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Autore: clepp    29/08/2014    7 recensioni
Quel ragazzo era così... fisico. Preferiva esprimere a gesti ciò che voleva dire con le parole e quello era un aspetto di lui che a Gwen faceva impazzire. Lei era abituata a parlare, a confrontarsi con le persone, a litigare, urlare, sussurrare e discutere. Lui era il suo esatto opposto, così calmo e pacifico, così gentile, silenzioso delle volte e riservato, ma mai scontroso o schivo: era il perfetto equilibrio tra l’essere troppo e l'essere troppo poco.
SOSPESA
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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05
It's alcohol!





 
«Se avessi saputo che avreste tenuto il broncio per tutta la sera, sarei volentieri rimasta a casa.» ammise Gwen, appoggiando la schiena contro lo schienale della sedia e spostando l’attenzione all’uomo seduto a capotavola, intento a mangiare il suo dolce con una smorfia infastidita stampata in faccia. Quest’ultimo alzò a malapena la testa, lanciandole un’occhiata raggelante, prima di tornare alla sua torta.
«Questa sera non ho proprio voglia di sopportare le tue battute, Gwendoline.» replicò lui schiettamente, e l’intonazione della sua voce sanciva il tacito ordine di rimanere in silenzio. Gwen roteò gli occhi e li posò davanti a se, incontrando lo sguardo infastidito del fratello maggiore, Noah.
«E quando mai hai voglia di sopportare le battute dei tuoi figli? O meglio, quando mai hai voglia di sopportare i tuoi figli?» esordì il ragazzo, rivolgendosi chiaramente al padre ma tenendo lo sguardo fisso sul viso della sorella, come se volesse farle sapere che aveva intenzione di aprire una discussione e voleva che lei intervenisse in qualche modo.
Gwen alzò gli occhi al cielo, incapace di trattenere una smorfia seccata. Non aveva alcuna voglia di sopportare una ennesima litigata con suo padre, soprattutto perché durante quelle ultime cene settimanali  non avevano fatto altro che quello. Inizialmente riguardo l’aspetto fisico di Noah che, di volta in volta sembrava peggiorare sempre di più, e successivamente riguardo l’idea del piccolo Jaxon di trasferirsi per conto suo a soli diciannove anni. Gwen non aveva effettivamente fatto nulla per fare arrabbiare il padre, ma ogni volta che i fratelli cominciavano a discutere con lui, si sentiva in obbligo di spalleggiarli come loro avevano sempre fatto con lei.
«Noah,» lo richiamò il padre, questa volta puntando i suoi occhi di ghiaccio in quelli praticamente uguali del figlio. «Rimani in silenzio.» disse duramente ma sapeva che non l’avrebbe ascoltato.
Logan Prior era un uomo freddo, distante, composto e delle volte anche fin troppo severo. Aveva sempre impartito una certa disciplina ai propri figli, insegnando loro il significato della parola rispetto e dell'importanza di rimanere in silenzio nei momenti oppurtuni, ma da qualche anno a quella parte aveva riscontrato un comportamento negativo da parte loro. Il figlio più grande aveva iniziato all’età di diciotto anni a vestirsi come uno di quei poco di buono che giravano per la città e che lui disprezzava tanto. Un giorno era persino tornato a casa con dei rasta lunghi fino alla schiena. Successivamente la figlia femmina si era trasferita in periferia con la migliore amica e suo figlio senza quasi renderlo partecipe della sua decisione. E infine il minore era stato bocciato e l'anno successivo aveva cominciato a portare a casa pessimi voti, senza contare che anche lui stava pensando di andarsene a vivere da solo.
«Si, padrone.» replicò Noah, spingendo il piatto in mezzo alla tavola con un gesto brusco. Logan gli afferrò il polso e lo tenne stretto finché la voce della moglie non lo obbligò a lasciare la presa.
«Si può sapere che cos’avete tutti quanti?» sbottò subito dopo, lanciando un’occhiata a tutti e tre i figli che, quasi a volersi dare forza a vicenda, si stavando guardando intensamente.
