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Autore: MidnightChaos    22/08/2014    1 recensioni
"Cyborg: ll termine cyborg o organismo cibernetico (anche organismo bionico) indica l'unione omeostatica costituita da elementi artificiali e un organismo biologico. Nasce dalla contrazione dell'inglese cybernetic organism, per l'appunto organismo cibernetico.
Il confine tra essere umano e cyborg è sempre più sfumato, basti pensare ai progressi delle tecnologie applicate alle protesi e agli organi artificiali: una persona dotata di un pace-maker potrebbe infatti già corrispondere alla definizione di cyborg.”
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Una storia originale, il cui protagonista maschile è Harry...che però non è un essere umano,è qualcosa di diverso. E' qualcosa composto da carne e circuiti. Entrate a leggere se vi ho incuriosito almeno un po' :)
Genere: Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cuore di Cyborg.






-Mi raccomando, rispondi come abbiamo programmato e se ti fanno domande strane fai il misterioso- ripassai un’ultima volta
-Come faccio a fare il misterioso?
- Basta che non gli rispondi…fai uno dei tuoi silenzi enigmatici e basterà- lo rassicurai.
Entrai in classe cercando di mantenere il controllo e fingendo che fosse una mattina come le altre. Quando mi ero svegliata Harry aveva già finito di occuparsi di tutto. Si era creato una finta identità, si era aperto un conto corrente e ci aveva messo un po’ di soldi hackerando non sapevo quale banca e ovviamente, si era iscritto alla mia scuola, nella mia classe, così potevo tenerlo sotto controllo.
Mi sedetti come al solito accanto a Gloria mentre Harry andò a sedersi nell’unico banco libero in fondo alla classe, ahimè, proprio accanto a Caroline, una delle galline più popolari della scuola. Il solito clichè insomma.
Caroline ovviamente non aspettò nemmeno un secondo per presentarsi al robot e iniziare a fargli gli occhi dolci. Chissà se i suoi ingranaggi erano capaci di carpire questi piccoli segnali di civetteria…ne dubitavo altamente.
-Che ci fa lui qui? – mi chiese la mia compagna di banco senza nemmeno darmi il buongiorno.
-Si è trasferito – le risposi senza darle troppe spiegazioni.
-Ma lo conosci? – mi interrogò.
-E’ un vecchio amico d’infanzia – le risposi tenendomi sul vago. Stamattina non avevo avuto abbastanza tempo per pensare a tutti i particolari.
Fortunatamente l’interrogatorio fu interrotto dall’ingresso in aula del professore ma la mia amica non mancò di farmi sapere, tramite un bigliettino malamente scritto, che non sarebbe finita lì e che le avrei dovuto dire tutto.
Le risposi con un semplice gesto del capo e poi feci finta di concentrarmi sulla spiegazione mentre in realtà cercavo di spiare le reazioni dei miei compagni alla nuova presenza in classe. Le ragazze lo guardavano sognanti con gli occhi a cuoricino e la maggioranza dei ragazzi andò da lui a presentarsi durante il primo intervallo e lui sembrava sentirsi a suo agio in mezzo ad altri coetanei, sembrava un ragazzo come altri e rideva…oh, eccome se rideva…illuminava l’aula e faceva vibrare di gioia ogni cosa che lo circondava, era contagioso.
Ci riunimmo solo quando le lezioni finirono, proprio come eravamo rimasti d’accordo, mi raggiunse al mio banco e ci avviammo fuori dalla scuola. Mi sembrava di essere protagonista di una sfilata. Non c’era una sola testa che non si girasse al nostro passaggio, Harry attirava decisamente l’attenzione. Anche troppo, mi sentivo decisamente troppo osservata.
-Mi pare sia andata bene come prima volta, no? – gli chiesi cercando di concentrarmi sui miei passi. Quando mi sentivo osservata e al centro dell’attenzione mi sembrava di dimenticarmi come si facesse a camminare e dovevo concentrarmi per continuare a mettere un piede dopo l’altro.
-Lo penso pure io, sono stati tutti molto gentili e simpatici – ammise.
-Ti ho visto ridere…avevo capito che non potevi provare emozioni umane…
-Si infatti, ma stanotte ho fatto qualche ricerca, mi sono visto qualche video per….comprenderVi meglio, tutto qui. Era necessario se volevo relazionarmi agli altri come un normale essere umano, non devo destare sospetti. Non ho riso perché ero veramente divertito, ho riso perché ridevano tutti.
Allora avevo ragione, come aveva funzionato con la matematica poteva funzionare con qualsiasi cosa.
 
