5. Il primo e l’ultimo
-Dai avanti, non
fare storie, voglio solo farmi un tatuaggio…-
Aria scosse la
testa, Sasha aveva tra le braccia un mucchio di vestiti neri che depositò sul
letto.
-Christina ci sta
andando con Tris e gli altri, è stata lei a dirmi che vicino al Pozzo potevamo
prendere dei vestiti nuovi!- Le disse Sasha, iniziando a rovistare fra i capi
d’abbigliamento sulla trapunta.
-Non sono contraria
ai tatuaggi, ma perché dobbiamo cambiarci?- Aria si sedette sul letto accanto,
accavallando le gambe e incrociando le braccia al petto.
-Hai visto che
vestito aveva Tris e quanto trucco si è messa Christina? Gli Intrepidi vanno lì
per divertirsi, per rilassarsi… non puoi andarci con la divisa
d’addestramento!-
Aria non rispose e,
dopo poco, si ritrovò dentro una gonna nera di pelle che le arriva al ginocchio
e un maglione mono spalla intrecciato a rete. Considerata la trasparenza fu
costretta ad indossarlo con una canottiera nera sotto.
-Maledizione! Ci
vogliono più tette per tenere su questo vestito, è troppo grande e mi scivola…-
brontolò Sasha.
Aria la guardò, nel
dormitorio c’erano solo loro due e continuava a sforzarsi di assecondare
l’amica anche se avrebbe preferito andarsene piuttosto che fare quelle prove
d’abito. Sasha indossava un vestitino nero un po’ più corto della sua gonna, ma
era senza spalline e dava proprio l’impressione di scivolarle via da un momento
all’altro.
-Dobbiamo fare a
cambio…- annunciò la bionda, sfilandosi
l’abito. –A te starà meglio, hai più curve!-
-Guarda che non ho
chissà cosa…- disse scherzando, indicandosi il seno.
-Bè quello che c’è è
comunque più del mio, dovrai accontentarti! Tieni!- le disse passandole il
vestito.
Aria lo prese al
volo e lo guardò perplessa. –Non mi pare di averlo scelto io, non mi sentirei a
mio aggio…-
-Non fare storie,
non puoi stare tutto il giorno con la pistola in mano, e io non posso andare in
giro nuda perché mi scivola giù il vestito. Togliti quella gonna e dammela!-
Pochi minuti dopo
Aria è nel bagno femminile davanti allo specchio, con sotto al naso una
pochette nera con dentro dei cosmetici. Sasha l’ha presa in prestito da
qualcuno, e lei non sa bene cosa dovrebbe farsene, perciò decide di imitare
l’amica. Prende una matita nera e la usa per delinearsi il contorno degli occhi
e poi massa un po’ di mascara sulle ciglia.
L’immagine che le
restituisce lo sguardo da dentro lo specchio non è propriamente la sua, però le
piace. Non è passata agli Intrepidi per il trucco e altre cose simili, ma per
sentirsi libera e forte. Sa che se suo padre la vedesse in quel modo la
riprenderebbe dicendole che le persone per bene non vestono in quel modo e non
usavo un trucco pensate e volgare.
La ragazza nello
specchio assottiglia lo sguardo e inarca le sopracciglia, arrabbiata. Infila la
mano nella pochette ed estrae un rossetto rosso che si passa sulle labbra.
Adesso la sua immagina non assomiglia neanche lontanamente a quella delle
signorine per bene che girano in tailleur per il quartiere degli Eruditi.
Forse gli Intrepidi
sono davvero dei selvaggi, ma adesso lei fa parte di loro, ed è libera.
Esce dal bagno e
trova Sasha intenta a pettinarsi i capelli, che da sciolti sono davvero lunghi
e belli. Indossa la gonna e il maglioncino che prima indossava lei, ma sotto
non ha nulla a parte il reggiseno nero in bella mostra sotto il maglione
forato.
-Vedo che tu le cose
o le fai per bene o non le fai!- afferma la bionda, facendo un sorrisino furbo
alla vista del suo make-up.
Aria decide di
ignorare lei e i pensieri sulle opinioni della sua vecchia famiglia, e scrolla
le spalle. –Capelli su o giù?-
Sasha le si avvicina
e le scompiglia i capelli neri con la mano, che ricadono morbidi sulle spalle,
poi estrae dalla tasca una forcina che utilizza per toglierle le ciocche scure
dalla fronte e appuntarle all’indietro.