Fu Jaxon a parlare: «Io ho che voglio andare a vivere da solo.» disse deciso, passandosi una mano tra i capelli scuri.
«E io non riesco a capire quale sia il tuo problema contro di me.» scattò Noah e uno dei suoi lunghi rasta gli coprì parte del viso. Sua madre allungò una mano e glielo tirò gentilmente indietro. Lui la ignorò, troppo nervoso per poterla ringraziare.
Logan prese un profondo respiro e inghiottì l’ultimo boccone della torta: il fatto che i suoi figli avessero lasciato gran parte del loro cibo nei piatti lo faceva infuriare, ma non disse niente perché non voleva peggiorare la situazione.
«Non ho niente contro di te, Noah,» replicò trattenendo il tono di voce. «Io sono contro il tuo aspetto fisico. Quei capelli, quei vestiti... non sono adatti per uno studente di diritto.» come poteva non capire un concetto così elementare? Noah non poteva studiare legge e pretendere di voler diventare un avvocato  con quell’aspetto a dir poco... disgustoso. E il fatto che avesse persino una band... insomma, non erano cose che un avvocato poteva permettersi di avere.
Noah sbuffò pesantemente: «Nessuno sembra avere problemi con i miei capelli o i miei tatuaggi, eccetto te.» esplose, a malapena riuscendo a trattenersi dall’alzarsi in piedi. «Santo cielo, siamo nel 2014, cerca di aggiornarti.»
Logan lanciò un’occhiata perentoria alla moglie. «Da dove diavolo hanno preso questo loro atteggiamento così supponente? Probabilmente arriva da te, perché io non-» fu interrotto dal rumore di due sedie che stridono contro il pavimento. Noah e Jaxon erano in piedi, adesso, in un atteggiamento di difesa nei confronti della madre.
Jaxon allungò un indice contro il padre: «Non parlarle in questo modo.» sbottò stringendo le mani in due pugni stretti.
«Tu non parlarmi in questo modo!» ringhiò Logan. Non si alzò dalla sedia solo perché se l'avesse fatto era sicuro che avrebbe perso anche quell'ultimo briciolo di pazienza che ancora controllava le sue azioni.
Fu Gwen ad intervenire: «Perché vedi sempre i nostri difetti?» chiese con tono accusatorio. «Perché non vedi oltre ciò che ti ostini a vedere? Sei talmente occupato a criticare l’aspetto di Noah da non renderti conto che in realtà è uno dei ragazzi più intelligenti e dotati della sua età. Studia, lavora, si mantiene autonomamente e ha anche il tempo di coltivare le sue passioni. E Jaxon? I suoi valori, la capacità di avere una propria opinione, di farla valere, di distinguersi e di essere in grado di ragionare con la propria testa... non giustificano almeno un po’ i suoi brutti voti? E io? Non ho mai fatto nulla che potesse compromettere il mio futuro. Ho sempre studiato, aiutato a casa e non ho mai dato alcun tipo di problema. Cosa c’è di sbagliato in te da non accorgerti di tutte queste cose? E perché ti ostini ad accusare la mamma per come siamo? Dovresti invece ringraziarla per come siamo. Il merito è suo se non siamo diventati degli adulti senza sentimenti a tua immagine e somiglianza.»
Gwen non avrebbe voluto dire quell’ultima frase, ma molti  dei pensieri che aveva portato dietro per anni e che adesso per metà finalmente era riuscita a tirare fuori erano anche peggiori di quelli. Non le importava di avere lo sguardo glaciale di suo padre puntato addosso, voleva soltanto sentire la sua risposta, la sua scusa. Percepiva il sorriso di Noah e Jaxon ma non voleva distogliere l’attenzione da suo padre per poter condividere la loro soddisfazione.
Si sentiva così leggera, libera dal peso di quelle parole che aveva dovuto reprimere per anni.
Logan aprì la bocca per replicare ma non ne uscì niente. La richiuse, la riaprì di nuovo.
«Bravo papà, abbraccia l’arte del silenzio.» gli disse Jaxon, dandogli una pacca sulla spalla con un sorriso ironico prima di dirigersi verso l’uscita. 
