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Autore: ILoveItBaby    16/08/2014    10 recensioni
[NUOVO RIENTRO]
18 Vite.
18 Possibilità. 18 Morti. 18 volte nasco, cresco e muoio.
Ogni vita devo ricominciare da capo. Ogni volta mi spengo. E subito dopo rinasco, fino a che non mi rimarrà solo una vita.
Ogni volta lui mi trova e mi uccide. Fino a quando non potrò più tornare.
Ogni volta la sua mano trema sempre di più.
***************
The Soul... (dal primo capitolo):
"Persone si fermarono e accorsero, in una folla agitata. Un lampo viola passò davanti ai miei occhi appannati e vedendo il mio sangue una luce illuminò quegli occhi ametista di desiderio irrefrenabile... sicuramente frutto della mia immaginazione.
Prima di svenire, per non riaprire più gli occhi, guardai il mio braccio.
Apparve un bel 18, rosso fuoco, come un tatuaggio, che si trasformò lentamente in un 17.
Oh, meraviglioso, avevo appena iniziato e già una vita era andata. Davvero, davvero stupendo. E spirai."
***************
... And the Hunter (dal capitolo 2):
"Sorrise dal suo angolino buio, e il terrore mi invase. Aveva un'aria molto, molto, mooolto da cattivo ragazzo.
Si tolse il passamontagna.
Ora sì, che ero spacciata. Ormai l'avevo visto in faccia."
***************
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2



