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Autore: aki_penn    31/08/2014    4 recensioni
“Fare il bagno nel sangue delle vergini mi mantiene giovane” disse, guardandosi le mani dalle dita lunghe e affusolate, sporche di rosso. “Quella ragazza che ti sei portato appresso quando sei arrivato a Rosenrot, è vergine?” domandò poi, guardandolo. Tinkerbell strabuzzò gli occhi e balbettò “Ru-Ruthie? Io non…non so…non ho mai chiesto…” incespicò, preso alla sprovvista, per poi accigliarsi e sbottare “E comunque non ho alcuna intenzione di farti dissanguare la mia assistente, se permetti!”
Genere: Azione, Horror, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Capitolo trentacinque -

Il lupo e il topo –

 

Ruthie, seduta sui calcagni, in mezzo al letto matrimoniale della loro stanza dell’hotel, lo guardò con occhi supplichevoli “Ho il ciclo e ho male alla testa: non mi va di uscire” piagnucolò, ancora inguaiata nel suo pigiama di pile.

Tinkerbell, già vestito di tutto punto, la guardò con le mani sui fianchi e inarcò un sopracciglio, vagamente divertito “Siete sempre così voi donne, a inventarvi scuse perché non avete voglia di venire a uccidere mostri”.

Ruthie strizzò gli occhi e appoggiò la testa al materasso “Non mi puoi far passare il male alla testa?” domandò ignorando Tinkerbell, che faceva dell’umorismo becero.

Tinkerbell scosse la testa “Ti servirebbe un desiderio per quello” le fece sapere, e lei girò la testa fino ad aver la faccia nascosta nella trapunta.

“Non hai nemmeno una pastiglia di qualche cosa?” domandò ancora lei, con la faccia nascosta, mentre Tinkerbell si allontanava, diretto alla porta della loro stanza.

“A me non viene mai male alla testa, a meno che non me la rompano con qualche oggetto scagliato con una certa veemenza” ridacchiò lui “Vestiti, ti aspetto giù” sentenziò, e si chiuse la porta alle spalle.

Ruthie sbuffò con la faccia nella coperta e rimase lì un po’, col sedere per aria.

Scendendo le scale, Tinkerbell sentì un discreto brusio al piano terra. C’era un certo chiacchiericcio anche il giorno prima, ma quella mattina la situazione era diversa, più concitata.

Scese gli ultimi gradini lentamente, studiando la scena che gli appariva davanti. La sala della colazione era stata rivoltata, rispetto al giorno prima: i tavoli erano stati messi da un lato e il tavolo del buffet era vuoto.

Le sedie erano allineate in file ordinate messe in modo da permettere agli  avventori di guardare la finestra, la quale era oscurata da una piantina della zona. Tinkerbell si inoltrò nella stanza senza distogliere gli occhi dalla mappa. Era piuttosto particolareggiata, mostrava calanchi, alture, edifici e gli impianti sciistici.

Nessuno, nel trambusto generale, si accorse della sua presenza, a parte Mary, seduta nella fila più lontana dal centro della discussione, la prima vicino alla scala di legno dalla quale era sceso Clay. I due si guardarono per un secondo, poi la cameriera si spostò sulla sedia accanto a quella dove stava seduta e batté un paio di volte la mano su quella che aveva lasciato libera, incitandolo ad unirsi a lei. Tinkerbell si accomodò e Mary non accennò nemmeno un sorriso. Era vestita di nero, come il giorno prima, ma senza grembiule, Clay ebbe la netta sensazione che il servizio fosse stato sospeso.

“Coma va?” domandò lui, facendo un sorriso un po’ imbarazzato. Mary si strinse nelle spalle e si guardò le scarpe “Io e Monique non eravamo amiche da tanto tempo, ma è non è una bella cosa trovare” Mary si bloccò e fece un sospiro faticoso “…trovare una tua collega in una pozza di sangue” .

