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Autore: Mary P_Stark    18/08/2014    2 recensioni
Cecily Fairchild è l'insegnante di Inglese nel piccolo paesino costiero di Falmouth, Cornovaglia. Sbrigativa, spigliata, sincera e per nulla vanitosa, è amata dai suoi studenti e apprezzata dai suoi colleghi. Ma, cosa più importante, è Fenrir del Clan di Cornovaglia, la licantropa più forte dell'intero branco. Licantropa che, però, si ritroverà ad affrontare qualcosa per lei del tutto nuovo e inaspettato, e un uomo che la lascerà senza parole per la prima volta in vita sua. Un uomo che, tra l'altro, sembra nascondere una marea di segreti, sotto la sua eleganza e le sue buone maniere. Amore e mistero li accompagneranno verso un'avventura ai limiti del mondo... e forse anche oltre. SPIN-OFF "TRILOGIA DELLA LUNA" - 4° RACCONTO (riferimenti alla storia presenti nei 3 racconti precedenti)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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Un venticello frizzante spazzolava la costa, portando nell'entroterra odore di salsedine, di mare e di tempesta.

Nubi temporalesche si alternavano a sprazzi di sereno, in quella apparentemente tranquilla mattinata di fine inverno.

Nulla sembrava presagire guai, eppure Cecily non era tranquilla.

Forse, dipendeva dall'avvicinarsi dell'Equinozio di Primavera, in cui solitamente la luna giocava alle lupe dei brutti scherzi, o forse era semplicemente nervosa di suo.

Fatto stava che, nell'uscire di casa, afferrò salda il braccio di Darcy e insieme a lui si avviò verso la scuola con passo spedito.

Tre mesi.

Erano ormai tre mesi che si frequentavano e Darcy, da vero gentiluomo quale era, andava e veniva senza imporre la sua presenza negli spazi privati di Cecily.

Si fermava spesso la notte, e quelli erano sovente incontri appassionati e sfrenati, che lasciavano entrambi stremati sul letto.

Ma lui non aveva minimamente parlato di voler cambiare le cose, o di pretendere un trattamento diverso da quello riservatogli in quel momento.

Troppo presto, per entrambi loro.

A Cecily piaceva avere un uomo per casa, apprezzava non poco fare l'amore con lui, e passare ore e ore a parlare dinanzi al fuoco, non le era mai sembrata attività più gradita come in quel periodo.

Ma sapeva bene che, finché non si fosse sentita abbastanza al sicuro da poter dire tutto all'uomo che, pian piano, si stava facendo sempre più importante nella sua vita, non avrebbe potuto andare oltre, con la relazione.

C'erano ancora troppe cose che lui non sapeva sulla sua doppia vita, e voleva essere certa al cento percento che lui fosse pronto – e soprattutto, la persona giusta – per potergli dire tutta la verità.

Perché non avrebbe accettato di essere tradita da lui, poiché questo avrebbe voluto dire chiedere a Brianna di cancellare ogni cosa nella sua memoria.

Cosa che, però, non avrebbe potuto fare con lei, a meno di non danneggiare gravemente il suo cervello.

E lei avrebbe ricordato la sconfitta, il sapore amaro del rifiuto e questo, pian piano, l'avrebbe annientata, allontanandola da quell'uomo speciale e perfetto per lei.

No, non era ancora il momento.

Poteva godersi quella storia con leggerezza ancora per un po'.

“Cos'è che ti rode tanto, stamattina?” le domandò William, sorridendole.

Lei si accigliò. Stava diventando trasparente? Lei?

“Sento la primavera. Lo sai che le donne sono lunatiche, e sentono tutti i cambi di stagione.”

Specialmente le lupe.

Darcy lanciò un'occhiata alle nubi veloci che correvano nel cielo, ai cumuli gonfi e scuri che preannunciavano pioggia.