-Scuoti un po’ la
testa e starai benissimo!-
Lo studio dei
tatuatori precede un piccolo punto di raccolta per gli Intrepidi che vogliono
rilassarsi e passare del tempo lontani dalle regole. Ci sono in tutto cinque
tavoloni e un bancone bar non troppo fornito.
Nel suo tavolo sono
in tre, lui e altri due compagni. Non hanno la sua stessa età, hanno entrambi
un anno in più. Stanno parlando fittamente, discutono di qualcosa che a lui non
interessa, per il semplice fatto che lui è troppo stanco.
È davvero stanco.
Al quartier generale
degli Intrepidi la situazione è sempre più complicata, volano ordini e direttive
da tutte le parti. Nessuno parla con nessuno, si agisce nel più totale
anonimato senza potersi fidare di collaboratori che per anni sono stati fedeli
compagni, ed ottimi aiuti. Solo loro capifazione sanno la verità, e non possono
smettere neppure per un attimo di raccogliere informazioni e custodirle con
cura per scopi futuri.
È così stanco che
vorrebbe solo mandare tutto al diavolo e dormire, ma sa che se anche solo ci
provasse non ci riuscirebbe. La musica alta del locale allontana i suoi
pensieri, e la bottiglia di birra che ha in mano lo aiuta a dimenticarli. I
suoi compagni continuano a parlare, e parlano senza sosta, tra risa e insulti.
-Secondo me sei tu
che hai gusti difficili, Nick! Insomma, non è che le ragazze non te la danno,
sei tu che fai il difficile…-
-Bè, quella me la farei volentieri!-
Eric coglie
l’euforia nella voce di Nick e, quando anche l’altro amico si gira per capire
di chi stia parlando, lui alza gli occhi e la vede.
La prima cosa che nota
sono i suoi occhi, la riconoscerebbe ovunque con quelle iridi color del cielo
notturno, che sembrano sempre spenti ed estranei ad ogni emozione. Si posano su
ciò che le sta intorno quasi con superiorità, dandole un aspetto altero ed
arrogante, ma lui ha visto la scintilla che li attraversa quando è determinata,
e sa cosa nasconde.
La seconda cosa che nota,
inevitabilmente, sono le sue gambe scoperte. Sono pallide come il resto delle
sua pelle, con la leggera muscolatura che inizia a farsi notare dopo tutti gli
allenamenti. A lasciarle così scoperte è il vestito nero che indossa, che le
arriva a metà coscia, fasciandole poi il corpo e terminando retto sul seno,
senza scollature profonde e senza spalline.
-Pensi che abbia un
bel culo? Non riesco a vedere bene …- Chiede Nick, muovendosi di qua e di là
per inquadrare meglio la sua preda.
-È un’iniziata, ha
sedici anni. Non fare il pervertito!-
-Pensi che non
sappia scopare?-
Eric sente qualcosa
che conosce molto bene crescergli nello stomaco e, poiché conosce molto bene
quella sensazione, sa come controllarla. Sa che è rabbia, rabbia cieca, e sa
che quando lo assale gli toglie la capacità di ragionare in maniera lucida e lo
porta ad azioni non sempre adeguate. Sa benissimo cosa scatena in lui quella
furia e, se sa come affrontarla, non sa invece per quale ragione lo abbia colto
in quel momento.
È così stanco che
non ha voglia di pensare, non ha voglia di agire, vorrebbe solo chiudere gli
occhi e ucciderli tutti. Vorrebbe che il progetto che sta cercando di
realizzare con gli altri capofazione si realizzasse subito e gli togliesse di
mezzo il ragazzo che gli sta seduto vicino.
Solleva gli occhi e
la osserva ancora, lei è sempre lì, vicino alla biondina sua amica, e aspettano
vicino alla porta del tatuatore.
Vede le sue ciglia
nere più lunghe del solito, la linea dei suoi occhi affilati più decisa e poi,
per ultimo, le sue labbra. Le ha già notate altre volte, sa che sono gonfie e
rosse, ma adesso lo sono molto di più. È colpa di un rossetto, si vede. E non è
solo colpa del rossetto.
Non è solo colpa di
Nick.
È colpa sua.
È lei che gli toglie
la capacità di ragionare in maniera logica e che lo fa infuriare, indossa un
abito troppo corto e un trucco troppo provocante. È bellissima, ma non vorrebbe
vederla così e non dovrebbe vederla nessun altro. La rabbia lo soffoca, cresce
e non accenna a scemare.
