne aveva memoria, e uno in costante cerca della perfezione come lui, non poteva certo non spingersi oltre il limite per raggiungere la perfezione di quella ragazzina e prendersela senza lasciare agli altri quella stessa possibilità.

Era la sua rosa nel deserto, che cresce contro ogni previsione, da preservare con cura e da tenere al riparo della intemperie. Perché rinunciarvi e lasciare che qualcun altro la cogliesse al posto suo?

L’attenzione dell’iniziata venne attirata dal suono lento e scandito di un applauso e, quando si voltò verso la fonte del rumore, vide finalmente il capofazione davanti all’ingresso che batteva lentamente le mani verso di lei in modo ironico.

-I miei più sentiti complimenti!-

Non capendo se le parole appena udite fossero una presa un giro oppure un rimprovero, Aria scosse la testa nascondendo un piccolo sorriso.

-Pensavo che un capofazione avesse un sacco di faccende da sbrigare, invece tu devi annoiarti molto se sei sempre qui!-

Eric si concesse un’ alzata di spalle. -Infatti è così, sono pieno di impegni, ma non potevo certo perdermi l’occasione di congratularmi con te.-

Aria lo guardò senza capire.

-Frederic è venuto a cercarmi poco fa,- spiegò avvicinandosi di qualche passo. -Mi ha detto che sei in gamba e che secondo lui potresti diventare una tiratrice niente male. Inoltre si è complimentato con me, per averti portata da lui.-

La ragazza mascherò il suo sorriso di gioia dietro una smorfia strafottente, poi scrollò le spalle. -Bene!-

Mentre la vedeva raggiungere il tavolo con le armi, Eric pensò che non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di ringraziarlo o di apparire felice per il complimento.

Forse faceva parte della sua maschera di orgoglio dare per scontato gli apprezzamenti da parte di Frederic, oppure lo puniva per non aver creduto veramente in lei sin dall’inizio.

Invece di apparire compiaciuta restava impassibile, come a volergli ricordare che era stato lui a minacciarla affinché raggiungesse ottimi risultati, perciò i traguardi raggiunti avrebbero dovuto stupire lui, perché mai lei?

Lei sapeva già come sarebbero andate le cose, ma se si aspettava delle scuse aveva sbagliato del tutto persona.

-Forse ogni tanto dimentichi con chi hai a che fare!- le disse con voce bassa, mentre la raggiungeva al tavolo.

Aria lo guardò e capì perfettamente cosa volesse dire, così fece un piccolo sorriso e scosse la testa, mentre Eric ricaricava una pistola.

-Forse è colpa tua, sei tu che mi dai troppa confidenza!-

-Può darsi…- le concesse il ragazzo, facendo scattare il caricatore quando lo inserì nell’arma.

La ragazza lo seguì quando lo vide voltarsi e avvicinarsi ai bersagli. Vederlo in posizione le diede una scarica elettrica, poiché le trasmise un misto di terrore e ammirazione che non sapeva gestire.

Era come vedere un intero fascio di muscoli scattanti tendersi per colpire, solido come una statua di marmo. Lo osservò in silenzio, mentre lui affilava lo sguardo per prendere la mira e, quando iniziò a sparare, le venne spontaneo paragonarlo alla cosa più letale che avesse mai visto.

Eppure, si riscoprì incapace di togliergli gli occhi di dosso.

Nonostante il meccanismo che muoveva i bersagli fosse in funzione, Eric era riuscito a seguirne uno solo e a trivellarlo di colpi che erano andati a segno tutti vicino al centro rosso. A lei erano voluti giorni e i consigli del ragazzo per raggiungere quel risultato, a lui era bastato caricare un’ arma. Senza contare che vedere sparare lui era terrificante, mentre lei non avrebbe intimorito nessuno.

Eric la vide avvicinarsi alla sua spalla senza alcun timore e piegare la testa di lato per osservare il bersaglio che aveva colpito, mentre arricciava le labbra in una smorfia. Tutti gli anni di addestramento a cui si era sottoposto, da quando era entrato a far parte degli Intrepidi, lo avevano forgiato rendendolo un’ arma letale a tutti gli effetti.

Certo, ognuno aveva il suo talento e la sua materia in cui eccelleva, e sparare era diventato il campo della ragazzina, ma lui non sarebbe mai stato da meno.

-Vuoi che ti mostri quante altre cose so fare?- la provocò, sussurrandole all’orecchio.

Lei si scostò ed incrociò le braccia al petto, con la stessa smorfia di disappunto con cui aveva osservato il bersaglio colpito. -Bè, comunque mi aspettavo di più!-

-Sta zitta!- le disse dandole uno spintone non troppo delicato alla spalla. -Sono solo fuori allenamento!-

Aria si lasciò spostare dalla spinta, e scosse la testa.

