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Autore: Rainie    04/09/2014    2 recensioni
[ Basato sull’MV di ‘One Shot’; OT6; cameo di altri artisti kpop ]
In una realtà che si srotola davanti a loro in modo ostile, sei ragazzi cercano riparo gli uni tra gli altri. I B.A.P sono una banda criminale di grande fama sia nel sottosuolo che nel mondo alla luce del sole, sebbene nessuno osi fare il loro nome. Velati dal mistero, sono sulle prime linee della criminalità organizzata, e primi nella lista dei ricercati dalla polizia.
Poi il mondo strappa via un loro compagno, e il resto sa che avrebbe fatto di tutto per riportarlo indietro. Qualunque fosse stato il costo di quell'azione.
Genere: Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Un po' tutti, Yongguk, Youngjae
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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[ part 4: shadows ]

playlist: back – infinite; come back home (unplugged vrs.) – 2ne1; haru haru – big bang

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La notizia di tanto denaro rubato finì, naturalmente, su tutti i quotidiani e telegiornali. Di un colpo tanto grosso non si era sentito parlare da anni, tant’era che in città sembrava non ci fosse un posto che non fosse stato monopolizzato da discussioni sul fatto appena accaduto. La Banca Centrale era in subbuglio, la polizia non riusciva a trovare tracce che li portassero ai colpevoli, e i cittadini non facevano altro che criticare l’incompetenza delle autorità.

Tutto ciò non toccava minimamente quello che era all’interno dell’officina Kim, che in quei giorni era rimasta chiusa “a causa di circostanze straordinarie”. Nel seminterrato, il frusciare delle banconote chiudeva quella piccola stanza al mondo di fuori, il quale sembrava non riguardasse per niente i B.A.P. Due ventiquattrore di pelle nera vennero riempite abbondantemente con dieci milioni, poi lasciate sul tavolino spoglio. La luce del sole mattutino filtrava in quell’abitacolo isolato, illuminando con un bagliore la polvere che volteggiava nell’aria secca.

I cinque membri erano sparpagliati nella stanza, per quanto il piccolo spazio libero poteva permetterlo. «Con questi,» disse Daehyun, richiudendo le valigette, «potremo salvare Youngjae. Il resto lo useremo per finire di pagare tutto quello che dovevamo agli altri.» Dopodiché si appoggiò sul muro dietro di lui, scivolando per terra come se non avesse più forza rimasta in corpo.

Rimasero tutti con lo sguardo fisso sulle valigette, in silenzio.

L’espressione sul viso di Yongguk era dura, più dura di quanto Himchan avesse mai visto. Gli appoggiò una mano sulla spalla e, guardandolo negli occhi, gli disse: «Vedrai che andrà tutto bene. Non abbiamo mai fallito, e Youngjae ritornerà sano e salvo, okay?»

L’altro gli rispose con un cenno del capo, ma non disse una parola.

La verità era che Yongguk non riusciva davvero a rassicurarsi abbastanza. Avendo trascinato tutti i membri in quell’operazione, non aveva la minima idea di come l’avrebbero presa se si fosse saputo che, in verità, Youngjae era stato fatto fuori da tempo. Gli sembrava come se fosse ritornato a tanti anni prima, a quando il fratello era caduto in coma–

Il pensiero gli faceva venire il voltastomaco, e dovette deglutire numerose volte per mandare giù i conati di vomito che stavano salendo nella sua gola.

Pensò che, molto probabilmente, nella sua vita precedente aveva fatto cose davvero crudeli. Ora le stava ripetendo perché, con una personalità come la sua, per essere sicuri di aver toccato veramente il fondo doveva per forza andarci a sbattere contro.

Adesso aveva imparato la lezione, ma c’era un dettaglio che se ne restava nell’angolo più remoto della sua psiche, e certe volte non lo faceva dormire la notte. Quel dettaglio lo aveva scaraventato sul fondo con forza, e gli faceva desiderare di non aver mai saputo quanto potesse far male.

L’aveva capito tempo addietro, quando Himchan gli disse che si sentiva inutile nel gruppo, quando insegnò al giovane Junhong – Junhong, così dannatamente innocente e impaurito prima di incontrarlo – come vincere effettivamente una lotta a mani nude, quando vide Jongup far pratica con la pistola e centrare tutti i bersagli, quando Daehyun gli confidò il suo sogno, e quando Youngjae venne rapito, quando Youngjae venne rapito…

«Sapete,» disse, richiamando l’attenzione dei suoi membri, «stavo pensando che, dopo che avremmo liberato Youngjae… penso che dovremmo prenderci una pausa.»

