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Autore: Here    03/09/2014    0 recensioni
Forse sono le cose più fragili ad essere destinate a rompersi con il passare del tempo.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tornare indietro a prendere le mie cose era fuori discussione. Era una questione d’onore: dopo anni ero finalmente libero da quella gabbia, non sarei mai tornato indietro. Non mi importava se non avessi avuto vestiti nuovi per un viaggio di cui non sapevo né la destinazione né la durata, e non mi importava di come sarei apparso agli occhi degli altri. L’importante era non tornare sui propri passi. Iniziai a pensare che ad Emily non importasse poi così tanto: ero sicuro che dopo un paio di giorni si sarebbe abituata alla mia mancanza e avrebbe trovato qualche nuovo compagno da portarsi a casa. E a letto. In fondo, io ero diventato solo il suo compagno di scopate post sbornie: che ci fossi o no non avrebbe poi cambiato molto nella sua vita. Avrei iniziato a preoccuparmi di me solo una volta trovata la città in cui viveva Claire. L’avrei trovata, in un modo o nell’altro.
Era notte fonda e le strade di Ottawa erano quasi desolate. Vivevo nella città dei miei sogni da circa due anni ma non l’avevo mai vista così. Non era il fatto che fosse deserta a stupirmi, piuttosto era l’aria che si respirava a sorprendermi. Quella era aria di libertà, una cosa nuova nella mia vita fatta di notti per lo più insonni trascorse a riflettere su quanto avesse iniziato a far schifo la mia vita. Credo che se qualcuno mi avesse visto in quel momento, mi avrebbe descritto come un idiota con la faccia di un bambino che aveva visto per la prima volta in tutta la sua vita la neve. O qualcosa di così magico per i bambini. Ma dovevo restare con i piedi per terra ed essere razionale. Non avevo la minima idea di dove si trovasse Claire, come diavolo avrei potuto fare a trovarla? Inoltre, in quei due anni avrebbe potuto benissimo trovare un’altra persona. Forse stava ancora con quella persona, magari si erano sposati, forse era anche incinta o…
Frenai le mie paranoie prima che iniziassero a divorarmi vivo e a farmi cambiare idea su quella che tutti penserebbero fosse un’enorme stronzata. Ero sempre stato un tipo calcolativo, forse quasi maniacale. Quando decidevo di fare qualcosa di importante, magari anche le cose più piccole, avrei potuto anche passare ore a pensare a tutte le possibili conseguenze e ad analizzare ogni modo per poterla portare a termine. Invece ora, in una situazione in cui qualsiasi persona sana di mente avrebbe preso le giuste accortezze prima di andarsene per un viaggio chissà dove, mi ero lasciato prendere troppo la mano dall’istinto. Il che era un bel passo avanti per me e non mi dispiaceva affatto. Penso che il motivo per cui Claire mi piacesse così tanto fosse perché era così dannatamente diversa da me: eravamo praticamente l’uno l’opposto dell’altra. Avevo sempre pensato che quella de ‘Gli opposti si attraggono’ fosse solo un’enorme stronzata per giustificare coppie che nonostante tutte le avversità riuscivano comunque ad andare avanti. Solo dopo averla conosciuta cominciai a rivalutare quella stronzata.
Pensai subito che il modo più rapido per trovarla fosse quello di cercarla su Facebook. Dopo quello che successe due estati prima, non la cercai neanche su quel social network. Tutto ciò che volevo fare era cancellarla dalla mia testa(un’altra grande stronzata). Comunque, se avessi voluto fare così, mi serviva un internet point e un posto in cui dormire per quella notte. O almeno così pensai prima di ricordarmi di un vecchio amico che abitava dall’altra parte della città, su Wellington Street. Erano mesi che non sentivo Jason e odiavo l’idea di presentarmi da lui soltanto per chiedergli di farmi dormire sul divano e prestarmi il suo computer la mattina dopo. Lui era stato il mio primo amico ad Ottawa. Lo conobbi in un bar qualche giorno dopo essermi trasferito lì e devo ringraziare lui e la sua maledetta festa di laurea per aver conosciuto la donna che ha rovinato due anni della mia vita. Ma devo ringraziarlo anche perché senza di lui non mi sarei mai ambientato in quella città enorme. Era il classico tipo che amava godersi la vita e passare i fine settimana nei bar a rimorchiare donne da portarsi a letto e poi buttare fuori di casa il giorno dopo, ma io mi ci trovavo bene e lo seguivo spesso nei fine settimana. E mi divertivo. Eccome se mi divertivo, prima di chiudermi in una gabbia creata da me stesso per isolarmi dal mondo esterno. Non facevo altro che incolpare Emily, e forse in parte la colpa era anche sua. Ma io ero il codardo che fino ad allora non aveva mai avuto il coraggio di alzarsi da quel fottuto divano e rompere le sbarre. Jason provò a riprendere i contatti, ma io ero ormai in un’altra dimensione. Avevo sempre odiato gli amici a convenienza e ricordo che in quel momento odiai me stesso perché mi stavo comportando come uno di loro.
