-
Ti ho scoperta, Rose. Sei spacciata. –
"Questa non
è una favola, non è una barzelletta, non
è neppure la trama a lieto fine di un romanzetto rosa.
Questa
è la mia storia.
E se volete ascoltarla, dovete
essere pronti a scrollarvi da dosso ogni pregiudizio.
Non
dovete giudicarla, non dovete condannarla, non dovete idolatrarla.
Dovete
soltanto viverla.”
Sostengo
con impeccabile maestria lo sguardo accusatore del mio avversario,
avvertendo un’improvvisa vampata di calore infiammarmi le
guance.
C’è un cappa d’aria
irrespirabile, qui dentro. Con tutto il fumo passivo che sto inalando
stanotte farei prima ad ordinare un ricambio di polmoni.
O
magari iniziare a fumare anche io.
Se mamma lo scoprisse
sarei una strega morta…
Non che me ne importi
più di tanto, sia chiaro. Più che altro tra
qualche settimana c’è il gran ballo di inverno, e
non mi va di arrivarci con un occhio nero.
Adesso sto
divagando, porca puttana. Mi capita sempre, quando sono nervosa.
Concentrati
Rose.
È solo che non sono una che regge bene il
palcoscenico. Sento troppi sguardi su di me. Mi scrutano, mi
trapassano, mi analizzano. Vorrebbero vedere cosa nascondo.
Mi
agito impercettibilmente sulla mia sedia, improvvisamente a disagio
mentre, sperando di essere credibile, rivolgo al mio imputante uno
sguardo scettico, accompagnato da un smorfietta a metà tra
l’annoiato e lo stizzito.
-
Parla chiaro Malfoy - sbuffo – Cosa diavolo avresti
scoperto con quel cervello da Troll che ti ritrovi? –
Ok
lo ammetto, forse sto esagerando.
Ma il poker è un
gioco duro, sapete. Bisogna essere spietati. Non fidarsi di nessuno e
negare anche l’evidenza.
Tutta
l’attenzione dei presenti è ora focalizzata sul
mio enigmatico nemico.
Lui, che invece sul palcoscenico ci
sguazza, con un gesto spavaldo e plateale si sporge sul tavolo, poggia
i gomiti sulla tovaglia verde e il mento sulle mani. Poi mi guarda
dritto negli occhi.
- So che
stai bluffando – .
La sua voce è
vellutata, vertiginosamente carezzevole, ingannevolmente sensuale.
Sa
di aver fatto centro.
Cazzo.
Un silenzio sbigottito
fa da eco alla sua dichiarazione.
Ora che la sua presa di
posizione è evidente, tutti i presenti mi vedono sotto una
luce diversa.
Incredulità mista ad attesa.
Aspettano
un mio passo falso, una reazione impulsiva, una mossa azzardata.
Qualcosa
che confermi la sua affermazione.
Avvertendo i miei nervi
tendersi fin quasi allo spasimo, punto le due carte coperte di fronte a
me.
Le mie carte.
Poi, con un movimento
spudoratamente studiato, le porto vicino al bordo del tavolo e ne
sollevo l’angolo, in modo che solo io possa vedere cosa
nascondono. È una mossa disperata, un diversivo in cui
celare tutta la mia ansia. Forse spero di aver visto male le figure
allegramente dipinte dietro la rossa copertina plastificata.
Asso
e Jack di cuori.
No. Purtroppo sono quelle che ricordavo.
Sul
tavolo ci sono già quattro carte scoperte, nessuna delle
quali accostata alle mie possa rappresentare qualcosa di vagamente
interessante. Non ho neanche una misera coppia, che diamine!
Sento
una nuova ondata di sconforto serrarmi lo stomaco, ma cerco di non
darlo a vedere.
Rimetto le mie carte al loro posto, poi
aggrotto le sopracciglia in un’espressione perplessa.
-
E da dove la prendi, tutta questa sicurezza? – gli
chiedo in tono volutamente canzonatorio.
Prendere tempo,
indurre l’avversario ad esporsi, insinuare sospetti dietro
alle sue stesse accuse. Può essere un’ottima
tecnica di autodifesa.
Ma lui questo lo sa bene.
Del
resto, mi ha insegnato lui a giocare.