I B.A.P sbatterono le palpebre, confusi dalle parole del leader, non riuscendo a capire la ragione per cui avesse detto ciò. Yongguk si affrettò a continuare il discorso. «Andiamo via da qui, cambiamo città, giriamo il mondo, facciamo qualcosa che– qualcosa di diverso. Tutto questo è stancante, vero? Quindi non facciamolo. Facciamo finta di essere delle persone come tante che hanno una vita normale.»

Yongguk era una persona che non sapeva parlare bene dei suoi pensieri. Ogni cosa che aveva detto fino ad adesso non esprimeva nemmeno la metà di quello che avrebbe voluto veramente dire; gli risultava difficile e stancante, ma lui avrebbe davvero voluto che gli altri sapessero.

Avrebbe voluto dir loro che probabilmente era stato un cattivo leader, uno pessimo, probabilmente il peggiore che fosse mai esistito. Avrebbe voluto scusarsi per aver tentato di raccogliere ciò che era rimasto delle loro vite prima di essere B.A.P, per averli trascinati con lui sul fondo, perché loro, a differenza sua, non dovevano redimersi da una vita passata.

I B.A.P non era la loro unica possibilità, Yongguk ne era sicuro: ci aveva riflettuto un sacco di volte, nonostante non ne aveva mai fatto parola. Pensava di averli tolti da un futuro incerto, ma non aveva fatto niente per proteggere gli altri dalla cruda verità che veniva sbattuta loro in faccia ogni singolo giorno – nessuno aveva detto che starebbe stato tanto difficile. I suoi membri lo odiavano? Certo che lo odiavano; anche lui si sarebbe odiato, se fosse stato al loro posto.

Invece, i quattro al suo fianco lo guardavano con un’espressione apologetica, come se volessero dire “Ci dispiace, avremmo dovuto fare di più, avremmo davvero voluto renderti le cose più facili”, e lui avrebbe voluto gridar loro di smetterla perché era lui quello nel torto ed era lui che li aveva costretti ad una vita del genere e diamine come potevano non capire che aveva solo rovinato la loro vita.

Ma non disse niente di tutto ciò. «Non vi sentite stanchi?» sospirò solamente, sprofondando nella sedia e guardandoli onestamente negli occhi.

Fu Junhong – Yongguk ne temeva l’opinione più di quello di chiunque altro nella stanza, perché probabilmente era la sua, la vita che aveva rovinato soprattutto – il primo ad avere il coraggio di parlare. «Una volta,» disse, «ricordo che mia madre mi aveva detto che avrei dovuto riconoscere quando una persona è brava o meno. E conoscendoci da così tanto tempo, posso dire che tu, hyung, lo sei.» Gli lanciò un mezzo sorriso. «È vero che le cose che facciamo sono lontane dall’essere buone, ma tu sei davvero una brava persona. E io non mi sento stanco, sul serio.» 

«Sono d’accordo con Junhong,» si aggiunse Jongup. «Lasciatelo dire, hyung, sei tu quello più stanco di tutti. Ti preoccupi di troppe cose. Se vuoi che smettiamo di avere questa vita, noi ti seguiremo fino alla fine del mondo perché siamo noi quelli che hanno deciso di fare tutto questo.»

Lo sguardo duro di Yongguk si sciolse impercettibilmente. Era sopraffatto da come ciecamente i suoi membri riponevano la loro fiducia in lui. Sentì il cuore restringersi di più nel petto, quella sensazione fu tanto realistica che gli sembrò che fosse successo fisicamente per davvero.

La sua voce era un grave sussurro, mentre li guardava con scetticismo. «Come potete dire così dopo tutto quello che abbiamo passato come B.A.P? Non posso non esservi sembrato una persona orribile.»

Junhong scrollò le spalle lievemente, come se quella fosse la cosa più semplice del mondo. «Istinto,» rispose con semplicità.

«Più precisamente,» intervenne Daehyun, «proprio perché ne abbiamo passate tante, ora possiamo dire tutto questo.» Gli altri furono d’accordo con lui.

«E, hyung, ricordati che siamo stati noi a decidere di affidarci a te. Se tu sei orribile, lo siamo anche noi, non pensi?» disse Junhong.