Monique era la ragazza con il seno rifatto che aveva servito lui e Ruthie la sera del loro arrivo, la stessa che avevano trovato la mattina prima, dilaniata dietro ai bidoni dell’immondizia. Clay aveva anche finito per notare traccia delle due protesi di silicone, in mezzo a quel disastro, ma aveva evitato di parlarne con Ruthie, che si era tenuta a distanza per non dover vedere il cadavere.

Sarebbe stato bello se avessero trovato Monique solo in una pozza di sangue, purtroppo era stata anche dilaniata in una maniera rivoltante.

Clay annuì, era abituato a certe cose, ma era sempre difficile cercare di consolare chi rimaneva. Mary deglutì e si torturò le mani in grembo, senza alzare gli occhi su Tinkerbell. Guardò invece la mappa che stava affissa di fronte a lei, dall’altra parte della stanza. “Mio padre e gli altri stanno organizzando una battuta di caccia per stanare il lupo” aggiunse. Tinkerbell alzò le sopracciglia.

Il giorno prima erano state chiamate le forze dell’ordine che avevano interrogato tutti superficialmente. I documenti che Ruthie aveva preparato in caso di necessità erano bastati a convincerli del fatto che lei e Tinkerbell fossero lì per lavoro. Ad un esame più approfondito non avrebbero trovato nessuna industria di tegole denominata ‘Carmen & Carmen’, ma nessuno aveva sospettato che loro potessero c’entrare qualche cosa con la vicenda, per cui erano stati lasciati in pace.

Le ferite sul corpo della vittima erano state procurate chiaramente da denti e artigli, nessuna arma da taglio avrebbe avuto un affondo di quel tipo e la salma era in una tale condizione – parzialmente mangiata – da far pensare obbligatoriamente a un predatore, un lupo, nello specifico.

Tinkerbell si grattò la testa “Sono sicuri che sia una buona idea? Quell’animale ha deliberatamente fatto a pezzi Monique” fece notare lui. Mary annuì e lo guardò di nuovo in viso “Sì, ma lei era tranquilla e disarmata, il gruppo si sta preparando con armi adatte alla caccia e sono pronti per quello che li aspetta” disse, risoluta. Clay avrebbe voluto ribattere qualche cosa, dato che quello che stavano andando a combattere era decisamente più pericoloso di un lupo, ma non poteva ribattere. Intanto, nella sala, il chiacchiericcio si faceva più concitato: la maggior parte dei clienti era deliberatamente scappata appena la polizia l’aveva permesso, erano rimasti solo i residenti, per la maggior parte uomini e donne di mezza età. Nella sala c’erano parecchi uomini che avevano già iniziato a perdere i capelli.

“Ti consiglio di non andare in giro in questi due giorni. Né tu, né Ruthie, mi spiace che siate dovuti capitare qui in questo periodo, di solito è un posto tranquillo”

Tinkerbell annuì “Non ti preoccupare, sono abbastanza sfortunato, in questo senso”

Mary fece il primo sorriso della mattina e Tinkerbell la imitò.

 

***

 

Il Topo stava ancora remando nella direzione della banchina quando, nel buio, sentì rumore di zoccoli. L’unicorno di Cloris sfrecciò correndo sulle assi di legno del molo. Cloris cavalcava senza sella, su il destriero più veloce del Grande Mare. Gli unicorni erano animali imbattibili nella corsa, ma, purtroppo, molto rari; Cloris considerava il suo un tesoro.

Tirò le briglie solo quando arrivarono nelle vicinanze della Kensington Gardens. La nave di Diablo era illuminata da candele e lampade ad olio appese sul ponte, che rischiaravano l’imbarcazione con una fioca luce giallastra.

