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Autore: A lexie s    16/08/2014    1 recensioni
[Spoiler per chi non segue la programmazione americana.]
Questa è una mini (molto mini) long. La storia infatti sarà composta da due capitoli e racconterà del viaggio affrontato da Hook per arrivare a New York e ritrovare Emma.
Dal primo capitolo:
Ed è quando la tempesta passa che bisogna raccogliere i cocci di ciò che è rimasto, la quiete che segue fa più paura della tempesta stessa, perché una volta che il cielo si è rischiarato bisogna fare i conti con quello che manca.
Killian Jones si svegliò affaticato, i polmoni gli bruciavano come se avesse inghiottito fuoco e non riusciva a respirare bene. Sputò acqua dalla bocca e rischiò di soffocare più volte, gli occhi non riuscivano ad aprirsi a causa di una luce troppo intensa.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ariel, Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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The arms of the ocean

2. New York

Come previsto, la maledizione era in arrivo. Dopo un po’ di ore di navigazione, il cielo si fece improvvisamente scuro ed un vortice di vento cominciò a scatenarsi dal nulla, le onde cominciarono a diventare pericolose e si stava ripetendo esattamente la situazione della sera precedente. “Ci risiamo, questa volta è lei!” Esclamò Hook, cercando di reggere più saldamente il timone e intimando a Spugna di rimanere saldo nella sua postazione.

Uscì, dal taschino del giubbotto di pelle, un piccolo cannocchiale e lo allungò con la bocca. Lo mise davanti all’occhio e chiuse automaticamente l’altro per vedere meglio.
Il vento continuava ad essere sempre più forte ed il cielo assunse quel tipico colore viola che contraddistingueva una maledizione, ormai ne era a conoscenza.

“Terra!” Urlò, riponendo velocemente il cannocchiale e cambiando leggermente la rotta. Spugna continuava a guardarsi le spalle con un’espressione di profondo terrore. “Ci sta seguendo, capitano, sta arrivando.” Gridò spaventato, indicando con la mano quella coltre di nube viola.

“Allora dobbiamo essere più veloci di lei.” Concluse Killian, aumentando la velocità di navigazione, “guarda il passaggio tra i mondi è aperto, ci serve un fagiolo magico!” Esclamò indicando i tuoni che squarciavano il cielo e facevano intravedere paesaggi diversi, l’altro continuava a guardarlo spaesato, non era convinto che sarebbero riusciti a spuntarla quella volta, ma ci riuscirono. Toccarono terra e scesero velocemente, Hook trascinava malamente Spugna che non poteva muoversi ancora fluentemente, a pensarci bene non era stata una grande idea quella di permettergli di accompagnarlo.

“Vi sto rallentando, lasciatemi qui.”

“Non posso farlo” rispose Killian, il senso dell’onore era sempre quello a prevalere in lui, e non era onorevole lasciare un compagno in difficoltà.

“Dovete se volete salvare tutti, io me la caverò. La maledizione mi riporterà a Storybrooke insieme a tutti gli altri, mi ritroverete lì.” Concluse, staccandosi velocemente la mano di Hook dalla spalla. Quello lo guardò confuso, non sapeva che fare. Da una parte sapeva che lo avrebbe ritrovato, ma dall’altra non voleva che fosse costretto ad affrontare la maledizione. Tuttavia non aveva molte scelte davanti, quindi annuì, fece qualche passo e si rivoltò a guardarlo.

“Andate” gli intimò allora il compagno, e lui cominciò a correre velocemente.

La città era in fermento, gente che correva da tutte le parti e scappava per riuscire a salvarsi. Conosceva bene quella città se n’era reso conto subito, appena aveva varcato la soglia del porto. Sapeva anche chi cercare per ottenere un fagiolo, ma il suo prezzo sarebbe stato molto alto. Quella poltiglia viola continuava ad avvicinarsi e lui era seriamente spaventato di fallire, di non poter rivedere Emma e soprattutto preoccupato di dimenticarla. Corse con tutta l’energia che gli era rimasta, le stradine erano piccole e malandate, la gente continuava a sbattergli contro, ma lui cercava imperterrito di continuare.
Trovò quello che stava cercando poco lontano da un locale diroccato, un uomo incappucciato e con una bottiglia di rum in mano, nella confusione doveva averne approfittato per rubare dalla locanda.