Il leader li stava guardando ancora con incredulità quando Himchan parlò. «Eh, hai sentito i bambini,» disse, alzando una spalla. «Ti seguiremo anche se non vorrai, fine della storia. Quindi, dopo questa, i B.A.P saranno solamente un ricordo.»

I B.A.P saranno solamente un ricordo.

Yongguk guardò le valigette nere posate sul tavolo. Non era del tutto sicuro che avrebbe funzionato, ma valeva la pena provarci. Sperò che Youngjae avrebbe accettato di andare con loro, sperò che non avrebbero sprecato quell’occasione e che non avrebbe fatto passi falsi. Per ora, la loro priorità era fare altre cose cattive. Per ora, non era bene guardare più in là, nei piani futuri. Era troppo pericoloso.

Con lo sguardo ancora cupo, Yongguk si alzò dalla sedia ed uscì dalla stanza, sotto lo sguardo irrequieto dei suoi altri membri. Non era ancora del tutto sicuro di tutto quello.

 

La prima volta che Yongguk vide Youngjae fu ad un torneo di street fight che i B.A.P avevano organizzato, in collaborazione con le Secret.

Tra il pubblico in trepidazione, eccitata per gli incontri, nella speranza di vincere le scommesse fatte, Yongguk aveva visto Youngjae, con la schiena appoggiata alla parete ed il volto pallido illuminato debolmente dalle luci dell’arena di fronte a loro. «Sapete cosa penso?» aveva chiesto a lui e a Jongup, indossando un sorriso sbieco sulle labbra. «Uno di loro sta prendendo qualcosa.»

Volse il mento verso uno dei due sfidanti che si stava preparando per entrare nella gabbia. Yongguk guardò prima questi, poi Youngjae, che gli rivolse un’occhiata illeggibile. «Chiedere per crederci,» aggiunse in tono casuale.

Più tardi, quando chiese a Himchan, che arbitrava gli scontri, di fare qualche controllo, si scoprì che il ragazzo che lo aveva messo in guardia aveva ragione. Quando tuttavia lo cercò per ringraziarlo e, magari, per offrirgli da bere, lui non si trovava più da nessuna parte. Jongup, che Yongguk aveva incaricato di tenerlo d’occhio, disse che non sapeva nemmeno quando se ne fosse andato. Yongguk si dimenticò presto di lui.

La seconda volta che Yongguk incontrò Youngjae fu all’officina Kim il mese successivo, un ventoso pomeriggio di ottobre.

Daehyun e Yongguk, che si stavano occupando di alcune armi che si erano procurati qualche giorno prima, stavano uscendo dal seminterrato quando lo videro nell’atrio dell’officina ad osservare i suoi dintorni. Yongguk lo guardò strizzando gli occhi, interrogativo, ma il ragazzo gli rivolse di nuovo quello sguardo misterioso e portò un dito alle labbra incurvate in un sorriso, indicandogli di non dire niente. Daehyun scoccò ai due un’occhiata confusa quando Himchan alzò gli occhi dalla moto che stava controllando.

«È solo qualcosina fuori posto, niente che non si possa risolvere,» disse al ragazzo con un sorriso. «La tua piccola ritornerà come nuova in mezz’ora. Puoi farti un giro qui attorno mentre aspetti, o rimanere qua. Fai come ti è più comodo.»

«Allora, penso che rimarrò qua a guardare, se non ti dispiace.»

Il meccanico scrollò le spalle. «Come vuoi.» Poi, si rivolse a Yongguk. «Bbang, portagli qualcosa da bere.»

Presto Himchan finì la manutenzione della moto di Youngjae, che se ne andò dopo aver pagato, ringraziandolo per la disponibilità. Daehyun chiese a Yongguk se si conoscessero, e lui rispose di averlo incontrato al torneo organizzato con le Secret. Sia Himchan che Daehyun annuirono in silenzio, decidendo di tenerlo d’occhio nel caso si ripresentasse in qualsiasi altra occasione.

La terza volta che Yongguk conobbe Youngjae fu un paio di settimane dopo, in una sera di inizio novembre.

Un acquazzone era sceso dal cielo, infradiciando l’asfalto e rendendo l’aria più fredda di quanto lo fosse già. I B.A.P stavano aspettando Junhong, quando questi arrivò in officina zuppo d’acqua nonostante avesse aperto l’ombrello, trascinando con sé un Youngjae incosciente.