-Incidente o...?
-

Berlino, Germania
3 Settembre 1960, ore 11.33

Ancora ventisette minuti e sarei stata libera, finalmente sarebbe arrivata la pausa pranzo.
Contavo i minuti, i secondi, seduta su quella stupida e scomoda sedia, di quella stupida banca tedesca dietro ad uno stupido sportello in plexiglas con sopra uno stupidissimo cartello che diceva (tradotto): «Ritiri e Versamenti Internazionali». Avevano aggiunto l'ultima parola recentemente, come si vedeva dalla differenza di colori, perché erano convinti che quello stupidissimo vocabolo li rendesse più... come dire... multitasking.
Stavo lì, con il gomito sinistro appoggiato al legno e con la mano a sostegno del mio bel -secondo gli altri- visino tremendamente annoiato.
Diedi uno sguardo alla mia bella gonna a pois bianchi sul fondo blu mare. Me l'ero comprata di nuovo, sì. Mi piaceva troppo, nonostante non avrebbe dovuto essere portatrice di buoni ricordi secondo una logica normale poiché l'ultima volta che ne avevo avuta una simile, nella vita precedente, ci ero morta dentro.
Sorrisi inconsapevolmente.
Tornai a compilare i fogli sulla mia scrivania.
Successe tutto in un attimo: le luci si spensero, due botti invisibili abbatterono le nostre guardie (Ralph e Yuri, ragazzi simpatici), e quattro individui in nero irruppero sparando e urlando.
Non sentii nemmeno cosa dissero, venni immediatamente strattonata da uno di loro (una donna forse) che mi disse ben poco gentilmente di stendermi a terra, sul duro marmo dell'ampio spazio davanti a tutti gli sportelli.
Venni sbattuta sul pavimento, poi un uomo, il capo probabilmente, urlò, in un tedesco non esattamente da madre lingua: «FATE SCHERZI E VI FACCIO ESPLODERE LA TESTA COME ALLE VOSTRE GUARDIE!»
Accanto a me un'altra commessa cominciò a tremare... Mary, si chiamava Margareth, ma tutti la chiamavano Mary, ora ricordavo. Non avevo nemmeno perso realmente tempo a conoscere i miei colleghi.
Avevo una pessima, pessima sensazione.
In pochi minuti la cassaforte era stata aperta e svuotata. Erano davvero organizzati bene. Per un attimo li ammirai.
La ragazza accanto a me tremava ancora di più. Mi voltai di qualche grado verso di lei e ciò che vidi mi fece agghiacciare il sangue nelle vene: stava chiamando un numero, probabilmente la polizia.
Mi rivoltai. Non dovevo farla scoprire.
Sentii dei passi avvicinarsi. Si fermarono davanti a me e mi ritrovai a fissare due stivali militari neri.
L'uomo (o tale ipotizzai fosse) si chinò e nella mia visuale apparve anche un bel corpo coronato da... un passamontagna nero. Che originalità, pensai acida.
I due occhi mi fissarono e sorrisero malevoli e poi, lentamente, si voltò verso Mary.
«ADAM!» chiamò divertito il compagno «QUA C'È QUALCUNO CHE STA PROVANDO A FREGARCI!» sembrava che la sua ilarità aumentasse a quelle parole, come se fosse ridicolo che qualcuno riuscisse a fregarli.
Bastardi.
L'altro rise spanciandosi. La donna si avvicinò e disse qualcosa stizzita, congelandolo sul posto.
«FA QUELLO CHE DEVI E CHE SERVA DI MONITO AGLI ALTRI!»
Ora Mary era terrorizzati e implorava con gli occhi.
L'uomo si alzò agilmente e sorrise prima di premere il grilletto.
Chiusi gli occhi e non li riaprii per altri due minuti dopo aver sentito quell'orribile botto e i gemiti sommessi. Ero terrorizzata e mi sentivo i vestiti zuppi di non-volevo-immaginarmi-cosa.
Purtroppo per i rapinatori la giovane era riuscita a chiamare i poliziotti in tempo e questi si erano posizionati davanti all'entrata a sirene spiegate.
«Eriam» disse più piano quello che doveva essere Adam, «Prendi un ostaggio... a tua scelta.» e fece un sorriso pieno di sottintesi.
«Prendiamo quella,» e mi indicò. Quel dito sembrava essere la cosa più terribile del mondo.
«La nostra piccola cospiratrice che pensava non ci saremmo accorti della sua amichetta!»
Mi sentii alzare dalle braccia e d'istinto aprii gli occhi: venni colpita dal rosso intriso nei vestiti, e per un attimo trattenni il respiro. Avevo qualcosa che apparteneva a Mary addosso a me, il suo sangue, a me estraneo, contro la pelle.
Non mi voltai a vedere la mia collega, sapevo che era morta.
Solo dopo presi coscienza di essere stata posta davanti all'ampia vetrata, con la meravigliosa vista di una decina di volanti della polizia e un bel po' di poliziotti con le armi puntate tutte... su di me?!
No, sugli uomini dietro di me che mi avevano immobilizzata.
Sentii il freddo metallo di una pistola contro la tempia. Socchiusi nuovamente gli occhi.
Non volevo vedere il mio cervello fuori dal mio corpo.
«NON FATE SCHERZI O LA MIA DOLCEZZA, QUI,» sogghignò, col fiato dietro al mio orecchio destro «DIVENTA UNO SCHIZZO SUL VETRO!».
Era l'uomo che aveva ucciso Mary, quello che mi aveva guardata ridendo.
La massa di poliziotti si smosse, si allargò, si ricompattò e si rimise nella formazione iniziale di attacco dopo svariati minuti.
«Sai questa tua gonnellina mi piace davvero.» mi sussurrò nell'orecchio e poi con la mano libera mi accarezzò il fianco della coscia risalendo ed infilandosi sotto il tessuto.
Freddi brividi, tra piacere e terrore, mi percorsero, facendomi trattenere il fiato.