Serra le mani
attorno alla bottiglia, beve un sorso e desidera che qualcuno picchi a sangue
Nick e che prende a schiaffi lei, togliendole quella macchina rossa dalle
labbra.
Poi capisce che
desidera essere lui a fare entrambe le cose.
La voglia quasi lo
spinge ad alzarsi, quando, nella luce soffusa tendente al rosa che avvolge la
sala, lei si volta e lo guarda.
I suoi occhi lo
incatenano, le sue labbra si schiudono in un accenno di sorriso, così poco
evidente, che gli pare quasi di esserselo immaginato. Che ci sia stato o meno,
però, le si illumina ugualmente lo sguardo e lui vorrebbe quasi calmarsi, ma
non ci riesce e continua a serrare le dita contro la bottiglia. Ha la mascella
così tanto contratta che inizia a dolergli e inizia vedere nero.
Poi la vede
abbassare timidamente lo sguardo, e le sue ciglia le sfiorano gli zigomi, prima
che volti la testa dall’altra parta senza più girarla verso di lui.
Improvvisamente
nella sua mente si fa tutto buglio e si sente trasportare in un altro luogo.
Lei è lì, davanti a lui e nell’oscurità la spinge contro un muro mentre si
china su di lei per assaporare le sue labbra. Vuole sapere che sapore ha quel rossetto,
vuole sapere se è amaro o dolce, e lei non oppone resistenza. Risponde al bacio
piegando la testa all’indietro e lui ne approfitta per metterle una mano dietro
la schiena e spingerla contro il suo petto. Sente le sue piccole mani
aggrapparsi al suo petto e una scossa elettrica gli attraversa lo stomaco e
scende più in basso, non ha più freni e decide di afferrarle la gamba nuda con
la mano libera e di stringerla fino a farle arrossare la pelle.
Poi sbatte le
palpebre e torna alla realtà.
E allora capisce che
non è lei ad avere colpa, e che nessuno dovrebbe mai schiaffeggiarla, men che
meno lui. Capisce che è ancora il suo diamante da custodire.
Nick ha scelto il
momento meno opportuno per lasciarsi andare a commenti sgradevoli, ma non
merita di morire. Il secondo dopo cambia idea.
-Chissà quante cose
sa fare con quella bocca… Ahi!-
L’amico è costretto
a finire la frase con un mezzo grido di dolore, poiché un pugno lo ha colpito
con forza sulla mano che aveva sul tavolo.
Eric ritira il pugno
con cui ha colpito senza scomporsi, continuando a tenere lo sguardo fisso
davanti a sé e beve un altro sorso dalla bottiglia.
Nick si guarda la
mano colpita, poi si scambia un’ occhiata con il loro compagno che gli sta
seduto di fronte e infine guarda Eric. –Scusa amico, non sapevo fosse roba
tua.-
Eric vorrebbe tanto
dirgli di chiudere il becco, dirgli di tenere i suoi pensieri per sé e che non
ha capito nulla. Vorrebbe dire che la ragazzina non è sua, non ancora almeno.
Che è troppo piccola per lui, e che non la vede in quel modo. Vorrebbe
picchiarlo, ma sa che non può e che dovrebbe limitarsi a dirgli che ha capito
male e che le cose non stanno nel modo che pensa.
Dovrebbe.
Solleva ancora la
bottiglia e beve un lungo sorso di birra, poi posa la bottiglia sul tavolo.
-Adesso lo sai.-
Aria abbassò lo
sguardo e non lo risollevò fino a quando Sasha non le si parò di fronte per
urlarle all’orecchio, dato il volume alto della musica.
-Ho parlato con la
tatuatrice, si chiama Tori. Ha detto che non appena finisce il tatuaggio che
sta facendo ad un ragazzo, possiamo andare noi!-
La ragazza bionda
notò, nonostante le luci soffuse, la strana espressione dell’amica. –Cosa c’è
che non va? Ho scelto la donna per il tatuaggio, come volevi tu!-
Aria la guarda e
sorrise. –Sì, perfetto!-
-Sembra che ti sia
passata la morte davanti…-
Non rispose. Forse
Sasha non era andata poi tanto lontana dalla verità, nonostante non avesse
visto lo scambio di occhiate tra lei e il più giovane dei capifazione. Aveva
ancora i brividi addosso e, per quanto ne sapesse, un semplice sguardo non
avrebbe dovuto avere il potere di scuoterle l’animo a tal punto.