 
 
Il pomeriggio passò piuttosto velocemente: mentre io facevo avanti e indietro per la biblioteca, Harry rimaneva piantato al computer e continuava a documentarsi.
Lo lasciai fare finchè non arrivammo all’orario di chiusura e mi accompagnò nel mio solito giro d’ispezione.
-Non c’è bisogno che mi accompagni
-E’ più sicuro, potrebbe succederti qualcosa.
-L’ho fatto per mesi, cosa vuoi che mi succeda in una biblioteca? Al massimo possono cadermi dei libri in testa!- scherzai.
-In tal caso meglio così, ma ti accompagno lo stesso- fu inamovibile. Mi sembrava di andare in giro con una guardia del corpo. Molto presto mi sarei attirata le ire di molte ragazze, ne ero sicura.
-Mi servono dei vestiti- annunciò.
-Dei vestiti?- ripetei mentre spegnevo delle luci.
-Non posso farmi vedere sempre con gli stessi vestiti addosso, non credi? – mi rispose come se stesse spiegando una cosa semplicissima ad un bambino.
-Hai ragione…- controllai l’orologio e constatai che mancava ancora un’ora alla chiusura dei negozi- Ora abbiamo del tempo, hai abbastanza soldi?
-Ho abbastanza soldi per rifare anche il tuo di armadio! – mi disse ridendo.
Mi prese per una mano e mi trascinò fuori dalla biblioteca.
 
 
-Beh? C’è qualcosa che ti piace? – gli domandai indicandogli il reparto maschile.
Iniziò a guardarsi intorno, a spiegare le magliette, a fissare pantaloni, a studiare scarpe e dopo 10 minuti mi sembrava più confuso che mai.
-Non saprei, mi sembra tutto uguale – ammise.
-Nel senso che ti piace tutto o che ti fa schifo tutto?- gli domandai.
Mi guardò come se gli avessi chiesto una stupidaggine e non mi rispose, si limitò a prendere una maglietta e a rigirarsela tra le mani.
Avrei dovuto occuparmene io, anche se non ero una grande esperta di moda, non lo ero di quella femminile, figurarsi di quella maschile, ma sicuramente  più di lui me ne intendevo, questo era certo.
Non mi concentrai su quello che andava di moda quanto piuttosto su quello che mi sarebbe piaciuto vedergli addosso.
Presi due paia di jeans, uno più chiaro e uno più scuro, qualche maglietta, una camicia di jeans e un paio di converse bianche e lo rinchiusi in un camerino ordinandogli di non metterci un’eternità.
 
