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Autore: TheSlayer    12/08/2014    6 recensioni
Mary Jane Watson ha un nome che la rende il bersaglio di battutacce da parte di tutte le persone che conosce. E la gente non sa nemmeno il vero motivo per cui si chiama così (fortunatamente, perché le battute orribili potrebbero solo peggiorare). Frequenta la Washington University a St. Louis, nel Missouri, e ha una cotta enorme per il suo professore di Scrittura Creativa: Harry Styles.
E se anche il professore mostrasse un interesse particolare nei suoi confronti? Oppure Mary si sta immaginando tutto?
***
Dalla storia:
"Che vita difficile. Avevo un professore che, nella migliore delle ipotesi, era un idiota e non si rendeva conto dell'effetto che faceva sulla gente. E, nella peggiore, era un maledetto diavolo tentatore e faceva apposta a torturarmi in quel modo."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 3 – The Review
 
Dopo il fiasco con Jasper avevo recuperato Laurel, che stava cercando di riprendersi dal fatto che Liam non l’aveva nemmeno salutata, e avevamo deciso di bere per dimenticare.
Avevo passato quasi tutto il sabato con un mal di testa lancinante e lo stomaco sottosopra e la domenica avevo incontrato Rae di mattina ed eravamo state insieme fino a sera. Avevo trovato tempo per guardare il foglietto con la traccia del professor Styles solo il lunedì pomeriggio, dopo le lezioni.
Mi ero seduta a uno dei tavolini esterni della caffetteria del campus, avevo aperto il computer e avevo sospirato. Poi avevo aperto il biglietto, su cui il professor Styles aveva scritto: “Il primo giorno di college” e basta.
Ansia. Quella era stata la prima parola a cui avevo pensato e anche la prima che avevo scritto sul foglio bianco di Word sullo schermo del computer davanti a me. E da lì ero andata avanti, cercando di non analizzare troppo quello che stavo scrivendo e di rendere il mio tema personale.
 
***
 
Era martedì pomeriggio e, dopo aver consegnato il lavoro al professor Styles durante la lezione, mi ritrovai nel suo ufficio, con la porta chiusa e le tendine mezze abbassate.
Lui stava leggendo il mio lavoro dietro la scrivania, aggrottando le sopracciglia e scrivendo qualcosa, di tanto in tanto, con la biro rossa. Io, invece, ero impegnata a guardarlo, a cercare di non pensare a tutto quello che avrei voluto fare insieme a lui, e a torturarmi le dita, perché l’attesa si stava facendo insopportabile.
 