Fuori allenamento? E se si impegnava cosa riusciva a fare? Adesso capiva come mai nessuno si stupisse più di tanto dalla sua bravura, lì erano tutti bravi a sparare.

Quando Eric la sentì ridere, in maniera spensierata, si voltò di scatto a guardarla. Era evidentemente bastata una spinta per farla sciogliere, costringendola a liberarsi di quella maschera di gelo che si portava dietro.

Si concesse a sua volta un ghigno di approvazione, mentre abbassava lo sguardo per togliere il caricatore dall’arma. Quella ragazzina non sapeva di stare giocando con il fuoco e che, probabilmente, aveva abbassato le sue difese con la persona sbagliata. Ma, adesso che era caduta nella tela del ragno, non era detto che sarebbe riuscita a liberarsi.

-Si può sapere a cosa pensi quando spari?-  

Alla parole del ragazzo, Aria si voltò senza capire.

-Cosa?- Chiese gentilmente.

Eric non la degnò di uno sguardo mentre raggiungeva il tavolo delle armi per depositarvi la sua pistola. -Sembra sempre che tu voglia uccidere qualcuno!-

Aria alzò gli occhi e poi li fece roteare. -Santo cielo, devi avermi guardata proprio  per bene allora!-

Il ragazzo la fulminò con un’ occhiataccia. Stava ancora rimettendo in ordine le armi, quando la vide appoggiarsi al tavolo, rivolta però verso i bersagli.

La ragazza sospirò accanto a lui, ed incrociò le braccia al petto mentre il suo sguardo si perdeva sui contorni dei bersagli. Secondo il parere di Eric, la sua espressione non era delle più docili mentre si allenava sparando, e forse la chiave stava davvero nei suoi pensieri.

O nei suoi ricordi…

 

Una bambina di circa sei anni, o poco più, stava correndo.

Davanti a lei c’era una vecchia giostra arrugginita, una di quelle con tante piccole scale per arrampicarsi in cima. Non aveva per niente un aspetto rassicurante.

Quattro travi di ferro erano conficcate nel terreno e si ergevano in verticale, le loro estremità in cima erano collegate tra loro da altre quattro travi portanti. Su uno dei lati della struttura, arpionate alle travi verticali, erano state intrecciate delle corde ormai vecchie e logore che formavano una rete sul quale arrampicarsi. Sulle altre tre facciate erano invece state inserite semplici barre di metallo più sottile a formare delle scale.

Ma alla bambina non importava tanto della giostra, lei aveva occhi solo per i bambini che ci si arrampicavano sopra. Avevano pratici pantaloni scuri, anche le ragazze, e comode t-shirt nere. Li vedeva salire sulla giostra senza paura, e appendersi in cima come se la gravità non esistesse.

Erano liberi. Erano figli di Intrepidi.

Corse a perdi fiato verso di loro, sentendo il vento sulla pelle e la gioia scorrerle nelle vene così, quando li raggiunse, si fermò a guardali a testa in su.

Erano due femmine e due maschi, seduti ognuno su una delle travi messe in orizzontale per tenere insieme quelle verticali. Una bambina si lasciò cadere all’indietro, rimanendo aggrappata alla trave con le ginocchia e, una volta a testa in giù, si accorse della nuova arrivata.

-Chi è?- Chiese.

-È solo un’ Erudita, non ce la farà mai a salire qua su!- le rispose un ragazzino più grande, dondolando le gambe oltra la trave.

La piccola non si perse d’animo, anzi, sentì una forza esploderle dentro e darle una scarica di energia. Moriva dalla voglia di sapere cosa si provava ad essere appesi lassù, voleva sentirsi libera come i bambini di quella fazione e non le importava di sporcarsi o di farsi male.

La struttura era alta due volte e mezza lei quando iniziò ad arrampicarsi per la scaletta laterale, aggrappandosi con le mani e con i piedi, salendo gradino dopo gradino. Indossava uno scomodo vestitino blu con tanto di maniche a palloncino che le stringevano le braccia, ma non si lasciò infastidire troppo nemmeno dalla stoffa che le scopriva le gambe mentre saliva, e raggiunse la cima.

Una volta lì rimase in piedi sulla scaletta, appoggiando le mani alla trave sui cui era seduto il ragazzino che aveva parlato per ultimo.

-Brava, c’è l’hai fatta!- canticchiò la bambina seduta sulla trave di fronte, lanciando un pugno per aria in segno di approvazione, con tanto impeto che per poco non cadde.