«L’ho trovato qui vicino, a terra,» si giustificò Junhong, quando lo fece stendere sul pavimento e tutti gli altri membri si raggrupparono attorno a loro. «Non sapevo cosa ci facesse lì, ma non mi andava nemmeno di lasciarlo sotto la pioggia.» Gli passarono un asciugamano e si affrettarono a portare Youngjae più all’interno, al riparo dal freddo.

Youngjae aveva parecchi lividi su tutto il corpo, e il sangue incrostato sul suo viso non era stato ancora lavato via dalla pioggia; la sua espressione era contratta in una lieve smorfia di dolore. Lo trascinarono di peso al secondo piano, e lo lasciarono, ancora zuppo d’acqua, sul divano rosso («Se la pelle di rovina, ve ne faccio comprare uno nuovo,» li minacciò Himchan).

«Cosa ne facciamo di lui?» chiese Daehyun in tono serio, dopo che si furono riuniti dall’altro lato del piano. Sperarono che Youngjae non si fosse svegliato e stesse origliando la loro conversazione, nonostante stessero quasi bisbigliando.

«Hyung, non parlare di lui come se fosse un oggetto da buttare,» gli rispose Jongup, aggrottando le sopracciglia.

L’altro fece una smorfia poco convinta, assottigliando gli occhi. «Ci conosce. Sa cosa facciamo. L’ultima cosa che voglio è che spifferi tutto in giro, se non l’ha già fatto.»

Himchan annuì. «Sono d’accordo. Non avevamo detto di doverlo tenere bene sott’occhio?»

I membri rimasero in silenzio per un po’, decidendo sul da farsi. Poi Jongup suggerì: «Quando si sveglia, interroghiamolo. Non vedo altra soluzione, francamente.»

Daehyun guardò Zelo, scoccandogli un’occhiataccia. «Avresti semplicemente dovuto lasciarlo per strada, Junhong,» gli sibilò, «avremmo potuto evitare tutto questo.»

Prima che l’altro potesse ribattere, Yongguk lo precedette, evitando un’eventuale discussione tra i due. «No, va bene così. Sono anche curioso di sapere come è finito così e come ha fatto l’altra volta a sapere che uno dei lottatori era dopato.»

Himchan gli rivolse un’occhiata d’avvertimento. «Potrebbe mentire. Dobbiamo stare attenti a cosa gli chiediamo.»

«In quel caso,» rispose Yongguk, «non avremmo altra scelta che credergli.»

«O fargli pensare che gli crediamo,» corresse Jongup. «Se ce lo facciamo amico per un po’, potrebbe pensare che abbiamo abbassato la guardia. E se in quel caso avesse altre intenzioni in mente, lo faremo fuori. Cosa ne pensate?»

Daehyun alzò la mano quasi immediatamente. «Io propongo di farlo fuori già adesso.»

«No, non essere tanto drastico,» disse Yongguk. «È una questione che dobbiamo maneggiare con attenzione. Ucciderlo è troppo, ed essere avventati non è nel nostro stile.»

Lo sguardo di Daehyun si rabbuiò ancora di più, ma non disse nient’altro, sapendo che non avrebbe potuto discuterne ancora con Yongguk. Gli altri decisero che quello sarebbe stato il loro piano, nonostante Himchan la pensasse più o meno come Daehyun.

Passò un po’ di tempo prima che Youngjae si svegliasse. I membri si affrettarono a raggiungerlo appena quello si mise a sedere sul divano. Li scrutò uno ad uno in silenzio, senza la minima traccia amichevole nel suo sguardo. Poi un lato delle sue labbra si alzò con sarcasmo. «Grazie per l’accoglienza. Mi date ancora da bere?» chiese. Quando vide che gli altri cinque lo guardavano ancora dall’alto al basso, impassibili, scrollò le spalle. Una lieve smorfia di dolore passò sul suo viso quando fece ciò.

«Il tuo nome?» domandò Yongguk, continuando ad osservarlo con freddezza. Youngjae gli mostrò invece un sorriso enigmatico.

«Non ho alcun motivo per rispondere,» rispose casualmente.

«Sei da solo, mentre noi siamo in cinque. Credo che questo sia davvero un buon motivo per dirci il tuo nome,» disse Daehyun.

Il ghigno di Youngjae si fece ancora più largo, sebbene i suoi muscoli facciali gli facessero un male atroce. Ignorò il dolore. «In effetti, mi chiedevo perché non l’abbiate ancora fatto. E non facciamo finta, ora. Sapete bene tanto quanto me che potrei bellamente andare a raccontare in giro le vostre meravigliose gesta.»