“Hai passato una bella serata venerdì?” Mi chiese improvvisamente il professore, alzando lo sguardo dal foglio che stava leggendo e puntandolo su di me.
Arrossii, pensando al vestito in cui mi aveva vista nei corridoio del mio dormitorio. Se non fosse stato un professore avrei avuto la risposta perfetta da dargli, ma non era il caso, quindi mi morsi il labbro e ci pensai e basta.
Avrei passato una serata sicuramente più bella se tu fossi stato nel mio letto.
“Sì, non è andata male. È stata la mia prima festa universitaria.” Spiegai.
“Sei andata al pub del campus?” Mi domandò ancora.
“No, sono stata invitata a un party a casa dei Kappa Alpha Psi.” Replicai.
Lui annuì e fece indugiare lo sguardo sul mio viso per qualche altro secondo, prima di sorridere e tornare a concentrarsi sul mio tema.
Cos’avrei potuto dire per rompere quel silenzio imbarazzato? E probabilmente lui non stava provando le stesse cose che stavo provando io - anzi, sicuramente non le stava provando - ma io ero disperata.
Perché doveva essere così attraente ed essere il mio professore? Non poteva essere un semplice compagno di classe? O un ragazzo qualunque? No, il destino doveva avercela con me.
“Grazie per aver trovato subito il tempo per correggere il mio tema.” Borbottai, dicendo ad alta voce la prima cosa che era passata nella mia mente. Era una frase senza senso, probabilmente avevo anche dimenticato la grammatica nel dormitorio.
“Non c’è nessun problema.” Rispose lui. “A dire la verità avevo del tempo libero ed ero davvero curioso di leggere quello che hai scritto.”
“È orribile, vero?” Domandai, abbassando lo sguardo mentre attendevo la risposta. Mi ero pentita di aver consegnato quella cosa, perché non avevo nemmeno avuto il tempo di rileggerla.
“No.” Disse. “Ci sono delle ripetizioni, un paio di errori di distrazione e delle frasi che cambierei, ma in generale è molto personale e sei riuscita a esprimere quello che hai provato durante la tua prima giornata al college. Hai anche raccontato aneddoti divertenti, come quello in cui ti sei trovata nel bel mezzo di un litigio tra Presidentesse di due confraternite perché entrambe volevano che tu prendessi il loro volantino. Sei stata brava.” Aggiunse senza perdere il sorriso.
Mi aveva appena detto che ero stata brava?
“Grazie.” Risposi. “È stato imbarazzante, ma nello stesso momento divertente.” Aggiunsi, ricordando la scena.
“Mi sono sentito coinvolto, mi sembrava quasi di essere lì con te.” Disse lui. “Sono rimasto molto sorpreso, pensavo che avresti avuto bisogno di molte più tracce del genere per lasciarti andare.” Aggiunse. Sembrava quasi che mi stesse studiando e sentii un’ondata di calore avvolgermi le guance. Perché il professor Styles mi faceva quell’effetto?
“I suoi consigli sono stati davvero utili, professore.” Replicai.
“Però, per sicurezza, vorrei continuare queste sessioni private, cosa ne dici?” Mi domandò dopo qualche secondo.
Sì. Sì, Assolutamente sì! E me lo chiedi anche?
“Credo che sia una buona idea, professore. Grazie mille.”
“Ottimo, allora raggiungimi qui dietro la cattedra, così ti mostro le frasi che cambierei e il resto delle cose che vanno sistemate.”
Mi alzai dalla sedia su cui ero comodamente seduta – non era vero, non riuscivo nemmeno ad appoggiarmi allo schienale perché ero agitata – e mi sistemai di fianco al professor Styles.
Mille pensieri – novecentonovantanove e mezzo dei quali erano inappropriati – si formarono nella mia mente.
Mi abbassai leggermente per vedere meglio il foglio che aveva in mano e per leggere le note che aveva scritto in rosso ai margini.
“Qui hai ripetuto esperienza due volte in una frase.” Disse, indicando un paragrafo con l’indice.
Ero così vicina che potevo sentire il suo profumo. Il professor Styles stava indossando una camicia nera e aveva i primi due bottoni aperti, così diedi un'occhiata fugace al suo interno e notai una cosa che mi sorprese: tatuaggi. Tanti tatuaggi. 
Ne vidi uno persino sulla sua mano. Una croce nera sul lato interno, appena sotto il pollice.
Scossi la testa e mi obbligai a concentrarmi su quello che stava dicendo.
 