-
Lo so per certo, Rose – sottolinea in tono
provocatorio – perché è da dieci minuti
che continui a bere da quella bottiglia – conclude accennando
con il mento alla bottiglietta scura accanto alla mia mano destra.
Poi si lascia andare contro lo schienale con le
braccia conserte e un sorriso soddisfatto, lasciando al silenzio che
segue le sue parole il compito di esplicare la verità.
Fisso
insieme agli altri l’oggetto della sua allusione.
Dove
diavolo vuole arrivare?
Sento che si sta prendendo sadicamente
gioco di me, e questo mi fa ribollire di collera.
Non mi piace
essere presa in giro. Soprattutto da lui.
Mi osserva, mi
studia, si diverte a mettermi in difficoltà. Cerca il mio
punto debole, un lato vulnerabile, un pretesto per cui rendermi
attaccabile agli occhi di tutti.
-
E allora? – gli chiedo stizzita – Non
usare i tuoi stupidi giochi di parole con me. Cosa vorresti dire?
–
Mi accorgo troppo tardi del mio errore. Gli ho
offerto su un piatto d’argento la domanda che stava
aspettando.
Le occhiate di tutti i giocatori palleggiano
continuamente da me a lui. Cercano di capire chi dei due sta mentendo.
Lui
ghigna, godendo della loro insoddisfatta curiosità.
È perfettamente conscio che, adesso, tutti pendono dalle sue
labbra.
- La tua bottiglia è vuota da un pezzo – mi fa notare
trionfante.
Ci metto qualche secondo a recepire
quello che ha detto.
Poi, con un gesto incredulo, afferro
quella dannata bottiglia di burrobirra e la capovolgo.
Non ne
esce fuori neanche una goccia.
Merda.
Sento
improvvisamente il nodo della cravatta troppo stretto.
-
Il tuo era un gesto meccanico, una specie di riflesso
condizionato. Portavi la bottiglia alle labbra senza bere un accidenti.
E se non te ne sei accorta prima, è solo perché
eri troppo nervosa, troppo impegnata a sviare i sospetti e a nascondere
l’evidenza del tuo bluff, per poter notare anche un
così evidente dettaglio – conclude sprezzante.
Cerco
di ribattere, ma sento le parole morirmi in gola.
Come ho
fatto a lasciarmi tradire da un simile errore?
Idiota.
Sto
pensando a una qualche disumana bestemmia da rivolgergli, ma imprecare
contro tutti i santi e tutti i maghi della storia non servirebbe a
nulla contro la sua spietata logica.
Devo assolutamente
smettere di bere durante le partite.
Mi sporgo più
in avanti che posso, cercando di assumere uno sguardo sufficientemente
minaccioso, ma mi rendo conto che più che altro devo avere
un’aria terribilmente incazzata.
-
E visto che ne sei così stramaledettamente
convinto, come mai ti sei preoccupato di farmelo sapere? –
gli sputo a denti stretti.
Lui mi guarda e sogghigna, con
quella sua aria strafottente che urta, anzi scuote violentemente, il
mio sistema nervoso.
Poi imita il mio stesso gesto,
piegandosi sul tavolo fino a far quasi scontrare i nostri nasi.
E
i nostri occhi.
-
Perché è più divertente
sbatterti in faccia le mie sicurezze – sibila dolcemente.
E
con un gesto deciso, afferra tutte le sue fiches e le trascina al
centro del tavolo.
- All in
– dichiara. – Io punto tutto. Tu cosa fai
Rose…mi segui o no? –
Il mio sguardo
cade sulle cinque carte davanti a me. Ne resta solo una da scoprire.
Jeff,
il mazziere, mi guarda con aria interrogativa, in attesa di sapere se
deve girarla o no.
Che faccio, accetto la sua sfida?
In
condizioni normali lo farei, eccome. Non perché io ami
particolarmente le gare o gli scontri diretti, anzi li detesto.
Ma
adoro litigare con lui.
Ha un nonsochè di eccitante e
deleterio insieme, non è un semplice sfizio o un banale capriccio, ma una
pura e primaria esigenza. Necessaria come l’ossigeno.
Ma
questa volta è un gioco al massacro. Raccogliere questa
sfida sarebbe come posare volontariamente la testa sulla ghigliottina.
Lui
sa il mio gioco.