Ma quello non era un
semplice sguardo.
Eric se ne stava
seduto a bere ad un tavolino con quelli che dovevano essere i suoi amici,
vedendola, l’aveva trafitta con un’ occhiata penetrante che sembrava capace di
scannerizzare ogni suo pensiero. I suoi occhi sembravano persi in un mondo a
lei sconosciuto, come quelli di un esploratore che trova il suo tesoro, ed una strana
emozione li aveva attraversati, simile al desiderio.
Puro e semplice
desiderio.
Poi qualcosa era
cambiato, l’espressione si era indurita e Aria aveva temuto per la sua
incolumità. Non credeva possibile individuare tanta rabbia in una sola persona,
era una furia ceca pronta ad esplodere e, se prima le era apparso come una
bestia affamata, con la collera che traboccava dai suoi occhi sembrava una
bestia sul punto di attaccare.
-Voglio farmi
tatuare il simbolo degli Intrepidi sul dorso della mano…- spiegò Sasha,
cercando di sovrastare la musica. –Così, se mi ritroverò fra gli Esclusi, mi
ricorderò della scelta che ho fatto!-
Aria si riscosse dai
propri pensieri e guardò l’amica. –Tu non sarai un’ Esclusa!-
-È una possibilità
da tenere in considerazione, e voglio essere preparata!-
Poco dopo, nelle
studio del tatuatore, Aria si ritrovò a ringraziare mentalmente Sasha ed il suo
decolté per averle fatto indossare quel vestito che si era rivelato più che
adatto alla situazione. Poiché aveva scelto di farsi tatuare parte della
schiena, le era bastato abbassare la cerniera dell’abito per poter permettere
alla tatuatrice di lavorare senza doversi spogliare e mettere troppo in mostra,
cosa che con la maglia forata e la canotta non sarebbe stato possibile fare.
E così se ne stava
seduta a cavalcioni sulla poltrona, girata dal verso opposto con i gomiti sul
poggia testa, mentre con le braccia sorreggeva la parte davanti del vestito
slacciato per non farlo cadere.
Sasha aspettava
seduta su una sedia addossata alla parete dello studio, continuando a soffiare
sulla propria mano per alleggerire il bruciore del tatuaggio appena fatto. Come
aveva detto si era fatta stampare il simbolo degli Intrepidi, che adesso le
ricopriva il dorso della mano destra.
Aria chiuse gli
occhi e cercò di non pensare al bruciore martellante che le percorreva la
schiena. Sentiva la mano di Tori seguire verso l’interno la linea dalla sua
scapola sinistra, per poi scendere in diagonale verso le costole, e seguirne la
linea sopra il fianco.
Il progetto del
tatuaggio che aveva lei stessa scelto ed ideato, con i consigli della
tatuatrice, prevedeva un piccolo ghirigoro alla base del collo, proprio sotto
l’orecchio sinistro, staccato dal resto del disegno sulla schiena. Vi passò la
mano sopra, sentendo la pelle ancora infiammata, e accarezzò con le dite le
linee di quella parte di tatuaggio già finito, che si intrecciavano su una
piccola parte della sua nuca.
Quando, oltre le
tende velate dello studio, vide passare la figura imponete di un capofazione a
lei noto, il cuore le mancò di un battito e la sua mano si paralizzò sul collo.
Eric sfilò davanti a
lei, seguito dai ragazzi che erano seduti con lui al tavolino e, per tutto il
tempo, non le tolse gli occhi di dosso.
Accarezzò con lo
sguardo il suo braccio scoperto seguendolo fino alla mano ancora appoggiata al
collo, poi si spostò sui contorni della sua figura accavallata alla poltrona e,
infine, raggiunse la mano di Tori che continuava a lavorare sulla sua schiena
nuda.
Aria si pentì
dell’espressione di stupore che aveva delineata fra i proprio lineamenti,
poiché in quel momento Eric le ricambiò lo sguardo, e mai avrebbe voluto che la
vedesse in quel modo. Forse riusciva a sentire il vuoto che avvertiva lei allo
stomaco, forse riusciva a vedere il rossore delle sue guancia attraverso il suo
imbarazzo.
Il ragazzo dovette
girare la testa per continuare a guardarla mentre avanzava ma, dopo il loro
ultimo scambio di sguardi, lo vide sogghignare divertito, ed abbassare
finalmente la testa e proseguire per la sua strada sparendo dal suo campo
visivo.