***
 
"Ehi!" Sentii dire mentre attraversavo la piazza davanti all'edificio del dipartimento di Letteratura. "Mary Jane!" 
Mi voltai e vidi Carmen, la mia compagna di banco al corso di Scrittura Creativa, correre verso di me.
"Ehi, ciao!" Esclamai.
"Dimmi che hai anche tu bisogno di un caffè. Andiamo insieme?" Propose.
"Perché no?" Risposi. Avevo finito le lezioni per quel giorno. Dovevo solo andare al dormitorio e dedicarmi alla nuova traccia che mi aveva dato il professore.
"Ti ho vista uscire dall'ufficio del professor Styles." Disse Carmen. Ci eravamo sedute all'interno della caffetteria e avevamo ordinato due tazze enormi di caffè.
"Sì." Dissi. "Avevo un colloquio perché voleva parlare con me di un tema che ho scritto." Aggiunsi. Era la verità, quindi perché mi sentivo così in colpa? Come se stessi facendo qualcosa di illecito o immorale.
"Come hai fatto a ottenere un incontro così presto? Ho visto che gli consegnavi il compito a lezione... Io ho provato a chiedergli di vederci in privato perché ho bisogno di aiuto per trovare il mio stile di scrittura, ma mi ha detto che questa settimana è completamente oberato e cercherà di trovare un posto per me alla fine del mese." Raccontò la ragazza.
La mia mente andò subito all'appuntamento che il professore aveva già fissato per il martedì successivo. 
Aveva detto a Carmen che non aveva assolutamente tempo, ma a me aveva già fissato un colloquio privato per parlare di un compito che non avevo ancora fatto?
Parte di me si sentiva lusingata. L'altra parte di me era confusa. Perché durante le lezioni private che avevamo avuto fino a quel momento avevo provato delle sensazioni strane - e avevo dato la colpa alle manie di protagonismo e alla paranoia, principalmente - e avevo pensato che lui mi stesse guardando in modo diverso rispetto alle altre studentesse.
C'era qualcosa di strano nella sua espressione, a volte. L'avevo interpretato come desiderio, ma credevo di stare esagerando. Era quello che speravo, quello era certo, ma era anche la verità?
Il professor Styles era attratto da me? Oppure mi stavo solo inventando tutto e lui aveva deciso di aiutarmi perché ero un caso particolarmente perso e voleva che migliorassi almeno un po'?
"Non lo so, credo di essere stata semplicemente fortunata." Mi costrinsi a rispondere.
"Già, sei stata fortunata. Ho sentito anche altri compagni e tutti hanno fatto fatica ad ottenere un colloquio con il professor Styles." Replicò Carmen.
"Forse sono riuscita ad avere l'ultimo disponibile." Mentii. In realtà avevamo deciso di vederci ogni martedì, quindi era come se avessi già appuntamenti per tutto il semestre.
"Comunque è un bravo professore. Sono proprio felice che il signor Gordon sia andato in pensione. Dicevano tutti che era una iena." Continuò la ragazza.
"Già." Dissi, mescolando distrattamente lo zucchero nel caffè. 
Non riuscivo a smettere di pensare all'espressione del professore quando mi aveva chiesto com'era andata la serata. 
Carmen continuò ad elogiare Styles per un'infinità di tempo e arrivai al punto di annuire, sorridere e basta. Non vedevo l'ora di tornare a casa per leggere la nuova traccia a cui avrei dovuto lavorare.
"Mary Jane, è stato un piacere parlare con te, ma devo scappare." Disse improvvisamente la ragazza, guardando l'orologio. "Ho delle ore di studio obbligatorie con la mia confraternita e poi devo organizzare una festa di beneficenza." Aggiunse.
"E' stato un piacere anche per me." Dissi, anche se in realtà avevo ascoltato ben poco di quello che mi aveva detto. La mia mente continuava a soffermarsi sui capelli spettinati del professor Styles, sulle sue labbra, sulle sue mani, sui suoi tatuaggi... e su quanto avrei voluto scoprire ogni singolo segreto del suo corpo. 
Scossi la testa per liberarmi da quei pensieri e salutai la mia compagna di corso, che cominciò a correre verso il quartiere delle confraternite.
 
Invece di tornare nel mio dormitorio - e rischiare di essere risucchiata nel fantastico mondo dei gossip da Laurel - approfittai delle ultime ore di sole per sedermi sull'erba al parco. Appoggiai la schiena al tronco di un grande albero ed estrassi il computer portatile dalla mia borsa. Poi aprii il biglietto del professor Styles e lessi il contenuto: "La mia prima festa universitaria".
Sorrisi, chiedendomi se stesse cercando di farmi scrivere qualcosa di personale per aiutarmi a esprimere al meglio le mie emozioni, o se stesse solo cercando di farsi gli affari miei. 
 
"Delusione." Scrissi. Per un attimo mi domandai cosa avrei potuto scrivere e cosa non sarebbe stato assolutamente appropriato, poi scrollai le spalle e cominciai a scrivere, descrivendo nei dettagli tutte le emozioni che avevo provato da quando ero uscita dal mio dormitorio a quando ci ero tornata.
Evitai la parte in cui stavo quasi per finire a letto con Jasper, ma decisi di raccontare lo stesso qualcosa di quello che era successo, perché era il motivo principale per cui la mia prima festa universitaria era stata una semi delusione. 
 