Il destriero proseguì lentamente ancora per un paio di metri, quando, d’un tratto, le assi del molo si alzarono a formare un muro di legno. L’unicorno s’impennò spaventato e , per poco, Cloris non cadde in acqua. Tirò le redini e lo accarezzò “Buono, bello, buono. Non è niente” lo tranquillizzò, mentre il cavallo riappoggiava tutti e quattro gli zoccoli per terra. L’unicorno si era allontanato di qualche passo e, se ne stava a scrutare la barriera di legno con ostilità.

Dalle assi di legno, sovrapposte in verticale, fuoriuscì una testa sei volta più grande del normale, che sembrava fosse stata creata da un viso sbattuto sulle assi, che ci avesse lasciato l’impronta in basso rilievo.

“Chi sei?” domandò una voce, da dietro alla barriera di legno, mentre il viso di legno muoveva le labbra. Cloris grugnì e con un salto discese dalla propria cavalcatura “Sono il capitano Cloris, imbecille” sbottò la donna, tenendo ben salde le briglie del proprio animale. Dalla Kensington Garden venne un singulto e qualche cosa che suonò tanto come un mi scusi strozzato. In un secondo la faccia nel legno scomparve e le assi tornarono al loro posto, consentendo alla visitatrice di raggiungere l’imbarcazione.

Ronnie si affrettò trafelato a calare la passerella per permettere a Cloris di salire a bordo, seguita dal suo destriero.

Il ragazzino le fece segno di avvicinarsi e lei non se lo fece ripetere due volte, camminando a passo lento verso la nave. “Sto cercando Diablo” dichiarò, in tono di comando.

Ronnie annuì, trafelato, guardandosi intorno. La vecchia Jollah sedeva rigida su uno sgabello sotto l’albero maestro, con i capelli color magenta che le ricadevano sul petto e sulle ginocchia. La vecchia lo guardava arcigna, come sempre.

“Il capitano è… è impegnato…” cercò di dire l’apprendista guaritore. Cloris si accigliò, mentre il suo cavallo metteva il primo zoccolo sopra la passerella che l’avrebbe condotto sulla nave pirata. “Ti assicuro che qualsiasi cosa stia facendo non è più importante di quello che ho da dirgli io” sbottò, con rabbia. Ronnie fece un passo indietro e annuì.

“Va bene, lo vado a chiamare. Vi potrete incontrare nel suo studio” disse, con voce incerta. Cloris annuì in approvazione e poi diede un’occhiata alla vecchia Jollah, che non le aveva tolto gli occhi di dosso da quando era salita sulla nave.

“Posso lasciare qui il mio cavallo, mentre parlo con Diablo?” domandò. Cloris aveva molti anni in meno di Jollah, ma nonostante quest’ultima fosse rattrappita dall’età, il capitano della Rainbow Dancer non la superava di molto in altezza. Come sempre era vestita in modo eccentrico e colorato, come se volesse intonare le proprie vesti alla variopinta criniera del proprio unicorno.

“È un bell’esemplare, ma nessuno qui è interessato agli unicorni” sbottò la vecchia. Cloris fece un sorrisetto storto e la vecchia continuò “Sei qui per la Mosca Bianca?” domandò.

Cloris annuì “Certe cose vanno peggio di quello che pensiamo”

Nello stesso istante, Ronnie correva sotto coperta. La Seconda Guardia non era composta da molte persone, per cui l’equipaggio di ogni nave era di un gruppetto di pochi temerari. La ciurma dormiva in uno stanzone con le amache appese al soffitto, ma Diablo era riuscito ad accaparrarsi, oltre a uno studiolo dove aveva posizionato una scrivania dai piedi leonini inchiodati a terra, anche una piccola stanzetta dove stava una vasca da bagno e un letto non troppo grande, dal quale, il capitano, finiva per rotolare giù, quando il mare era troppo mosso.

Il ragazzo aprì la porta della stanza di Diablo senza pensare e soffocò un’esclamazione, quando lo trovò a dormire vestito nella vasca da bagno, con le testa che ciondolava da una parte.

