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Autore: Ainely    21/08/2014    1 recensioni
2022. Il punto di non ritorno è stato superato e la Terra è sull'orlo di un imminente collasso e c'è solo una possibilità per l'umanità: riuscire ad essere selezionati per il progetto "La Culla", un'isola artificiale nel mezzo del Pacifico dove una cerchia ristretta di scienziati dà la possibilità di creare un secondo Eden per non far estinguere l'uomo. Tuttavia strani segreti si celano dietro a questo progetto tanto ambizioso ed altruista che vedrà coinvolte tre persone trecento anni dopo per smascherare i reali intenti del Concilio dei Sette a sua volta in lotta con un "esperimento" sfuggito al loro controllo assetato di vendetta.
Genere: Azione, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo 3
-Poor Berni-

 





 

La luce del sole era diventata intesa e filtrava senza alcun ostacolo dalla finestra per poi finire sul volto di Arthur, ancora assopito mentre restava sdraiato sul pavimento in mezzo ai propri indumenti, ai propri libri e a tutto il resto che era stato messo sotto sopra.

Lentamente il giovane aprì gli occhi avvertendo immediatamente il bruciore causato dalla luce e con un gesto meccanico si strofinò le palpebre con una mano chiusa a pugno, quel che era successo poco prima era piuttosto confuso sebbene difficile da dimenticare, automaticamente si guardò attorno ed oltre al disordine si accorse che Dee era seduto con la schiena appoggiata al muro e lo stava guardando con aria pensierosa, come se i suoi occhi lo avessero portato in un luogo lontano da quello in cui si trovavano.

Rendendosi conto della propria nudità, Arthur, afferrò la propria casacca coprendosi il petto ed il ventre mentre arrossiva vistosamente nel fissare il corpo nudo e magro dell’altro.

 

“Perchè non mi hai svegliato?” chiese con un accenno di irritazione e di vergogna, chissà da quanto tempo lo stava fissando e chissà che altre cose gli erano venute in mente nel frattempo, ma Dee sembrò riaversi solamente per caso, una voce lo aveva definitivamente distolto dai suoi pensieri e sbatté le palpebre prima di poter fissare negli occhi Arthur.

 

“Perchè avrei dovuto farlo? Parli troppo… anche prima, non facevi altro che parlare.” tagliò corto con un sorriso decisamente perverso mentre si passava la lingua sulle labbra con un gesto meccanico e famelico, doveva ammettere a se stesso che quel tipo non era poi così male, forse inizialmente un po’ troppo frigido.

 

Immediatamente Arthur si sentì in dovere di fare e di dire qualcosa che ponesse una sorta di barriera tra lui e Dee, si irrigidì e con aria indignata replicò a tono.

 

“Avrei dovuto tacere? E’ così che tratti i tuoi amanti? Non mi stupisce il fatto che tu sia dell’Esterno”. Sollevò il mento e guardò un punto impreciso del soffitto senza rendersi conto che Dee s’era mosso avvicinandosi con le labbra al suo orecchio intento a sussurrargli con evidente malizia e voglia di provocarlo.

“Ad ogni modo le cose selvagge sembrano piacerti parecchio, coniglietto”, si stiracchiò come un gatto ignorando bellamente l’espressione atterrita del ragazzo, “Ad ogni modo il mio l’ho fatto, ora sei convinto che non sono nè pazzo nè uno di voi crodiani”.

 

“Cradleniani”, lo corresse con spocchia mentre si rivestiva per potersi sentire maggiormente a proprio agio e ricominciò a parlare con malcelata ansia, “Mi sembra quasi impossibile pensare che al di fuori dell’isola ci possano essere persone che vivano una vita piuttosto civile. Insomma, basta vederti…” lo indicò con un gesto della mano destra, “Volgare, violento, subdolo e perverso”.

 

Tutti complimenti per Dee che annuì con un sorriso piuttosto bastardo mentre se ne stava tranquillo nella posizione in cui Arthur lo aveva trovato una volta svegliatosi, sapeva benissimo chi fosse e quale era il suo carattere, così come era a conoscenza del fatto che non fosse un santo nè un diavolo ma semplicemente seguiva quel che dettava il suo istinto, non c’era tempo per ponderare su certe cose, non esisteva galanteria in un mondo in cui tutti cercavano di superare gli altri per potersi garantire un po’ di sopravvivenza.