"Tre volte in un giorno!" Sentii una voce familiare alle mie spalle. Chiusi istintivamente il computer per non fare leggere a nessuno quello che stavo scrivendo - anche perché ero passata dal compito per il corso di Scrittura Creativa al mio diario personale - e guardai in alto.
Il sole era tramontato e il cielo stava cominciando a diventare più scuro. Dietro di me il professor Styles sorrideva e si aggiustava gli occhiali.
"Professore!" Esclamai, sentendomi improvvisamente imbarazzata. Mi aveva beccata esattamente nel momento in cui stavo scrivendo sul mio diario personale quello che era successo con Jasper. Da quanto tempo era lì dietro? Aveva letto tutto?
"Mary Jane." Mi salutò lui. "Stavo tornando a casa e ho pensato di fare una passeggiata al parco." Aggiunse. Era normale che i professori dessero del tu agli studenti? Forse lo faceva perché era giovane.
"E' una bella giornata." Replicai. Se avessi potuto mi sarei tirata uno schiaffo sulla fronte. C'era qualcosa di più stupido che avrei potuto dire in quel momento?
"Ti stavi già dedicando ai compiti?" Mi domandò lui, guardando il mio computer chiuso con interesse. 
"Scrivevo nel mio diario." Risposi. "I compiti li ho già finiti." Aggiunsi con un sorriso. 
"La traccia che ti ho dato?" Domandò lui con aria sorpresa. 
"Sì, avevo del tempo libero, ho trovato un posto tranquillo e ho pensato, perché no?" 
"Allora possiamo anche anticipare il nostro appuntamento di martedì prossimo. Vieni nel mio ufficio giovedì all'ora di pranzo. Ho un momento tranquillo e possiamo correggere il tuo nuovo tema. Poi torniamo a vederci tutti i martedì, come da accordi." 
Il professor Styles, quello che non dava appuntamento nel suo ufficio a nessuno perché diceva di essere oberato, aveva appena chiesto a me, Mary Jane Watson, di vederlo per pranzo durante un giorno in cui non avremmo dovuto vederci? Cercai di non trarre conclusioni, ma fu davvero difficile. 
"Certo, volentieri." Dissi. "E grazie, so che per lei è difficile trovare del tempo per vedere gli studenti." Aggiunsi prima di perdere il coraggio e interrompermi. Lui sorrise, di nuovo, e non disse nulla.
"Ci vediamo giovedì, signorina Watson." 
Deglutii e annuii. 
"A giovedì, professore." Mormorai.
 
***
 
"Cosa vuol dire che non pranzerai con me? Me l'avevi promesso!" Esclamò Laurel giovedì.
"Lo so, scusa. Mi sono dimenticata di dirti che il professor Styles mi ha chiesto di vederci per parlare del mio nuovo tema." Dissi. "Mi dispiace, Laurie. Lo so che avevamo parlato di questo pranzo la settimana scorsa." Aggiunsi.
"Va beh, non importa. Andremo a cercare l'auto di Tomlinson la settimana prossima." Sospirò la mia amica.
"Magari nel frattempo ti passerà e capirai che rigargli la macchina non è l'idea migliore che tu abbia mai avuto." Risposi. "Ma poi perché proprio solo di giovedì?" Domandai.
"Perché Lo Stronzo la parcheggia lì solo quel giorno. Durante il resto della settimana non so dove la mette. Forse se la infila su per il..."
"Laurel." La interruppi. Avevo notato Jasper, il ragazzo della confraternita, venire verso di noi e non volevo che ascoltasse i nostri discorsi.
"Mary Jane!" Esclamò lui. "Ti ho cercata per giorni. Possiamo parlare un secondo?" Mi domandò.
Annuii, anche se non ne ero convinta. Per me aveva perso qualunque tipo di fascino quando aveva fatto quella battutaccia sul mio nome.
Laurel mi salutò e si avviò verso la caffetteria.
"Ho poco tempo, però. Ho un appuntamento." Lo avvisai. Studiai la sua reazione. Sembrava deluso. 
"Ho provato a chiedere a Sam di chiedere a Rae il tuo numero di telefono - o almeno un modo per contattarti, ma lei non ne ha voluto sapere. Mi ha detto che avrei dovuto risolvermela da solo perché non voleva mettersi in mezzo." Disse lui. 
Dalla sera della festa Rae e Sam avevano cominciato a uscire insieme e le cose sembravano andare abbastanza bene. Ma tutte le storie sembravano andare bene all'inizio - o almeno così sosteneva Rae. Lei stava solo aspettando che lui facesse un passo falso.
"Mi hai trovata adesso, parliamone." Replicai, forse suonando un po' più maleducata di quello che avevo previsto.
"Volevo solo dirti che mi dispiace per quello che è successo la settimana scorsa. Sul serio, non pensavo che una battuta del genere potesse farti arrabbiare." Continuò lui.
"Hai idea di quanta gente mi abbia detto cose del genere? Da quando sono nata? Potrei scriverci un libro con tutte le cose che mi hanno detto." Dissi io, cominciando a camminare verso l'edificio del dipartimento di Letteratura. "Ha rovinato l'atmosfera, tutto qui." Aggiunsi.
"Quindi io e te siamo a posto?" Mi domandò il ragazzo con aria speranzosa. "Perché mi piacerebbe portarti fuori a bere qualcosa e questa volta prometto di non nominare Spiderman nemmeno una volta." Aggiunse. Poi chiuse gli occhi e fece una smorfia. "Merda, scusa, l'ho nominato ancora! Ma da adesso mai più, giuro." 
Sorrisi mio malgrado, perché Jasper era una persona divertente. Ma rischiavo di essere in ritardo all'appuntamento con il professor Styles e, onestamente, non vedevo l'ora di trovarmi nel suo ufficio.
"Ascolta, possiamo parlarne un'altra volta? Non sono arrabbiata con te per quello che è successo e mi piacerebbe uscire, ma adesso devo vedere un professore per parlare di uno dei miei lavori." Dissi. 
Ormai eravamo arrivati davanti all'ingresso dell'imponente edificio e dovevo entrare. Volevo entrare. 
"D'accordo, allora facciamo così: io sarò al pub del campus domani sera alle nove. Se ti va di bere qualcosa con me troviamoci lì, d'accordo?" Mi domandò.
"Perfetto." Dissi. Poi lo salutai con la mano e camminai velocemente verso l'ufficio del professore.
 