«Ce l'avevi anche l'altra volta...» soffiò ancora.
A quel punto spalancai gli occhi per la sorpresa. Sapeva? Sapeva che ero già “morta” una volta e con una gonna identica a quella? Sapeva che ero una cosiddetta “Anima”?
Facevo parte di quella manciata di persone che, ogni volta che moriva e subito dopo rinasceva, manteneva i propri ricordi precedenti alla nascita. Siamo esattamente come gli altri esseri umani, le uniche due differenze sono che noi ci ricordavamo le vite passate, mentre gli umani no, nonostante anche loro rinascano per un numero definito di volte. La seconda è che noi abbiamo in ogni esistenza le stesse caratteristiche fisiche, mentre gli umani ogni volta hanno un corpo con differenti lineamenti.
E potremmo vivere assolutamente senza problemi tra gli umani, se non fosse che, secoli, millenni or sono, un folle pensò che fossimo demoni, abomini di Dio, che osavano sfidarlo arrogandosi il diritto di rinascere -lui essendo Cristiano non credeva nella “rinascita”- e decise che doveva combatterci, così fondò un'associazione segreta, detta col tempo la Setta dei Cacciatori. Così ci sterminarono.
Dato che abbiamo sempre lo stesso aspetto, in tutte le vita, una volta che ci individuano, ci cacciano per sempre fino a consumare ogni singola nostra vita. Ed è lì che sopraggiunge la vera e definitiva morte dell'anima. Cosa ci sia dopo, beh, nessuno lo sa.
Spesso la nascita di nuove Anime, nemmeno compensava la quantità di Anime perse. Ci stavamo così estinguendo.
O forse si riferiva ad altro? No, no, sicuramente si stava riferendo ad altro, cercai di convincermi io.
All'improvviso dei passi, leggermente più delicati degli altri, si avvicinarono a noi e sentii Eriam -si chiamava così, giusto?- irrigidirsi e togliere le mani dalle mie cosce, con mio grande dispiacere sollievo.
Quella che doveva essere la donna del gruppo parlò con Eriam.
«Ci hanno chiamato: abbiamo minacciato di far fuori un ostaggio ogni quarto d'ora. Hanno ceduto.» disse trattenendo una risata. Evidentemente li riteneva dei cretini.
«Ci muoviamo?»
«Sì»
La donna se ne andò ed Eriam tornò a rivolgersi a me. «Adesso tesoro ce ne andiamo e tu vieni con me. Non fare scherzi» sorrise tra i miei capelli e ne aspirò l'odore.
Sarebbe anche stata una scena romantica se non avessi avuto puntata alla tempia una pistola e se non mi avesse legato i polsi dietro la schiena con una fascetta da elettricista.
E non perse l'occasione per passare la mano sotto la sottile camicia, percorrendo la mia spina dorsale.
Ancora una volta i brividi di terrore mi attraversarono, al solo pensiero di cosa avrebbe potuto farmi quel rapinatore pazzo. Altre scosse in tutto il corpo.
Vennero interpretate da Eriam dal rapinatore pazzo come tremiti di piacere trattenuti.
Poi la mano si ritirò e arrivarono gli altri della banda.
«Andiamo» disse Adam, il capo.
E venni strattonata indietro.
Intanto dalla mia grossa finestra sul mondo libero avevo visto la polizia tedesca muoversi e, una dopo l'altra, le volanti erano sparite. Non dubitavo che comunque la polizia non se ne fosse andata realmente, ma avesse attuato una delle diverse tattiche nei loro bei manuali, ma non avevano idea di come ci si sentisse ad avere una bella pistolona di freddo metallo puntata alla testa.
Loro seguivano quelle stupide regole, credendo che bastassero per uscire da ogni situazione.
All'improvviso mi ritrovai incazzata nera con loro. Non erano serviti a nulla, non erano riusciti ad aiutarmi.
Ma poi la mia ragione mi rimproverò. Avevano fatto tutto il possibile, purtroppo in quelle situazioni era davvero difficile.
Quando il campo fu sgombro il gruppo uscii, compatto, con le armi sguainate, e fui stretta ancora di più nella morsa che erano le braccia del rapinatore pazzo, mentre venivo costretta a camminare.
«Non fare scherzi» ribadì ancora.
Non ci pensavo nemmeno. Ci tenevo che il mio cervello stesse nella mia scatolina cranica.
Annuii, tanto per far capire che avevo afferrato il concetto.
Mi spinsero in avanti e salimmo su un furgoncino dall'altra parte della strada.
Appena fummo dentro venni sbalzata indietro dall'accelerazione improvvisa. Mi avevano messo sul retro con i finestrini oscurati. Non potevo nemmeno vedere i tre che si erano seduti davanti (Adam, la donna di ghiaccio e l'uomo-senza-nome-e-senza-voce), perché c'era una lastra di metallo che separava i due scomparti, con, come unico modo di comunicazione, una fessura chiusa da una lastrina scorrevole. Era un furgone blindato?!
Io e quel pazzo eravamo dietro...insieme...da soli. Ed ebbi paura. Già quando eravamo in mezzo alla bolgia in piena rapina aveva trovato il tempo per mettermi le mani addosso, figurarsi in quel momento.
Mi voltai per la prima volta.
Era seduto, stravaccato su uno dei lunghi sedili di acciaio sui lati lunghi del furgone blindato, e mi guardava, pistola tenuta mollemente in una mano.
Sorrise dal suo angolino buio, e il terrore mi invase. Aveva un'aria molto, molto, molto da cattivo ragazzo.
Si tolse il passamontagna.
Ora sì, che ero spacciata.
Ormai l'avevo visto in faccia.
Aveva un viso bellissimo, perfetto in ogni suo tratto, naso dritto, bocca carnosa e piegata in una smorfia di scherno che molte ragazze avrebbero trovato... beh, sexy.