Ed il solo motivo per cui me lo ha detto
è per farmi sentire ancora più stupida.
-
E va bene Malfoy – mi arrendo rigettandomi contro
lo schienale della mia sedia - lascio tutto. Hai vinto tu –
aggiungo con uno sforzo immane.
I miei compagni di gioco
urlano e battono forte le mani, congratulandosi con il vincitore della
serata.
Lui sorride trionfante, gongolando come un pavone in
mezzo alle attenzioni.
Ringrazia tutti per i complimenti,
stringe numerose mani e ricambia le pacche sulle spalle.
Poi,
accertatosi di essere rimasti gli unici ancora seduti al tavolo, mi
guarda e mi sussurra:
- Mossa
saggia Rose. Ma avresti dovuto osare di più… -
Prendo
a fissarlo, stranita.
-
Perché? – ribatto incredula mentre una
spaventosa intuizione si fa strada tra i miei pensieri.
-
Perché stavo bluffando anche io –
Tombola.
Percepisco
la rabbia e la frustrazione montarmi dentro come una furia.
Oltre
al danno, la beffa.
E la consapevolezza che lui è
perfettamente conscio della mia irritazione, non fa che farmi sentire
ancora più adirata.
-
Coraggio Weasley – mi appella con voce suadente
– non te la prendere troppo, sei stata brava, solo un
po’ ingenua. Ti andrà meglio la prossima volta
– .
Poi, mi sorride.
E davanti a quel
sorriso, sento tutta la mia ira sciogliersi come neve.
Mi alzo
e gli volto le spalle, cercando di sfuggire ai suoi occhi insistenti.
-
D’accordo Malfoy – ribatto tentando di
non dargliela troppo vinta – Sarà come dici tu. Ma
non chiamarmi Weasley. Sai che non lo sopporto – gli ricordo
stizzita.
- Sei tu quella che mi
chiama sempre per cognome – mi stuzzica rimettendo a posto le
carte.
- Solo perché
il tuo nome è impronunciabile, Scorpius Hyperion Malfoy!
– esclamo mentre torno a ricambiare il suo sguardo.
È
inutile, è più forte di me.
Nonostante a
volte lo detesti, per quanto non lo sopporti con quei capelli troppo
lunghi, la camicia troppo aperta, la barba troppo lunga, per quanto
avrei voglia di spaccargli la faccia per quella sua superficiale
strafottenza e quell’innato atteggiamento da playboy, e anche
se mi scoccia anche solo ammetterlo, io non posso fare a meno di
raccogliere le sue sfide, cercare le sue provocazioni, cedere alle sue
istigazioni.
È una sorta di attrazione inevitabile,
un rapporto spontaneo, fatto di occhiatacce, furiose discussioni,
mancati chiarimenti, inammissibile affetto.
Perché
noi siamo fatti così.
Non ci chiediamo aiuto, non
ci consoliamo, non ci diciamo ti voglio bene. Non siamo formali, non
siamo gentili, non siamo come tutti gli altri.
Ma sappiamo
ascoltarci anche senza parlare. Sappiamo consolarci con una battuta,
insultarci con uno sguardo, perdonarci con una stretta di spalle.
Viviamo
le emozioni al massimo, e non ce le rinfacciamo.
E quando sono
con lui, ho l’assoluta certezza che sarà sempre
l’unica persona al mondo in grado di conoscermi meglio di
quanto io conosca me stessa…
-
Ottima partita, Rose – mi consola Jeff mettendomi
un braccio muscoloso attorno alle spalle – nessuno aveva
capito che bluffavi prima che Scorpius ti sputtanasse con quel
brillante discorsetto della bottiglia – sorride dando al
biondino in questione una pacca così poderosa da fargli
quasi rigettare i polmoni.
Poi lo afferra, o meglio lo
stritola in un abbraccio da orco e lo trascina via ridendo a
squarciagola, ormai irrecuperabilmente ubriaco di burrobirra.
-
Non avrei potuto avere un cugino più di idiota di
Scorpius.– commenta con sguardo truce Phoebe, figlia di Clay
Cooper e Daphne Greengrass.
Poi mi sorride, e io mi lascio
contagiare dal suo sarcasmo:
-
E lui non potrebbe avere un amico più cretino di
Jeff Zabini – aggiungo mentre scoppiamo a ridere entrambe.