“In effetti, oggi potrebbe piovere. E sei così nervosa per un po' di pioggia? Prometto di riaccompagnarti a casa sana e asciutta, se proprio la cosa ti turba tanto.”

Non ce la fece proprio.

Rise sommessamente e si strinse al suo braccio, mormorando: “Non riesco a tenere il broncio, quando sono con te.”

“Lo spero davvero.”

Lui sorrise soddisfatto, le diede un bacio sul capo – la sua notevole altezza glielo permetteva con facilità – e, senza più dire nulla, oltrepassarono la strada per entrare nel cortile della scuola.

Lì, si separarono solo per esigenze di buon costume e, dopo aver oltrepassato i battenti in quercia, si avviarono a passo spedito al piano superiore, per raggiungere la sala insegnanti.

All'interno, trovarono già alcuni loro colleghi, che li salutarono con allegria e, nel recuperare tutto il necessario per le seguenti lezioni dai rispettivi stipetti, si divisero per raggiungere le loro aule.

Ai più, quel genere di lavoro sarebbe apparso monotono – ogni giorno lo stesso tragitto, le stesse cose da insegnare, o fare – ma a Cecily piaceva stare con i ragazzi.

La gratificava insegnare loro ciò che sapeva, vedere i loro sguardi puntati su di sé, attenti i più e divertiti i restanti.

Non era facile, con alcuni, ma la soddisfazione di portarli a fine anno, con dei risultati accettabili, non aveva prezzo.

In un certo qual modo, anche loro erano il suo branco.

La campanella suonò proprio mentre il primo tuono lacerava l'aria tutt'attorno.

Alcuni ragazzi risero, pensando a quanto sarebbe stato divertente far cadere in mezzo a una pozzanghera una persona, piuttosto che l'altra.

Cecily ascoltò distrattamente il loro chiacchiericcio, mentre si preparava per la lezione, attenta soltanto a che nessuno si lanciasse in idee troppo pericolose.

Nel qual caso, sarebbe intervenuta per tempo.

Quando però si ritrovò a percepire l'aroma inconfondibile di Tyler – in quel momento ancora fuori dall'aula – la sua attenzione aumentò.

Era il suo pupillo, ormai, all'interno del branco, e in molti lo sapevano.

Era giunta anche a conoscenza del fatto che diverse lupe, dopo questo cambio di status,  per così dire, si erano interessate a lui in molti modi.

Alcune si erano prese l'impegno di proteggerlo, più di quanto non si facesse solitamente con un normale, altre avevano iniziato a invitarlo fuori per tutt'altro motivo.

E pareva che a Tyler, tutte quelle attenzioni femminili, piacessero un sacco.

Forse aveva fatto un guaio, interessandosi così di lui, ma quel ragazzo le piaceva e, se era coccolato un po' più degli altri, male non avrebbe fatto.

Anche a una Fenrir era concesso di avere i suoi preferiti.

Sorrise appena, quando lo vide comparire in classe assieme a un paio di compagni e lui, aprendosi in uno più ampio e malizioso, lasciò con un cenno gli amici e si avvicinò alla cattedra.

Appoggiato un fianco al bordo in legno, intrecciò le braccia e disse: “Buongiorno, professoressa. Come mai è più radiosa del solito, stamattina? Bel week-end?”

Anche i ragazzi si erano resi conto del loro strano cameratismo e, quando Tyler ci faceva dentro a quel modo, scoppiavano irrimediabilmente delle risate collettive quanto divertite.

A Cecily stava bene.

Finché nessuno si sentiva messo al secondo posto, e soprattutto finché nessuno vi vedeva del torbido, quella farsa poteva anche continuare.

Intrecciate le dita per poggiarvi il mento, la donna socchiuse gli occhi di un blu gelido e lo fissò attenta.

“Sono lieto che tu mi trovi radiosa, Tyler, ma resta in quella posizione ancora per un minuto, e giuro che ti spedisco al banco a suon di spintoni.”

