[ part 2: lachesism
]
playlist: i remember – bang yongguk
ft. yang yoseob; the
monster – eminem ft. rihanna.
Quando i B.A.P
erano in
azione, era conosciuto a tutti come Zelo; prima di essere Zelo, il suo
nome era
Choi Junhong, e aveva diciotto anni.
Se si avesse
chiesto a
Junhong cosa ne pensasse di Zelo, avrebbe risposto che, francamente,
non lo
sapeva.
Essere
“Zelo” era diventato,
con gli anni, un’abitudine sin da quando aveva memoria. Del
Choi Junhong di
prima di essere stato preso sotto l’ala protettiva dei B.A.P
rimaneva poco o
niente, e gli unici ricordi che preservava lucidamente (e serenamente)
erano
quelli collezionati assieme ai suoi hyung.
In parte,
Junhong stesso
aveva accettato di esserlo, di passare ore su ore ad abituarsi al peso
delle
sue pistole e al rinculo dei suoi spari, e di chiudersi nel loro
nascondiglio
ad affinare le sue tecniche e tenere il suo corpo ben allenato. Sapeva
bene che
avrebbe dovuto semplicemente stringere i denti e continuare in questo
modo, senza
sosta, perché non ci sarebbe stato altro modo per
sopravvivere.
E sapeva anche
che questo era
un principio che aveva accettato Yongguk, così come Himchan,
Daehyun, Youngjae,
e Jongup. Erano stati destinati ad un mondo che correva troppo
velocemente e
cadeva troppo crudelmente ai loro piedi. E, probabilmente, erano ancora
in
attesa di qualche miracolo che li tirasse fuori da quel buco.
Forse, da questo
punto di
vista, i B.A.P ispiravano solamente pietà. Era questa
l’immagine che Junhong
aveva scelto, quando imparò ad essere Zelo.
Il
loro obiettivo camminava a venti metri di distanza
dall’edificio
su cui Youngjae si trovava. La pioggia di una decina di minuti prima
aveva
battuto, ininterrotta, sul cemento del terrazzo e sui suoi indumenti, e
lui non
era esattamente un grande amante dei vestiti fradici.
L’auricolare
nel suo orecchio, una gentile concessione da parte di
una certa conoscenza – ovviamente, non senza niente in cambio
– trasmetteva con
chiarezza la conversazione fra l’uomo che stavano tenendo
d’occhio e Daehyun.
Questi stava blaterando su chissà cosa, con tono da gran
imprenditore, e
Youngjae ancora non riusciva a credere quanto Daehyun potesse essere
convincente (Youngjae ricordava che una volta Jongup, obbligato da
Himchan,
aveva tentato di fargli offrire un pranzo al resto dei membri, ma a
causa della
parlantina di Daehyun, finì a pagare lui stesso il pasto.
Himchan se la rise di
gran gusto e Jongup riuscì ad ottenere una piccola vendetta
qualche giorno
dopo, ma questa è un’altra storia).
Youngjae
distolse lo sguardo dalla coppia per un momento. Ad
un’altra cinquantina di metri da lui, sebbene piovigginasse
lievemente ancora,
riusciva a vedere la figura di Jongup in posizione su un palazzo poco
più basso
del suo. Il crepuscolo in lontananza, nascosta da nubi dorate, colorava
il suo
profilo e i suoi dintorni di arancio, e anche da lontano Youngjae
riusciva ad
immaginarsi la sua espressione concentrata mentre guardava nel mirino
del suo
fucile.
Spostando
gli occhi verso terra, poteva distinguere il viso di Zelo
mentre attendeva gli ordini, immobile, con la schiena premuta contro la
parete.
Himchan si trovava più vicino al porto, nascosto dietro ad
una portata di travi
di ferro, in ginocchio. Dalla sua posizione, Youngjae non riusciva a
scorgere
Yongguk, ma sapeva che si trovava da qualche parte pericolosamente
vicino al
mega yacht, che era la destinazione del loro uomo e del suo seguito:
due uomini
in giacca e cravatta perfettamente stirati ed una decina di guardie
della
sicurezza. Decidendo che non poteva permettersi di dilungare ancora
quella
minuscola distrazione, ritornò al proprio ruolo.
Era
un’operazione relativamente semplice. Il loro cliente si era
presentato un paio di settimane prima all’officina, chiedendo
loro di
“occuparsi di una certa persona, e se avessero fatto un buon
lavoro, li avrebbe
aspettati una gran bella ricompensa”. Non aveva menzionato il
fatto che quella
persona, essendo un pezzo grosso, non poteva girare senza una scorta,
ma poco
importava: di certo, un paio di guardie del corpo non sarebbe stato un
gran
problema.
Mentre
Daehyun era coinvolto attivamente per tutta l’operazione,
Himchan, Zelo e Yongguk sarebbero entrati in scena solo successivamente
con le
loro armi pronte, al segnale di Youngjae. Quest’ultimo,
insieme a Jongup,
avevano il ruolo di tiratori, che avrebbero sparato in silenzio da
lunghe
distanze.