Intanto,
a conferma delle nostre parole, i due deficienti presi in esame si sono
eroicamente arrampicati sul tavolo della sala comune, e ora sono in
piedi, abbracciati l’uno all’altro con in mano un
broccale di burrobirra mista a chissà quale altra diavoleria
superalcoolica che solo loro sanno come ricavare.
-
Propongo un brindisi – urla Jeff ad un volume molto
più alto del necessario – alla
genialità, o per meglio dire al colossale culo di Scorpius
Malfoy! – porta il broccale alla bocca e ne scola in
un sorso più della metà - Che la fortuna possa
continuare a favorirti al gioco…e a far cadere molte altre
donzelle spasimanti tra le tue lenzuola! – esclama seguito da
un boato di urla e di risate.
-
Grazie Jeff – scherza Scorpius lanciandogli dei
buffetti amichevoli sulla spalla – io invece lancio una
scommessa! – esclama dopo aver ripristinato il silenzio con
un solo gesto della mano.
Non posso fare a meno di pensare
quanto sia straordinaria la sua capacità di persuasione.
Oltre che la sua smodata abilità di restare tranquillo sotto
i riflettori.
- Ragazzi
– procede, perfettamente a suo agio – scommettiamo
su quanto tempo la piccola Jessica Finnigan continuerà a far
la corte al nostro Jeff anche dopo aver scoperto le
dimensioni del suo... gioiello di famiglia!
Questa volta mi
lascio sfuggire anche io una risata. Vedere Jeff Zabini arrossire di
vergogna è uno spettacolo che divertirebbe chiunque.
-
Ehi amico... – si rivolge a Scorpius con aria
fintamente arrabbiata – così mi
offendi…Il mio gioiello di famiglia è a
posto…vuoi provarlo per verificare?! – esclama
provocando un nuovo scoppia di risa.
-
Oh andiamo non fate i finti tonti voi due! –
interviene Jack Goyle sovrastando le altre voci – lo sappiamo
tutti che avete già sperimentato ciascuno il
“gioello” dell’altro! Siete sempre
insieme, dormite nella stessa camera…da soli…che
altro potreste fare la notte?! –
Altra esplosione di
ilarità.
Ma questa volta storco il naso, non
perché sia rimasta scandalizzata della battuta di Goyle, sia
chiaro.
È solo che quel ragazzo mi è
sempre stato sulle scatole.
Fa il gran figo, si crede il
più simpatico tra tutti e non se lo può
minimamente permettere.
E poi è un gran cafone.
E
pensare che mi ha anche fatto la corte per un anno…
Al
quinto anno, ha anche tentato di baciarmi…con la forza, si
intende.
Io me ne tornavo al dormitorio per i fatti miei,
appena terminata la cena, beatamente ignara dell’orso borioso
che mi aspettava appostato a pochi passi dalla Sala Grande.
Appena
svoltato l’angolo, mi sono sentita afferrare da due braccia
decisamente poco gentili che senza darmi il tempo di reagire mi hanno
sbattuta al muro senza tanti complimenti.
Poi ho sentito due
labbra prepotenti premere contro le mie.
Era totalmente
sbronzo, aveva l’alito puzzolente d’alcool e di
fumo.
Fortuna che Scorpius e Jeff erano poco dietro di me.
Ricordo
ancora il micidiale cazzotto sferrato dal biondino dritto sul naso del
mio aggressore. Se mi concentro riesco anche a sentire il rumore delle
ossa che crocchiano..
Ma lasciamo perdere questi spiacevoli
ricordi..non sono così masochista.
Fatto sta che da
allora Jack Goyle ha smesso di importunarmi. Sospetto che Scorpius lo
abbia segretamente minacciato, nonostante adesso siano tornati
tranquillamente in buoni rapporti.
La battuta di Jeff mi
distoglie nuovamente dai miei pensieri.