Mentre i pensieri vorticavano nella mia testa fino a farla quasi esplodere, non mi accorsi di essere già arrivato a Wellington Street. Vedevo da lontano il palazzo a quattro piani verso cui ero diretto. L’appartamento di Jason si trovava al terzo piano e le luci erano stranamente accese. Bingo. Pensai che magari avesse organizzato una festa con tante ragazze a casa sua a cui avrebbe partecipato tutto il condominio. Pregai fosse così: sarebbero stati tutti così ubriachi che non si sarebbero fatti nessun problema, avrei potuto dormire, fare tutte le mie cose ed andarmene la mattina dopo da lì senza che nessuno se ne accorgesse. E invece pochi minuti dopo ebbi modo di ricredermi. E di stupirmi. Il portone del palazzo era già aperto(sembrava tutto così bello), ma mentre salivo le scale non sentivo provenire musica dal piano di sopra. Quando fui davanti alla porta, da dentro non proveniva nessun rumore. Cominciai a temere il peggio: se fossero stati così fatti da essersi già catapultati in un’altra dimensione, avrei potuto anche dormire lì fuori. Bussai al campanello e dopo poco un occhio nero mi stava guardando dallo spioncino. Mi sa che non era più abituato a visite notturne. Aprì la porta un giovane estremamente pulito e ordinato per essere Jason. Persino i lunghi capelli che un tempo ricadevano sulla fronte in ciuffi disordinati ora erano stati ben pettinati su di un lato. Eppure era lo stessa persona che avevo conosciuto due anni prima. Mi fissò per quelli che furono circa due secondi e mezzo prima di sbattermi la porta in faccia. Avrei dovuto immaginarlo, pensai tra me e me prima di bussare di nuovo al campanello. Jason aspettò prima di riaprire la porta e dirmi: «Che cazzo ci fai qui a quest’ora? ».
«Ho bisogno di un posto per dormire e di un computer».
«Beh, credo che dovrai vedertela da solo stavolta» e fece per chiudere la porta, ma io fui veloce a bloccarla con la mano. Ero più forte di lui. Intanto dal corridoio vidi sbucare da una stanza una ragazza coi capelli bagnati avvolta in un accappatoio. Pensai che fosse una delle solite puttane del fine settimana(anche se ricordo che quel giorno fosse mercoledì). Mentre usciva nel corridoio disse: «Tesoro va tutto bene…», la frase le morì in gola quando mi vide. Non so che aspetto avevo, ma a giudicare dalla sua faccia e dalla situazione immaginai che nella sua testa si stessero formando paranoie come ‘Jason è coinvolto in qualche losco affare di droga e ha fatto incazzare qualcuno che adesso è venuto a prenderlo a calci in culo’.
«Va tutto bene amore, vai ad asciugarti i capelli» rispose subito lui in tono dolce e dopo poco mi sussurrò «entra e spero che tu mi dia una spiegazione per tutto questo». Jason non aveva mai chiamato una delle sue puttane ‘amore’. E se per questo non era mai stato così pulito ed ordinato. L’appartamento era l’esatto opposto di quello che mi aspettavo: ero abituato a vedere gente buttata in qualche angolo della casa a fumare erba, alle stanze in disordine, ai preservativi usati vicino il letto. E invece quella volta era tutto perfettamente in ordine. La ragazza si chiuse nel bagno mentre lui mi accompagnava in cucina.
«Cosa ci fai ancora sveglio a quest’ora?» chiesi per rompere quel silenzio imbarazzante.
«Sono stato ad una cena in periferia con alcuni familiari della mia ragazza. Ma questo non è importante, la domanda è: cosa ci fai tu qui?» tagliò corto lui.
Ma io ero rimasto bloccato a ‘una cena con i familiari della mia ragazza’. «Cosa? Ora hai una ragazza?»
«C’è qualche problema?»
«Certo che no, solo che non sono abituato a tutto questo…sai, mi aspettavo…»
«Si, certo. Ti aspettavi di trovare il ragazzo che hai conosciuto due anni fa e magari di trovare la casa in disordine con alcol ed erba ovunque. E magari quando hai visto Hanna hai pensato che fosse una delle ragazze del bar»
«Ehm…», più che un ‘Ehm’ il mio fu un balbettio confuso.
