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Autore: stylesamm    05/09/2014    1 recensioni
«Ciao, io sono Harry, piacere di conoscerti» dissi, tendendole la mano. Lei mi sorrise debolmente, per poi stringermi la mano, troppo grande in confronto alla sua.
«Io sono...anonima» disse, con un particolare accento, strofinandosi il labbro inferiore con l'indice. Notai il volto di una piccola tigre, tatuata alla base del dito medio.
La guardai interrogativo.
«Perché non vuoi dirmi il tuo nome?»
«Perché siamo entrambi ubriachi fradici, e possiamo parlare di quello che vogliamo per quanto ci pare che domani non ricorderemo comunque nulla oltre al fatto che siamo finiti a letto assieme. Non ti importa davvero sapere il mio nome, lo sappiamo bene entrambi, perciò che vuoi fare, andare direttamente a casa tua e risparmiarci tanta noia oppure fingere che ti interessi qualcosa di me, stare a parlare mezz'ora o giù di lì per poi finire lì in ogni caso?»
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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jackson street n.23

 

"I think I’m gonna lose my mind
Something deep inside me I can’t give up
I rolling, I roll until I’m out of luck

I’m feeling something deep inside
Hotter than a dead street burning up
I’ve got a feeling deep inside
it’s taking, it’s taking all I’ve got"

Successe tutto nel giro di pochi secondi: mi alzai, afferrai il telefono dalla tasca e composi il numero di Jenni, la mia segretaria, sotto gli occhi sconvolti dei ragazzi.
Rispose dopo tre squilli.
«Mr. Styles, mi dica.»
«Ciao Jenni, ho bisogno di un indirizzo il più velocemente possibile.»
«Di chi, signore?»
«Sam Williams, giornalista di Vanity Fair»
«Sarà fatto.»
«Grazie Jenni, poi mandamelo per messaggio.»
«Sissignore.» misi giù, e mi girai di nuovo verso i ragazzi, che mi guardavano a bocca aperta. Cadde il silenzio, ed io mi grattai la nuca, a disagio. Dopodiché, fu Liam a parlare per primo.
«Si può sapere perché vuoi sapere l'indirizzo di questa ragazza?»
«Ehm...si...ecco....beh...è carina.» Dio, ero un pessimo bugiardo. Lui mi guardò, alzando un sopracciglio.
«È carina? Harry, noi lavoriamo nel mondo dello spettacolo, siamo circondati da bombe sexy dalla mattina alla sera, e tu vorresti farmi credere che ti sei alzato con tutta quella fretta rischiando di far cadere Niall a terra e hai chiamato la tua segretaria tanto velocemente quanto si chiama un ambulanza quando davanti hai un tizio in punto di morte soltanto perché è carina? Sei un terribile bugiardo.» mi scompigliai i capelli, riprendendo il mio posto. Il suo ragionamento non faceva una piega, così decisi di spiegare tutta la verità sin dall'inizio.