Gwen e Noah si lanciarono un’occhiata eloquente e anche loro si avviarono verso la porta.
«Ottima cena, mamma.» mormorò Noah regalandole un sorriso.
«Come sempre!» aggiunse Gwen ed entrambi uscirono da quella casa.
-
Gwen fu costretta a chiamare il nome di Josef almeno un paio di volte prima che questo comparisse dalla porta della cucina con addosso solo un paio di boxer e una canotta intima bianca. Lo guardò con un sopracciglio alzato ma evitò di commentare il suo look stravagante.
Da quando Gwen gli aveva parlato dopo la sua “fuga” allo studio di tatuaggi, facendogli capire la gravità del suo gesto e impedendogli di parlare di nuovo con Zayn, il loro rapporto era inevitabilmente cambiato. Non in maniera esagerata, soltanto nelle piccole cose.
Josef, per esempio, non l’andava più  a svegliare la mattina prima di andare a scuola per darle il bacio del buongiorno, e non la invitava più a guardare un dvd la sera quando in tv non c’era niente da guardare. Parlavano ancora, certo, e scherzavano anche, ma Gwen poteva vedere che, anche se Josef cercava di nasconderlo perché sapeva di esserselo meritato, provava un certo rancore nei suoi confronti.
Sperava che la situazione migliorasse, perché non poteva sopportare quel leggero strato di ghiaccio tra loro due.
«Mamma tarderà un po’ stasera,» disse osservandolo da dietro l’isolotto della cucina. «Vuoi ordinare una pizza?» gli chiese, sperando di rubargli una di quelle scintille di eccitazione che di solito gli attraversavano gli occhi azzurri quando qualcosa gli piaceva molto. Il cuore di Gwen si riscaldò un po’ quando la vide.
«Si!» esclamò sorridendo e per un momento si dimenticò di essere arrabbiato con lei.
«Grandioso, vado a chiamare allora.» lo avvisò trattenendo la gioia nel vederlo così felice. Si avviò verso il telefono di casa che di solito era poggiato su un tavolino in salotto. Stranamente, non era lì.
Si guardò attorno e cercò di ricordarsi se per caso l’avesse usato e poi lasciato in qualche posto preciso, ma non le sembrava di aver chiamato con il telefono di casa quel giorno.
Raddrizzò la schiena mentre un pensiero cominciava a formarsi nei meandri della sua mente. Prima di poter fare qualsiasi supposizione, si avviò verso il corridoio che portò alle stanze e si fermò davanti alla porta della camera di Josef. L’aprì e accese la luce.
Sul copriletto disfatto c’era la cornetta del telefono. Strinse i pugni: magari aveva chiamato Bruce.
Prese in mano il telefono e con tutte le sue forze cercò di trattenersi dal controllare la cronologia delle telefonate ma le fu impossibile. L’ultima chiamata in entrata era di Bruce.
L’ultima in uscita era di un numero sconosciuto. Senza pensarci due volte, premette il tasto verde e aspettò che i suoi sospetti venissero confermati.
«Studio Zap Tattoes, come posso aiutarla?»
Riattaccò.
-
Zayn si sistemò meglio gli occhiali da vista sul naso, spingendoli indietro con l’indice sinistro mentre con la mano destra si portava alle labbra il bicchiere di vetro pieno di birra.
Il locale era stracolmo di gente e il palco era quasi pronto per ospitare la prossima band. Zayn si era stupito quando aveva scoperto che quella sera nel suo locale preferito si sarebbe esibita la band il cui membro era il fratello di Gwen.
Quando l’aveva saputo, non sapeva se essere infastidito dal fatto che molto probabilmente l’avrebbe rivista o se invece esserne elettrizzato. Lo affascinava ancora, su quello non c’era nessun dubbio. Il solo pensiero dei suoi occhi grigi, dei suoi lunghi capelli castani, della sua voce rauca, della sua lingua tagliente, lo mandavano in fibrillazione. Ma allo stesso tempo lo rendevano nervoso: era ancora infastidito dal fatto che lei avesse pensato che lui fosse stato capace di approfittarsi in quel modo di un bambino di nove anni e di una ragazza di venti. Non era accettabile, eppure non era offeso come avrebbe dovuto essere.