***
 
"Vuoi?" Harry Styles - il professor Styles - stava divorando una fetta di pizza quando lo raggiunsi. Mi indicò il cartone ancora pieno davanti a sé e parlò con la bocca piena. 
Annuii, perché il solo profumo della pizza mi aveva fatto venire l'acquolina in bocca. O forse era stata la presenza di quell’essere affascinante e i relativi pensieri inappropriati che si erano immediatamente formati nella mia mente.
"Grazie." Dissi, sedendomi sulla sedia di fronte alla sua scrivania. Non appoggiai la schiena allo schienale e mi sistemai sulla punta del sedile. Ero agitata, dovevo controllarmi. Ero in quella stanza per parlare del mio lavoro.
Quanto vorrei essere qui per altro, pensai.
"Ho letto il tuo tema e devo dire la verità." Cominciò a dire, recuperando svariati fogli da sotto la lattina di Coca Cola Light.
Ci siamo, sta per dirmi che ho scritto una cazzata, pensai.
"Mi sono ricordato le mie feste universitarie e mi è venuta un po' di nostalgia." Aggiunse con un sorriso. "I racconti che si leggono in giro, i libri, le serie televisive e i film ti preparano a una realtà molto diversa. Quando arrivi alla tua prima festa ti aspetti chissà cosa e poi rimani deluso da quello che ti trovi davanti." 
"Già." Dissi. "E soprattutto credi che i ragazzi siano più maturi rispetto alle scuole superiori, invece sono tutti uguali." Aggiunsi.
"Il tizio che ti ha fatto la battuta sul nome?" Mi domandò con interesse. Annuii senza dire nulla. Perché tramite i miei lavori stavo rivelando questi particolari della mia vita privata a un professore? "Ti svelo un segreto: gli uomini sono generalmente più immaturi rispetto alle donne. Quindi preparati ad ascoltare battute del genere per il resto della tua vita." 
"Mio Dio, credo che preferirei cambiare nome." Mormorai quasi tra me e me.
"Invece ti si addice molto." Disse lui, abbandonando la sua sedia e appoggiandosi alla scrivania, proprio davanti a me. Guardai in alto e incrociai il suo sguardo.
Era solo una mia impressione o non stavamo più parlando del mio tema? Ci stavamo concentrando un po’ troppo su di me.
"Sì?" Domandai.
"Sì." Confermò lui. "Secondo me è il nome perfetto per te, non ti vedrei con nessun altro." Aggiunse. Poi lo vidi fare una smorfia, allentarsi la cravatta e aprire leggermente la camicia. "Scusa, questa cosa mi soffoca." Si giustificò con un sorriso. 
Cercai disperatamente di concentrare tutta la mia attenzione sulla fetta di pizza che avevo ancora in mano e a non guardare i tatuaggi che si intravedevano sul suo petto. Deglutii e fissai lo sguardo sulle tende semi chiuse alle finestre.
Faceva apposta ad essere così dannatamente sexy? Ero solo un essere umano, si aspettava che resistessi?
"Non... ehm..." Chiusi gli occhi per qualche secondo e cercai di concentrarmi. Cosa stavo cercando di dire? Non ne avevo idea. "Er... comunque sì, se non ci fosse il piccolo problema di Spiderman, il mio nome mi piacerebbe." Mormorai.
Che vita difficile. Avevo un professore che, nella migliore delle ipotesi, era un idiota e non si rendeva conto dell'effetto che faceva sulla gente. E, nella peggiore, era un maledetto diavolo tentatore e faceva apposta a torturarmi in quel modo.
Styles prese una fetta di pizza dal cartone e cominciò a mangiarla. Il pomodoro ovviamente schizzò sulla sua camicia, macchiando il taschino.
“Maledizione.” Imprecò lui, riponendo la fetta di pizza nel cartone e alzandosi dalla scrivania. Prese un fazzoletto e, prima che potessi dirgli che avrebbe solo peggiorato la situazione, cominciò a strofinarlo sulla stoffa.