Il ragazzino accanto a lei ridacchiò. -Forte, sei stata brava! Vuoi venire a giocare con noi anche domani?-

La piccola Erudita lo guardò con occhi luccicanti. -Davvero? Siete qui anche domani?-

-Sì, i nostri genitori sono venuti nel quartiere degli Eruditi per ritarare dei nuovi computer! Come ti chiami?-

La piccola bambina guardò gli altri seduti sulla sommità della giostra, la stavano guardando e l’altro bambino si stava perfino spostando per farle posto. -Mi chiamo…-

-Ariana!-

La piccola si voltò, ancora aggrappata alla scaletta, e vide una donna vestita di blu avanzare a grandi passi verso di lei. L’aveva chiamata con voce adirata e, anche dal modo in cui camminava, non sembrava per nulla calma.

-Devo andare…- disse agli altri bambini, e scese la scaletta tornado con i piedi per terra.

-Ciao!- le disse la bambina che aveva esultato quando l’aveva vista arrampicarsi.

Altri tre ciao l’accompagnarono mentre correva verso la donna.

Nel tragitto i suoi capelli neri le solleticarono il viso e le finirono davanti agli occhi, ma non li scostò, le piaceva sentirsi libera e ribelle.

Quando arrivò vicino alla donna, questa sospirò e alzò gli occhi al cielo, avvilita, portandosi poi una mano al cuore per il sollievo. -Ma cosa ti è saltato in mente? Arrampicarti in quel modo, potevi cadere!-

Senza perdere altro tempo, la donna afferrò bruscamente la bambina da una mano e se la trascinò dietro mentre si incamminava.

Prima di allontanarsi del tutto, però, la piccola si voltò un’ ultima volta a guardare i bambini vestiti di nero che ancora si dondolavano appesi alla giostra.

-Come sapevi che ero lì?- chiese alla donna.

-Me lo ha detto tua sorella, era preoccupata per te!-

La bambina guardò in lontananza e vide una testa bionda fare capolino da dietro una casa non troppo distante, era un’altra bambina della sua stessa età. Assottigliò lo sguardo mettendo il broncio.

-Spia!- bisbigliò.

-Smettila di parlare in quel modo!- la sgridò la donna, continuando a trascinarla malamente dalla mano. -Con tutte le volte che ti ho detto di non giocare con i figli degli Intrepidi, nemmeno a scuola! Sono pericolosi, si comportano come selvaggi e non è un bene che ti faccia vedere con loro!-

La bambina non disse nulla per un po’, poi si voltò verso la sua mano intrecciata a quella della donna e salì con lo sguardo lungo il suo braccio fino a raggiungerle il viso. Aveva anche lei folti capelli neri raccolti in una coda di cavallo e occhi azzurri e sottili, i lineamenti erano delicati e le labbra serrate in una linea retta.

-Ma mamma,- disse la piccola con innocenza, seguendo il passo della donna. -Forse un giorno sarò anch’io un’ Intrepida!-

La donna si voltò di scatto e, con la mano libera, la colpì con uno schiaffo sulla guancia.

Da lontano, la figura della bambina bionda nascosta dietro la casa, sussultò.

La piccola dai capelli neri, invece, si portò timidamente la mano libera alla guancia offesa e trattene le lacrime mordendosi il labbro.

La madre, senza scomporsi, si rimise a posto la giacca di velluto blu e afferrò la bambina dalle spalle, strattonandola.

Poi si chinò per raggiungere l’altezza del suo viso e le parlò, guardandola negli occhi. -Stammi bene a sentire Ariana, tu vieni da una famiglia di Eruditi e non infangherai il nome di tuo padre passando alla fazione dei selvaggi, mi hai capita?-

La piccola Ariana, con ancora una piccola mano paffuta sulla guancia lesa, guardò il volto elegante della madre deturpato dalla rabbia, e tremò leggermente, ancora trattenuta dalle spalle.

Si mordicchiò il labbro, i suoi grandi occhi da bambina erano di un blu leggermente più scuro rispetto a quello degli occhi della madre e, quando li fissò in quelli della donna, luccicarono pieni di lacrime che però non caddero.

-Sì, mamma…-

 

-Allora?-

Quando la voce calda e autorevole di Eric la riscosse, riportandola alla realtà, Aria sussultò. Stava ancora fissando i bersagli e, nella sua mente, uno di essi divenne una sagoma femminile vestita di azzurro. Improvvisamente, sentì una presa immaginaria serrarsi attorno alla sue spalle e, quando la paura le creò un vuoto allo stomaco, sentì un’ irrefrenabile bisogno di sparare e di colpire il bersaglio.

Scosse la testa, si portò una mano alla spalla e la strinse.

-A niente!- disse chinando il capo. -Non penso assolutamente a niente!-

 

 

 

 

 

 

 

 

Continua… 

 

 

 

   
 
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