Josef l’aveva richiamato una sola volta dopo essersi presentato allo studio. In quella breve chiamata gli aveva semplicemente detto che Gwen gli aveva proibito di sentirlo ancora e che quindi si scusava di non essersi più fatto vivo.
Zayn si era affezionato a quel bambino, per quanto una persona potesse affezionarsi ad un’altra dopo cinque o sei telefonate, ma con il tono più gentile che potesse trovare, gli disse che Gwen aveva ragione e che per evitare di farla ancora stare in pensiero era meglio se smettevano di chiamarsi. Si era sentito in colpa, parecchio, ma sapeva che era la cosa giusta da fare.
Louis iniziò a parlare e Zayn a malapena riuscì a seguire il filo del discorso. C’era così tanta confusione e lui aveva un mal di testa allucinante. Voleva tornarsene a casa e giocare a qualche videogioco o semplicemente andarsene a dormire.
«Com’è andata a finire con quel bambino?» gli chiese Louis improvvisamente, attirando la sua attenzione con un gesto secco della mano davanti ai suoi occhi.
«Cosa?» fece Zayn confusamente.
«Il bambino... com’è finita?»
Zayn aggrottò la fronte e si chiese per quale motivo Louis avesse voluto tirare fuori quell’argomento proprio adesso.
«Gli ho detto che era meglio evitare. Sua zia mi ha quasi staccato la testa, come se la colpa fosse stata mia.» roteò gli occhi al pensiero degli occhi raggelanti di Gwen quando lo stava accusando di aver approfittato di lui.
«Oh,» mormorò Louis prendendo un sorso della sua bibita analcolica prima di continuare a parlare. «Allora non ti girare.» accennò un sorriso ironico mentre spostava lo sguardo dietro le sue spalle.
Sospirando Zayn si voltò, già sapendo cosa – chi – si sarebbe trovato davanti.
Gwen era in piedi accanto agli scalini che portavano sul palco, intenta a parlare con un ragazzo alto i cui lunghi capelli erano tenuti indietro da una fascia nera. Aveva un cipiglio concentrato stampato in faccia mentre il suo interlocutore parlava, e le braccia erano incrociate al petto.
Indossava una camicia quadrettata verde scuro e rossa coperta da una giacca marrone e un paio di jeans risvoltati sopra due stivaletti dello stesso colore della giacca. Un piede era appoggiato sul primo scalino.
I capelli erano sciolti e lunghi fino al seno o poco più. Le guance erano più rosee del solito, probabilmente dovuto al fatto che l’aria del locale era soffocante. Era bella, di una bellezza naturale che obbligava Zayn a guardarla e riguardarla senza averne mai abbastanza.
Si obbligò a voltarsi di nuovo verso gli occhi azzurri di Louis.
«E’ una grande gnocca,» ammise lui sinceramente, sospirando. Zayn lo colpì dietro la testa, facendolo cozzare contro la mano che stava tenendo appoggiata al bancone.
«E non è neanche tua, quindi rilassati amico!» scattò massaggiandosi la nuca e allo stesso tempo il naso.
Zayn roteò gli occhi incapace di trattenere il grugnito che uscì fuori dalle sue labbra nel sentire la verità sbattersi contro la sua faccia. Louis aveva ragione: se qualcuno voleva dire che Gwen era gnocca in sua presenza, poteva farlo.
«Scusa.» mormorò e bevve ancora dal suo bicchiere.
Si sistemò di nuovo gli occhiali da vista che aveva deciso di indossare solo perché l’avrebbero aiutato con il mal di testa.
Decise che una seconda sbirciatina non avrebbe fatto male a nessuno. Esitante, girò leggermente la testa verso il palco e senza riuscire a trattenere un sospiro affranto si rese conto che Gwen era sparita.
Spostò la sua attenzione di nuovo verso Louis ma con la coda dell’occhio si accorse di una presenza dietro di lui.