 

Il mondo esterno alla Culla era rimasto pressochè invariato da come i primi “coloni” lo avevano lasciato, il clima era rimasto piuttosto instabile ma col passare delle decine di anni aveva trovato una sorta di equilibrio precario in cui la popolazione si era stabilita cercando di riprendere le redini delle loro vite, per convincersi che non tutto fosse finito, tuttavia nulla era semplice, la crisi economica aveva trascinato con sé migliaia di vittime e naturalmente il valore del denaro aveva raggiunto record mai registrati prima fino a diventare della mera carta straccia da usare per alimentare un piccolo falò per riscaldarsi. Chi era agiato naturalmente non aveva risentito in maniera eccessiva di quello schiaffo mondiale e continuava la propria vita con qualche piccola rinuncia riguardandosi dal lasciar avvicinare chi era diventato un delinquente per poter tirare avanti. Dee aveva infatti spiegato che in un certo qual modo erano sì bestie ma solamente per potersi difendere da chi approfittava di quella situazione ormai priva di alcun controllo per poter dar sfogo alle proprie perversioni, al proprio sadismo e alla propria crudeltà. Gli raccontò anche che nella vita faceva il giornalista e che raccoglieva informazioni bollenti per poi rivenderle ad importanti testate, ma mai prima di quel momento era riuscito a cacciarsi in qualcosa di così grande e soprattutto pericoloso. Nei continenti non si parlava da almeno un centinaio di anni dell’isola artificiale nè ci si interessava più a sapere se fosse o meno qualcosa di reale o semplicemente una favola di un piccolo continente utopico come la lontana Atlantide.

 

Arthur era rimasto sconcertato da quelle rivelazioni e non sapeva se dubitare delle sue parole oppure lasciare che quelle informazioni distruggessero la sua solida realtà. Si trovava davanti ad un bivio che portava irrimediabilmente allo stesso baratro.

Lentamente il suo sguardo tornò a posarsi sul caos che era diventata la sua casa, la sua intimità era stata brutalmente violata, rovesciata e così la sua stessa mente era stata riempita e svuotata completamente mentre vi restava l’eco di un vortice di emozioni che se non stava attento rischiava di esserne completamente schiacciato e si ritrovò a pensare che quello stesso ciclone non fosse che quel misterioso individuo, Dee.

Nel frattempo Dee sembrava aver perso quell’aria riflessiva e distratta e s’era messo a frugare tra i vestiti sparsi a terra alla ricerca di qualcosa di decente da indossare, sembrò aver fortuna perchè riuscì a trovare un paio di pantaloni hakama verde smeraldo della taglia giusta e li indossò con una strana espressione sul volto, come se si sentisse tremendamente scomodo con quei pantaloni così scampanati. Dopotutto era abituato ai suoi pantaloni di pelle nera lucida e alle cinture borchiate strette alla vita sottile, veniva da un mondo completamente alieno e tutto quel posto appariva ai suoi occhi come un immenso trucco da circo per abbagliare gli occhi di chi vi viveva come se lo stesso pubblico fosse stato al posto della tigre o del leone nel percoloso salto nel cerchio infuocato.

I loro occhi si incrociarono ancora una volta e non poté che sorridergli, se solo Arthur avesse saputo che era più giovane di lui sicuramente lo avrebbe visto arrossire fino alle punte dei capelli.

 

“Certo che per avere ventinove anni sembri davvero un ragazzino, in ogni ambito. Ad ogni modo ho una proposta da farti”, la sua espressione mutò lentamente e da maliziosa e divertita divenne quasi fredda e crudele, sadica. Si avvicinò a lui prendendogli a forza il mento tra le dita sottili e riprese a parlare.

“Se tu non dirai a nessuno che mi hai visto e che hai parlato con me, io non ti ucciderò prima di andarmene da casa tua.”