«Ricordate la festa di dolce e gabbana a cui siamo andati circa un mese fa?» loro annuirono, attenti. «Si..ecco..beh, ricordate anche che me ne sono andato prima del dovuto?» loro annuirono di nuovo. «Vi raccontai che era perché stavo poco bene, ma non era vero. La verità è che ero un po' ubriaco e ad un certo punto l'ho vista. Non ho ancora capito perché, tra tutte quelle modelle sicuramente molto più sexy, ho scelto di attaccare bottone proprio con lei; forse semplicemente perché aveva un sorriso da brivido ed era...non so, diversa. Fatto sta che comunque le ho chiesto il suo nome, e lei mi ha risposto che sapeva che in verità il suo nome non mi interessava, e che, visto che eravamo entrambi ubriachi, in qualunque caso saremmo finiti a letto assieme, così mi ha proposto di evitare inutili discorsi e di andare direttamente a casa mia.» loro sgranarono gli occhi.
«Beh, non si può certamente dire che non sia una ragazza schietta.» disse Zayn, ridacchiando.
«Zayn zitto, fallo finire.» lo ammonì Liam.
«Ero ubriaco, e mi interessava davvero conoscerla a differenza di quello che pensava lei e se non avessi accettato probabilmente avrei cercato di tirare su qualche discorso insensato e avrei perso l'occasione, così semplicemente ho acconsentito, pensando che avrei potuto chiederle un appuntamento dopo.»
«E a letto com'era?» chiese Niall, beccandosi una pappina da Liam. «Ahi, perché l'hai fatto?» lui lo fulminò con lo sguardo.
«Fin troppo brava.» borbottai.
«Continua Harry.» ordinò Lou, parlando per la prima volta.
«Il giorno dopo mi sono svegliato solo: lei era svanita nel nulla, ed io non sapevo neanche il suo nome. E stranamente ricordavo ogni cosa, nonostante la sbronza del giorno prima. Da quel giorno la sogno ogni dannatissima notte, e non ho idea del perché.» dissi, sospirando. «Questo è il motivo per cui ho chiamato Jenni così velocemente: devo trovarla, e conoscerla. Poi magari nemmeno mi piacerà, ma almeno mi uscirà dalla testa.» nella stanza cadde il silenzio per un paio di secondi, interrotto poi da Liam.
«Perché non ci hai detto la verità?» chiese, leggermente offeso.
«Forse avevo soltanto paura che mi avreste giudicato male per...non lo so, esserci andato a letto senza neppure sapere il suo nome.» dissi, abbassando la testa per evitare il loro sguardo dispiaciuto.
«Ma Harry, siamo i tuoi migliori amici, non potremo mai giudicarti.» disse Niall, dandomi un leggero pugno sulla spalla.
«Beh, almeno sappiamo perché oggi ti sei svegliato con un'enorme erezione.» disse Louis per sdrammatizzare, avvolgendomi il braccio intorno alle spalle. Gli altri ridacchiarono, mentre io sorrisi guardandolo: erano passati sei anni, e lui era sempre quel bambinone pronto a sollevarmi il morale ogni volta che ce n'era bisogno. Forse era proprio per questo che, un tempo, mi ero innamorato di lui, riuscendo addirittura ad accettare quello che provavo senza vergognarmi di me stesso.
Lui era stato l'ancora che mi aveva aiutato a rimanere a galla durante tutte le mie tempeste, sia quando stavamo assieme, sia ora, da semplici migliori amici. Non era stato facile superare la nostra rottura, sopratutto trovandomi costretto a vederlo ogni giorno, ma ora era tutto passato.
Il telefono vibrò nella mia tasca risvegliandomi dai miei pensieri e in un secondo lo afferrai, fissando il messaggio sullo schermo.
 