Sussultò di scatto: «Gesù!» si portò una mano al cuore mentre con l’altra faceva schizzare la birra da tutte le parti.
«Ehilà!» la voce rauca di Gwen squittì contro il suo orecchio  e inaspettatamente, senza che lui potesse prevederlo, allungò un braccio e afferrò dalle mani di Zayn il suo bicchiere. Gli lanciò un’occhiata maliziosa prima di bere due lunghi sorsi di birra e alzare il bicchiere in aria.
Zayn la fissò, incredulo: il fatto che fosse leggermente ubriaca lo sorprese e non poco. Quando l’aveva vista parlare con il ragazzo, qualche minuto prima, non pensava davvero che lo fosse. Sembrava attenta alle parole del suo interlocutore, forse troppo attenta, come se si stesse disperatamente sforzando di capire cosa le stesse dicendo.
«Non credevo di incontrarti qui!» urlò sopra la musica e Zayn faticò a distinguere le parole che uscirono confuse dalle sue labbra piene. Doveva ancora abituarsi all’accento americano, soprattutto quello di Boston. Quando aveva conosciuto Gwen aveva pensato che su di lei quell’accento stesse benissimo, ma in quel momento pensò soltanto che da ubriaca era quasi impossibile capire cosa stesse dicendo.
«Potrei anche dedurre che tu mi stia pedinando!» continuò portandosi il bicchiere alle labbra una terza volta. Zayn però fu più svelto: si alzò dallo sgabello e allungò le mani verso di lei. Le rubò il bicchiere e prima che lei potesse accorgersene lo rifilò nelle mani di Louis che gli lanciò un’occhiata confusa ma non si lamentò.
Se c’era una cosa che Zayn non sopportava era essere sobrio e avere a che fare con ragazze ubriache. Poteva sopportarlo quando lo era anche lui, ma se - come in quel caso - era perfettamente lucido, vedere Gwen in quello stato lo rendeva nervoso.
«Ehi!» esclamò lei dopo essersi resa conto di ciò che aveva fatto. Gli diede una debole e scoordinata pacca sulla spalla, lanciandogli un’occhiata seccata. «Sei uno stronzo!» disse. Lo fissò per qualche secondo poi di colpo si voltò e si fece spazio tra la mischia, allontanandosi.
Zayn rimase fermo, immobile con le mani appoggiate ai fianchi davanti al bancone mentre la gente gli passava accanto. Si chiese se doveva seguirla o se invece doveva rimanere lì con Louis. Oppure se doveva tornare a casa.
Sin dal primo momento in cui quelle opzioni gli passarono per la testa, sapeva già perfettamente quale avrebbe scelto. Sospirando cominciò ad aprirsi un varco in mezzo alla folla per poter raggiungere Gwen. Gli fu difficile trovarla in quel trambusto ma dopo vari tentativi scorse una giacca marrone dileguarsi nel corridoio che portava ai bagni. Si scusò con un ragazzino per essergli andato addosso e accelerò il passo fino a raggiungere l’entrata della toilette.
«Gwen!» riuscì a chiamarla prima che lei entrasse nel bagno delle ragazze. Quando si voltò verso di lui con un cipiglio confuso stampato sul viso, Zayn si sbrigò a raggiungerla.
Una volta di fronte a lei si morse l’interno della guancia, indeciso su cosa dire.
«Tu,» iniziò lei, alzando un indice nella sua direzione e colpendo il suo petto. «Tu hai la mia giacca.» disse in tono serio.
Zayn si ricordò della giacca che aveva lasciato allo studio qualche giorno prima, dopo che aveva inveito contro di lui e si era piombata fuori dal negozio senza neanche accorgersi di averla dimenticata lì.
«E tu la mia felpa.» replicò lui, morbidamente, tenendo gli occhi fissi in quelli di lei. Gwen esitò, aggrottò le sopracciglia e poi annuì.
«Si,» rispose «Credo che la terrò. Ha un buon profumo.»
Zayn non riuscì a trattenere un sorriso nell’udire quelle parole e nell’osservare l’espressione vagamente disorientata sul viso di Gwen. Nonostante si sentisse comunque a disagio nel vederla brilla, era divertito dal fatto che l’alcol la rendesse più morbida, alla mano.