Il
discorso di Daehyun venne interrotto quando Jongup parlò
nell’auricolare che tutti i membri (ad eccezione di Daehyun
stesso) portavano.
«L’obiettivo si sta avvicinando,»
informò i compagni, «il tempo stimato per il
suo arrivo a destinazione è tra quaranta secondi ed un
minuto. Il numero delle
presenze effettive è di quattordici, tra cui
l’obiettivo, dieci addetti alla
sicurezza, due esterni e Daehyun hyung.» Youngjae
confermò il rapporto.
«Qual
è la loro posizione?» suonò la voce
rauca di Yongguk.
«Circa
ottanta metri a ore due da Himchan hyung; novanta metri a ore
cinque da Zelo,» rispose Youngjae. Jongup aggiunse,
«Circa settanta metri a ore
cinque da Yongguk hyung. Ti consiglio di spostarti vicino a quella fila
di
casse di fronte, dove c’è il camion per il
trasporto delle merci».
Qualche
secondo dopo, la figura di Yongguk apparve nel campo visivo
di Youngjae, e percorse poco meno di una decina di metri a passi
svelti, fino a
sparire nuovamente dietro al luogo che gli era stato indicato. Una
volta
posizionatosi, Yongguk parlò di nuovo nei loro auricolari:
«Mantenetevi tutti
pronti. Jongup e Youngjae?»
«In
posizione,» risposero entrambi.
«Bene.
Mi fido dei vostri colpi; fate in modo di non farvi scoprire
e non abbassate mai la guardia. Noialtri cercheremo di non farci
uccidere – a
quelle parole, si sentì la bassa risata di Himchan
– mentre voi ci coprirete le
spalle. Okay?»
Youngjae
sentì un minuscolo sorriso farsi strada sulle sue labbra.
Uno ad uno, tutti i membri risposero con un «Roger»
all’ultimo avvertimento del
loro leader, e immediatamente il silenzio ritornò ad
avvolgere ognuno dei
B.A.P. La conversazione fra il loro uomo e Daehyun fu interrotta, dal
momento
che non era più importante ai fini dell’operazione.
Fedele
alle predizioni di Jongup, il gruppo su cui tutti avevano
puntato la loro attenzione si presentò nel porto pochi
secondi dopo. Da
lontano, la loro discussione assomigliava fortunatamente solo ad un
sussurro
trasportato dal vento, cosicché Youngjae poté
concentrarsi esclusivamente sul
suo compito. Puntò il mirino sulla guardia più in
prossimità al loro obiettivo,
come gli era stato istruito in precedenza, ed attese qualche attimo in
silenzio.
Quando
Daehyun porse la mano al suo interlocutore per salutarlo con
una amichevole stretta, Youngjae premette il grilletto.
«Ho
buone e cattive notizie,»
annunciò Himchan quando, un paio di giorni dopo, Yongguk gli
chiese come
stessero andando le ricerche.
Il leader,
tornato in
officina dopo essere stato fuori a svolgere un paio di commissioni
(Junhong e
Daehyun continuavano a lamentarsi per il fatto che nel frigorifero di
Himchan
non c’era l’ombra di una bibita fresca), lo aveva
trovato al telefono, mentre
il resto dei membri era seduto ad ascoltare silenziosamente. Aveva
domandato
loro con chi stesse parlando, e Daehyun rispose che, qualche giorno fa,
Himchan
aveva chiesto a qualcuno di recuperargli un paio di informazioni, e che
ora ne
stava discutendo con lui.
«Era
JB,» disse Himchan,
mentre ritornava a lavorare su un’auto che gli avevano
portato in officina il
giorno precedente. «Visto che conosceva Youngjae, gli ho
chiesto se lo avesse
visto nell’ultima settimana, ma mi ha risposto di
no.»
Yongguk
assottigliò gli
occhi. «Gli hai detto che è stato
rapito?» chiese, alzando un sopracciglio.
Himchan scosse la testa.
«Nah,
gli ho raccontato che è
andato a farsi una bella vacanza alle Bahamas e non ci ha nemmeno detto
quando
sarebbe ritornato in città, e che pensavo che lui avesse
potuto saperlo. Giusto
per vedere se avesse idea con chi stiamo avendo a che fare.
«Comunque,
qualche giorno fa
gli avevo detto di chiamarmi quando avrebbe potuto, e quindi oggi
l’ha fatto. Volevo
chiedergli come stessero andando di recente i loro affari e se ci fosse
qualcuno particolarmente interessato a noi.»
Una volta che
ebbe ripulito
il suo interno, richiuse il cofano e salì sul posto del
guidatore della
macchina. «Gli ho detto che ci interessava sapere se ci fosse
qualche gruppo a
cui dobbiamo fare attenzione o che ci stava rubando lavori, cose del
genere, per
farci un’idea.»