Ancora una volta, non ricevette alcuna reazione da parte degli altri cinque. Nonostante ciò, Youngjae continuò il suo discorso in tono rilassato. «Sappiate che, per ora, non ho alcuna intenzione di dirvi il mio nome, né di raccontarvi cosa faccio o perché adesso sono in questo stato. Ma rilassatevi, non ho niente contro di voi. Anzi, vi ringrazio per non avermi lasciato a morire sul ciglio della strada.»

Li guardò negli occhi una seconda volta, mentre un silenzio li avvolgeva. Youngjae si permise, allora, di essere più confidente e sfacciato. «Scommetto che non sapete che farvene di me, vero?» chiese, con un leggero divertimento nel tono. «Bene, perché ho una gran bella proposta per voi che risolverà questo problema.

«Lasciate che lavori con voi per un po’ di tempo, fino a quando non finirò di occuparmi di una piccola questione personale. In cambio, vi dirò il mio nome e la ragione per cui sono qui.»

I membri lo guardarono con sospetto. Era vero che dovevano ancora decidere sul da farsi, ma arrendersi a lui? Oh, quello era fuori questione. Non poteva semplicemente rigirare il piano che avevano deciso di mettere in atto tanto semplicemente.

«Cosa ci guadagneremmo noi?» chiese Zelo, incrociando le braccia ed alzando un sopracciglio.

Youngjae gli sorrise, affabile. «Oh, non immaginate quanto. Vi aiuterò in tutto quello che vorrete, sia qui in officina che nei vostri affari.» Alzò una mano e con l’indice si picchiettò un paio di volte la tempia. «Non sottovalutate questo cervello. Ho delle succulente informazioni immagazzinate dentro, e conosco i giusti modi per far affari. Vi sarò d’aiuto più di quanto pensiate. E credetemi, quando vi dico che non ho alcuna ragione per mentirvi: sono un codardo, e vorrei solo salvarmi la pelle, tutto qui.»

Yongguk lo guardò negli occhi. Sapeva che il resto dei suoi compagni avrebbe semplicemente seguito quello che avrebbe deciso, anche nel caso fossero stati in disaccordo. Youngjae era tranquillo, ed aspettava pazientemente la loro risposta, ancora seduto sul divano. Yongguk rifletté sulle sue parole, dicendosi che il loro obiettivo era, comunque, farselo amico. E pensò che sarebbe stato interessante osservare i suoi movimenti da vicino.

«Bene, ci sto,» gli rispose infine. Sentiva lo sguardo perplesso di Daehyun su di sé, ma lo ignorò. Ne avrebbe discusso con lui più tardi.

Youngjae sembrò più che felice di sentirglielo dire, dal gran sorriso che gli lanciò. «Fantastico,» disse con entusiasmo.

Himchan assottigliò gli occhi alla sua reazione. «Frena un attimo. Sappi che se tenti di fare qualcosa, puoi dire addio al mondo. Intesi?»

Youngjae gli fece un cenno di assenso, alzando le mani. «Afferrato. E, comunque, non ho davvero niente contro di voi, promesso.» Successivamente, allungò la mano verso Yongguk. «Allora, affare fatto?»

Il leader gliela afferrò. «Affare fatto. Ora, rispetta la tua parte del patto.»

L’altro, divertito, emise una bassa risata. «Yoo Youngjae, al vostro servizio.»

 

Himchan accostò la macchina al marciapiede e sostò, spegnendo poi il suo motore. La notte era silenziosa attorno a loro, e se avessero ascoltato attentamente, avrebbero sentito i primi grilli estivi cantare. A pochi metri dal veicolo, il mare era calmo. Pochi flutti ne increspavano la superficie, con le onde scroscianti che battevano contro il molo, mentre il cielo era costellato da invisibili stelle.

Tutto era tranquillo.

I B.A.P scesero dall’auto senza dire una parola. Un’aria fresca inusuale li avvolse, impregnato dell’odore salato del mare a pochi passi da loro, tuttavia non erano lì dove erano diretti.

L’entrata al passaggio sotterraneo era sbarrata da un paio di nastri. I B.A.P sapevano che la stazione era dimenticata, ma non inutilizzata. I cinque membri scesero le scale, entrando facilmente nella struttura buia in cui avevano messo piede già precedentemente. Tuttavia, mai si erano sentiti tanto coscienti di ciò che avrebbero fatto quanto questa unica volta.