Da Jenni Allen:
Jackson street, n.23.

 
«È Jenni?» chiese Liam.
«Sì.»
«Ha trovato l'indirizzo?»
«Sì.» sussurrai.
«E allora che aspetti? Vai!» disse Lou, dandomi una pacca sulla schiena. Mi alzai e, dopo aver preso la giacca, mi diressi verso la porta. Un attimo prima di uscire mi girai verso di loro.
«Grazie per esserci.» dissi, guardandoli con un sorriso.
«Sempre.» rispose Lou, ricambiando il sorriso.
«Quando vuoi fratello.» disse Zayn. Niall e Liam si limitarono ad annuire.
Uscii, dopodiché montai in macchina.
 
 
Raggiunsi Jackson street in poco meno di 15 minuti. Era una via breve e poco affollata, occupata da tante villette bianche tutte identiche, divise tra loro da delle siepi.
Parcheggiai tra il numero 22 e 23 e, dopo 10 minuti buoni passati in macchina, trovai il coraggio di scendere e piazzarmi di fronte alla porta.
Sospirai e spinsi il dito sul campanello, che fece un rumoroso tintinnio. Sentii della confusione provenire da dentro casa, poi la porta si aprì, e una ragazza con dei lunghi capelli che davano sull'arancione apparve sulla soglia della porta, avvolta da una vestaglia color crema ed una tazza di quella che, dall'odore, sembrava essere cioccolata, tra le mani. Mi scrutò per un secondo con i suoi occhi verdi ed io feci per parlare, ma prima di averne la possibilità lei mi chiuse rumorosamente la porta in faccia, senza dire una parola. Guardai l'indirizzo di nuovo, confuso: sì, era quello giusto.
Avvicinai il dito al campanello, pronto a suonare nuovamente, ma la porta si aprì prima di lasciarmene il tempo, rivelando la stessa ragazza di prima. Si avvicinò piano a me, la tazza ancora fra le mani, e mi osservò così attentamente che sospettai stesse provando a contarmi le ciglia. Fui zittito di nuovo, quando cercai di aprire bocca, questa volta però dalla sua tenera voce.
«Le cose sono due: o sono completamente impazzita, o sto sognando. Sospetto sia la prima comunque.» aveva un accento irlandese esageratamente calcato, che mi ricordò vagamente Niall.
Messo a disagio dal suo sguardo fisso su di me, indietreggiai leggermente, per poi schiarirmi rumorosamente la gola.
«Ehm...io sono Harry, Harry Styles. Non è che-» la tazza che aveva in mano cadde fragorosamente a terra rompendosi in mille pezzi. Riuscii per un pelo ad evitare che il liquido marrone mi macchiasse gli stivali, poi la porta si chiuse tanto fragorosamente da farmi sobbalzare dallo spavento; circa tre secondi dopo un urlo acuto proveniente da dietro essa mi provocò un debole fischio ai timpani, e prima di avere il tempo di pensare se fuggire o chiamare la polizia due mani mi afferrarono il colletto della giaccia e mi trascinarono all'interno della casa.
La ragazza chiuse la porta col piede coperto dalla ciabatta a forma di pecora, non badando ai cocci della tazza e alla cioccolata sul pavimento, e fui dolorosamente sbattuto sul muro, per poi ritrovarmi la sua faccia pericolosamente vicina alla mia. Fu in quel momento che cominciai ad avere seriamente paura.
Fece per dire qualcosa, ma fu interrotta dalle urla di un'altra ragazza provenienti dalle scale.
«CRISTO SANTO ELIZA, CHE CAZZO È SUC- oh porca puttana» Sam Williams apparve alla base della rampa di scale. Era diversa da come la ricordavo: i capelli non erano più neri, ma turchesi, in quel momento legati un debole chignon; indossava una felpa troppo larga per lei, che sicuramente usava per stare in casa, le gambe nude e sul viso neanche un filo di trucco. Ed era comunque così bella da togliere il fiato, proprio come la ricordavo. Dopo tutte le notti passate a sognarla quasi non potevo credere che fosse davvero lì davanti a me.
Alternò lo sguardo tra me, la ragazza dai capelli rossi che ancora mi teneva contro il muro ed i cocci della tazza sull'ingresso della porta per un paio di volte, con un'espressione tra l'inorridito e lo sconvolto. Poi i suoi occhi scuri si fermarono finalmente su di me.
«Tu.» disse, come se non riuscisse a crederci.
«Tu.» risposi io allo stesso modo.
«HARRY STYLES.» urlò la rossa.
«Eliza, per l'amor del cielo, lascialo stare, lo stai spaventando..» Eliza (ormai avevo memorizzato il suo nome) si girò verso di me, spalancando gli occhi minacciosamente. Deglutii.
«Ti sto spaventando?»
«No tranquilla tesoro, mi hai solo chiuso la porta in faccia due volte, rotto una tazza, quasi fatto cadere una cioccolata calda sul mio piede, mi hai praticamente perforato un timpano con un urlo e ora mi stai quasi soffocando contro un muro, ma non mi stai spaventando.» dissi, sarcastico. Lei si girò di nuovo verso Sam.
«Vedi? Non lo sto spaventando. Aspetta un attimo...MI HA CHIAMATA TESORO, AIUTO» per poco non svenne. Sgranai gli occhi e grazie a Dio fui trascinato via dalla sua morsa da Sam, che mi trascinò su per le scale, per poi spingermi in una stanza da letto abbastanza grande, ignorando le urla di Eliza che supplicavano di riportarmi di sotto.
 