-Sei pronto?- sbuffai scocciata.
Era dentro già da qualche minuto ma non aveva ancora dato segni di vita.
-Non sono abituato a…non l’ho mai fatto- si scusò.
-Cosa non hai mai fatto?
-Non mi sono mai messo dei vestiti. E’ strano.
Ah. La stizza di poco prima passò in un secondo lasciando il posto a qualcosa di più simile alla compassione. Mi dimenticavo che in realtà per lui anche le cose che per me risultavano essere le più semplici ed elementari erano nuove.
-Posso entrare?- gli domandai cortesemente.
-Si, certo.
-Lascia che ti aiuti- dissi spostando la tenda ed entrando nel camerino.
Rimasi per un attimo basita, aveva la parte superiore del corpo piena di tatuaggi. Che ci faceva un robot con dei tatuaggi?
Quando vide che lo stavo scrutando così attentamente, evidentemente capì cosa stavo per chiedergli e mi anticipò.
-Non lo so perché li ho, li ho e basta- lasciò cadere così il discorso e non insistetti.
Era riuscito ad indossare i pantaloni, anche se li aveva messi più alti del necessario ma era senza maglia.
Allungai le mani per sistemargli i pantaloni ma mi fermai poco prima.
-Posso?- chiesi nuovamente conferma.
Annuì e mi lasciò fare.
Afferrai con delicatezza il bordo dei pantaloni e glielo tirai più giù sui fianchi. Al contatto con le mie dita la sua pelle era calda e morbida come quella di qualsiasi essere umano.
-Con questi pantaloni sta meglio la maglietta bianca- lo istruii.
Gli presi la maglietta che teneva in mano e la riattaccai alla cruccetta e presi la maglietta dalla sedia.
-Alza le braccia- gli suggerii dolcemente.
Mi sembrava di vestire un bambino, ma tecnicamente era proprio quello che era, un bambino che ancora non conosceva il mondo.
Cercai di non fissarlo con troppa insistenza ma era quasi impossibile visto il fisico tonico e asciutto che molti gli avrebbero invidiato.
Uscimmo dal camerino cosicchè potesse specchiarsi e vedere come stava. Molte ragazze dentro il negozio girarono la testa  quando si mostrò. Stava molto bene, i jeans gli fasciavano le gambe alla perfezione, non erano troppo stretti né troppo larghi e la maglietta gli metteva in evidenza le spalle muscolose.
-Ti piaci?
-Si, penso che possa andare- mi rispose guardandomi attraverso lo specchio.
-Che ne pensi di quella?- aggiunse indicandomi una camicia nera con dei cuori bianchi.
La guardai un po’ scettica, non era decisamente il mio stile.
-Ti piace?
-….penso che possa starmi bene. E anche quelli- mi indicò un paio di jeans-  e questi- aggiunse afferrando un paio di stivali bassi da uomo.
Afferrò un'altra cosa che non riuscii a vedere e si fiondò nel camerino.
Aveva dei gusti decisamente particolari nel vestire.
Stavolta non gli servì il mio aiuto e uscì dal camerino dopo pochi minuti.
La sua visione al completo mi lasciò senza fiato e sentii deglutire qualcuno alle mie spalle, la commessa, che lo guardava annuendo d’approvazione. Non avrei mai pensato che tutto l’insieme potesse stargli così bene. I jeans erano scuri e più aderenti dei precedenti, la camicia gli stava a pennello, gli stivali si abbinavano perfettamente allo stile e il cappello che si era preso mentre non guardavo serviva a completare il tutto.
Dopo aver studiato il proprio riflesso nello specchio cercò i miei occhi in attesa di un responso.
-Stai benissimo- gli confermai.
-Perfetto…perché ho visto altre cose….
Afferrò un alro triliardo di cose e si infilò di nuovo nel camerino, sarebbe stata una lunga attesa…peggio di una donna.
-Visto che ne hai ancora per molto io vado a dare un’occhiata al reparto femminile, quando hai finito raggiungimi lì- lo avvisai.
Mi arrivò un borbottio soffocato dal tessuto in risposta e lo presi come un si.
Arrivata nel reparto femminile iniziai con calma a guardarmi intorno, avevo un badget limitato, dovevo scegliere con criterio. Vivevo solo con mia nonna che ci manteneva grazie alla sua pensione che non era poi così alta, ci permetteva a malapena di arrivare a fine mese, per questo motivo avevo scelto di cercarmi un lavoretto, per aiutarla con le bollette, con la spesa e con i libri scolastici. Ovviamente essendo un lavoro part-time e comunque non il meglio retribuito non potevo permettermi di comprarmi tutto ciò che volevo ma bastava comunque per il necessario.
Adocchiai quasi subito una maglietta color porpora con degli intrecci sulla schiena e una camicetta rosa chiaro, un po’ trasparente ma con degli splendidi ricami. Mi infilai nel camerino e mi provai i capi, mi piacevano entrambi ma dovevo sceglierne solo uno. Se c’era una cosa in cui ero lenta nello shopping non era trovare qualcosa che mi piacesse o provarmi i vestiti quanto proprio la scelta finale, ero sempre troppo indecisa, e infatti, quando Harry mi raggiunse dopo 10 minuti ero ancora con entrambi gli indumenti in mano, ancora indecisa.
-Ma guarda un po’ chi si vede, sei riuscito a scegliere qualcosa?- gli domandai ridendo.
-Scegliere? Perché scegliere? Compro tutto. Mi stava bene tutto.
Ammiravo la sua decisione e la invidiavo, un robot era più deciso di me anche sui vestiti, ero patetica!
-Prendi quelli?- mi chiese riferendosi a quello che avevo in mano.
-No, sto ancora scegliendo- sbuffai.
-Perché non li prendi entrambi?
-Perché non ho abbastanza soldi…- gli spiegai.
-Ti piacciono?
-Si…
-Allora te li compro io – si offrì.
Mi prese i vestiti dalle mani e si avviò alla cassa senza aspettare risposta.
-No ehi fermati! – lo afferrai per la maglietta nel tentativo di fermarlo- Non puoi pagarmeli tu!
-Perché no?
Si fermò di colpo e gli andai a sbattere addosso.
-Perché sono soldi tuoi
-E quindi? – aspettava una spiegazione.
Approfittò del mio momento di esitazione e riprese a camminare.
-So che voi umani vi fate dei regali. Che i ragazzi pagano delle cose alle ragazze
-Ma tu non sei il mio ragazzo- precisai.
-No ma non vedo perché dovremmo seguire le normali regole sociali quando io nemmeno sono umano e i soldi che sto usando non sono i miei ma quelli di Bill Gates. Tu li vuoi e io voglio che tu li abbia quindi lascia che te li paghi io, no?
Di tutto il discorso che mi aveva fatto l’unica cosa rimasta impressa nella mia mente era che aveva rubato i soldi a Bill Gates.
-Hai davvero preso i soldi dal conto di Bill Gates?- bisbigliai con un tono un po’ troppo acuto.
-Certo, mica potevo togliere soldi a chi già ne aveva pochi? – Aveva criterio questo robot dovevo ammetterlo, aveva senso.
-Prendo anche questi- disse aggiungendo i miei vestiti alla enorme pila dei suoi- pago con questa.
Mentre lui parlava allegramente con la commessa come se la conoscesse da anni io guardavo il conto sul display della cassa che stava salendo inesorabilmente. Avevamo superato la prima cifra a tre zeri.
-Siete proprio una bella coppia- si complimentò la commessa che stava ancora passando i capi alla cassa.
Ero già pronta e negare ma il cyborg mi precedette.
-Grazie è davvero molto gentile!
Guardai Harry sbalordita e lui mi rispose con un occhiolino.
Un occhiolino!? Da quando lui faceva l’occhiolino? Questo robot si stava evolvendo un po’ troppo velocemente per i miei gusti.
 