-
Mi stupisci Jack – esclama fissando Goyle con
un’espressione esageratamente stupita – come puoi
pensare che io e Scorpius sprechiamo il nostro tempo
a…trastullarci tra noi?! – ribatte tra
l’entusiasmo collettivo – Oh io lo farei anche
– continua battendosi la mano sul petto – ma
Scorpius è ovviamente talmente tanto bello e tanto impegnato
con le sue donne da non accorgersi minimamente del mio cuore struggente
d’amore per lui! –
Stavolta la situazione
rischia di degenerare. Steven Nott ha iniziato a sghignazzare talmente
tanto che di poco non si è strozzato con la burrobirra. Ci
sono volute due manate ben assestate per farlo tornare in se, peccato
solo che nel farlo abbia rovesciato tutto il contenuto del suo stomaco
sulla divisa fiammante di un’infuriata Pamela Bell.
-
Jeff, amico mio… - gli si rivolge Malfoy in tono
paterno – se potessi ti cederei volentieri buona parte della
mia fortuna con le ragazze…ma sai come si dice, la Buona
Sorte ha gli occhi bendati…e meno male direi,
perché sono sicuro che se ti vedesse in faccia saresti
perseguitato dalla iella per tutta la vita! –
Ok, ho
i timpani talmente assordati dalle risate altrui che rischio di
sognarmele anche stanotte.
-
Rose, tutto bene? – mi chiede Phoebe vagamente
preoccupata.
Devo avere proprio una pessima cera.
-
Si, sono a posto. – ribatto –
è solo che qui dentro c’è un casino
infernale. –
-
È da quando la cosa ti sorprende?!
– aggiunge lei.
-
Giusto – sorrido – ma oggi sono
un po’ più stordita, sarà stato il
fumo. Quando giochiamo a poker la tensione è talmente alta
che i ragazzi diventano delle ciminiere. E sai che io non reggo bene
l’aria pesante. -
-
Oh giusto. Ok, allora ti porto via da qui. Che ne dici di
andare a cena? Ho così fame che mangerei un elefante!
– esclama facendo ondeggiare i lunghi capelli biondi.
-
D’accordo – acconsento e sorrido,
guardando con tenerezza la dolcezza di quegli occhi verdi. È
talmente simile a sua madre…
-
Ehi no aspettate! – ci urla Scorpius raggiungendoci
trafelato.
Sbircio dietro la sua spalla, e noto che Jeff
è completamente sdraiato sul tavolo, con una decina di
ragazzi che si divertono come dei cretini a schiaffeggiarlo sulle
guance. Ha bevuto troppo, di nuovo.
Faccio roteare gli occhi
e scuoto la testa, riportando l’attenzione sul biondino dagli
occhi blu che mi fronteggia.
-
Ne avete finalmente abbastanza della vostra pagliacciata?!
– gli chiedo aggrottando le sopracciglia.
-
Niente affatto – scoppia a ridere lui –
questo era solo il primo round! Steven Nott ha seriamente intenzione di
aprire un toto scommesse su quanto tempo ci metterà Jessica
Finnigan prima di piantarla di scodinzolare attorno a Jeff! –
esclama soddisfatto.
- Ma come
fate a divertirvi con delle cazzate simili? – lo punzecchio
sprezzante.
- Oh andiamo Rose
non fare l’acidona! E poi, anche se non lo ammetteresti mai,
so che in fondo anche tu ti sei divertita…
Prendo a
fissare di scatto le pareti della sala comune, impedendogli di
guardarmi negli occhi. Perché so fin troppo bene che vi
leggerebbe dentro, ancora una volta, la conferma di aver indovinato.
-
Falla breve, cugino – si intromette
provvidenzialmente Phoebe – noi stiamo per andare a cena. Che
cosa vuoi? –
-
Soltanto, cara cugina, ricordare a Rose che abbiamo un
impegno, stanotte – sottolinea.
Torno a fissarlo
sinceramente stupita.
- Di che
cavolo stai parlando? Cos’è, per stasera sei
rimasto a corto di munizioni?! Sai che io non ci vengo a letto con te!
- gli sputo addosso con la massima gentilezza che riesco a racimolare.
Ma
ormai ci avrà fatto l’abitudine. Alza gli occhi al
cielo, sospirando rassegnato.
-
Sto parlando della tua sconfitta, Rose – mi ricorda
trionfante – io ho vinto, tu hai perso. Sbaglio o si era
deciso che il perdente pagava pegno?! – mi canzona, facendo
finta di non ricordarlo.
Questo è uno dei famosi
momenti in cui lo prenderei volentieri a calci in culo.
-
Si – ringhio a denti stretti.