Le poche luci mal funzionanti illuminavano debolmente la loro via. Sparse sul pavimento vi erano casse di legno, contenitori di vernice inutilizzata e spazzatura di ogni tipo, da carte logore a lattine di alluminio e bottiglie di vetro. L’odore di cemento e stucco circondava il tutto, facendo sembrare l’aria soffocante nonostante facesse più freddo che in superficie.

Dopo aver percorso un paio di metri, il gruppo si trovò di fronte ad una seconda rampa di scale. Fu lì che un po’ di esitazione si presentò. Yongguk, che guidava il resto dei membri, si voltò verso loro e li guardò uno ad uno. Le lampade che penzolavano dal soffitto proiettavano su di loro una brutta, pallida luce biancastra. Notò con la coda dell’occhio il tremore delle mani di Zelo, e si sentì in colpa per pensare di non essere l’unico nervoso (e forse terrorizzato) in quel momento.

Si trovò, per la prima volta in tutti quegli anni che aveva guidato i B.A.P, senza sapere cosa dire ai suoi compagni prima di entrare in azione. «Pronti?» chiese semplicemente, al quale loro risposero con un cenno del capo, lo sguardo truce. Yongguk decise di lasciar stare, e si voltò nuovamente verso le scale.

Le scesero in silenzio, ignorando cosa li aspettava. Quando misero piede sulla piattaforma della fermata inutilizzata, i COB.ra erano già lì ad aspettarli. Fermandosi di fronte a loro, i B.A.P videro Youngjae in fondo al gruppo con il corpo piegato in avanti, ma il viso sofferente era alzato verso la loro direzione. La luce sporca della lampada faceva sembrare le sue ferite persino peggiori di quanto ricordassero dai filmati a loro mandati. I suoi occhi erano stanchi, provati. Yongguk soppresse a stento la voglia di strapparlo dalle mani dei loro nemici.

Haejong era davanti a Youngjae, con un ghigno beffardo sulle sue labbra. I B.A.P non commentarono, sebbene tremassero impazienti all’idea di staccargli la testa e di strappargli le viscere dal corpo.

L’altro leader era all’oscuro dei loro pensieri, ma decise di non perdere altro tempo in inutili scambi visivi. «I soldi?» chiese, senza altri convenevoli. Jongup, che teneva le due valigette stipate di denaro, le passò a Yongguk senza dire alcuna parola. Il leader alzò le alzò per farle vedere bene all’altro gruppo, lasciandole poi cadere per terra. Le due ventiquattrore batterono sul cemento, risuonando in un sordo tonfo che echeggiò per le gallerie della stazione.

Haejong istruì uno dei suoi tirapiedi a recuperare il denaro. L’uomo si avvicinò velocemente alle due valigie, prendendone una e scoprendone il contenuto. Le banconote erano riordinate in delle perfette fila. Dopo aver ricevuto un altro cenno dal suo capo, ritornò da lui con il loro bottino stretto nelle mani.

«Hai quello che vuoi ora, lascia andare Youngjae,» ordinò in tono duro Yongguk, sperando di finire al più presto quello scambio. Si aspettava che Haejong gli lanciasse un altro dei suoi sorrisi maligni, domandando qualcos’altro da loro, come aveva sempre pensato sarebbe andata. Ma non successe.

«Certo,» rispose invece, prendendo Youngjae per la collottola della sua camicia sporca e tirandolo verso i suoi compagni, «tutto vostro.»

Yongguk sapeva che avrebbe dovuto continuare a stare all’erta, ma non riuscì a sentire la tensione lasciare il suo corpo. Sentì Daehyun tirare un sospiro mozzato dietro di lui e Zelo fare un minuscolo passo in avanti. Tutti i membri dei B.A.P sentirono come se fosse stato levato un gran peso dalle loro spalle.

Youngjae si trascinava barcollando verso i suoi compagni, con un sorriso sulle labbra spaccate e sanguinanti, e gli occhi tenuti a stento aperti. Yongguk e gli altri membri iniziarono ad avvicinarsi a lui, desiderando ardentemente di ritornare finalmente insieme, di proteggerlo dal male del mondo.

Poi un botto. La maglietta di Youngjae iniziò a colorarsi di rosso all’altezza del suo torace.

