2. Oh my, we’re going down
“Mi
spieghi perché dovrei aiutarlo, cosa ho fatto?”
Elena incrocia le braccia, testarda, cieca, e si poggia ad un banco
della prima fila. Accanto a lei, Damon sbuffa e spera silenziosamente
che si muovano: prima finiscono meglio è. Poi
c’è Alaric, di fronte a loro, dietro la cattedra,
lo sguardo furente rivolto a entrambi.
“Signorina
Gilbert, ci sono vari fattori di cui deve tener conto: lui”
– e indica Damon con una mano
–“è un senior molto dispiaciuto
da ciò che ha fatto alla prima festa degli Omega Chi di
quest’anno, non è così? Davvero dispiaciuto”
rimarca il professore volutamente, di fronte a un Salvatore che rotea
gli occhi al cielo e che è sul punto di scoppiare e mandar
tutti a quel paese.
“Come
può probabilmente immaginare, è stato lui a far
collassare il professor Tanner, attirandolo con trucchetti ben studiati
alla festa… certo, se non fosse stato per questo
ventunenne-”
“Quasi ventiduenne”
lo corregge Damon atono.
“-io
non sarei qui, adesso… fatto sta che è un
atteggiamento irresponsabile: si tratta di aver ingannato un docente
universitario e questi, anche se in ospedale, non appena tornato,
avrà ben altri problemi. Dovrà dare una sua
versione dei fatti, spiegare se fosse a conoscenza o meno della
presenza di minorenni che hanno ingerito alcool… faccende
piuttosto serie, Elena”
Lei
annuisce di fronte allo sguardo serio di Alaric: eppure, con le braccia
incrociate sotto il petto, non può far altro che pensare che
lei, al contrario del belloccio al suo fianco, non ha nulla a che
vedere con questo macello.
“Sì,
professore, ma-”
Alaric
la blocca con un gesto della mano: “Poi
c’è lei, signorina Gilbert. Ragazza modello e
studentessa esemplare, co-presidentessa delle Omega Psi Delta in
così giovane età, una delle medie più
alte di tutto il campus, fedina penale pulitissima-”
(Elena
è sicura che lui,
alla sua destra, abbia borbottato qualcosa come “la
mia fedina penale è più bianca della sua”
– Elena quasi ride di
fronte al comportamento quasiinfantile
di un quasi ventiduenne)
“-accettata
alla Brown con quello che mi sembra sia netto anticipo, ovvero un mese
prima della data stabilita dalla nostra scuola, diplomatasi con i voti
più alti della scuola...”
“Sì,
tutto chiaro, lei è perfetta ed io detestabile e pericoloso:
posso pulire la scuola, adesso?”
E’
irrefrenabile la necessità di Elena di scoppiare a ridere di
fronte al professore. Ed infatti è quello che succede, sotto
gli occhi sgomenti e divertiti di entrambi, ma, come Elena nota,
Saltzman pare trattenersi. E’ sicura che questo lo diverta
almeno un po’, in fondo non è così
vecchio e pare vedere di buon occhio il giovane Salvatore.
Tuttavia,
c’è una punta di indignazione nella risata di
Elena.
“Io
non sono perfetta” – esclama alzando le spalle e
rivolgendogli uno sguardo cauto – “Mettitelo in
testa”
“…Ed
in grado di tener testa ad uno degli zucconi della mia
materia”
“Cosa?!”
Ride
lo stronzo, adesso:
questo è quello che pensa Damon che si è
ridestato dal suo stato di fin troppo pacata tranquillità
mista al voler finire tutto subito. Con o senza l’aiuto della
ragazza al suo fianco.
“Non
vorrà di certo che io parli con il direttore, Miss Gilbert,
non è così? Una brava ragazza come lei che si
ritrova a causare una lite e sporcare un edificio del campus
volutamente… soprattutto con
lui di
mezzo” e così dicendo alza il mento per indicare
Damon.
“Ragazzi
miei” proferisce allora, dopo qualche minuto di silenzio in
cui gli sguardi in cagnesco di Damon si sono affievoliti ed Elena ha
ricambiato le occhiate con semplice e pura curiosità, che ha
riempito i suoi grandi occhi da cerbiatta… è la
prima volta che Damon li nota.
“Fate
sì che per i prossimi quattro fine settimana possiate pulire
le zone 4 e 5 del campus alla perfezione: lei, signor
Salvatore-”
E
qui viene di nuovo bloccato dal senior. “Chiamami Damon,
Alaric. Fa troppo vecchio e troppo mio padre, e mi disgusta
l’idea di essere paragonato a lui”
“Damon”
Elena,
sgomenta, alza le braccia e fa per rifilargli una gomitata, ma il piano
fallisce miseramente.
“Ho
dei bei riflessi, principessa”
“Non
chiamarmi così!”
Damon
è costretto a lasciare la presa sui suoi gomiti alzati sopra
il capo, tutto sotto lo sguardo attento di Alaric.