Quando
girò la chiave e
l’auto emise un basso rombo, segno che era tutto andato alla
perfezione e che
ora era nuovamente funzionale, Himchan sorrise soddisfatto. Spense il
motore e
scese dalla macchina, facendoci poi un giro intorno per vedere se ci
fosse
qualcosa fuori posto sulla carrozzeria.
Junhong si fece
impaziente.
«Quindi, cosa hai scoperto?»
Himchan fece una
smorfia,
quando si appoggiò sulla portiera del passeggero in una posa
che, secondo lui,
lo avrebbe fatto apparire attraente. «Mi ci è
voluto un po’ per fargli sputare
il rospo, ma comunque niente di troppo preciso. Ha menzionato un paio
di
gruppi, come le SNSD, i Beast, e altri, ma non capisco
perché loro due
potrebbero avere problemi con noi. Ad ogni modo, ho buttato
giù la lista; non
si sa mai.»
Detto questo,
allungò la mano
nella tasca della sua uniforme scura e ne tirò fuori un
pezzo di carta, che
Daehyun prese e aprì, con gli altri tre membri che
sbirciavano dal suo fianco.
Himchan continuò: «JB non mi ha detto in dettaglio
che affari hanno fatto con
loro, quindi non saprei dire quali siano i loro piani in questi giorni.
Dovremmo cavarcela da soli, questa volta.»
Yongguk
contemplò per qualche
secondo i nomi sul foglio, poi guardò Daehyun e Himchan.
«E l’altra volta, voi
due avete scoperto qualcosa?»
Daehyun
schioccò la lingua.
«Non molto. Non c’era tanto su cui lavorare, con
solo una chiavetta. Abbiamo
rivisto il video – nel raccontarlo, fece una faccia
disgustata – e della stanza
non c’era alcunché da dire. Sembra che sia un
seminterrato, ma non sappiamo se
appartenga ad un edificio in funzione oppure ad uno abbandonato, e qui
ce ne
sono fin troppi, figuriamoci fuori città. Non siamo riusciti
nemmeno a
riconoscere quelli che hanno picchiato Youngjae.»
«Abbiamo
cercato di fare una
rassegna delle gang che conoscevamo,» continuò
Himchan, guardando prima tutti i
membri, poi Yongguk. «Quando erano venuti qui in officina,
avevi detto che
erano in circa quattro, giusto? Quindi, dobbiamo aspettarci una gruppo
abbastanza largo, salvo il caso in cui abbiano pagato delle bande
mercenarie
per fare questo lavoretto.»
«Quindi
dovremmo
semplicemente escludere quelli che lavorano da soli?» chiese
Junhong,
strizzando gli occhi pensoso.
Daehyun fece un
cenno. «Solo
per ora. Magari hanno deciso di non sporcarsi le mani per questa
piccola
sorpresa,» rispose a denti stretti. «E, comunque,
potremmo sempre sbagliarci.
Magari non li abbiamo mai incontrati, né abbiamo sentito
parlare di loro.»
Quindi,
contemplarono i nomi
dei cinque gruppi che JB aveva riferito a loro. Sapevano che le SNSD
preferivano non avere contatti con altre gang, se non con organizzatori
di
mercati neri quali i GOT7, diventato di recente uno più
popolari della cerchia,
e di cui JB, infatti, era il leader. Conoscevano inoltre i volti di
tutti i
membri degli MBLAQ, che di solito lavoravano anch’essi in
solitario, e non
corrispondevano a nessuno di quelli dei loro ricattatori. Scartarono
momentaneamente i due.
I rimanenti
erano i Beast, i
By-S, e i COB.ra. Oltre a questi, Himchan e Daehyun ne suggerirono
degli altri
che avrebbero potuto essere considerati. Alcuni erano piuttosto
conosciuti;
altri, dei nomi che avevano sentito solamente negli ultimi tempi. I due
raccontarono ai compagni come erano arrivati a sospettare di loro,
passando da
una concorrenza recente ad un affare andato male più antico.
Dissero che
avrebbero voluto scoprire di più sui suddetti gruppi tramite
le intelligence
clandestine, ma le informazioni costavano, e loro non potevano
permettersi di
pagare troppo per qualcosa di cui non erano del tutto sicuri, senza
contare il
fatto che quelli erano solo una piccola parte di una larga cerchia di
criminalità organizzata. Così ne avevano cavato
veramente poco.
Il pomeriggio
passò in un
tentativo di riorganizzare le idee. Si decise che, per poter racimolare
il
denaro di cui avevano bisogno, avrebbero dovuto sottrarli ad un ricco
imprenditore o, più semplicemente, ad una banca. Non era il
loro solito stile,
ma quello era il metodo più rapido a cui riuscirono a
pensare.
Quando scese la
sera, erano
tutti ormai troppo stanchi per continuare a discutere ancora. Jongup si
offrì
di telefonare per ordinare della pizza per cena, e gli altri quattro
gliene
furono grati. Tra una fetta e l’altra, Junhong
suggerì che sarebbe stato meglio
se per il momento non facessero niente, poiché avrebbero
sprecato solo energie.