Quando l’incanto fu
spezzato, Aria ricominciò a respirare. Tolse la mano dal collo e se la portò
sul petto, dove il cuore batteva all’impazzata.
Aveva abbandonato
Quattro sul ring a raccogliere un ragazzino trasfazione, lasciando che fosse
lui a prendersi il disturbo di portarlo in infermeria dopo che il suo
avversario lo aveva steso.
Lui aveva altro da
fare, appartata in un angolo della palestra c’era una ragazza seduta su di una
trave di legno che usavano come ostacolo durante gli allenamenti. Dondolava le
gambe e si teneva con entrambe le mani ai lati dei fianchi per non cadere e,
quando vide che la stava raggiungendo, abbassò tranquillamente la testa come se
niente fosse.
Eric l’affiancò
appoggiando i reni alla trave, poi incrociò le braccia al petto. –Credo di aver
trovato il modo per farti vincere contro Peter!- le annunciò sovrappensiero,
senza guardarla.
-A sì?- rispose lei,
voltandosi verso di lui. Sul viso aveva un’ espressione serena e vide
distintamente la scintilla di entusiasmo e di speranza che le attraversò gli
occhi.
Povera illusa.
–Sì, potresti presentarti sul ring con il vestito di ieri sera!-
Aria alzò gli occhi
al cielo e tornò a prestare attenzione a quello che succedeva davanti a loro,
senza cogliere minimamente la provocazione. Al contrario, nascose un risolino e
scosse la testa, come se stessero realmente dialogando alla pari. –Dici che gli
farei venire un infarto?-
Piegò la testa di
lato e scrollò le spalle. –Oppure un’ erezione!-
L’occhiata che gli
lanciò, e la velocità con cui si era voltata, per poco non fecero crollare la
sua serietà. Era indignata, quasi sconvolta o forse profondamente offesa.
Nonostante cercasse di non guardarla, colse con la coda dell’occhio il rossore
che le imporporò le guance. –Cosa c’è?- le chiese malizioso, grattandosi
distrattamente il collo. –Pensavi di potere andare in giro in quel modo, senza
suscitare delle reazioni in un uomo che ti guarda?-
-E in te quali reazioni
ho suscitato?-
A quelle parole, si
voltò subito verso di lei.
Aria era stanca, se
era arrossita una volta non lo avrebbe fatto ancora. Lo vide nel sorrisetto
malizioso e arrogante con cui gli sosteneva lo sguardo, e lesse nel suo viso,
teso verso il suo, tutta la sua determinazione. Evidentemente non voleva più
recitare la parte della brava ragazza, voleva giocare ancora con il fuoco e
tenergli testa, per dimostrare che anche lei sapeva provocarlo.
Era un gioco
pericoloso il loro, ma a farsi male non sarebbe stato certo lui.
Serrò la mascella,
alzò il mento e guardò davanti a sé. Se quella ragazzina intendeva scomporlo o
coglierlo in contro piede aveva sbagliato di grosso, tuttavia, era deliziato
dalla sua ritrovata arroganza. Non molte avrebbero osato tanto, essendo capaci
di ribaltare la situazione.
-Perché, da come mi
hai guardata, potrei dire che tu sia quasi riuscito a vedere il colore della
biancheria che indossavo sotto…- Gli sussurrò all’orecchio.
Stava decisamente
giocando con il fuoco. Un brivido gli attraversò lo stomaco e scese più in
basso mentre, qualcosa di simile alla rabbia eppure totalmente diverso, gli
solleticava la mente.
Si voltò a guardarla
e la trovò ancora con il viso allungato verso di lui per arrivare alla sua
altezza, gli occhi scuri brillanti di coraggio.
Avrebbe anche potuto
complimentarsi con lei, ma non ne vedeva il motivo dato che sapeva
perfettamente come rimetterla al suo posto.
-Magari…- le disse abbassandosi contro il suo viso,
soffiandole sulle labbra. –La prossima volta puoi venire a mostrarmi
direttamente tu cosa indossi sotto la gonna…-
Quando il rossore
esplose lentamente sotto la pelle delle sue guance, Eric si leccò avidamente le
labbra, godendosi la sua vittoria. Vide tornare sul suo viso la vergogna, e i
suoi occhi spalancarsi per lo stupore.