-
Bene – annuisce soddisfatto – e si da il
caso che il pegno in questione debba sceglierlo io. E mi è
sufficiente ricordarti che domani abbiamo il compito in classe di pozioni,
per farti capire cosa mi aspetto che tu mi aiuti a fare stanotte
…ci siamo intesi? –
Stronzo.
So
di non potermi rifiutare. Ne andrebbe di mezzo il mio orgoglio, oltre
che la mia faccia.
- Intesi
– sussurro fissandolo con uno sguardo inceneritore.
Lui
mi afferra per il braccio, allontanandomi da orecchie indiscrete. Poi,
fissandomi dritto nelle pupille, si abbassa alla mia altezza prima di
sussurrarmi dolcemente:
- Molto
bene Weasley. Ti aspetto fuori dal mio dormitorio. A mezzanotte in
punto. –
Si rialza, mi sorride, e poi si volta,
lasciandomi scossa da un brivido.
Non di piacere.
Di
paura.
Al solo pensiero di quel che mi aspetta, sento una
morsa di terrore misto ad eccitazione attanagliarmi le viscere.
-
Che cosa diavolo state tramando voi due? – mi
chiede Phoebe una volta rimaste sole.
-
Niente, lascia perdere. Te lo spiego dopo cena. –
taglio corto.
- Hey ragazzi!
– quel borioso di un Malfoy è di nuovo in piedi
sul tavolo, dove Jeff si è leggermente ripreso –
diamo inizio ai giochi! Quanto tempo passerà prima che
Jessica Finnigan abbandoni l’assediamento del nostro Zabini?!
–
Una decina di puntate assurde si levano
simultaneamente dalle labbra di dieci folli scommettitori.
Io
li osservo, e posso solo sperare di non mettermi nei casini.
Sono
stanca, sono arrabbiata perché ho perso, terrorizzata per
quello che mi toccherà fare, ho la nausea per il troppo
odore di fumo e sto morendo di fame.
Ma guardando Jeff e
Scorpius, i miei due migliori amici, le mie due colonne portanti in
questa scuola, allegramente abbracciati l’uno
all’altro, non posso che sentirmi la ragazza più
felice del mondo.
Tuttavia mi rendo conto che per voi,
ascoltatori esterni, sia difficile intuire le mie emozioni quando
ancora non vi ho svelato un dettaglio fondamentale della mia vita.
Sto
persino dando per scontato che voi sappiate chi sono io, che stupida,
come se avere come genitori due dei più famosi maghi del
mondo magico sia un biglietto da visita sufficiente per farmi
riconoscere ovunque io vada.
Magari siete dei babbani, e non
avete neanche la minima idea di cosa sia, il mondo magico.
Ok,
ma io ci provo lo stesso. Sono una ragazza testarda, quando mi ci metto.
Sono
la figlia maggiore di Ronald Bilius Weasley, Auror del ministero,
migliore e storico amico dell’eroe (nonché mio
zio) pluririconosciuto Harry Potter, il rosso imbranato, lo straccione,
colui che al primo anno vinse contro Voldemort stesso la migliore
partita a scacchi che Hogwarts avesse mai visto.
Mia madre
è Hermione Jane Granger, la secchiona Mezzosangue migliore
amica di Harry e Ron. La ragazza bacchettona, la dentona, sempre china
sui libri. Prefetto di Grifondoro. Il cervello più brillante
di tutta la sua generazione. Colei che ideò il CREPA e
l’Esercito di Silente, e fu la responsabile del rapimento di
Dolores Umbridge da parte di un’orda imbufalita di Centauri
nella Foresta Proibita.
Presero entrambi parte in modo
decisivo alla sconfitta di Lord Voldemort.
I miei genitori
sono due eroi.
E io li odio per questo.
Perché
tutti mi guardano con occhi diversi, mi analizzano, mi confrontano, si
aspettano che io sia alla loro altezza. Molti mi conoscono solo per il
cognome che porto. Tanti altri mi ammirano solo per chi sono, e non per
come sono. E altrettanti mi disprezzano per lo stesso motivo.
Mi
chiamo Rose, come il più innocente e delicato tra i fiori.
Ma
le spine che sporgono dalla mia anima sono più taglienti
della lama di un pugnale.