Si passò una mano nei capelli, che avrebbero avuto bisogno di una spuntatina, neri come il petrolio lisci. Immaginai anche che fossero morbidi come la seta.
Scossi la testa per far sparire il pensiero davvero fuori luogo.
Si alzò e venne verso di me.
La guida si era stabilizzata e non vi erano più scossoni.
Mi spinsi di più nell'angolo, ma dubitavo fortemente che sarei potuta andare più a fondo, oltre il metallo.
Desideravo sparire, desideravo non essere andata a lavoro quel giorno, desideravo non aver notato Mary che chiamava la polizia. Me nessuno di quei desideri si realizzò, nonostante ci sperassi davvero.
Si chinò su di me e notai che aveva gli occhi, contornati da lunghe e sensuali ciglia, di un color ametista... occhi viola?! Ma non esistevano.
«Ti assicuro che sono i miei.» mi disse, quasi leggendomi nella mente. O lo aveva fatto?
Si avvicinò con tutto il corpo, lo fece aderire al mio e mi spinse a terra, contro il freddo pavimento.
Tremavo.
Prese ad accarezzarmi una guancia, quasi volesse consolarmi. Sorrise malevolo nuovamente, mentre mi sfiorava una coscia, infilandosi ancora sotto la stoffa.
Mi irrigidii. Eh no, non glielo avrei fatto fare, non sarei stata lì zitta.
Lui lo notò e mi fissò, con sguardo indecifrabile.
E poi si tuffò nel mio collo, prese a baciarlo, ad assaporarlo con la lingua, come fossi di cioccolato, mi annusò, inspirando forte sui miei capelli lunghi, tutti sciolti a terra.
Odiavo avere i capelli non legati, ma a quanto pareva nella fuga aveva perso l'elastico.
Oh, se solo avessi avuto le mani libere! Purtroppo avevo anche le gambe bloccate dalla grossa e palestrata massa del rapinatore.
Ero rigida come una scopa.
«Dovresti rilassarti un po' dolcezza.» mi disse con una tranquillità disarmante.
Mi accorsi di non aver ancora parlato da quando ero alla banca.
«Certo, scusa, ma sai, essere rapita mi mette un po' di ansia!» dissi e trovai nella mia voce rancore e paura. Oddio, cosa avevo fatto, ero impazzita?!
Rise. Stava ridendo?! 'Sto stronzo stava ridendo davanti alla mia faccia!
E allora gli tirai una testata e lo mandai a farsi fottere.
Questo si tirò un po' indietro e si prese il naso tra le mani. Passò quasi un minuto e mi preoccupai.
Se gli avevo fatto male probabilmente si sarebbe incazzato e sarebbe andata molto peggio.
Cosa dicevano i manuali della polizia? “Instaurare un rapporto con i rapitori”.
Sospirai e gli chiesi «Tutto bene?» con un filo di voce, fingendo preoccupazione. Ero ridicola, ma speravo ugualmente funzionasse.
Non rispose, doveva essere proprio incazzato. Deglutii.
Mi sfilai da sotto il suo corpo e mi rintanai nuovamente nel mio angolino aspettandomi il peggio.
Dopo un tempo che mi sembrò un'eternità alzò di nuovo lo sguardo su di me.
Stava sorridendo?! Ma cosa...
E poi mi si avvicinò di nuovo, così veloce che a malapena lo vidi.
«Mi piacciono le ragazze come te» rise «Mi eccitano» e mi ficcò la lingua in bocca.
Avrei voluto mordergliela, quella linguaccia...anche se... forse... mi piaceva quasi.
Cosa diavolo mi stava capitando?! Che pensieri deviati facevo?!
Ricambiai il bacio passionale, trattenendomi dallo sputargli in faccia. “Instaurare un rapporto”, mi ripetei come un mantra, un qualsiasi rapporto a patto che mi salvi la vita. E quando un uomo (in questo caso) non pensava più con la testa ma con ben altro organo, che questo fosse attratto da me era la miglior cosa, perché avevo la vita assicurata per un po' di tempo, abbastanza da avere qualche chance di fuggire, anche perché, si sa, più passa il tempo meno le persone sono attente. Ed era un'ottima cosa.
Ma non avevo calcolato un altro fattore, uno molto pericoloso: la ragazza nel gruppo che sembrava gelosa di Eriam.
Così, quando ci fermammo (avevo ancora in bocca quella sua linguaccia) e il portellone venne aperto, sentii un sospiro rabbioso.
«Ti sei tolto il passamontagna!» disse, trattenendo ben altra ira.
Eriam si staccò da me e io mi voltai.
E questa stronza mi sparò al cuore. Aveva pure una buona mira.
Mi sentii soffocare e cominciai a sputare sangue.
In quell'attimo vidi il solito numero rosso apparire sul mio braccio.
Anche Eriam lo vide...e non si spaventò. Aspetta... lui non poteva vederlo, nessun umano poteva...
Lui sapeva.
Ma non poteva essere come me, noi non facciamo rapine, non uccidiamo persone.
Spalancai gli occhi. Se non era come me, un'anima, allora era... un Cacciatore.
Anche l'altra volta lui c'era, mi ricordavo quegli occhi che non mi sembravano reali. Era stato lui?
Mi guardò e sorrise malevolo. Sapeva che io avevo capito.
Allora lui era... un Cacciatore di povere Anime come me, costrette a nascondersi da loro, mostri.
Erano esseri deviati, che ci reputavano mangiatori di anime umane, affermavano che noi le mangiassimo e ci impossessassimo dei loro corpi. Ma erano solo degli invasati!
Il 17 divenne 16 e l'ultima cosa che vidi furono i suoi occhi viola che mi fissavano con un'implicita minaccia: ti ritroverò e ti ucciderò tutte le volte che sarà necessario fino a quando non morirai davvero, definitivamente.
Quegli occhi!
E tutto divenne nero. Di nuovo.