I B.A.P rimasero storditi per qualche istante dal suono assordante. Guardarono prima Youngjae, poi l’uomo vicino a Haejong che aveva la pistola puntata verso di loro, poi di nuovo Youngjae, e di colpo misero i pezzi insieme.

Il boato risuonava crudelmente nelle loro orecchie – possibilmente, si fece persino più forte – mentre Youngjae li guardò uno ad uno negli occhi, realizzando lentamente la situazione, strozzandosi nel suo stesso sangue che ora stava risalendo dai suoi polmoni nella sua trachea, sgorgando fuori dalle sue labbra. Vide i suoi compagni immobili, con gli occhi sgranati, increduli; quella vista era raccapricciante. Poi le sue gambe non riuscirono più a sostenere il suo peso, e crollò sul duro e freddo cemento. Non si mosse più.

I B.A.P rimasero impietriti per alcuni secondi, presi dallo shock. I loro occhi erano incollati a Youngjae che era steso per terra, con una pozzanghera di sangue che cominciava a fiorire sul cemento. Successivamente, spostarono lo sguardo su i COB.ra di fronte a loro.

Poi l’inferno scoppiò.

Yongguk fu il primo a muoversi. Allungò la mano nel suo cappotto, e dalla cintura sfilò la sua pistola. Con un grido strozzato, cominciò a premere il grilletto verso il gruppo nemico, riuscendo a colpire alcuni uomini, e Haejong sulla gamba.

Tuttavia, la sua performance non durò molto, dal momento che anche i suoi avversari avevano preso le armi e ora stavano sparando esclusivamente a lui. Con poche pallottole affondate nel corpo, si accasciò per terra con un grave grugnito, lasciando andare la presa sulla sua arma.

Mentre gli altri membri erano andati a ripararsi dietro le travi e le casse che si trovavano fortunatamente vicini a loro, Zelo si era bloccato alla vista del suo hyung crollare. Disorientato ed improvvisamente impaurito, si affrettò al fianco del leader tentando di rialzarlo, tra i colpi frastornanti delle pistole e le urla dei suoi altri compagni – «Junhong, stupido, spostati da lì!», «Via da lì, Junhong!», «Ti farai uccidere, cazzo!» – alle cui lui rispondeva con grida tremanti – «No! Yongguk hyung– lui è– non posso–».

Il secondo a cadere fu Daehyun. Ripresosi dalla situazione scioccante, sentiva la rabbia ribollire nel suo corpo, e si disse che a quel punto non avrebbe potuto più perdere niente, uscendo dal suo riparo. Impugnava due pistole mentre avanzava tra i suoi compagni senza esitazione, ululando per il male sentito al suo cuore (era come se glielo avessero squarciato in due parti). La sua mira in quel momento non era delle migliori; non riusciva a vedere al di là della sua sete di vendetta, ma riuscì ad uccidere qualche paio di uomini prima di essere colpito da innumerevoli pallottole nel petto. Il suo corpo scosse violentemente prima di afflosciarsi per terra, formando una piccola pozza di sangue.

Fu la volta di Jongup. Zelo ancora non intendeva muoversi dalla sua posizione, sebbene avesse cominciato ad imitare i suoi hyung con esitazione. Venne strappato via dal corpo insanguinato di Yongguk da Jongup, che mirava ancora con la sua solita meticolosità ed uccideva con colpi mortali, nonostante i suoi pensieri fossero gli stessi di quelli di Daehyun poco prima. Questo non lo seppe mai,era troppo impegnato a digrignare i denti e ad odiare con tutto sé stesso quei bastardi che avevano osato spezzare la sua famiglia. Poi uno sparo alla sua tempia ed uno al suo cuore, e tutto finì.

Con quattro dei suoi compagni più anziani ormai morti, Zelo non ebbe più tempo di esitare. Non aveva idea di cosa pensare, solo il ricordo lontano di Yongguk e Jongup nell’angolo della sua mente ripetergli “Puntare e sparare; facile, giusto?” come un disco rotto. Era un’azione automatica e meccanica, ripetuta già infinite volte, eppure la pistola si era fatta mille volte più pesante del solito. Quando si sentì l’addome ed un polmone bruciare, pensò che avrebbe davvero voluto che i B.A.P non finissero in quel modo.