Forse sarebbero riusciti a trovare un’altra soluzione
più accessibile (per
quanto il tempo e il loro modo di agire potessero permetterlo). Il suo
commento
fu accolto con cenni di assenso.
Yongguk
osservò i visi dei
suoi membri, uno più stanco dell’altro.
Nel pomeriggio
aveva visto la
frustrazione di Himchan crescere ad ogni parola. Lo aveva capito da
come aveva
strizzato gli occhi più del solito, dal modo in cui aveva
stretto le labbra ed
afferrato i bordi del tavolo fino ad avere le nocche pallide. Sapeva
che Himchan
non riusciva a sopportarlo. Ricordava che un giorno gli aveva confidato
che
quasi gli sembrava di non avere alcun ruolo nel gruppo, che avrebbe
voluto fare
di più, eppure aveva sempre la sensazione di non essere
abbastanza. Yongguk gli
aveva ripetuto che senza di lui, i B.A.P non sarebbero stati tali,
voleva che
lo capisse, ma era sicuro che Himchan non si era mai scrollato di dosso
quel
pensiero.
Guardò
poi Daehyun. Il
ragazzo possedeva un’aura carismatica, e inoltre la
pubertà gli aveva dato un
aspetto particolarmente affascinante: non aveva esattamente la faccia
di uno
disposto a scendere così in basso da far parte di una banda
di strada. Pensò a
come facilmente, nonostante ciò, si era inserito nel
commercio clandestino, a
quella volta in cui gli avevano sparato alla spalla, alle volte in cui
fu stato
lui a premere il grilletto contro
un’altra persona, e “hyung,
c’è questo tizio che ti sta cercando”,
“hyung, non
ti preoccupare, non fa più tanto male”,
“hyung, mi sarebbe piaciuto fare il
cantante”. Rispetto alla prima volta che lo aveva incontrato,
ora sembrava
essere invecchiato di cinquant’anni.
Infine,
posò lo sguardo su
Jongup e Junhong. Il cuore gli si strinse ancora di più nel
petto, perché loro
erano troppo giovani; Junhong stava ancora crescendo in altezza, e
l’espressione serena che Jongup portava il più
delle volte gli ricordava che il
resto del mondo non era tanto crudele, e che potrebbe aspettare
entrambi, se
solo decidessero di guardarlo da un altro punto di vista. Diciotto e
diciannove
anni erano veramente pochi, tanto da fargli venire la pelle
d’oca al solo
pensiero. Yongguk ci era passato, lo sapeva, e non avrebbe davvero
voluto che altri
si sentissero tanto miserabili quanto si era sentito lui.
Avrebbe voluto
portare tutti
via da quella malsana vita – Himchan avrebbe smesso di
preoccuparsi di non
essere all’altezza, Daehyun avrebbe potuto inseguire il suo
sogno, e Jongup e
Junhong avrebbero avuto più scelte nella vita. Forse ne
avrebbe parlato con
loro, una volta che si sarebbero ripresi Youngjae. Forse avrebbero
persino
accettato quella sua proposta.
Yongguk
sperò, in cuor suo,
che accadesse.
Una telefonata
arrivò qualche
giorno dopo. Himchan si tolse i guanti da lavoro, pulendosi il sudore
dalle
mani con uno straccio, e andò a rispondere.
«Officina
Kim, buongiorno.
Posso aiutarla in qualcosa?» chiese in tono professionale.
«Hai
controllato la posta? Ti
consiglio di farlo ora,» gli risposero con poco calore.
Himchan si
sentì come se
fosse entrato in una doccia fredda, tuttavia non perse la sua
compostezza.
Sapeva chi era il suo interlocutore, e a cosa si stava riferendo.
Assottigliò
gli occhi senza
perdere il suo contegno (pensò che, se fosse stato Daehyun a
rispondere, lui
avrebbe sicuramente cominciato a sbraitare contro il telefono).
«E potrei avere
il piacere di sapere con chi sto parlando?» provò
a chiedere sarcasticamente,
ma dall’altra parte provenì semplicemente il suono
di una cornetta che veniva
appesa e della linea che si liberava. Himchan alzò un
sopracciglio, perplesso,
e controllò il registro delle chiamate recenti del telefono.
Purtroppo per lui,
chi aveva chiamato non era stato tanto sprovveduto da farlo con il suo
numero
in bella vista. Probabilmente, la chiamata era stata fatta da un
telefono
pubblico.
Senza perdere
altro tempo,
Himchan attraversò l’officina a grandi passi ed
uscì nell’aria piovosa di quel
giorno. Aprì l’umida cassetta della posta appesa
al muro, mentre Junhong e
Jongup, che fino a quel momento erano stati chiusi nel seminterrato ad
allenarsi, entrarono attraverso la porta che portava al suo posto di
lavoro.