«E io terrò la tua giacca allora.»
Gwen scosse freneticamente la testa poi si fermò di colpo come se un pensiero le avesse appena attraversato la mente e lei non potesse farselo scappare. Alzò gli occhi su di lui e Zayn si stupì per quanto fossero acquosi quella sera.
«Si,» bisbigliò lei e poi alzò la voce. «Si, si, credo si possa fare. Insomma, è giusto. Prendilo come un regalo di scuse, dato che dalla mia bocca non ne sentirai uscire.»
Gwen avrebbe voluto scusarsi per il suo comportamento così esagerato di qualche giorno prima, ma non era il tipo di persona che sbandierava i “mi dispiace” così ai quattro venti. Aveva riflettuto e riflettuto durante quei giorni, aveva ripensato alla loro discussione una miriade di volte, e alla fine aveva dovuto ammettere che aveva davvero superato il limite. Eppure, non se la sentiva di scusarsi, perché era ancora leggermente convinta che Zayn non avesse avuto proprio le migliori intenzioni.
Zayn accennò un mezzo sorriso e a Gwen parve che si fosse avvicinato un po’: «Non voglio la tua giacca,» ribatté incrociando le braccia  al petto, «Voglio che tu mi dica che ti dispiace di avermi accusato ingiustamente.»
Gwen riprese a scuotere la testa freneticamente, facendo un passo indietro per allontanarsi da lui. Nel profondo sapeva che quel ragazzo era buono dentro esattamente nello stesso modo in cui lo dava a vedere, ma il suo orgoglio era troppo forte.
«E tu invece devi dirmi che non accetterai più le telefonate di Josef.» indurì il tono di voce.
«Lo sto già facendo.» replicò Zayn confuso.
«No, non è vero. Ho visto che ieri ti ha chiamato.» continuò. Gwen incrociò le braccia al petto e per un istante non sembrò più brilla, ma poi sbatté le palpebre più volte con un’espressione stralunata.
«Si, mi ha chiamato, ma ho messo le cose in chiaro. Gli ho detto che è meglio se non ci sentiamo più, sia per la tua sanità mentale che per la sua sicurezza.»
Gwen aggrottò la fronte, sempre più disorientata: «Oh, beh, allora...» si morse il labbro inferiore.
Zayn si costrinse a tenere gli occhi puntati in quelli di Gwen perché se avesse abbassato lo sguardo per un solo secondo, avrebbe fatto in modo che mordesse le sue, di labbra.
«Beh, grazie.»
Zayn alzò un sopracciglio. «Non voglio sentire un grazie,» trattenne un sorriso. «Voglio sentire un mi dispiace.»
Gwen roteò gli occhi e sbuffò fuori un po’ d’aria. Dietro di loro le risate e gli schiamazzi di un gruppo di ragazze li interruppero. Due di loro li sorpassarono e aprirono la porta del bagno, esattamente a un passo dal braccio di Gwen.
Una delle ragazze le andò addosso per sbaglio e Gwen venne sospinta in avanti. Probabilmente se fosse stata in condizioni normali non avrebbe perso l’equilibrio, ma l’alcol in circolo nel suo corpo aveva reso i suoi movimenti più maldestri. Andò a sbattere contro Zayn ma prima che la sua faccia finisse contro il suo petto, le sue braccia furono più veloci e riuscirono ad attutire il colpo.
Zayn strinse automaticamente le mani attorno alle braccia sospese di Gwen per sostenerla. Avrebbe voluto toccarla in quel modo – e molti altri - sempre.
«Grazie,» mormorò lei ma rimase ferma immobile. Zayn la osservò, trattenendo un ghigno.
«Ti gira la testa?» le chiese dopo aver realizzato che il suo viso era impallidito tutt’a un tratto. Gwen annuì debolmente e chiuse gli occhi. Si portò una mano sulla fronte mentre l’altra rimaneva premuta ancora sul petto di Zayn. Quest’ultimo la sostenne accompagnandola fino dentro il bagno delle ragazze, facendola appoggiare al bancone del lavello.