La macchia di pomodoro raggiunse dimensioni inquietanti.
“Credo che dovrò buttarla in lavatrice.” Mormorò dopo un po’.
“Prima la copra con del bicarbonato.” Mi sforzai di dire. Il professore aveva aperto altri bottoni e ormai riuscivo a vedere con chiarezza i tatuaggi che aveva appena sotto le clavicole.
“Sì?” Domandò lui distrattamente, continuando a strofinare il fazzoletto sulla camicia.
“Sì.” Risposi. Deglutii all’ennesimo bottone slacciato. Aveva un altro enorme tatuaggio a forma di farfalla sul torace. Non sarei riuscita ad arrivare alla fine di quel colloquio viva. “E non strofini più il tessuto, peggiorerà solo la situazione. Lasci il bicarbonato per almeno dodici ore e poi la lavi.” Aggiunsi, costringendomi a fissare la fetta di pizza da cui era scivolato il pomodoro.
“Grazie per il consiglio.” Replicò il professore. Poi, senza nessun tipo di preavviso, terminò di slacciare i bottoni e rimase a petto nudo. Guardai le sue spalle e sentii le mie gambe diventare deboli. Dovevo avere fatto qualcosa di tragicamente sbagliato nella mia vita precedente per meritarmi una tortura del genere. Chissà come sarebbe stato affondare le unghie nella sua schiena durante il sesso.
Il professor Styles si abbassò, aprì uno dei cassetti della sua scrivania, estrasse una camicia pulita e si rivestì.
“S-si figuri.” Risposi, schiarendomi la voce.
Aveva un fisico asciutto, tatuaggi ovunque – che durante le lezioni nascondeva con le maniche lunghe della camicia – e i pettorali lievemente scolpiti. “Ehm… credo che la nostra ora sia finita.” Dissi, guardando l’orologio. Non era vero, mancavano ancora cinque minuti, ma io non potevo rimanere un secondo in più in quella stanza senza provare l’impulso di saltare su quella scrivania e togliergli anche la camicia pulita e cominciare a baciarlo dappertutto.
“Giusto, sì.” Mormorò lui. “Ti scrivo la prossima traccia e ne parliamo martedì, d’accordo?”
“Perfetto.” Dissi, guardando con molto interesse le lunghe dita del professore, mentre prendeva una biro e scriveva su un pezzetto di carta.
Uscii dal suo ufficio in una specie di trance. Mi sentivo un’idiota, non riuscivo a smettere di pensare al corpo del professore, alle sue mani, ai suoi capelli, alle sue labbra. Come sarei arrivata alla fine del corso?
E, soprattutto, non bastava il mio stupido nome da personaggio dei fumetti/amante della marijuana, dovevo avere anche una cotta cliché per il mio professore. Speravo che non lo scoprisse mai nessuno, altrimenti sarei diventata un bersaglio ancora più facile per quelli che volevano fare i simpaticoni.
 


Ed ecco un nuovo capitolo di Little White Lies! Mary Jane è sempre più disperata, perché Styles le fa davvero un brutto effetto. Ma fa apposta? Oppure non si rende conto di essere così attraente e di fare rischiare l'infarto alla nostra protagonista ogni volta che si allenta la cravatta o - peggio! - si toglie la camicia? Ma soprattutto, perché dice a tutti che non ha tempo per gli appuntamenti nel suo ufficio e poi fa delle eccezioni per Mary Jane?
Nel prossimo capitolo, che posterò martedì, scopriremo se la ragazza deciderà di uscire con Jasper e la vedremo di nuovo alle prese con il professor Styles. Cosa pensate che succederà?
Grazie per essere passate! Spero che la storia stia continuando a piacervi <3
Alla prossima!
 

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