La stazione era diventata incredibilmente più silenziosa. L’ultimo rimasto fu Himchan, che uscì da dietro le travi appoggiate al muro e puntò diligentemente la sua pistola sui suoi avversari, sparando i suoi ultimi colpi. Non era del tutto sicuro di cosa sarebbe rimasto di lui, se fosse davvero sopravvissuto senza i suoi membri. Ma non gli fu necessario pensarci. Un paio di spari dopo, sentì la sua trachea esplodere e subito dopo il suo cuore si contrasse, squarciati entrambi da due pallottole. Vomitò sangue quando il suo corpo colpì terra, poi fu il buio.

Tutto rimase immobile per qualche secondo. L’odore della polvere da sparo nell’aria si stava mischiando lentamente con quello del sangue, che ora tingeva il cemento con sinistre figure color carminio. I corpi raggruppati in due diverse masse giacevano a terra, inermi.

Quando tutto sembrò sicuro, Haejong si alzò lentamente dal suolo. Si guardò intorno per assicurarsi che nessuno fosse ancora vivo, e allungò le mani verso le due ventiquattrore piene di denaro, da lungo abbandonate. Strisciando la gamba ferita, si diresse con fatica verso l’uscita.

Tuttavia, Yongguk ancora non voleva dargliela per vinta. Guardò il viso di Youngjae a poche decine di centimetri dal suo; i suoi occhi ancora aperti erano adesso vitrei, e il suo corpo era caduto in una posizione grottesca e scomoda, ma come potrebbe un morto saperlo? Come potrebbe un morto sapere di essere tale?

Yongguk non aveva tempo per pensarci. Con l’ultimo briciolo di forza che gli era rimasto, prese la pistola cadutagli pochi minuti prima. Il suo corpo indolenzito protestò con forza per il dolore allucinante quando si mise in ginocchio. Aveva il respiro corto e gli girava la testa; era esausto, avrebbe voluto semplicemente lasciar stare, ma aveva altre intenzioni. Mirò la canna della sua pistola come meglio poté alla testa di Haejong, che stava tentando di andarsene da lì, e premette il grilletto.

Il rinculo gli sembrò talmente forte che credette di essersi slogato una spalla, ma non importava. Ciò che importava era che Haejong, colpito al torace, era crollato sul pavimento. Yongguk ascoltò per qualche minuto i suoi gemiti strozzati di dolore, fino a quando il silenzio regnò nuovamente – questa volta, niente si mosse più. Preso dalle vertigini per aver perso troppo sangue, il leader dei B.A.P poté finalmente rilassarsi. Chiuse gli occhi.

Prima che le forze dell’ordine arrivassero sul luogo, passò più di un giorno. Allora, non trovarono più nessuno che potesse raccontare loro le dinamiche della sparatoria, neanche se lo volessero. Una massa di cadaveri era l’unica cosa che rimaneva.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Yongguk aprì gli occhi, e si trovò avvolto da un mare di bianco.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N/A: SBAM. Non vi aspettavate che finissi così, eh? Cosa sta succedendo? Leggete l’ultimo capitolo per scoprirlo! (Sembro la presentatrice di un prodotto casalingo lmao)

Alla fine ho deciso di dividere la quarta parte in due, perché era venuta davvero troppo lunga. Questo non vuol dire che siano due capitoli a se stanti! È davvero un capitolo unico. Dovrebbe essere letto insieme (ma io vi faccio aspettare perché sono la persona peggiore del mondo).

Avrei voluto aggiornare ieri, ma avevo perso la mia chiavetta USB aka la mia intera vita. Dentro ho tutti i miei progetti scolastici, fanfictions, foto e quant’altro, e ho praticamente messo sottosopra la mia casa. Ero disperata come mai ero stata. Solo tipo due ore fa ho scoperto che era nella tasca di un paio di jeans che avevo messo a lavare in lavatrice. È un miracolo che funzioni ancora. Cara chiavetta, prometto di non perderti più per il resto della vita, di amarti ed onorarti, finché morte non ci separi.

Due parole sulla playlist: appena ho sentito la nuova canzone degli Infinite, mi sono subito detta: Questo è un brano perfetto per il capitolo. E poi ho riscoperto il mio amore per Haru Haru e ho pensato la stessa cosa. La versione unplugged di Come back home era un must, dai. Penso sia qualcosa di stupendo.

Vorrei ringraziarvi per seguire e recensire questa inutile storia lmao. Credevo avrebbe avuto un successo mediocre con tipo zero recensioni ahahha grazie mille sul serio sob

Rainie

   
 
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