La sua risposta diede il via a un coro di incitamento nei suoi confronti, con dei “gliele suoni, prof!”, oppure altri “ben detto, professoressa!” a farla da padroni.

Lei li azzittì con un gesto della mano e Tyler, nel farle l'occhiolino, estrasse dalla tasca della camicia un piccolo foglio di carta, che mise sulla scrivania.

Con una risata, poi, andò al suo posto a passo lesto e di gran carriera.

Curiosa – nell'involto cartaceo, c'era qualcosa di profumato – lo aprì per scoprirne il contenuto e, sorpresa e commossa, vi trovò una margherita pressata in un foglio sottilissimo di vetro.

Il primo fiorellino della stagione, che lui aveva raccolto e rinchiuso in quella sottile teca perché perdurasse nel tempo.

Sorridendo nell'infilarlo nel suo registro, incrociò poi lo sguardo di Tyler, che stava ancora ghignando e, con voce chiara e limpida, esclamò: “Molto bene, ragazzi. Vi do trenta secondi per azzittirvi, poi partono le punizioni!”

I ragazzi e le ragazze risero in coro, prima di mettersi silenziosi e composti ai loro posti; ormai avevano imparato quando scherzare con la professoressa, e quando non farlo.

Cecily, soddisfatta, continuò a osservare Tyler e, con un gesto in apparenza casuale, si sfiorò dietro l'orecchio destro con un dito, come se volesse sistemare una ciocca di capelli.

Il ragazzo, però, comprese immediatamente e, con un cenno del capo, la ringraziò per il complimento.

Il punto in cui la donna si era sfiorata, era quello dedicato ai saluti tra lupi, ma mai tale saluto veniva scambiato con un neutro, o un normale.

Quel semplice gesto lo onorava, e questo Tyler lo sapeva benissimo.

Forse fu anche per questo che, durante l'ora di letteratura, non aprì più bocca, se non per rispondere alle sue domande.

La professoressa – e sua Fenrir – meritava una lezione tranquilla e pacifica, e lui si sarebbe impegnato in tal senso.

 
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“Non so davvero come fai a tenerli tutti quanti a bacchetta e, al tempo stesso, a essere così apprezzata dai tuoi allievi” dichiarò Stephenie con aria sconsolata, caffè alla mano e occhi che lasciavano intendere quanto fosse invidiosa.

Cecily non vi fece caso e, nel sorseggiare il suo tè, replicò candida: “Basta leggere i patti all'inizio, e rispettarli ogni volta. Non ci sono formule segrete o intrugli da strega, dietro. Guarda Brolin, per esempio. Buono come il pane, ma inflessibile.”

“Dovrò venire a lezione da voi” sospirò la donna, scuotendo il capo.

“E io dovrò comprarmi degli occhiali nuovi. Chi è quel tipo in cortile? Non lo vedo molto bene.”

I professori in blocco, Cecily compresa, si spostarono verso la finestra dove si trovava Miranda che, appiccicata al vetro con aria davvero contrariata, borbottava sulla sua mancanza di decimi di vista.

Tra sé, Cecily aggiunse la sua totale mancanza di rispetto della privacy.

Facendosi largo per osservare – essere basse era una scomodità, quando tutti facevano capannello – la licantropa sbottò immediatamente quando vide Darcy in cortile... assieme a Finn.

“Ma che diavolo...?”

Aveva reputato la sua mancanza in Sala Insegnanti come un semplice ritardo, invece era fuori con un licantropo che, anche nella migliore delle ipotesi, avrebbe voluto farlo a fette.

Di certo, non la migliore delle situazioni.

“Merda, merda, merda...” borbottò lei, scostandosi per uscire in tutta fretta dall'aula.

“Ehi, Cecily! E' un altro spasimante?” la presero in giro le colleghe, con una punta di acidità nella voce.

Lei si bloccò sulla porta, guardò il gruppo compatto formato dai suoi colleghi di lavoro e, sbottando, dichiarò: “Evidentemente piaccio, che volete che vi dica.”