«Che
succede?» chiese Junhong,
vedendo Himchan con in mano una custodia di plastica trasparente. Il
più
anziano guardò gli altri due con un’espressione di
chi ha vinto il jackpot, ma
che è rimasto inorridito dal premio. Voltò il
lato anteriore della custodia
dalla loro parte, mostrando loro un CD contenuto all’interno.
Ci vollero solo
pochi secondi perché i visi dei due impallidiscano,
realizzando cosa li
aspettava.
«Chiamate
Yongguk e Daehyun,»
istruì. «Sembra che si siano finalmente decisi di
farsi sentire.»
I membri si
riunirono una
decina di minuti più tardi, quando Himchan chiuse la
saracinesca della sua
officina per evitare che qualche cliente entrasse in un momento
inappropriato.
Il portatile era
stato di
nuovo posto sul tavolo nell’atrio, con il disco
già inserito dentro. Anche
questa volta si trattava di un video, e i cinque trattennero il loro
fiato
automaticamente, con lo sguardo incollato allo schermo, mentre Daehyun
schiacciava il tasto ‘play’.
Mentre nel video
precedente
la stanza era di piccole dimensioni, ora si trovavano in un locale
più ampio, forse
un sotterraneo, senza porte né finestre in vista, illuminato
solamente dalle
varie lampade che pendevano dal soffitto.
Un Youngjae
cosparso di
sangue pareva esserne nuovamente il protagonista. Era sdraiato per
terra su un
fianco, con il volto rivolto verso l’inquadratura e le mani
legate dietro la
schiena. Non era incosciente, e neppure sembrava essere nelle
condizioni di
riuscire a muoversi con disinvoltura.
A differenza del
primo video,
era accompagnato da persone differenti. Questa volta vi era un uomo con
gli
occhiali da sole di corporatura robusta che sembrava essere sui
trent’anni, in
piedi dietro di lui, e i B.A.P lo riconobbero come il leader. Altri tre
dei suoi
scagnozzi erano al suo fianco.
Quello che
seguì fu quasi una
ripetizione di quello che successe nel primo video. Youngjae venne
fatto
stendere supino con un calcio alla spalla, fu preso per la collottola e
scaraventato lontano dall’inquadratura, con un tonfo
agghiacciante. A
quell’azione, il ragazzo rispose con un mugolio straziato.
Uno dei tre
tirapiedi andò a
recuperarlo, trascinandolo di nuovo più vicino al gruppo, e
lo fece
inginocchiare sul duro cemento. Il suo corpo sarebbe caduto
pesantemente in
avanti, se non fosse stato tirato indietro, costringendolo a stare
dritto con
la testa abbassata. Lo fecero rimanere in quella posizione per qualche
momento.
Si riusciva a sentirlo ansimare con chiarezza nel tentativo di
riprendere il
fiato, tossendo un paio di volte. Poi ripresero ad assestargli colpi su
ogni
parte del corpo.
Per tutto quel
tempo che
seguì, Youngjae continuò a grugnire per le fitte
di dolore, facendosi scappare,
di tanto in tanto, bassi gemiti strozzati. Fu quello il suono che
riempì
l’officina, balzando contro le pareti ed echeggiando nelle
orecchie dei B.A.P,
i quali riuscivano solo a guardare con le labbra serrate, impotenti.
La goccia che
fece traboccare
il vaso fu quando il leader, che fino a quel momento era solo restato
ad
osservare, si avvicinò ad un Youngjae crollato per terra, si
inginocchiò a
fianco a lui e lo tirò su per un braccio. Gli
puntò alla tempia una pistola
tirata fuori pochi secondi prima. A quel gesto, panico
attraversò la mente dei
cinque.
Daehyun si
alzò di scatto
dalla poltrona con gli occhi sgranati, così come fece Jongup
al suo fianco,
pronto ad intervenire, sebbene fosse chiaramente impossibile. Junhong
aveva
ancora lo sguardo incollato al video con il labbro inferiore che
tremava, e
Himchan strinse i pugni così forte da sentirsi le unghie
affondare
dolorosamente nei palmi. Yongguk aveva il respiro smorzato, incapace di
reagire, sapendo che sarebbe stato inutile farlo in quel momento.
Digrignò i
denti e non staccò gli occhi dallo schermo, avendo paura
che, se si fosse perso
qualcosa, non si sarebbe potuto dare pace.
Quei pochi
secondi
agonizzanti passarono senza che il grilletto fosse premuto. Il leader
ghignò
alla telecamera, abbassando la pistola e lasciando andare il braccio di
Youngjae, che si accasciò per terra come se fosse privo di
vita. Il suo torace
si alzava ed abbassava in corti respiri, e la tensione che si era
formata poco
prima tra i B.A.P si allentò a quella vista, sebbene con
fatica.
L’uomo
si degnò finalmente di
parlare. «Salve, B.A.P,» salutò con
leggerezza, alzandosi in piedi. «Avete
visto? Ci siamo impegnati veramente tanto per prepararvi tutto questo,
dovreste
esserci grati.