 

Arthur parve non afferrare subito il significato delle sue parole ma il tono con cui gli parlò servì per fargli capire che non stava scherzando e né lo stava prendendo in giro, aveva intenzione fin dall’inizio di ucciderlo? Sentì la paura stringergli le viscere in una morsa terribile e gli occhi non seppero su cosa soffermarsi perchè ogni cosa che lo circondava gli pareva essere pericolosa e maligna. In quel momento si sentì come un foglio di carta che veniva pericolosamente e dolorosamente stracciato a metà, non solo la sua casa era stata completamente sventrata, non solo quell’uomo l’aveva sedotto per puro compiacimento ma ora gli stava dicendo che non gli interessava minimamente che vivesse o che morisse.

Era stato sciocco a non pensarci prima, chi mai racconterebbe tutto -soprattutto qualcosa di così segreto- a qualcuno per poi lasciarlo in vita?

Abbassò lo sguardo accorgendosi in un secondo momento che stava piangendo.

 

“Allora? Che vuoi fare?”, Dee lo incalzò per dargli una risposta ma in quel momento qualcuno bussò alla porta di ingresso. I due parvero sussultare ma Dee non sembrava essere eccessivamente sconvolto, era abituato a difendersi e non avrebbe avuto alcun timore a menar le mani in caso di necessità.

Si alzò lentamente in piedi e raccolse un grande frammento di un vaso in vetro e lo tenne nascosto dietro la schiena mentre con la mano sinistra aprì la porta quel che bastava per vedere chi diavolo fosse.

La luce del giorno parve entrare violentamente da quello spiragio e Dee strinse gli occhi a fessura per poter scorgere l’uomo vestito di verde che attendeva. Aveva un aspetto ordinato -come tutta quella dannata gente, si disse- capelli castani lunghi fino alle spalle e tagliati in un simil caschetto dall’aria molto dubbia, secondo i suoi gusti personali, ed un naso sottile ma importante. L’uomo parve essere sorpreso nel vedere qualcun altro al posto di Arthur, e per giunta Dee era ancora a petto nudo con un’espressione quasi truce mentre aspettava che l’altro dicesse o facesse qualcosa.

 

“Buongiorno, fratello. Sono Berni, il compagno di Arth-”

 

L’uomo accennò un vago sorriso imbarazzato mentre pronunciava quelle parola ma venne bruscamente interrotto dalla voce tagliente del giovane Esterno che gli disse -quasi con aria gelosa e stizzita-:

“Vedi di sparire, Arthur non ti vuole più, dice che sei incapace a letto. Va’ ad esercitarti con un cuscino, eh?”.

Detto ciò gli sbatté la porta in faccia ed allentò la presa sul pezzo di vetro che stringeva in mano, fortunatamente s’era trattato solamente di un “cretino” e non di una di quelle guardie in nero che avevano l’ordine di catturarlo e di riportarlo indietro, nel palazzo della Madre.

Tuttavia Arthur era rimasto sconcertato dalle sue parole e dal modo in cui le aveva pronunciate, aveva davvero detto quelle cose a Berni?

Un momento, aveva detto quelle cose a Berni!

Scatto in piedi e lo guardò con aria di rimprovero puntandogli contro l’indice.

 

“Non dovevi permetterti di dire quelle cose a Berni! Ora come farò per chiedergli scusa per la tua insolenza?!”

 

Arthur pareva essere furioso, forse lo era davvero per la prima volta in tutta la sua vita e si dimenticò perfino della minaccia che Dee gli aveva sussurrato con tanta naturalezza qualche attimo prima.

Per contro, l’Esterno, piegò l’angolo della bocca in un modo ambiguo e lo afferrò per la vita premendoselo contro il proprio petto.

 

“Non lo farai, perchè si vede benissimo che preferisci me a lui. Il pericolo ti spaventa e ti eccita al contempo, altrimenti avresti fatto di tutto per sfuggirmi, non è così coniglietto? Ora però ho bisogno di te, ho intenzione di fargliela pagare. Tutti dovranno sapere, ma prima di tutto di dovrai credermi. Non sono così stupido anche se mi consideri una bestia rabbiosa, sai?”