«Forse per te sarebbe stato meno traumatico se non fossi sparito dalla circolazione da mesi»
«Lo so»
«E allora te lo ripeto per la terza volta: cosa cazzo ci fai qui?»
«Ho lasciato Emily»
«Beh, a giudicare dalla richiesta che mi hai fatto avrei giurato che lei avesse buttato te fuori di casa», stavolte rise di gusto.
Risi anch’io. Iniziavo a sentirmi a mio agio, e poi ero davvero interessato a come fosse cambiato Jason. Così gli chiesi:«E invece a cosa è dovuto questo tuo cambiamento?»
«Hanna è entrata nella mia vita all’improvviso e l’ha stravolta a suo piacimento come se niente fosse. Lo so cosa stai pensando: ’Jason non è mai stato un tipo romantico, lui era quello della scopata del fine settimana con le ragazze del bar sul fiume’, ma uno come te non può capire. A dire la verità, non capisco neanche io come una persona possa entrare ad un tratto nella tua vita e diventare così importante. Era dai tempi del liceo che non mi sentivo così, forse ho solo messo la testa a posto. Quando la conobbi lei era proprio come te: veniva al bar solo perché c’erano i suoi amici, ma non era come loro. Capii subito che se volevo piacerle dovevo smetterla di fare cazzate e infatti ho chiuso con quella merda da tempo. Sono passati cinque mesi da quando ci siamo conosciuti e quando ha detto di volermi presentare ai suoi familiari ho pensato che forse stava correndo troppo. Ma io le voglio davvero bene e non mi importa, se questa storia deve continuare che continui pure, non posso che esserne felice. Nonostante tutto sono troppo giovane per preoccuparmi»
«E hai fatto una buona impressione?»
«Certo che sì, è andato tutto benissimo, credo di stargli simpatico», mentre parlava Jason si tolse la camicia e mi invitò a sedere «cazzo se fa caldo qui. Siediti, ti offro una birra».
Ne prese due ghiacciate dal frigo e ci sedemmo sul divano. Ero felice che stessimo parlando così. Ma ero davvero felice per lui e per la sua vita, sembrava andargli tutto bene.
Dopo qualche attimo di silenzio, finalmente mi chiese cosa fosse successo. Gli raccontai tutto, tranne il fatto che stessi per partire alla ricerca di una ragazza che si trovava chissà dove e con chi. Gli raccontai di come mi fossi chiuso da solo all’interno di quell’inferno, di come mi trattava Emily dall’inizio della nostra relazione, di come mi sentissi in confronto a lei, e il resto ormai lo sapete. Restò zitto per tutta la durata del mio sfogo, tanto che ad un tratto credetti di essere solo e di star parlando con me stesso e per poco non piansi. Non piangevo da anni e non avevo intenzione di ricominciare a farlo davanti a lui. Non ero mai stato facile alle lacrime: persino nelle situazioni più drammatiche il massimo che facevo era starmene in silenzio per ore, magari steso a fissare il vuoto e a pensare. Piansi l’estate di due anni prima per Claire, per quanto mi sentii stupido per essermi affezionato a lei. Piansi per una notte senza sosta. Non ricordo altre volte in cui venni alle lacrime durante la mia vita, ma in quel momento, mentre parlavo a Jason di quanto fosse merdosa la mia vita, avevo accumulato così tanto odio, malinconia, rancore e altra merda dentro di me che temetti di scoppiare.
Alla fine, dopo avermi fissato per un tempo che parve a me infinito, mi disse:«E così ora ti serve un posto per dormire»
«Sì»
«E un computer»
«È così. Quello mi serve per trovare un posto verso cui partire domani stesso»
«Almeno hai idea di dove andare?»
«No, ma te ne parlerò domani. Ho tralasciato la parte più importante della storia, ma ora ho sonno e ho bisogno di dormire»
«E chi ha detto che puoi restare?»
Jason guardò divertito la mia faccia esaurita e sorrise:«Puoi dormire qui sul divano e restare quanto ti pare»
«Cazzo amico, io…»
«Non dire nulla. Ora Hanna mi sta aspettando di là, ci vediamo domattina».
Jason se ne andò e poco dopo tornò per portarmi un pigiama. Mi stesi sul divano e restai per un po’ a contemplare il soffitto, mentre ascoltavo Hanna urlare a Jason:«Cosa ti salta in mente di fare?» e poi li sentì dire a bassa voce cose incomprensibili.
Non volevo essere il motivo di un loro litigio e non avrei approfittato della sua ospitalità: me ne sarei andato da lì il giorno dopo. Non ci volle molto perché mi addormentassi. E quella notte sognai. Sognai la mia prima notte con Claire.
  
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