Il mio secondo nome è
Hermione, come mia madre, per ricordarmi costantemente di essere la
figlia di una mente geniale. E di dovermi comportare come tale.
Il
mio cognome è Weasley, come decine e decine di miei zii, zie
e cugini. Per ricordarmi di far parte di una famiglia importante, una
famiglia numerosa, tra cui io e mio fratello siamo gli unici
discendenti Mezzosangue.
Ed io la sola pecora nera.
Mi
chiamo Rose Hermione Weasley.
E sono una Serpeverde.
L’unica
dell’intera famiglia, da generazioni intere.
Spregiudicatezza,
cattiveria e superbia.
So che sono queste le prime
caratteristiche che vi vengono in mente pensando alla mia Casa.
Anche
per i miei genitori, soprattutto mio padre, è stato
così. E lo è tuttora.
Ricordo ancora le
urla, l’incredulità, la malvagità di
mio padre nell’inveire contro di me, rannicchiata e tremante
nella poltrona di casa a piangere calde lacrime di bruciante vergogna.
Quando seppe che non ero una Grifondoro, mi accusò di essere
perfida. Disse che doveva esserci qualcosa di oscuro e pericoloso
dentro di me, che sarei diventata una buona a nulla,
un’incapace, una strega, stando in quella Casa. Mi
urlò, con gli occhi accecati dal fanatismo e dalla paura,
che era colpa mia, che avevo disonorato tutta la sua famiglia facendomi
smistare tra quella gentaglia infida, vigliacca e leccaculo.
Mia
madre tentò con tutte le sue forze di farlo ragionare, anche
prendendolo a schiaffi, ma non mi fu di grande aiuto. Anche per lei fu,
ed è ancora, difficilissimo accettarlo.
Avevo
undici anni, e fu allora che capii che se volevo sopravvivere, dovevo
riuscire a convivere con il costante disprezzo dei miei genitori e a
cavarmela con le mie forze. Da allora, ho imparato a non sentirne la
mancanza, a non agognare più un complimento da mia madre o
una carezza da mio padre, ho imparato a vivere senza di loro e a non
lasciarmi mai più calpestare. Sono riuscita a
differenziarmi, a maturare una personalità ribelle e
profondamente inquieta, a sviluppare peculiarità del mio
carattere volutamente opposte a quelle dei miei genitori. Con enorme
fatica mi sono pian piano scrostata di dosso l’immagine di
brava ragazza che tutti, a scuola e a casa, avevano di me.
Ma
questa non è una favola, non è una barzelletta,
non è neppure la trama a lieto fine di un romanzetto rosa.
Questa
è la mia storia.
E se volete ascoltarla, dovete
essere pronti a scrollarvi da dosso ogni pregiudizio.
Non
dovete giudicarla, non dovete condannarla, non dovete idolatrarla.
Dovete
soltanto viverla.
Tutto quello che accade qui dentro
è imprevedibile, non ci sono eroi da esaltare, malvagi da
perseguitare, innocenti da salvare. Non ci sono buoni o cattivi,
perché nessuno può essere esclusivamente una cosa
senza l’altra.
La mia storia parte da qui, da una
sconfitta a poker e da un pegno da pagare.
Ma questo,
è soltanto l’inizio.
Spazio
Autrice
Che dite…vale la pena continuarla?
Innanzi
tutto ci tengo a scusarmi ENORMEMENTE con quanti avevano già
recensito e messo tra i preferiti questa fan fiction, ma la sensazione
che ci fosse ancora qualcosa che non andava mi ha spinto a cancellarla
e ripostarla.
Spero che abbiate la pazienza di recensire
comunque per farvi sapere se vi piace!
Ho bisogno di
moltissima carica per portare avanti le mie storie, e questa carica mi
è data tantissimo dalle recensioni. Non sono obbligatori gli
apprezzamenti, anzi! Sono dispostissima a leggere le vostre critiche,
purchè costruttive! Quindi mi raccomando, non abbiate paura,
dateci dentro senza pietà con tutte le vostre correzioni!
Sperando
di ricevere la spinta giusta per aggiornare al più presto,
vi saluto con un grosso bacione!
P.S. E’
superfluo ripetervi ancora che adoro i commenti, vero?! XD
Fatemi sapere che ne pensate!
Bacioni
Tayla