 

Gli occhi blu di Arthur lasciavano trasparire tutte le sue emozioni mentre guardavano con aria sconcertata il suo “carnefice”, tutto ciò che aveva detto era vero e mai prima di allora aveva incontrato qualcuno capace di leggergli l’anima in quel modo, non seppe nemmeno dirsi perchè annuì alle sue parole ma sapeva che tutto sarebbe cambiato, qualcosa di grande e soffocante era sceso sulla Culla, parte delle sue convinzioni si erano dissolte come la nebbia al mattino.







 

Aalim stava camminando a passo svelto lungo uno dei lunghi corridoio sotterranei del Palazzo della Luce, solamente in pochi erano a conoscenza degli avanzatissimi laboratori che si sviluppalano lì sotto ed altrettanto in pochi sapevano quali tipi di ricerche vi venivano svolte. Fortunatamente Aalim era uno di quelli che sapeva e non sapeva, aveva imparato a scegliere che cosa conoscere e che cosa prefire non sapere per poter sempre sopravvivere in un mondo di leoni e di vipere sebbene lui stesso non fosse di certo un agnello in mezzo a tanti predatori dopotutto agiva per mano della Madre e si poteva considerare come una sorta di “mano insanguinata” della divinità a cui aveva giurato completa fedeltà prestandole i suoi servigi fino a quando avrebbe avuto vita in corpo.

La sua camminata lo stava portando ad una delle sale dove venivano tenuti centinaia e centinaia di monitor collegati a videocamere che registravano ogni angolo ed ogni via dell’isola, in tal modo avrebbe avuto qualche possibilità di scoprire dove si fosse nascosto il fuggitivo, ma nello svoltare l’angolo per imboccare un altro corridoio si ritrovò a non iù di una decina di passi un uomo dalla pelle d’alabastro, molto alto e con i capelli crespi rasati in maniera precisa ed ordinata. Era vestito con abiti decisamente diversi dai suoi benché fosse ugualmente un soldato e non ebbe alcuna fatica a capire che si trattava di un inviato delle forze speciali nell’Esterno.

La Culla s’era creata anche un piccolo plotone di uomini più che preparati per comunicare e scambiare merci o persone con i continenti esterni e conseguentemente a loro era concesso un tipo di equipaggiamento molto diverso da quello delle Guardie Nere.

Si poteva anche dire che tra le due sezioni vi fosse sempre stata una certa rivalità in quanto a tecniche e a poteri nell’esercizio della forza.

I due continuarono a camminare l’uno verso l’altro fino a quando non furono talmente vicini che si scontrarono entrambi con una spalla.

Aalim si voltò per guardare l’uomo di colore con aria quasi truce e l’altro parve invece osservarlo con superiorità, come se non valesse la pena di sprecare il proprio tempo con uno come lui.

Il vero problema era che entrambi si conoscevano per fama.

Syn, si disse mentalmente il giovane dai capelli ramati e dagli occhi dorati, come quelli di una volpe fulva, aveva sentito dire che fosse un mercenario Esterno pagato dal Concilio dei Sette per le missioni di particolare violenza e velocità, era un assassino veloce sebbene grossolano nei propri metodi, il ché lo faceva stizzire perchè a differenza di Syn, lui preferiva di gran lunga uccidere con più eleganza, senza però negare alla vittima la sua folle crudeltà.

 

“Vedi di guardare dove cammini, ragazzino”, gli disse Syn con voce profonda ed un poco canzonatoria.
 

Aalim non rispose alla provocazione ma semplicemente gli diede le spalle proseguendo a camminare per poi fermarsi e senza voltarsi replicò con tono freddo.
 

“E tu smettila di pensare troppo a me, ai miei occhi vali niente.”


Syn ridacchiò scuotendo il capo mentre guardava il giovane dargli le spalle e detto ciò entrambi sparirono, inghiottiti dall’infinita lunghezza di quei tunnel silenziosi.






Continua...



Ed eccoci qui, finalmente qualche schizzo dei personaggi!
In questo capitolo troviamo la misteriosa Madre, ringraziamo Zilypon per il disegno!


   
 
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