Fece due passi indietro, guardandosi in giro, indeciso se entrare nella stanzetta o chiudere la porta e tornare da Cloris, ma a quel punto, Diablo si era già svegliato e si guardava in giro, spaesato, come se non si ricordasse perché si trovava lì. Il capitano e Ronnie si guardarono negli occhi per un lungo istante.

L’uomo se ne stava, completamente vestito, con la solita camicia floreale e i pantaloni di tela leggera, immerso nella vasca piena d’acqua. Accucciata su di lui, in posizione fetale, nuda come si addice a una sirena, stava Bianca, ad occhi chiusi. La vasca era troppo piccola per Diablo, quindi le gambe, dalle ginocchia in giù, penzolavano nel vuoto, come la testa fino a un memento prima.

“A Bianca fa male stare troppo tempo lontano dall’acqua fresca, ma mi dispiace lasciarla andare in mare sola, ora che ha accettato di unirsi a noi. La popolazione delle sirene non vede di buon occhio questa sua scelta. Questo è l’unico modo per farla dormire” spiegò, guardando prima lui, poi la sirena. Ronnie annuì, silenzioso, attento a non svegliare Bianca.

“Avevi bisogno di me?” domandò poi Diablo, tranquillo, e Ronnie si ricordò, d’un tratto, perché era lì.

“C’è Cloris. Chiede urgentemente di vederti. Questioni importanti, pare” spiegò. Diablo annuì stancamente, poi piegò di più le ginocchia e infilò i piedi nella vasca.

“Aiutami ad alzarla e a rimetterla nella vasca senza che si svegli” disse.

Poco lontano, Cloris stava aspettando da un quarto d’ora nello studiolo di Diablo, quando il capitano arrivò, completamente fradicio e a piedi nudi.

“Ti sembra l’ora di presentarsi sulle navi degli altri?” domandò Diablo, scherzoso.  Cloris non sembrava affatto dello stesso avviso.

“Non sarei stata costretta a venire fin qui, se solo ti fossi presentato all’appuntamento con la testa di lucciole. Sei uno dei capitani della Seconda Guardia, è un tuo dovere” lo redarguì. Diablo le sorrise, un po’ stancamente e, appoggiandosi con la mano alla scrivania posizionata nel mezzo dell’angusto studiolo, si mise a sedere di fronte a lei e incrociò le braccia.

“Suppongo che ci siano delle urgenze” immaginò. Cloris fece una smorfia “Non so se definirle tali, ma di certo sono cose che devi sapere” spiegò.

Diablo alzò le sopracciglia “Certo, ma prima un drink. Ho preso delle cose, l’ultima volta che sono stato all’Altro Mondo, prima che Tinkerbell mi staccasse il braccio. A proposito, come sta il tuo occhio?” domandò, chinandosi ad aprire uno dei cassetti della scrivania.

Cloris indicò l’occhio che le era ricresciuto “Noti differenza da prima?” chiese. Diablo scosse la testa “Jollah è un’artista” e così dicendo appoggiò pesantemente un sacchetto di plastica sul piano d’appoggio. Cloris allungò il collo per vedere di che cosa si trattasse. Il pirata posizionò tra loro anche un paio di bicchieri e una bottiglia con un’etichetta scritta in una lingua dell’Altro Mondo.

Cloris sapeva parlare un inglese maccheronico, ma non aveva idea di come si leggesse o scrivesse né quello né qualsiasi altra lingua che non fosse quella parlata nel Grande Mare.

“Che roba è?” domandò, brusca.

“Orsetti di gomma. So che ti piacciono, sono colorati” disse, allegro. Cloris guardò Diablo e poi il proprio bicchiere. Il capitano della Kensington Gardens ci riversò dentro una discreta quantità di caramelle gommose a forma di orsetto e poi ci versò dentro un po’ del liquido che stava nella bottiglia che aveva tirato fuori.