«Quindi,
ci aspettiamo che ci
paghiate con tutti quei bei soldini che vi abbiamo chiesto; altrimenti,
lui
crepa.» Mise un piede sul petto di Youngjae per dar enfasi
alla sua richiesta.
«Fra
dieci giorni fate in
modo di procurarvi il denaro. Fatevi trovare alla stazione vicino al
porto, il
28 maggio alle 11 di sera precise. Se non ci sarete, considerate
saltato il
nostro accordo, e state sicuri che la prossima volta che lo vedrete, il
vostro
amichetto avrà una pallottola piantata nel
cervello.»
Detto
ciò, pestò con ancora
più forza il corpo di Youngjae, che emise un sibilo
soffocato. Un brivido
attraversò la schiena di Yongguk. «Mi raccomando,
ci conto, eh! Fate un buon
lavoro,» concluse l’uomo, lanciando alla telecamera
un sorriso.
Il video
terminò.
Come la prima
volta, i B.A.P
restarono alcuni secondi in silenzio, tentando cogliere tutto quello a
cui
avevano appena assistito. Erano più sollevati nel sapere che
il loro amico era
ancora vivo, ma non era esattamente rincuorante essere ricordati che
era ancora
alla mercé dell’altra banda.
«Figli
di puttana,» sibilò
finalmente Daehyun a denti stretti. Il resto dei membri non
commentò, essendo
tutti d’accordo con lui. «Ci vuole un bel fegato a
mandarci questa roba. Oh,
non sanno davvero con chi hanno a che fare.»
«Hey,
almeno questa volta
niente maschere nel video,» osservò puntualmente
Junhong, evitando che Daehyun
ripetesse la scenata di pochi giorni prima. «Potremo scoprire
chi sono questi
tipi.»
«Esatto,»
annuì Yongguk,
alzandosi dal divano per guardare tutti gli altri membri negli occhi.
Aveva
deciso che non era tempo di stare con le mani in mano, e prima agivano,
migliori potevano essere i risultati. «Dobbiamo sfruttare
questa occasione. Abbiamo
dieci giorni, e dobbiamo mettere a punto un piano d’azione
velocemente.»
I suoi compagni
si sorpresero
nel sentirlo parlare, dal momento che era restato in silenzio fino a
quel
momento, mostrando poche o persino nessuna reazione durante il video.
Tuttavia,
furono anche più rassicurati nel sapere che il loro leader
aveva deciso di
agire subito.
Himchan
ghignò alle parole
dell’amico, e gli diede una pacca sulla spalla. «Mi
piaci quando parli in
questo modo,» gli disse. Yongguk gli lanciò un
mezzo sorriso, sentendosi
lievemente orgoglioso. «Allora, cosa si fa con i
soldi?» chiese ancora Himchan.
«Avevamo
detto che avremmo
rapinato una banca, o sbaglio?» ricordò Jongup.
Al suo fianco,
Junhong alzò
le sopracciglia, sorpreso. «Sul serio lo faremo? Non ci
è mai capitato di
farlo. Oh, mi sto emozionando,» commentò
divertito, strofinando l’un l’altro i
palmi delle mani. Solitamente, era lui quello che non vedeva
l’ora di entrare
in azione.
Il leader si
voltò verso il
maknae, che ghignava impaziente al pensiero. «Non
esattamente, salterebbe
troppo all’occhio. Faremmo meglio a prendere di mira uno di
quei camion che
trasportano denaro da una parte della città
all’altra. Saremo più efficienti
senza tante persone intorno, e in questo modo difficilmente ci
scopriranno.»
«Beh,
se lo dice il leader,»
commentò Himchan, senza togliersi quello sguardo malizioso
di dosso. «Che il
camion sia.»
«Hey,
hey, non dimenticatevi
dell’altra banda,» disse Daehyun, «vi
state divertendo troppo.»
Yongguk
riconobbe che aveva ragione.
«Giusto. Dovremmo chiedere ai NU’EST di procurarci
un po’ di informazioni su di
loro. Solitamente Minhyun ci fa un buon prezzo.»
«Lo fa
solo perché ci sei tu
con noi, in realtà,» puntualizzò
Daehyun con un sogghigno. «Se gli diventi più
amico, scommetto che ci passerà tutto gratis. Non dovremo
nemmeno più preoccuparci
di contattare altri gruppi.» Questo fece scappare una bassa
risata al leader,
che scosse la testa, metà divertito e metà in
disaccordo. Sentì che anche
Himchan e Junhong erano favorevoli all’idea di Daehyun,
coinvolgendo
eventualmente anche Jongup. In pochi secondi, i quattro membri erano
già
intenzionati a convincere il loro leader a farsi amico Minhyun.
Yongguk
lanciò loro un mezzo
sorriso, sapendo di non avere altra scelta che seguirli.
«Un’altra volta,»
promise, ritornando poi ad un tono serio. «Ora pensiamo a
scoprire di più su
quelli che hanno Youngjae.»