“Finalmente, ti ho trovato.” Urlò a squarciagola, guardandosi più volte alle spalle. L’uomo si fermò, il viso non era visibile dietro al cappuccio, ma Killian non aveva mai potuto dimenticare la sua andatura causata da quell’accenno di gobba che gli curvava la schiena.

“Salve capitano.” Lo salutò, sembrava impassibile davanti all’arrivo della maledizione, come se non gli importasse affatto.

“Non ho tempo da perdere, ho bisogno di un fagiolo.” Sbottò Hook, saltando i convenevoli ed avvicinandosi svelto. Quello automaticamente arretrò, quasi spaventato dal fuoco e dalla determinazione che vedeva lampeggiare negli occhi del pirata.

“Voglio qualcosa in cambio” sentenziò, capendo di avere il coltello dalla parte del manico, il capitano aveva bisogno di lui, questo lo rendeva prezioso e non attaccabile.

“Cosa?” L’esasperazione era palpabile nella voce di Killian, non c’era più tempo, doveva ottenere quel fagiolo subito.

“La vostra nave, capitano.”

Rimase interdetto qualche secondo, non sapeva a cosa gli servisse, ma era quasi certo che lo facesse per vendicarsi e che volesse solo privarlo della cosa a cui credeva tenesse di più. Peccato che non era più così perché nonostante amasse quella nave e la considerasse casa propria, la cosa più importante per lui era Emma. Era ritrovarla.

“Non abbiamo molto tempo.” Lo incitò quello, Killian si voltò e vide che il fumo viola era alle sue spalle e stava per avvolgerli.

“Okay, prendila, ma dammi quel maledetto fagiolo.” Concluse arrabbiato. L’uomo aprì il mantello che lo avvolgeva ed estrasse un fagiolo dalla tasca, lo lanciò ed il capitano lo afferrò prontamente. Okay, adesso che era in possesso del fagiolo, bisognava agire.

Lo gettò nel terreno instabile ed un enorme portale si aprì sotto di esso. Un attimo prima che il fumo lo avvolgesse definitivamente, si buttò nel portale e fu scaraventato contro qualcosa di molto duro.

“Dove diavolo sono?” Si chiese, alzandosi e pulendosi i pantaloni. Si trovava in una specie di riserva, intorno a lui vi erano grandi alberi e una stradina sterrata che decise di seguire, visto che non sapeva dove fosse, gli sembro la soluzione più logica. Percorse quel sentiero fino a quando non si trovò in prossimità di una strada asfaltata e ai limiti di questa vi era un grande cartellone con una scritta: Welcome to Boston.

Il cielo era piuttosto buio, ad occhio e croce potevano essere circa le dieci di sera. Cambiò velocemente l’uncino con la protesi, non voleva spaventare nessuno e soprattutto non voleva problemi.


 
Boston? Non sapeva per quale ragione fosse capitato in quel luogo, un’automobile sfrecciò all’improvviso a tutta velocità e lui non ebbe il tempo di fare nulla, ma l’auto inchiodò giusto un attimo prima di travolgerlo. “Signore, sta bene?” Chiese una giovane ragazza, uscendo frettolosamente dall’auto. Poteva avere diciassette anni circa, Killian non seppe dirlo con sicurezza, ma sembrava davvero molto giovane e spaventata. Gli occhi scuri conservarono per alcuni attimi un’espressione di terrore, poi la ragazza si riscosse e si passò una mano tra i folti capelli neri.

“Sto bene, ma non dovresti andare così veloce, stavi per venirmi addosso.” L’ammonì con voce severa, la ragazza si scusò mortificata e poi lo guardò con aria spaesata prima di porgli una domanda.

“Ma che ci faceva qui? E perché è vestito in quel modo?”

“Cara, non mi sembra il momento di farmi un interrogatorio, però puoi fare una cosa per riscattarti dall’avermi quasi ucciso.” Sentenziò, gli abiti della ragazza erano moderni, quindi sicuramente si trovava nel mondo senza magia, solo che non sapeva in quale parte e dove fosse Emma.

“Cosa?” Domandò preoccupata, quello strano tizio non sembrava promettere nulla di buono. Stava quasi per investirlo e adesso voleva dei favori, sembrava un pazzo, ma non poteva fare altro che ascoltarlo. Del resto, stava andando veramente troppo veloce e se lui l’avesse detto alla polizia sarebbero stati guai e i suoi genitori l’avrebbero messa in punizione a vita probabilmente.

“Come faccio a trovare una persona se ho solo il suo nome?”