“Devo ammettere che gli alcolici li fate meglio voi dell’Altro Mondo” ammise Cloris, guardando la vodka che scivolava tra gli orsetti.

“Tecnicamente, io sono di qui, ma il liquore d’alghe fa schifo” disse. Cloris annuì, afferrando uno degli orsetti di gomma tra le dita e mettendoselo in bocca.

“Abbiamo incontrato la Mosca” iniziò poi, andando al punto dolente, e anche Diablo di mise in ascolto, compunto “ma è successo qualche cosa” continuò, seria. Diablo si accigliò “Che tipo di cosa?”

“E’ stato come… interrotto. Non so se sai come la Mosca si mette in contatto con noi…”

Diablo fece una smorfia pensierosa “Ne ho un’idea vaga” ammise. Cloris sospirò “Usa i semi d’Ortica, ovviamente, nel Campo d’Ortiche ne trova a bizzeffe, con quelli crea una rete, simile a quella di un ragno, con la quale riesce a mettersi in contatto con noi, tocca i fili e le lucciole si muovono a sua immagine e somiglianza” spiegò. Diablo annuì “Quella l’ho sempre trovata una cosa strabiliante”

“Poco importa” lo interruppe, brusca, lei “E’ apparso qualcos’altro, anzi, qualcun altro: un uomo e una donna, da quello che abbiamo sentito dire, dalle descrizioni che la Mosca ci ha fatto, sembrano i sovrani del Campo d’Ortiche. Questo vuol dire che, se sono apparsi nella nostra visione di lucciole, quei due hanno toccato la ragnatela della Mosca e per farlo devono aver, per forza, averlo visto mentre comunicava con noi. Questo potrebbe averlo portato a conseguenze molto gravi. Ebén è estremamente preoccupato”

Diablo la guardò perplesso e Cloris si affrettò ad illuminarlo “La Mosca è suo padre. Non sei l’unico figlio d’arte nella Seconda Guardia” lo schernì e Diablo sorrise. Cloris, invece, rimase seria e continuò il suo discorso “Ma la cosa più grave non è nemmeno questa. La Mosca ha fatto in tempo a dirci qualche cosa, prima che il nostro collegamento si interrompesse: pare che le Ortiche ci vogliano attaccare”

“Perché?” sbottò Diablo, d’un tratto in ansia, allungandosi sulla scrivania per avvicinarsi a Cloris, come se vederla meglio negli occhi potesse migliorare la situazione. La donna scosse la testa “Non ne ho idea, non ne aveva una nemmeno la Mosca. Ha parlato di profezie, di crisalidi e di qualche cosa che ne è scaturito. Non sappiamo nient’altro” spiegò, per poi zittirsi e infilarsi in bocca altri tre orsetti alla vodka.

“Ma… quindi…” blaterò Diablo, rimasto senza parole. Cloris si strinse nelle spalle, tenendo saldo il proprio bicchiere in mano e poi si alzò dalla sedia e girò i tacchi.

“Ehi!” la richiamò l’uomo, concitato. Lei si girò a guardarlo, sottecchi “Dovevo dirti solo questo, non so altro. Sia io che Ebén pensavamo fosse giusto tenerti informato” e così dicendo uscì chiudendosi la porta alle spalle. Il pirata si accorse solo il quel momento che si era portata via anche il bicchiere con gli orsetti gommosi.

Rimase a fissare il vuoto, senza sapere davvero cosa pensare e poi si versò un bicchiere di vodka. Preferiva il rum, ma non era il momento di stare a sindacare. In realtà, non badava nemmeno molto a ciò che stava facendo, gli sembrava assurdo che le Ortiche volessero attaccare il Grande Mare. Il Grande Mare e il Campo d’Ortiche erano nella stessa barca, il cielo stava cadendo loro addosso ed entrambi avevano bisogno di colonne che lo sorreggessero, non c’era motivo per il quale le ortiche dovessero avere vantaggi ad attaccare loro, Diablo non capiva.