«Ti viene da vomitare?» domandò gentilmente, chinandosi su di lei così che il suo viso fosse a pari merito col suo.
Gwen scosse la testa.
«Hai davvero un buon odore.» mormorò ancora a occhi chiusi. Zayn strabuzzò lievemente gli occhi prima di ridacchiare silenziosamente. «Grazie.»
«E mi dispiace per come mi sono comportata.» continuò, sempre ad occhi chiusi. «Il fatto è che quando si tratta di Josef... non c’è niente che possa fermarmi.»
Abbozzò un debole sorriso e aprì un occhio con lentezza. Appurato che la testa aveva finito di girare, aprì anche l’altro. Si era appena scusata, eppure invece di sentire i suoi nervi ribollire per il fastidio, si sentiva in pace con se stessa. Più o meno. Aveva comunque ammesso di aver sbagliato e quella non era una cosa che Gwen era in grado di digerire facilmente. Era sicura che quell’improvviso attimo di debolezza fosse dovuto all’alcol e, in parte, anche alla gentilezza di Zayn che ogni volta la spingeva sempre di più a pensare che quel ragazzo non fosse cattivo, anzi.
«Non importa, non preoccuparti. Ormai è passato.»
Gwen si rese conto di avere ancora le mani di Zayn ferme sulle sue braccia, quasi avesse paura che potesse cadere da un momento all’altro. Lo guardò da dietro un ciuffo di capelli ribelle e si chiese come sarebbe stato avere le sue labbra a contatto con le proprie. Prima che potesse formulare un pensiero coerente, si protese verso di lui con tutta l’intenzione di baciarlo. Era l’alcol, si ripeteva.
Zayn la fermò.
«Non mi baceresti se fossi pienamente cosciente delle tue azioni.» disse, un sorrisetto ad accendergli il viso.
Gwen si morse il labbro: «Lo so, ma hai davvero un buon odore.» ammise sinceramente, alzando le spalle.
Zayn la ringraziò di nuovo e solo per un attimo allentò la presa attorno alle sue braccia.
«Facciamo così,» disse lui tirandole dietro l’orecchio il ciuffo di capelli ribelle. «Accetta di uscire con me, da sobria, così deciderai se baciarmi o meno.»
«Ma l’ho già deciso.» sbuffò lei.
«Intendo da sobria.»
Gwen sbuffò di nuovo e alzò le spalle. «Ok, uscirò con te, ma adesso me lo dai il bacio della buonanotte?»
Zayn scoppiò a ridere prima di potersi trattenere. Scosse la testa e allungò il collo.
Le sue labbra sfiorarono la guancia di Gwen, pericolosamente vicino all’angolo della sua bocca semiaperta. Fu difficile per lui controllarsi dal non baciarla davvero. Era così bella e anche lei profumava di buono, di un buono che lo mandava in tilt.
«Vuoi un passaggio fino a casa?» le chiese gentilmente, guardandola con due occhi premurosi.
Gwen annuì debolmente: ogni secondo che passava si sentiva sempre più fiacca e stanca e pronta a vomitare l’anima.
«Si, per favore.»
Zayn le avvolse un braccio attorno alla vita e la sospinse lentamente fuori dal bagno, lungo il corridoio.
Gwen era ammaliata dai suoi movimenti protettivi mentre la faceva passare in mezzo alla folla. Le stava accanto, quasi attaccato come da un filo, e le faceva spazio in modo che potesse passare tranquillamente, senza essere soffocata dai presenti.
Quando furono fuori Gwen respirò una boccata d’aria fresca e si sentì leggermente meglio. Si voltò verso Zayn e accennò un sorriso.
«Questo non è il momento in cui il ragazzo prende in braccio la ragazza e la porta verso la macchina?»
Zayn la guardò sorpreso, completamente preso in contropiede da quella richiesta. Non se l’aspettava proprio ma, dopo aver sorriso, piegò le braccia e le portò una sotto le ginocchia di Gwen e l’altra attorno alle spalle. La sollevò senza fatica e la tenne stretta.