Ciò detto, sgattaiolò fuori con un diavolo per capello, e la sua lupa a strepitare dentro il suo corpo di donna, ben decisa a uscire per divorare Finn un pezzo alla volta.

Non aveva detto chiaramente di stare alla larga da Darcy?!

E dov'erano le sentinelle che avrebbero dovuto tenere a bada Finn!? Perché Sabine non l'aveva chiamata per dirle del pericolo? Cosa diavolo doveva fare, per farsi capire?!

“Mi sentiranno, questo è sicuro...” brontolò tra sé, macinando metri su metri come se stesse andando a fuoco la scuola.

Tyler la intravide scendere le scale ma, prima ancora di uscirsene con una battuta, scorse il suo sguardo smeraldino e si preoccupò.

Non era normale che comparissero i suoi occhi di lupa. Doveva essere successo qualcosa di grave.

Infilantosi lungo le scale per seguirla, il giovane si chiese fuggevolmente cosa avesse messo le ali ai piedi della sua Fenrir.

Quando, però, scorse Finn nel cortile della scuola, e in compagnia del professor Darcy, capì al volo.

E tremò come una foglia.

Quelli sì che erano guai seri.

Pur essendo un normale, sapeva delle restrizioni che Cecily aveva imposto attorno al professor Darcy, e quel che stava facendo Finn era l'equivalente di un suicidio.

Sarebbe già stata una fortuna se non fosse comparso Baltazar dal nulla.

O la lupa che era Cecily, pronta a divorarlo in un sol boccone.

Il solo pensiero fece tremare Tyler da capo a piedi.

In apparenza, i due uomini stavano parlando con tranquillità, la distanza tra loro poteva essere considerata più che sicura, ma Cecily non si fidò per nulla.

A un licantropo, poco importavano simili quisquilie.

Sarebbe bastato un decimo di secondo per prendere di sorpresa Darcy, e fargli del male.

A passo di carica, perciò, si diresse verso di loro e, se Finn si irrigidì immediatamente nel vederla, Darcy si limitò a volgersi a mezzo per placcarla.

Bloccandola con il semplice movimento di un braccio, le sorrise divertito ed esalò: “Ehi, tempesta! Calma! Che succede?”

Trattenendosi a stento dallo sfuggire alla stretta leggera di William, Cecily fissò aspra Finn – che stava rigido come un palo a fissarla terrorizzato – e sibilò: “Qualcuno ha fatto il passo più lungo della gamba.”

“Cecily, ti prego, io...” tentennò Finn, levando subito le mani in segno di resa incondizionata.

La donna mostrò i denti, che solo a fatica non si trasformarono in zanne, e ringhiò: “Ti avevo detto di non dargli fastidio!”

“E infatti non mi stava dando fastidio, Ceel” precisò William, intervenendo in quello scontro aperto con un tono gentile, ma fermo.

Rafforzando la sua stretta sulle spalle della donna, Darcy aggiunse: “Voleva solo parlare amichevolmente con me, tutto qui. Inoltre, penso di potermela cavare anche da solo, non credi?”

“Sì, ma...” tentennò Cecily, non sapendo come districarsi da quell'impiccio.

A conti fatti, sapeva benissimo che Darcy non avrebbe avuto alcuna possibilità di salvezza, se Finn avesse messo in campo le sue capacità di lupo.

Dal punto di vista umano, però, lei non poteva ergersi a sua difesa, perché William avrebbe potuto sentirsi sminuito nel suo ruolo di uomo e maschio dominante.

Non sapendo neppure in minima parte quanto stava rischiando.

Rabbonendosi almeno in apparenza, Cecily mormorò: “Mi sono agitata, vedendovi dalla finestra, scusa.”

Accennando un sorrisino divertito, lui replicò: “E' in qualche modo interessante, sapere che mi difenderesti a spada tratta, ma so cavarmela, tranquilla. Inoltre, Finn mi è parsa una persona estremamente equilibrata.”