Cominciò a rigirarsi il bicchiere tra le mani e fu proprio allora che la porta si spalancò, lasciando entrare una donna con i capelli color magenta come quelli di Cloris, ma molto più vecchia.

Jollah e Diablo si guardarono negli occhi per qualche secondo, poi lei chiuse la porta e andò a sedersi sulla sedia di fronte quella del suo capitano.

“Strana storia” esordì. Diablo stava per chiedere come facesse a saperlo, ma lei lo zittì dicendo “Ho origliato” e la questione fu così conclusa.

“Non mi immagino per quale motivo le Ortiche debbano essere interessate a noi. Probabilmente c’è qualche cosa che non sappiamo, qualche cosa che ci sfugge” disse, guardando negli occhi il ragazzo. Diablo annuì serio e Jollah sospirò, strappandogli il bicchiere di mano “C’è un’altra cosa che mi turba, però. Ne abbiamo già parlato, ma la tua tranquillità sull’argomento rende me incredibilmente inquieta: smettila di parlare di te. Smettila di far sapere che sei cresciuto all’Altro Mondo. Smettila”

Diablo la guardò stupito, battendo le palpebre. “Cloris è, più o meno, mia amica. Conosce molte cose…” cercò di dire, e la donna si alzò e gli prese il viso tra le mani “Cloris è Cloris, ma le voci girano. Sia tu che quel demente di Ronnie sprizzate da tutti i pori la parola intruso. Sarai anche figlio di due pirati, ma non appartieni davvero a questo mondo. Cosa succederebbe se il Re scoprisse che non ti chiami davvero Diablo, che sai come si chiama Tinkerbell, che IO so come si chiama Tinkerbell?” lo guardò fisso negli occhi e il ragazzo non poté far altro che boccheggiare. “Jollah” sospirò, ma lei non lo fece finire e gli stampò un bacio sulla fronte ancora bagnata “Ti voglio bene come se fossi figlio mio, anche se sei un imbecille” disse e a Diablo parve quasi che avesse gli occhi lucidi.

Poi, in un lampo color magenta, scese dalla sedia e corse via con un’agilità che non si confaceva affatto a una signora della sua età.

Diablo si accasciò sulla sedia e si massaggiò stancamente le tempie, era stata una serata difficile.

Fuori dalla finestra ad oblò, dello studiolo, stava il Topo, immerso nel buio, col fiato corto. Si era arrampicato sulla nave con l’aiuto dei semi d’Ortica che gli avevano fatto da corda e aveva finito per ascoltare tutta la conversazione tra Cloris e Diablo e poi quella con Jollah. Era allibito, non sapeva cosa pensare.  

Si era presentato alla Kensington Garden sotto ordine di Ebèn che gli aveva detto di informare Diablo su ciò che era accaduto al gazebo bianco, durante il colloquio con la Mosca e si era ritrovato a scoprire che un capitano della Seconda Guardia e la sua guaritrice erano due traditori. Il Topo scese di nuovo fino alla sua piccola imbarcazione e, col cuore in gola, si defilò nella notte.

 

Aki_Penn parla a vanvera: Yeee! Eccomi qui, con un capitolo super corto e in super ritardo, come di consueto. Come tutti sono stata un po’ in vacanza, quindi, per un bel po’, non ho potuto scrivere, essendo lontana dal mio pc.

Non so bene cosa stia succedendo in questo periodo se non mi piace molto questo periodo della storia o solo sono poco ispirata, ma purtroppo, sia questo che il prossimo capitolo sono di tre paginette, più o meno la metà rispetto al mio standard. Vorrei scriverne di più lunghi, ma questo significa un’attesa più lunga. Ditemi voi se preferite capitoli più corti ma più frequenti o se sia meglio aspettare. U.U

In ogni modo, grazie mille per aver letto, siete sempre un amore! <3

 

   
 
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