Uscimmo proprio quando il negozio stava ormai per chiudere, erano le 8 e mezzo.
-Oh mio Dio…ma quanta roba hai comprato?- esclamai ora che eravamo lontani dal’orecchio della commessa.
-Quasi un armadio completo credo.- rispose con noncuranza.
-E dove pensi di metterli tutti questi vestiti?- gli domandai piantandomi davanti a lui con le mani arpionate ai fianchi.
Ci fu un attimo di silenzio, evidentemente l’avevo preso alla sprovvista, non ci aveva pensato.
-Hai ragione – ammise- andiamo a comprare un armadio!
-No!
-Perché no?
-Perché non ci entrerebbe in casa, genio!- lo sbeffeggiai.
-Allora andiamo a comprare una casa più grande!- per lui il problema era risolto così.
-Assolutamente no!Piuttosto ti faccio posto nel mio armadio…
-Perch-
-Basta discuterne- lo bloccai in partenza- e BWROOOW
Mi bloccai imbarazzata, quel boato era venuto dal mio stomaco, ero leggermente affamata.
-Sta per mettersi a piovere?- domandò guardo il cielo.
-Era il mio stomaco, imbecille! Andiamo a casa- gli ordinai.
Altro che robot super intelligente, stava diventando stupido come tutti i ragazzi.
 