“Non lo metto in dubbio, ma...”

Fu Finn a parlare, a quel punto.

“Cecily mi aveva pregato di non ficcare il naso tra voi due, e invece io l'ho fatto. Per questo, è furiosa con me.”

Sospirò, e aggiunse: “Volevo solo essere certo che andasse bene per te.”

Cecily a quel punto si prese del tempo per osservare meglio il viso del suo lupo, che appariva tutto tranne che adirato, o in procinto di commettere una sciocchezza.

Sembrava solo enormemente triste.

Fu questo a sorprenderla.

Scostandosi da Darcy, afferrò la mano di Finn per trascinarlo un po' più lontano, dove le orecchie umane non avrebbero potuto captare le loro parole.

Più gentilmente di quanto non avesse parlato in precedenza, gli chiese: “Non è per la questione del Primo Lupo, vero?”

“No” scosse il capo lui, sorridendo mesto.

“E perché non me l'hai detto subito?” sospirò lei, ora sinceramente dispiaciuta.

“Avrebbe fatto qualche differenza, sapere che ti volevo anche come compagna, e non solo propormi per il titolo di primo mánagarmr del branco? Così, per lo meno, il tuo rifiuto mi ha fatto meno male.”

Cecily reclinò il capo, colpevole, e scosse la testa.

“No, non avrebbe fatto differenza. Ma non pensavo che la cosa fosse così seria. Non avevo capito!”

Lui le sorrise benevolo nel sollevarle il viso con un dito e, affondando nelle sue iridi blu ghiaccio, aggiunse: “Sei una brava Fenrir, hai a cuore tutto il tuo branco, forse anche troppo, ma le cose che ti riguardano personalmente, proprio non le vedi.”

“So essere tonta all'inverosimile, ne sono consapevole” ammise lei, accennando un sorriso.

“E' un brav'uomo” proseguì Finn, lanciando un'occhiata a Darcy, che attendeva paziente a poca distanza. “E la sua aura emana pace e serenità. E' come dicevi tu. E' un uomo davvero particolare. Mai visto nessun normale con un'aura simile.”

“Cosa devo fare con te, Finn?”

“Sarà sempre no, per te?” le ritorse contro, sogghignando tristemente.

“Già. Ti vedo solo come amico, scusa.”

“Allora, chiedo il tuo permesso di cambiare branco. Sarebbe... impossibile sopportare di vedere un uomo al tuo fianco. Fosse o meno il tuo Darcy.”

Annuendo con un sospiro, lei mormorò: “Hai già qualche preferenza?”

“La ditta dove lavoro mi ha offerto un trasferimento a Sheffield, e sarei intenzionato ad accettare, ma questo vorrebbe dire entrare nel territorio di Duncan McAlister e di Lady Fenrir.”

Cecily sorrise leggermente, nell'udire quel nomignolo.

Da quando ciascun lupo di ogni shire, era venuto a conoscenza della reale identità dell'anima di Brianna, tutti avevano iniziato a sussurrare quel nome, e ormai veniva usato praticamente da chiunque, nei clan.

“Parlerò con Brianna e Duncan e, se sono d'accordo, entrerai a far parte del loro branco. Ti consegnerò un salvacondotto, perché il tuo grado non venga a svanire, e pregherò perché tu possa trovare una compagna adatta a te.”

“Sarà difficile trovare qualcuno migliore di te” ironizzò senza allegria Finn.

Cecily rise sommessamente.

“Oh, credimi. Esistono lupe molto meno isteriche e paranoiche di me.”

Finn allora rise con energia e, dopo alcuni attimi, si piegò per sfiorarle la guancia con un bacio.

“Ti auguro una caccia proficua, mia Fenrir.”

Lei lo trattenne al collo con un tocco leggero della mano e, nello sfiorare con le labbra la carne morbida dietro l'orecchio, mormorò: “E che la luna segua i tuoi passi, illuminando il tuo percorso.”