Che strana domanda, ma in che epoca viveva?! Come faceva a non sapere che bastava cercare su google per avere notizie e magari controllare negli uffici che registrano le residenze degli abitanti.

“Google.” Suggerì poi, ma l’uomo la guardò con aria interrogativa e così cominciò a spiegare, si avviò un attimo verso la macchina e tornò qualche secondo dopo con un oggetto che Killian non riuscì ad identificare.

“Okay, mi dica il nome e cerchiamo questa persona.”

“Emma Swan.”

“Ma non è un maniaco o chissà che, vero? Non sto aiutando uno stalker o un serial killer?” Chiese spaventata, arretrando di qualche passo.

“Dolcezza, non so cosa tu stia blaterando, ma ti assicuro che non hai di che preoccuparti.” La ragazza non era del tutto convinta, ma decise di aiutarlo, in fin dei conti non sembrava cattivo, solo un po’ strano.

Digitò velocemente qualcosa e poi gli porse lo strano oggetto, gli indicò con un dito una specie di mappa che l’uomo non capì, così la fissò nuovamente con aria interrogativa.

“Okay, guarda.. Ho cercato negli archivi di residenza e risulta che questa Emma è stata qui fino a qualche mese fa, mentre adesso si trova a New York.” Concluse, tracciando il percorso da Boston a New York, circa 340 Km.
“Coma faccio ad arrivarci? Potresti accompagnarmi?” Chiese gentilmente.

“Lei sta fuori, forse devo averla beccata davvero con l’auto e adesso ha una commozione, ma è davvero strano!”
Il capitano rise di cuore vedendo l’espressione scioccata dipinta sul volto di lei mentre sbraitava, poi pensò di avere qualcosa per convincerla. Allargò il mantello, da un taschino del panciotto estrasse un sacchettino nero e cominciò a scuoterlo.

“Forse questi ti convinceranno.” Concluse, alzando un sopracciglio. La ragazzo lo guardò di rimando ed afferrò il sacchetto, lo aprì ed il suo contenuto la lasciò stupita. Monete d’oro? Ma chi diavolo era quel tizio?

“Ne possiamo parlare”sussurrò poi, era pur sempre un adolescente con pochi soldi e tante idee su come spenderli.

“Giovani.” Bofonchiò Killian tra i denti.

Lei fece velocemente una telefonata ai suoi, informandoli che dormiva da un’ amica e si avviò verso l’auto.

“Andiamo, sono circa 3 ore e mezza di viaggio. Arriveremo verso notte, visto che sono..” Controllò velocemente l’orologio che aveva al polso, “le dieci e trenta.” Concluse.

Il viaggio fu lungo e silenzioso, la ragazza guidava continuando a scuotere la testa per una strana musica che usciva da una strana scatola. Che diavoleria è mai questa? Si chiese Hook, ma decise di non fare domande, voleva limitarsi ad arrivare, andare da Emma e tornare insieme a Storybrooke.

Nonostante la notte, Killian riuscì a notare diversi paesaggi, fino a quando il buio non venne sostituito dalle luci abbaglianti della metropoli.

“Questo è il suo indirizzo, ti consiglio di aspettare che sia mattina se non vuole spaventarla. Se sentirò il suo nome al telegiornale saprò di aver aiutato un assassino.” Sentenziò, poi ci pensò su qualche secondo, “un attimo, come ha detto che si chiama?” Chiese spaesata, non sapeva nemmeno il nome di quello sconosciuto ed aveva affrontato un viaggio in macchina con lui, se i suoi l’avessero scoperta, davvero sarebbe stata in punizione a vita.

“Non l’ho detto in realtà” ammise Killian, ridendo dello sguardo scandalizzando della ragazza.

“Killian Jones”disse poi, porgendole la mano sana, la ragazza l’afferrò e la strinse con convinzione. “E rilassati, ti ho detto che non ho intenzione di uccidere nessuno. E’ solo una vecchia amica che non vedo da anni e volevo farle una sorpresa.”

“Vestito così?” Domandò di rimando, squadrando il suo abbigliamento total black e piuttosto piratesco. Che stupida pensò ammonendosi mentalmente, piratesco?!

“Abbiamo gusti particolari.” Concluse velocemente, ammiccò con lo sguardo come a voler intendere qualcosa.

“Okay, okay..Non sono interessata a conoscerli, adesso vado a cercarmi un motel per la notte, grazie alle tue monete!”