Era parecchio disordinata: tanti giornali e libri erano ammucchiati sulla grande scrivania bianca, per terra e sul grande letto a baldacchino era colmo di vestiti, scarpe, cappelli, sciarpe e Dio solo sa cos'altro, mentre sulla poltrona blu di fronte all'enorme vetrata che portava a un balcone stava un piumone sottratto al letto, su cui a sua volta stavano un mac e delle cuffie; l'unica cosa ordinata era la libreria più bella e grande che avessi mai visto, che occupava tutta una parete: tutti i libri, notai, stavano in ordine di genere e autore, così come i dischi. Feci in tempo a notare tutti i cd degli One Direction, che Sam si piazzò davanti a me.
«Si può sapere che accidenti ci fai a casa mia? E sopratutto, si può sapere come hai fatto a trovare casa mia? Poi, come fai a ricordarti di me? Mi pareva fossi ubriaco quella sera.» sembrava quasi...arrabbiata.
Beh, mi aveva sorpreso la prima volta che avevamo parlato, non poteva non sorprendermi la seconda. Insomma, diciamo che in quella circostanza mi era parsa più normale la reazione di Eliza piuttosto che la sua, perché quando un cantante che ammiri e su cui scrivi un buon articolo si presenta a casa tua, qualunque sia il motivo, chiunque ne sarebbe lusingato; ma a quanto pare lei no.
«Sai Sam, quando un estraneo viene a trovarti, per buona educazione, si dovrebbe salutare e offrire da mangiare, poi porre eventuali domande. E, per la cronaca, neanche tu in teoria dovresti ricordarti di me, visto che, ubriachi, eravamo in due.» risposi, accomodandomi sulla poltrona della scrivania. Lei mi trucidò con lo sguardo.
«1) gli estranei, di solito, non si presentano a casa mia e sopratutto non rischiano di far morire d'infarto la mia coinquilina. 2) nessuno ti ha dato il permesso di sederti.» Zayn aveva ragione: non si poteva di certo dire che non fosse schietta. Sbuffai, alzandomi.
«Beh, almeno alla tua coinquilina piaccio.» dissi, con una risatina. Mi lanciò un'altra occhiataccia.
«Rispondi.» alzai gli occhi al cielo.
«Esci con me, e risponderò a tutte le domande che vorrai.»
«Come scusa?»
«Esci con me.» ripetei.
«No.» rispose, fredda. La guardai, leggermente deluso.
«Perché?»
«So chi sei e so anche che tutti si ostinano a sostenere che tu sia un puttaniere senza cuore, ma io non ci credo neppure un po', anzi, resto convinta dell'esatto contrario: sei un bravo ragazzo e puzzi di romanticismo e buone intenzioni.» okay, ero decisamente confuso.
«Questo teoricamente dovrebbe essere un buon motivo per accettare.»
«Per me, questo è il principale motivo per rifiutare. Ora, se non hai intenzione di rispondere alle mie domande, sei gentilmente pregato di uscire da casa mia e, possibilmente, di non tornare.» Dio, ma perché quella ragazza era così terribilmente difficile da capire? Mi ero immaginato più volte un nostro ipotetico incontro e la mia immaginazione aveva galoppato verso le situazioni/reazioni più assurde, ma mai avrai immaginato qualcosa del genere.


Senza dire una parola, mi diressi verso la porta.
«A domani...Sam.» dissi, ammiccando un sorriso. Poi uscii dalla stanza, lasciandola a bocca aperta.
Beh, almeno questa volta ero stato io a sorprenderla.
 

Scesi le scale velocemente e corsi verso la porta, evitando accuratamente di essere visto da Eliza. Quando uscii, sentii i suoi passi correre per raggiungermi, ma una volta che apparve sulla soglia della porta, io ero già arrivato alla macchina.

«HARRY TI PREGO, SPOSAMI.» urlò.

«Magari un altro giorno.» dissi, sorridendole, per poi entrare in macchina e mettere in moto.

 

Una volta in viaggio, mi misi a pensare perché volevo proprio quella ragazza. Insomma, dopo quella breve quanto sconvolgente visita a casa sua chiunque avrebbe mandato a fanculo tutto senza troppi scrupoli, ma io non lo feci. Nonostante mi avesse trattato in quel modo brusco, nonostante fosse tutto tranne che il mio tipo, nonostante avesse rifiutato il mio invito; nonostante tutti quei nonostante lei in qualche modo era diventata un punto fisso nella mia testa. E in quel momento trovai una risposta alla mia domanda: la volevo perché, per la prima volta dopo anni, avevo trovato qualcosa per cui ero convinto valesse la pena combattere. Volevo lei, perché in lei vedevo speranza per me, perché forse lei avrebbe potuto salvarmi da tutto quello schifo in cui ero caduto e, soprattutto, la volevo ancora di più forse proprio perche non potevo averla.

E, giuro, l’avrei avuta, ad ogni costo.

___________

Buonasera a tutti!

Lo so, oggi è venerdì e il capitolo doveva essere pubblicato domani, a purtroppo ho avuto alcuni imprevisti e quindi ho dovuto pubblicare prima. Il capitolo infatti è un po' incasinato, ma spero vi sia piaciuto comunque :)

Detto questo, vi avviso che non so se riuscirò a pubblicare entro sabato della prossima settimana, perchè ho avuto dei problemi con l'altro pc dove stanno i prossimi capitoli, ma cercherò comunque di fare del mio meglio per essere puntuale.

Se vi va lasciate una recensione, mi farebbe molto piacere :)

twitter: @stylesamm

a presto,

-Sam

   
 
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