 
 
 
 
 
-Ragazzi guardate cosa ho vinto oggi!- esclamò allegramente mia nonna.
Le risposi con un grugnito che di elegante aveva ben poco e mi infilai in bocca l’ennesimo forchettata di pasta agli scampi. Harry aveva provato a dissuadere mia nona dal fargli da mangiare ma lei aveva insistito talmente tanto che alla fine si era visto costretto a cedere, quindi adesso tutte le volte che mia nonna si girava lui mi buttava della pasta del piatto.
-Basta! Sto per scoppiare! – gli bisbigliai stando bene attenta a non farmi sentire.
-Zitta e mangia!- ribattè a sua volta.
Ora si ribellava pure questo ammasso di latta.
-Ta-daaaan! – mia nonna rifece la sua comparsa con due biglietti in mano.
-Woa shoo? – bofonchiai a bocca piena.
-Sono due biglietti per il luna park! Ovviamente io sono troppo vecchia per andarci quindi li cedo a voi ben volentieri!
Harry prese i biglietti che lei aveva appoggiato sul tavolo e li scrutò per qualche momento.
-Grazie infinite signora, ci andremo sicuramente- gli rispose educatamente.
E prendeva pure le decisioni al posto mio, il rottame!
 
 
 
 
Quando mi svegliai quella mattina mi trovai da sola in camera, Harry non c’era e il suo “letto” era rifatto.
Mi infilai una felpa, un paio di jeans, mi lavai velocemente e scesi in cucina, dove trovai mia nonna seduta a tavola a leggere il giornale con davanti una tazzina di caffè fumante.
Mi diede allegramente il buongiorno e le risposi con un grugnito.
-Harry?- indagai.
-Tornerà tra poco, vedrai. Mettiti il cappotto e vai ad aspettarlo fuori. A stasera tesoro, salutami Mila!
Feci come mi aveva detto, mi infilai il cappotto, presi la cartella che mi ero preparata la sera prima, uscii di casa e mi fermai al cancello. Mi appoggiai sul muretto del giardino e mi soffiai sulle mani già fredde. Era mattina presto e l’aria era ancora fredda dalla notte appena passata tanto che il mio respiro creò una nuvoletta che si dissolse sopra la mia testa.
-Buongiorno principessa- la sua voce mi colse di sorpresa e fece un piccolo balzo indietro.
-Scusa non volevo spaventarti. Sono andato a prenderti la colazione- mi porse un sacchettino di carta bianco un po’ stropicciato.
Non appena me lo avvicinai al viso potei sentire subito l’odore di paste appena sfornate e infatti c’erano una briosches al cioccolato e una alla crema.
-Non sapevo quale preferissi e allora te le ho prese entrambe.
-Grazie…sei stato davvero gentile- lo ringraziai sorridendo.
Aprii il sacchettino e ne tirai fuori la brioches alla crema.
-Per me tra cioccolato e crema vince la crema….ma ancora meglio della crema è la cioccolata bianca. Prendi nota, se mai ci sarà una prossima volta!- scherzai.
-Mi sono fatto un appunto mentale- stette al gioco.
-Sei pronto per affrontare questa nuova giornata scolastica?- cambiai discorso.
-Prontissimo. Stanotte mentre dormivi ho continuato a fare ricerche, ormai sono un essere umano perfetto- si vantò.
-Si…apparte il fatto che devi fingere le emozioni- ribattei ma pentendomi subito di aver aperto bocca, ero stata cattiva. Mi voltai verso di lui per studiarne l’espressione ma era rimasta marmorea come sempre.
-Si, è esatto- confermò.
Camminammo per un po’ in silenzio, approfittavo del fatto che dovessi mangiare il mio cornetto e ci ritrovammo davanti a scuola.
-Ehi ciao Gwen!- mi salutò una voce acuta alle spalle.
Mi voltai e trovai una succinta Caroline che si sbracciava verso di noi.
In 5 anni non mi aveva mai salutata con così tanto entusiasmo, anzi era meglio dire che le volte in cui mi aveva salutata si contavano sulle dita di una mano.