«Chiamo
io i NU’EST,» disse
Daehyun. «Voi fareste meglio a cercare se in questi giorni
c’è uno di quei
veicoli che trasportano denaro.»
Himchan gli
sorrise sfacciatamente.
«No problem. Di quello me ne sarei occupato io, anche se non
ce lo avessi
detto.» Daehyun chiuse gli occhi e alzò le mani,
in segno di resa.
«Allora,
io contatto gli
EXO,» si offrì Jongup. «Ci serviranno
pistole e munizioni. Ho controllato prima
nel deposito, e ho visto che stanno finendo. E non credo che quelli se
ne
staranno lì senza avere alcuna arma addosso.»
«Aspetta,»
lo richiamò
Yongguk. «Non penso che in questo momento abbiamo abbastanza
denaro per tutta
quella roba, senza contare che dovremo pagare anche le informazioni di
Daehyun.»
Jongup
sbatté le palpebre un
paio di volte, chiedendosi come abbia fatto a dimenticarsi quel
dettaglio.
Avevano speso la maggior parte di quello che avevano nel loro ultimo
progetto.
«Quindi…»
«Cerca
di convincerli a
prendere solo un anticipo,» gli consigliò Daehyun,
anche lui sul punto di
avviarsi per fare la sua telefonata. «Non dicevi che
c’era quel tuo amico, tra
gli EXO? Chiedi a lui, se riesci. Altrimenti, dovremo aspettare dopo
che avremo
i soldi.»
«No,
non credo che possiamo
permettercelo. Solitamente, ci vuole del tempo prima riescano a
recuperarci le
armi e tutto il resto se hanno finito i loro rifornimenti,
ricordi?» rispose il
più giovane. L’espressione di Daehyun si
accigliò ancora di più.
«Riuscirò
a convincerlo di
venderceli con un anticipo,» li rassicurò Jongup,
con un mezzo sorriso, «non vi
preoccupate. Poi, stiamo trattando con loro sin da quando siamo in
giro.
Conosco i loro metodi.» Detto questo, sparì nella
stanza in cui Himchan teneva
dei pezzi di ricambio per i suoi veicoli.
Daehyun si
chiese se sarebbe
andata bene, dal momento che avevano poco tempo e fondi.
Sperò che quell’amico
di Jongup lasciasse loro una piccola concessione, per una volta. Poi si
ricordò
del suo compito. «Un attimo. Fatemi fare una foto ai tizi nel
video, così mi
metto d’accordo con Minhyun,» disse. Una volta che
Daehyun fece ciò, Himchan
propose di salire al secondo piano per iniziare la ricerca.
«Ah,
mi sento un po’ solo
senza Youngjae qui a dirmi cosa fare e cosa cercare,»
commentò casualmente
quando si sedette assieme a Yongguk e Junhong sul divano di pelle
rossa, posto
vicino al tavolo dove avevano sempre preparato tutte le loro
operazioni. «Mi
sono troppo abituato a quel ragazzino. Ma è un genio.
È davvero il cervello,
tra noi sei.»
Senza indugiare
ancora, Himchan
cominciò a battere le dita sulla tastiera e a raccontare di
aver sentito dire
che la Banca Centrale, ultimamente, stava trasferendo grandi
quantità di
capitali da una parte di città all’altra,
commentando su come fossero stati
fortunati ad aver ricevuto quel video in quei giorni. Sarebbero
probabilmente
riusciti ad ottenere i soldi necessari non solo per liberare Youngjae,
ma anche
per pagare le informazioni e le armi.
In poco
più di una ventina di
minuti, era riuscito a scoprire qual era la compagnia che si occupava
dei
trasferimenti. Per poter entrare nel database suo e della banca avrebbe
impiegato molto di più, disse, ma era fattibile in circa una
decina di ore.
Non era la prima
volta che lo
vedeva lavorare in quel modo, ma Junhong si sorprendeva ogniqualvolta
gli
capitava di vedere Himchan al computer. «Hyung,» lo
chiamò, quando sentì i
risultati della sua ricerca, «altro che Youngjae hyung. Sei
tu il genio, qui
dentro.»
Himchan
ghignò alle parole
del maknae. «Solo quando si tratta di macchine e di
recuperare informazioni di
questo genere.»
Yongguk non
riuscì a non
sorridere ai due. «Ti sei già dimenticato che
abbiamo tirato avanti tutti
questi anni anche senza Youngjae proprio grazie a te?» gli
disse, dandogli una
scherzosa pacca sulla spalla.
Himchan
assottigliò gli occhi
e storse il naso. «Ew, smettila di dire cose tanto sdolcinate
e strappalacrime,
c’è gente che sta lavorando seriamente,
qui!» esclamò disgustato, ritornando al
suo portatile e perdendosi la vista di Yongguk roteare gli occhi.
Il leader
restò a guardare
Junhong osservare Himchan che batteva al computer quasi senza sosta.