Finn si scostò senza dire altro e, nel salutare con un cenno della mano Darcy, si allontanò a capo chino e con le mani ben infilate nelle tasche dei pantaloni.

Cecily ipotizzò per nascondere gli artigli che, molto probabilmente, erano sorti in risposta al suo profondo stato di prostrazione.

Prima ancora di poter muovere un passo verso di lei, William venne superato da Tyler che, premuroso, poggiò una mano sulla spalla della donna, piegandosi protettivo verso di lei.

“Tutto bene, prof?” mormorò turbato il giovane.

“Che diavolo ci fai, qui fuori, Tyler? Non dovresti essere a pranzo?” brontolò lei, incapace di guardarlo.

Le lacrime le stavano sfregiando gli occhi, e non voleva che lui la vedesse in quello stato.

“Chi se ne frega del pranzo. Mi preoccupo di più per lei!” sbottò il giovane, accigliandosi non poco.

“Penso io a lei, Tyler. Torna pure in scuola” disse dietro di loro Darcy, avvicinatosi in silenzio alla coppia.

Lo studente lo fissò per alcuni istanti, indeciso se lasciare sola la sua Fenrir oppure imputarsi per rimanere, ma pensò lei a decidere.

Battendo una mano su quella del ragazzo, ancora appoggiata sulla sua spalla, Cecily mormorò: “Vai pure. Io sto bene.”

“Come vuole, prof.”

Tyler si allontanò mogio, lanciando più e più volte sguardi dubbiosi verso la coppia prima di rientrare in scuola e Darcy, nel sorridere a mezzo, motteggiò: “Quel ragazzo ti vuole davvero un gran bene.”

“Già” assentì lei, tergendosi gli occhi con la punta delle dita.

“Tutto bene?”

“Non avevo capito” sospirò Cecily, scuotendo il capo. “Pensavo fosse... fosse solo...”

“Non avevi capito che ti amava davvero?”

“Idiota, lo so” brontolò la donna, passandosi le mani sulle guance come se volesse scorticarsi viva.

“No, non direi. A volte, può succedere. Più spesso di quanto non si pensi, in effetti.”

“Ma avrei dovuto accorgermene, evitare che soffrisse per nulla e...”

Posatole un dito sulle labbra per azzittirla, Darcy scosse il capo e replicò: “Sono cose che esulano dal nostro potere, Ceel. Non darti colpe che non hai.”

Le ho eccome, pensò tra sé la donna, tornando mesta in scuola assieme a lui.

 
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“Non ci sono problemi, davvero. Mi fido della tua parola, e un combattente come Finn, farà comodo nel nostro branco” dichiarò Duncan, con il suo solito tono di voce pacato.

Sorridendo appena, Cecily mormorò: “Ti ringrazio, lupacchiotto. Non sai che peso mi togli.”

“Fossero tutti così, i problemi, ci starei a risolverli tutti i giorni.”

“Guai in famiglia?” si informò la donna.

“Quella allargata, o la mia?” ironizzò Duncan, sospirando un attimo dopo. “Io, Nat e Brie stiamo bene. Lance, Mary B e Keeley sono un terzetto magico. Erika e Gordon se la cavano alla grande, anche se con i Master sono costretti a stare separati per un bel po', e Jerome pare voglia mettere su casa! Ti pare possibile?”

“Bene... direi che il problema non è la famiglia ristretta. Il Clan ti toglie il sonno?”

“Sean, il fratello di Marjorie – ti ricordi di lei? – vorrebbe tornare in seno al branco per servire direttamente Brianna come suo mánagarmr personale. Credo si senta in debito con lei per averlo salvato, o forse è solo uno degli altri cento lupi esaltati che si sono offerti di diventare la sua scorta personale.”

“Scorta... personale?” gracchiò Cecily, vagamente confusa.