Mentre camminavano verso il parcheggio Gwen non potè fare a meno di fissare il viso semi illuminato di Zayn.
Probabilmente non aveva ancora realizzato che si era scusata con lui, aveva quasi provato a baciarlo, aveva accettato di nuovo di uscirci insieme e adesso gli aveva chiesto di portarla in braccio fino alla macchina. Continuava a ripetersi che era colpa dell’alcol, e che effettivamente quando lei era ubriaca non ragionava più lucidamente, eppure nel profondo sapeva che le cose che aveva appena fatto le voleva davvero fare.
Mentre lo osservava spudoratamente si accorse solo in quel momento che portava gli occhiali da vista. Con un sorriso glieli tolse e se li mise.
Non vedeva assolutamente niente perciò chiuse gli occhi senza volerli però togliere. Arrivarono in macchina e mentre Zayn guidava verso casa di Gwen dopo che lei gli aveva farfugliato in maniera confusa la via, si accorse che vederla indossare le sue cose, prima la felpa e adesso gli occhiali, era una cosa che lo riscaldava nel profondo.
E non la conosceva nemmeno.









Buongiorno a tutti! :)
Sono sconvolta dalla mia - più o meno - puntualità nel postare i nuovi capitoli! Credo sia perchè li ho già pronti, quindi inizio già a scusarmi quando posterò l'ultimo capitolo già scritto, perchè da lì in poi credo che sarà un vero e proprio suicidio. 
Allora, in questo capitolo entrano in scena altri tre (in realtà quattro) nuovi personaggi. Il primo è Logan Prior, il padre di Gwen. Come l'avete trovato? Lo odiate già? Perchè io si, ahahah. So che vi starete chiedendo come possono tre figli trattare così il loro padre, ma più avanti scoprirete per quale motivo hanno questo atteggiamento nei suoi confronti. 
Il secondo personaggio è la mamma di Gwen. In realtà in questo capitolo non ha detto molto, anzi, ha più che altro supervisionato la discussione dei figli e del marito, rimanendo in disparte ma comunque cercando di calmare le acque. Cosa ne pensate di lei? Il suo personaggio verrà approfondito con calma più in là.
E infine abbiamo Noah, il ragazzo con i rasta che vuole diventare avvocato. Anche per lui vi chiedo cosa ne pensate! Diciamo che tutti e tre i fratelli Prior hanno un carattere bello tosto, chi più, chi meno, ma comunque molto forte. 
Ci sarebbe anche un quarto personaggio, che però verrà presentato più avanti, ma che in questo capitolo ha fatto la sua prima - e brevissima - comparsa! Se avete capito chi è lasciatemi un commento nella recensione ahahah.
Spero di non avervi deluso con la parte in cui Gwen va a parlare con Zayn e si scopre che ha bevuto un po' troppo. Ho voluto semplicemente sottolineare che è una ragazza normale, che studia e a cui piace divertirsi esattamente come a tutti gli altri. E cosa mi dite del suo atteggiamento nei confronti di Zayn?
Zayn... ancora una volta esce fuori il suo lato buono. Prima di tutto decide di perdonare Gwen quasi subito, e poi le offre un passaggio a casa.
Non vedo l'ora di postare il prossimo capitolo, davvero, perchè succederà qualcosa che rivoluzionerà completamente la visione che ha Gwen di Zayn, e inoltre verrà approfondito un po' di più il rapporto tra Josef e il padre e tra Josef e la scuola. 
Ho parlato un po' troppo, ma la parte dei ringraziamenti non posso assolutamente saltarla. Le vostre recensioni al capitolo precedente mi hanno riscaldato il cuore e spronato ad andare avanti a scrivere, davvero grazie. Non potete capire quanto mi faccia piacere sapere che ciò che scrive vi piace!
Adesso devo andare a dare ripetizioni di francese, ma appena ho finito risponderò a tutte le vostre recensioni! Ah, vi lascio con le foto dei fratelli Prior.
Grazie di cuore,
clepp

 
 



 
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