Dal piano
inferiore, sentiva Daehyun telefonare ai NU’EST, mentre
Jongup faceva lo stesso
in qualche altra stanza. Quel momento gli parve tanto ordinario che gli
sembrò
così semplice immaginare che Himchan stava solamente
mostrando a Junhong
qualcosa che aveva trovato in rete, che Daehyun stava chiamando la sua
fidanzata, che Jongup era uscito con qualche suo amico e che Youngjae
si era
preso una vacanza in qualche paese esotico.
Ma la
realtà era diversa. La
realtà era che erano dei fuorilegge, dei ricercati dalle
forze dell’ordine, dei
criminali. La realtà era che Himchan stava penetrando
illegalmente nella banca
dati di due compagnie, con Junhong emozionato nel vederlo fare
ciò. Che Daehyun
stava aprendo delle trattative per recuperare informazioni su un gruppo
nemico.
Che Jongup si stava occupando di recuperare delle armi da fuoco per i
loro
sporchi piani. Che Youngjae poteva morire da un momento
all’altro.
Yongguk non
diede mai voce ai
suoi pensieri. Fuori dalla finestra, le gocce di pioggia nascondevano e
lavavano via quelle conversazioni pericolose.
Due giorni dopo,
in tarda
notte, quando il sonno era sceso sugli occhi di tutti gli abitanti
della città,
i B.A.P avevano deciso di cominciare a pianificare
l’operazione.
Si riunirono al
secondo piano
dell’officina Kim, che aveva tutte le luci spente, salvo per
quel paio che illuminavano
le cinque figure vestite di scuro. Erano in piedi attorno ad una
scrivania, che
una volta era stata un tavolo da biliardo. Sulla superficie ora priva
del
velluto era stata stesa una grande mappa della città, con
dei modellini di auto
che correvano sul foglio e delle altre cartine che mostravano
più in dettaglio
alcune strade. Alcune fotografie erano sparse sulla carta, ad indicarne
i
luoghi più rilevanti. Dei documenti erano organizzanti in
ordinate cartelle,
appoggiate su una sedia. Un computer era acceso su una cassettiera
vicina,
pronto ad essere utilizzato.
Accovacciato
sulla solida
sporgenza del tavolo, Zelo sorrise malizioso a quella vista mentre si
sistemava
il cappellino, impaziente di iniziare. Passandogli vicino, Jongup si
sistemò
sul lato lungo della scrivania, dando le spalle ai ritratti appesi in
file
ordinate e alle mappe attaccate sulla parete. Vicino vi era Daehyun,
che
appoggiò le mani sul bordo del tavolo, senza riuscire a
trattenere il suo
ghigno di divertimento. Al suo fianco, Himchan era in piedi sul lato
opposto a
Zelo, dando occhiate alla mappa a braccia incrociate, in contemplazione.
Al centro del
tavolo, tra
Jongup e Daehyun, Yongguk batté le mani per attirare su di
sé l’attenzione di
tutti quanti. «Siamo pronti ad iniziare?» chiese ai
suoi membri, guardandoli
uno ad uno negli occhi. «Non ci è permesso
sbagliare, questa volta. Un solo
errore e Youngjae è andato.»
Ognuno di loro
annuì,
incidendo le parole del loro leader nella mente. Yongguk mantenne il
suo
sguardo su di loro un altro paio di secondi.
«Bene,» disse infine, una volta
assicuratosi che i quattro avevano ben chiaro la nozione.
«Himchan, a te
l’onere di cominciare.»
N/A:
giusto un chiarimento, sto utilizzando la loro età coreana,
quindi la storia è
ambientata nel 2013. So che ‘One Shot’ è
uscito a febbraio, ma i loro outfit
nel video cambiavano da tipo magliette smanicate e pantaloncini a
cappotti con
pelliccia (Yongguk, sto guardando te), e quindi mi sono detta: al
diavolo.
Ahah. Spero comunque di essere riuscita a descrivere le situazioni in
modo
verosimile sob
Non avevo idea
di cosa
mettere come terza canzone della playlist, quindi ho lasciato stare.
È l’unica
parte che ha solo due canzoni lmao chiedo scusa. E, per la cronaca,
questa
storia ha 4 parti. Ho finito di scrivere l’ultima giusto
ieri, alle 2 di notte
ahahahah /shot
A proposito, l’imitazione di Yongguk fatta da Minhyun è la cosa migliore del mondo, giuro. Andatevela a sentire. Sempre parlando dei gruppi citati in questa parte, sapevate che nei GOT7 c’è un membro chiamato Youngjae che è un super cutie? E sapevate che JB e Youngjae (B.A.P) sono amici irl? Infine, provate ad indovinare chi potrebbe essere l’amico di Jongup tra gli EXO. Un indizio, li ho fatti legare con una scusa davvero stupida lmao
Fa freddo, qui.
Sembra di
essere in inverno, ho persino addosso una giacca e i miei piedi sono
gelati. Piango
forever.
Non ho molto da
dire,
sinceramente. Quindi, vi ringrazio per aver cominciato a leggere questa
storia, e ci
vediamo settimana prossima!
Rainie