-Ciao Haaarry!- salutò il ragazzo accanto a me strascicando volgarmente il suo nome come per allungare l’agonia di senirglielo pronunciare.
-Buongiorno Caroline- ricambiò l’ammasso di rottami sorridendole.
Lei quasi svenne, abbagliata dal candore dei suoi denti bianchissimi.
-Ragazzi nel week end i miei mi lasceranno casa libera e organizzerò una festa a casa mia, qualcosa di piuttosto elegante, e voi due siete invitati ovviamente! Verrete vero?- Disse tutto d’un fiato. Aveva parlato ad entrambi ma sembrava che la una domanda fosse rivolta soprattutto ad Harry, io ero accessoria.
-Che ne dici? Ci andiamo?- Harry si rivolse a me ignorando l’insistente sguardo di Caroline.
Una festa a casa di quell’arpia? Mi sarei trovata in terra nemica, circondata da nemici. Non riuscii a trattenere una smorfia che nacque spontanea sul mio volto, senza che potessi controllarla.
-Dai ci divertiremo un sacco! – insistette la ragazza.
-Ci penseremo…- risposi infine.
-Beh, Harry, tu potresti venire lo stesso anche da solo no?- evidentemente la mia risposta non l’aveva soddisfatta e si era sbilanciata abbastanza che anche un paraencefalitico avrebbe capito qual era il suo vero obbiettivo.
Lui la guardò per qualche secondo senza fiatare e per un attimo temetti che acconsentisse alla sua richiesta ma così non fu.
-Ci penseremo- confermò lui.
-Come volete! Ma sappiate che vi perdereste la festa più bella dell’anno!- sbraitò prima di andarsene via sculettando come se avesse avuto un peso che le ciondolava e per camminare dovesse assolutamente muovere il culo in maniera spropositata per mantenere l’equilibrio.
-Non ci posso credere….- iniziai sbalordita – Ma lo sai che quella a malapena mi saluta?
-E perché allora oggi ti ha addirittura invitato ad una festa?
-Non è ovvio?- lo squadrai alzando un sopracciglio.
Come risposta mi guardò senza fiatare, aspettando una spiegazione. Evidentemente per lui non era poi così ovvio.
-Per te,no?
-Per me?- era piuttosto scettico.
-Si, sei un bel ragazzo, non ti sei accorto che tutte le ragazze della scuola ti sbavano dietro?- era impossibile che non si fosse accorto di quante teste si girassero al suo passaggio, come faceva a non sentire gli occhi di tutti puntati addosso?
-Sono un bel ragazzo?- mi chiese con ingenuità e con quello che sembrava essere interesse.
-Penso tu sia una dei più belli della scuola- gli risposi sincera.
-E tutte le ragazze mi sbavano dietro?- continuò.
-Tutte- gli confermai.
-Anche tu?- indagò sempre con la stessa innocenza con cui aveva posto tutte le altre domande.
-No io no, io so che non sei un essere umano.
-Ma se lo fossi stato?
-Beh…in quel caso probabilmente si- confessai guardandolo dritto negli occhi, cercando una qualsiasi reazione che però non ebbe.
-Capisco- disse solamente.
-Ci andiamo alla festa?- mi domandò cambiando discorso.
-Tu vuoi andarci?- ancora una volta non riuscii a trattenermi dallo storcere la bocca al solo pensiero di me in mezzo alla calca.
-Si, mi piacerebbe.
Aveva usato la parola “piacere”, aveva espresso un giudizio personale e lui forse non se ne era nemmeno reso conto.
-Che festa sia allora!- esclamai per poi finire in un solo boccone l’ultimo pezzo di briosche in cui affogai tutti i cattivi pensieri.
-Ha detto di vestirsi eleganti…non ho niente da mettermi! – mi lamentai con tono piagnucoloso.
-Nemmeno io, dovremo comprarci qualcosa…e pago io! – dise quando vide che stavo aprendo bocca per ribattere.
-Se la metti così….- mi arresi.- Grazie Bill Gates per i vestiti che ci concedi!
 