Sta volta si fece
scappare una risata di pura soddisfazione, mentre lei si raddrizzava sulla
trave, imbronciata e ancora tutta rossa in viso. Aria teneva le testa bassa e
la mani serrate attorno alla trave, la coda di cavallo in cui aveva raccolto i
capelli lasciava scoperto il collo elegante, dove intravide un piccolo
tatuaggio. Sotto l’orecchio sinistro si intrecciavano linee stilizzate che
riconobbe come onde marine che, sinuose, sembravano accarezzarla la nuca. Era
solo un piccolo disegno, raffinato e astratto, ma si chiese perché avesse
scelto proprio le linee di un’ onda d’acqua.
Poteva già
dichiararsi soddisfatto, aveva ottenuto quello che voleva, ovvero provocarla e
imbarazzarla, ma non poteva certo lasciarsi sfuggire l’occasione di mandarle
nuovamente in fuoco le guance.
-Magari, la prossima
volta, sarò io a toglierti i vestiti per vedere il tatuaggio che ti sei fatta
sulla schiena!-
Avanzò a grandi a
passi, deciso, spietato.
Dentro il poligono
la vide, stava rimettendo in ordine le pistole sul tavolo, le vide piegare le
labbra in un sorrisino e abbassare gli occhi per non trovarsi faccia a faccia
con lui.
-Sei in ritardo,
stavo quasi per credere che oggi non saresti venuto!-
Si accorse di ciò
che aveva detto, ma non vi prestò attenzione. Ricordava come si erano lasciati,
con lui che aveva fatto allusioni sulla sua schiena nuda, per poi lasciarla
seduta dov’era per andarsene. Forse era quel loro piccolo scontro che le dava
il coraggio per rivolgerglisi in quel modo, forse voleva solo dimostrare che
anche lei sapeva giocare ed essere alla sua altezza.
Non gli importava.
Non gli importava nulla.
Non si fermò, non
passò troppo tempo ad osservarla, si limitò a raggiungerla con passo spedito.
La vide allontanarsi
dal tavolo, guardarlo senza capire e posare su di lui il suo sguardo
stupefatto, quasi spaventato.
Non gli importava.
Non poteva importargli.
Le arrivò davanti e
l’afferrò mettendole le mani ai lati del viso per attirarla a sé e baciare
ferocemente le sue labbra.
Passarono i secondi,
ed Eric si preparava per ricevere le sue proteste, per una sberla sul suo viso,
o per uno dei suoi sguardi indignati mentre le guance le si imporporavano.
E invece non
successe.
Lei ricambiò il
bacio.
La sentì sollevarsi
in punta di piedi e allungare le sue braccia delicate verso il suo collo.
Lasciò che si aggrappasse a lui, che gli passasse una mano dietro la nuca e che
con l’altra, come aveva immaginato, si aggrappasse invece al suo petto.
Quando la sentì
inarcare la schiena contro di lui spostò le proprie mani dal suo viso ai suoi
fianchi, stringendola a sé con fin troppa forza. Le passò ferocemente la mani
sulla vita, sui fianchi, e la imprigionò in una morsa prepotente.
Intanto il bacio
cresceva, assaporava quelle labbra e lasciava che si schiudessero per lui,
cercando quasi a forza il contatto con la sua lingua ma lei continuava a non
opporre resistenza. Così continuo a divorarla tramite quel bacio, a godersi il
suo corpo fra la proprie mani, baciandola con crescente bramosia.
Poi le afferrò
nuovamente il viso fra le mani, le morse con forza il labbro inferiore e,
quando lei si lasciò sfuggire un gemito di dolore, la costrinse a staccarsi e a
guardarlo negli occhi.
Lo guardò con
rancore.
-Ricordarti bene
questo momento,- le disse col fiato corto, abbassando poi gli occhi sulle sue
labbra gonfie ed arrossate nel punto da lui morso. –Perché sarà il primo e
l’ultimo.-
Detto ciò la lasciò,
non prima di essersi assaporato la sua espressione turbata. I suoi occhi
cobalto erano colmi di desiderio e di un calore di cui voleva ancora nutrirsi
ma, nel profondo di quegli occhi, si nascondeva una scintilla di rabbia. Forse
per il morso, forse per la brusca interruzione.
O forse per il
momento stesso di passione.
Non disse nulla, se
ne andò, lasciandola per la seconda volta nell’arco di poche ore sola e senza
fiato.
Continua…
Scusate per il
ritardo, questo capitolo è un po’… diverso dagli altri! Che ne pensate? Fatami sapere,
baci e grazie…