Affermò sorridendo, invitandolo a scendere con un movimento della mano. Lui, del resto non aveva più nulla, quindi gli toccava aspettare in qualche panchina di quel parco che c’era vicino al palazzo.

“Sono Tiffany comunque, ed è stato un piacere fare affari con te, Killian.”

“Sta attenta.”

Chiuse lo sportello della macchina, che sfrecciò via velocemente. Si accomodò su una panchina, non era il massimo, ma aveva affrontato situazioni peggiori. Portò una mano al petto, sfiorando con le dita una strana boccetta che conteneva un liquido blu. “Domani ricorderai.” Mormorò, stringendosi nel suo cappotto prima di addormentarsi.

 
I raggi del sole lo svegliarono, la città era già animata. Persone che camminava velocemente da ogni parte, un bambino lo indicava con il dito, ma la madre era troppo impegnata a parlare con uno strano aggeggio per dargli ascolto, così lo trascinò per il cappottino e se lo portò dietro, nonostante le proteste di questo.
Era arrivato il momento di agire, aveva affrontato di tutto per arrivare lì e adesso doveva solo bussare ad una maledetta porta. Si mise in piedi, sgranchendosi un po’ le gambe che erano rimaste intorpidite dalla posizione che aveva mantenuto durante la notte.
Si avviò verso il palazzo, la porta fortunatamente era aperta così salì le scale e verificò in tutte le porte se vi fosse il cognome della sua Emma.
Giunto al quarto piano, si avvicinò e notò la scritta: Swan. Era incisa in dorato, sulla targhetta della porta. Sfiorò con le dita quelle incanalature, da quella porta si udiva una leggera musica ed anche un profumino piuttosto invitante. Prese un respiro profondo e suonò il campanello.
Ed eccola.
Dopo pochi secondi gli aveva aperto, i capelli biondi le ricadevano in morbidi boccoli un po’ scomposti sulle spalle, il pigiama a quadrettini rosa ed un’espressione indecifrabile sul volto.
“Swan” mormorò, sinceramente emozionato.
Era bellissima. E lui l’aveva ritrovata.

*******************************************
 
“Volevo ringraziarti, Killian” sussurrò guardandolo attentamente negli occhi. “Prima di tutto per essere tornato da me a New York, se tu non l’avessi fatto..”
“Era la cosa giusta da fare” disse, interrompendola e continuando a guardarla dolcemente. Occhi negli occhi. L’azzurro nel verde.
“Come hai fatto? Come hai fatto a raggiungermi?” Chiese Emma, sinceramente interessata.
“Beh..La maledizione era in arrivo, ho mollato l’equipaggio, preso la Jolly Roger e sono scappato il più velocemente possibile per sfuggirle.”
“Sei sfuggito ad una maledizione?”
“Sono un grande capitano!” Affermò ridendo e facendola ridere a sua volta. “Ed una volta fuori dalla portata della maledizione, ho saputo che i muri erano caduti. Che i due mondi erano di nuovo collegati. Mi serviva solo un fagiolo magico.” Concluse, pensando di aver messo fine al racconto.
“Non sono facili da trovare.” Sottolineò la bionda, come se continuasse ad aspettare un ulteriore spiegazione.
“Lo sono se hai qualcosa di valore da scambiare.”
“E cos’era?” Domandò incuriosita.
“Beh, la Jolly Roger, ovviamente.” Ammise guardandola.
“Hai scambiato la tua nave per me?” Era quasi commossa, sapeva quanto quella nave contasse per lui. La considerava la sua casa e l’aveva data via per lei.
“Si.” Confermò Killian, con un lieve cenno del capo. “Io darei tutto per te.” Pensò, ma non lo disse ad alta voce, era troppo presto e lei non era ancora pronta a sentirlo.
Emma si avvicinò lentamente e gli sfiorò delicatamente le labbra con le sue, poi il bacio divenne più coinvolgente e passionale, lui la strinse e lei mise le mani sui suoi capelli neri accarezzandoli.
Aveva fatto di tutto per trovarla.
La storia che le aveva raccontato, sebbene corrispondesse alla realtà, era priva di tutti quei particolari e pericoli che lui aveva affrontato per lei. Ed era giusto così. Mentre finalmente poteva baciarla, pensò che anche un suo semplice sorriso l’avrebbe sempre ricambiato di tutto e che quello che stava vivendo era molto più di ciò che si aspettasse.
Era stata una delle cose più difficili che avesse fatto, ma andava bene. Per lei avrebbe fatto di tutto. Sempre.  

 
  
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