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Autore: danjelesbb    02/09/2014    27 recensioni
'Quello che eravamo e quello che provavamo ad essere non è morto.Noi non siamo morti.Noi non siamo finiti.Noi continueremo ad esistere,per sempre.'
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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25 giugno 2013; ore 23.30.
Discoteca di Artesia;

La musica era assordante, le persone ballavano in modo rozzo mentre impugnavano drink di ogni tipo ed io ero lì, seduta su quel divanetto, del quale avevo accuratamente osservato i particolari per far sembrare il tutto meno noioso.
Cosa ci facevo in quel posto? Io non appartenevo a questo luogo, a questa gente, a questo genere di vita.
Guardavo attentamente ogni singola persona, il modo in cui seguiva la persona con cui ballava, il modo in cui dimenticava le preoccupazioni di ogni singola giornata con della musica, che non ti permetteva nemmeno di capire cosa stavi pensando.
Mi chiedevo se lì in mezzo ci fosse qualcuno che si sentiva come me:inappropriato. Mi chiedevo se qualcuno lì in mezzo mi avesse guardato e pensato 'adesso magari le offro qualcosa da bere e le chiedo di ballare' ma immaginare ciò, mi portava più angoscia di quanta ne avessi già.
Non potevo aspettarmi di trovare qualcuno interessato a me adesso, perché lo sapevo, sapevo di non essere il genere di ragazza che si compra vestiti per apparire sensuale agli occhi degli altri e per dominare ogni tipo di ballo che avrebbero proposto nella serata.
'Basta' pensai mentre mi alzavo dal divano per raggiungere la porta d'uscita.
Poggiai la mano sulla maniglia quando all'improvviso, qualcuno mi afferrò il polso facendomi provare dolore.
Mi girai per inquadrare il viso della persona che nel frattempo aveva il viso rivolto verso avanti e faceva spazio tra la folla mentre mi stringeva ancora il polso.
Iniziai a urlare dicendo: « Lasciami andare! », ma ogni tentativo di fargli mollare la presa fu inutile. Non capivo chi fosse o cosa volesse e, perché non mi lasciasse andare dal momento che gliel'avevo chiesto urlandogli contro.
Ad un certo punto, lui si fermò e di conseguenza fece fermare anche me. Si girò verso di me, lasciò la presa e disse « Scusami se ti ho fatto male tesoro », a giudicare dal modo in cui l'aveva detto era sicuramente ubriaco. Continuò a parlare « Volevo chiederti se avevi voglia di ballare con me. Ti ho guardata tutto il tempo seduta sul divano e non potevo lasciarti andare via da qui delusa».
In realtà, non era il tipo di persona che desideravo mi chiedesse di ballare ma non mi sembrava adeguato dirglielo perciò rimasi in silenzio guardando quel poco di pavimento che il piede di qualcuno non occupava.
« Allora? Vuoi ballare o no? » disse catturando di nuovo la mia attenzione. Cosa avrebbe fatto se gli avessi detto di no?Mi avrebbe costretta? Non avevo voglia né di ballare, né di altro, perché avevo ancora intenzione di tornare a casa e, se lui non mi avesse fermato, adesso sarei sul mio letto a immaginare come sarebbe stato se almeno avessi provato ad avvicinarmi a qualcuno e non attirare un tipo ubriaco marcio.
« Mi dispiace ma devo assolutamente tornare a casa», iniziai a dire, « Mi sarebbe piaciuto passare del tempo con te ma davvero non posso». Pensai che magari così non si sarebbe offeso.
Cominciai ad osservarlo con molta cura e notai anche la cicatrice che aveva sul lato destra della fronte. Era un bel ragazzo;aveva degli occhi neri che mi sembravano unici rispetto tutti gli altri. Era molto chiaro di carnagione ed aveva un ciuffo che si innalzava dal capo.
No, non era il tipo da feste e discoteca e si capiva. Io l'avevo capito. Era vestito in modo totalmente inadeguato e mi ricordai di averlo visto seduto solo a bere una bevanda durante il tempo che passai a guardare le persone in sala.
Forse si sfogava con il bere ed era venuto qui per passare una serata con qualcuno e dimenticare i problemi o, forse, la mia immaginazione stava inventando un mare di cazzate.
Ad un certo punto, mi spinse a lui prendendosi per i fianchi e iniziò a baciarmi il collo. Provai in ogni modo a liberarmi, ma la sua stretta era troppo forte.
« Cosa vuoi? Lasciami! » continuavo ad urlare, ma la musica era troppo alta e nessuno sentiva. Nessuno si rendeva conto di nulla. Erano tutti troppo applicati a pensare ai movimenti da fare.
Iniziò a toccarmi con violenza, a scrutare ogni mia curva,e a quel punto,con tutte le mie forze riuscii a liberarmi e corsi verso l'uscita spingendo chiunque mi intralciasse la strada.
Poggia di nuovo la mano sulla maniglia e questa volta il cuore mi batteva così forte che potrei giurare di sentirmelo uscire dal petto.
Aprii la porta e mi sentii subito meglio. Mi sentii come un peccatore al quale era stata aperta la porta del paradiso.
Faceva molto freddo e quel venticello che tirava rendeva più leggero ogni mio respiro.
Continuavo a camminare con le braccia incrociate e con lo sguardo fisso a terra quando decisi di sedermi su una panchina lì vicino.
C'erano coppie di fidanzati, gruppi di amici e non notavo nemmeno una persona che camminasse sola in compagnia dei propri pensieri. Mi sentivo stupida.
'Ma torna a casa', pensai. Quel pensiero divenne come un ordine, girai i piedi verso la strada per casa e la percorsi.

   
 
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