“Gira voce che, tra i più giovani lupi dei clan, sia nata questa idea di creare una sorta di Guardia Reale per Brianna che, in quanto custode dell'anima di Fenrir, deve essere protetta più di qualsiasi altro lupo esistente.”

Nel dirlo, il suo tono parve torvo e contrariato.

“E hanno cominciato a stressarti l'anima per chiederti di unirsi al tuo branco per essere i paladini di tua moglie, giusto?”

“Già” sbuffò l'uomo, ora palesemente disgustato.

Cecily scoppiò a ridere e, tergendosi una lacrima di ilarità, esalò: “Oh, povero caro! Pensano che tu e Lance messi insieme, senza contare i tuoi quattromila lupi, non siate sufficienti per proteggerla?”

“Evidentemente...”

Sbuffò sonoramente, quasi per sfogare la sua insofferenza ma poi, più calmo, aggiunse: “Insomma, a rigor di logica dovrei essere contento che tanti lupi si preoccupino per la sua salute, ma quando ci rimugino sopra...”

“Perdi le staffe perché Brianna è tua, e la difendi tu” ipotizzò Cecily, comprensiva.

“Esatto. So che ci sono dei precedenti che mi smentiscono, ma va pur detto che nessuno di noi sapeva dell'esistenza dei berserkir.”

“Quella volta, non fu colpa tua. Avevamo ben due dèi, contro di noi. Che ti aspettavi?”

“Credi dovrei permettere loro di formare questa benedetta Guardia Reale?”

“Brianna che dice?”

“Si sbellica dalle risate tutte le volte che ne sente parlare. Non è molto di aiuto.”

Un “ehi, grazie, eh, comunque?!” giunse all'orecchio di Cecily, che ridacchiò in risposta.

“Potremo parlarne ampiamente alla riunione tra Clan a Londra, quest'estate. Così sentiremo cosa dicono tutti i Fenrir.”

“Sarà meglio. Non voglio ritrovarmi con un centinaio di ragazzini esuberanti, che girano per le contee come se pensassero di essere dei novelli Lancillotto.”

La risata di Brie galleggiò come una brezza e Cecily, nel salutare Duncan, disse: “Ne riparleremo, così potremo dividerci questa rogna un pezzo per uno.”

“Grazie, tesoro. E non pensare a Finn. Qui starà bene.”

Cecily lo ringraziò ancora una volta e, quando mise giù il telefono, sospirò e fissò turbata Sabine, che sedeva accanto a lei sul divano.

“Scusami se non ti ho detto di Finn. Mi è parso così sincero, che non me la sono sentita di dirgli di no.”

Scuotendo il capo, Fenrir di Falmouth replicò: “Alla fine, ha fatto bene a entrambi chiarirsi. Ho solo avuto un attimo di panico, ma poi è passato.”

“E ora?”

“Perdiamo un ottimo lupo a causa mia” sospirò Cecily.

“L’amore non si può controllare, Ceel, dovresti saperlo. Finn avrebbe deciso di andarsene indipendentemente da Darcy. Non si può sempre rendere felici tutti e forse, anche se adesso ci appare come una sconfitta, dall’allontanamento di Finn potrebbe anche venire del bene.”

“Lo spero. Soprattutto per lui.”

“Un po’ di fiducia, Fenrir. Non ti ho mai sentita così abbattuta” le sorrise benevola Sabine, dandole una pacca sulla mano.

“Comincio a pensare che Darcy non mandi solo in fregola i miei ormoni, ma riesca anche a spappolare tutta la mia scorza dura” ironizzò mesta Cecily, scrollando le spalle.

“Sarebbe una novità.”

“Resta da vedere se si rivelerà buona o cattiva” sentenziò Fenrir, sospirando.






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N.d.A.: Sarete felici di sapere che, dal prossimo capitolo, si capirà esattamente chi, e cosa, è Darcy.
N.d.A. 2: I titoli dei vari Atti non vi hanno dato qualche suggerimento? ;-)
  
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