***
Il suo sangue lo attrasse, con la sua musica fragrante che gli fece vibrare ogni terminazione nervosa.
Avrebbe dovuto esserne disgustato, disgustato da quella scena, da quel cadavere, ma, come la prima volta che l'aveva incontrata e quando era morta, non poteva fare a meno di rimanere lì, fermo a fissarla.
Aspirò il profumo del sangue rappreso, che subito divenne però alla sua percezione orripilante, contaminato dal flusso della morte. Ne sentiva il bisogno, ma aveva bisogno che fosse vivo, ancora in lei.
Lo voleva, lo desiderava, come la prima volta che l'aveva vista.
***









Angolino Autrice:
Ho poco da dire se non che, chi ancora non avesse capito che ha uno sfondo romantico particolare... scappi ora! XD
Tu, salvati finché sei in tempo! *^*

Okay, si entra nel vivo della storia e beh... si muore XD di nuovo.
Ci sono dettagli in più, sul motivo delle vite e altri dettagli. Sia chiaro comunque che non voglio asolutamente fare una critica religiosa con questa storia o con il passato delle Anime! Non sia mai!
Detto questo, volevo solo dire che, finalmente sono riuscira a pubblicare un'altra storia che mi sta sul cuore:

Rating rosso - Noir (con sfondi romantici) -The Circus Comes To Town

Detto questo vi saluto! Come al solito vi dico che non so quanto ci metterò per il prossimo capitolo. Tempo al tempo!
Saluti a tutti i mie adorai lettori! *_____*

Julie


Per contattarmi, tutti i miei contatti sono sulla pagina autrice.

   
 
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