 
 
 
La giornata passò velocemente, sempre più ragazze giravano intorno ad Harry e lui parlava e scherzava con tutte, durante l’intervallo andò anche a giocare a calcio con dei compagni di classe. Si era integrato meglio lui in due giorni che io in 5 anni. Il pomeriggio tornammo in biblioteca e io non potevo fare a meno di pensare a quanto velocemente si stesse evolvendo il cyborg e lui nemmeno se ne accorgeva. Inconsapevolmente esprimeva opinioni e preferenze, faceva delle scelte senza che io gli dessi disposizioni e piano piano si faceva largo in me l’idea che non fosse un semplice cyborg. Non poteva essere una delle solite tecnologie, i computer sono statici, non si evolvono col tempo, è impossibile che inizino a decidere da soli cosa fare perché non hanno una coscienza, sono solo…oggetti, non hanno una reale consapevolezza, Harry invece ce l’aveva e si stava sviluppando sempre di più. Dovevo fare delle altre ricerche, c’era qualcosa in questa storia che non mi tornava per niente.
-Buonasera Gwen- sollevai la testa quando la voce sconosciuta pronunciò il mio nome.
Conoscevo quell’uomo, l’avevo visto di recente, ed era proprio come nelle foto. I capelli brizzolati spettinati, gli occhiali da vista con taglio moderno, gli stessi delle foto, il look era trasandato ma curato allo stesso tempo in alcuni particolari. Ma quello che mi colpì maggiormente di lui erano i penetranti occhi azzurri che sembravano volermi leggere l’anima.
-Padre…
Sentii Harry irrigidirsi al mio fianco.
Era il dottor Howl.
 
 
 
 
 
Buonasera dolci fanciulle!
Non sono un miraggio! Sono tornata con un nuovo capitolo!
Perdonate la mia lunga assenza ma ho avuto un’estate piuttosto impegnata xD
Siccome sono masochista, oltre a studiare per gli esami e dare ripetizioni i sono anche cercata un lavoro….si lo so, mi voglio male!
Comunque ora eccomi qua! Con un capitolo un po’ più lungo degli altri se non contato male le pagine di word XD
Cosa ne pensate? Harry sta cambiando sta mostrando degli atteggiamenti tipicamente umani e ha fatto la sua apparizione il Dottor Howl. Secondo voi cosa vorrà?
Ho lasciato qualche indizio sparso nel capitolo ;)
Del rapporto che ha con Gwen che ne pensate?
 
 
Curiosità:
Milaà è il nome di mia nonna, l’ho scelto per quello.
Flora à è il nome della vicina di casa di mia nonna.
L’attrice che ho scelto per dare un volto a Gwen è Deborah Ann Woll, la vampira Jessica nel telefilm True Blood. La trovo a dir poco stupenda.
 
 
Fatemi sapere cosa ne pensate e se la storia vista prendendo almeno un po’.
Alla prossima, sperando sia molto presto :)
Un bacione
  
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