“Posso
continuare?” – domanda sarcastico. Gli studenti
sospirano – “Damon, tu sconterai la tua punizione
per aver invitato Tanner alla festa, mentre tu, Elena, avrai la
silenziosa possibilità di farti perdonare da Damon
– e viceversa – per la lite, in modo tale da
concludere le faccende in privato, senza coinvolgere altri
enti… chiamiamoli
così… e le vostre fedine penali
rimangono pulite… la tua è più bianca,
Damon, sì, l’hai già detto”
La
classe in cui si trovano è quella che Saltzman usa dal
momento in cui Tanner è andato via: pare essere identica, ma
non lo è affatto se si osserva cautamente la cattedra del
docente, per esempio; più disordinata, più fogli
sparsi e stropicciati, un plico di test da correggere vicino alla
spillatrice e quell’oggetto che assomiglia ad un thermos di
caffè – meglio non
indagare oltre.
Ci
sono delle veneziane bordeaux semichiuse sulle tre ampie finestre che
danno sulla strada per il campo da football, i banchi puliti e troppi
fogli attaccati sul muro: da gruppi di scrittura pomeridiana dopo
pranzo a audizioni per il musical del Campus… sino alla
festa di addio dell’anno scorso, un falò facile da
dimenticare: una scusa, più che altro, per bere, bere e bere. Elena
era disgustata dalla massa di sbronzi adolescenti che la circondava ed
era scappata nel suo dormitorio al più presto –
chissà cosa faceva Damon allora, perché lui le
interessava particolarmente. Adesso non è più
nemmeno sicura della sua cotta.
“Tutto
chiaro?”
Elena
è incappata in un dramma più grande di lei e
forse lo sa – ma chi
non è
a conoscenza di tutto questo è Bonnie, per esempio, troppo
impegnata a studiare e cercare di entrare in quel Glee Club Acapella, o
Caroline, che non chiama perché ha un esame alla fine del
mese importantissimo se vuole ottenere quello stage estivo. Oppure
Katherine, che vede cancellata la serata delle Omega Psi Delta e ha la
bocca aperta a formare una ‘o’. Solo questo:
nessun’altra reazione, gliel’ha detto la
presidentessa, passando per avvisare le sorelle e
lamentarsi circa Elena.
(“Studiare
persino il sabato sera… quella ragazza è un accidenti”
– E’ bionda, nota Katherine, capelli lunghi e
boccolosi, sguardo fiero e chiaro, che intravede tutto oltre la prima
facciata di ogni persona)
“Rebekah
Mikaelson, presidentessa e senior.” Poi si era presentata,
increspando le labbra appena e porgendole la mano. “Ti faremo
sapere la prossima riunione… se Elena ha visto qualcosa in
te, la vedremo anche noi: è solo questione di
tempo”
E
poi era andata via dopo aver gettato uno sguardo confuso alla stanza
del dormitorio: troppo ampia, forse, persino per tre ragazze di cui una
matricola. Sorriso. Cenno con la mano. Via dalla visuale.
Poi
era stato il turno di Katherine per guardarsi attorno: Bonnie era via,
intenta a evitarla e studiare. Non le aveva ancora parlato del suo
piano firmato perché-non-siamo-amiche. Elena era scomparsa
dalla caffetteria quando lei era uscita dal bagno: Aaron, il ragazzo
del bancone, le aveva riferito ciò che aveva detto lui
Saltzman. Lezioni straordinarie. Crediti extra. Sì,
certo, di
sabato sera.
Appena
sorridente, aveva preso il cellulare, composto il solito numero, e
atteso la voce dall’altro capo.
“Risponde
la segreteria telefoni-”
Aveva
subito premuto il tasto rosso. Nei suoi giorni migliori, poteva
ascoltare il suo ‘pronto?’ e
sorridere spensierata.
Ma
quello, realizzava stesa sul letto con la sua amica stretta nella mano
sinistra, non era affatto un giorno fortunato.
E’
sera. Damon sbuffa ogni tre minuti esatti, un gesto che ricalca
l’esasperazione, lenta, a cui quella punizione lo sta
portando, e lo porterà per le prossime quattro settimane.
Impugna con più decisione la scopa, ed i movimenti con cui
spazza per la classe di Saltzman, ad esempio, si fanno scoordinati e
violenti. Ed Elena vorrebbe starsene zitta – farlo pulire in
quel modo barbaro, anche se potrebbe benissimo definirsi un eufemismo,
dato che è molto, molto peggio
di una azione barbara. Okay, non stanno parlando, non l’hanno
fatto da quando Alaric ha varcato quella soglia, ma devono rendere le
classi e gli altri spazi più decenti della situazione
attuale, non è incluso nel pacchetto peggiorare tutto quanto.
“Così
facendo perdi solo tempo” – dice con tono calmo,
cercando di suonare simpatica alle orecchie del castano, ma lui la
degna solo di un’occhiata rapida e antipatica –
“Non è così che si pulisce”
Sbuffa.
E sono trascorsi altri tre minuti.
Elena
decide di lasciar perdere, almeno a voce: sa che non
l’ascolterà ma non proverà a scusarsi
per i cappuccini, se è quello che lui vuole.
Ed in più, desiderano entrambi finire presto
perché hanno altro da sbrigare. Così,
l’unica soluzione plausibile che le balza in testa
è quella di lasciarlo fare. Solo quello. Perché
poi, tanto per dirne una, ripasserà con la scopa sugli
stessi punti in cui Damon ha miserabilmente fallito. E, tanto per dirne
un’altra, passerà lo strofinaccio pieno di
detersivo sui banchi dove Damon, di nuovo, fallirà.
E’
quello che succede nelle successive due ore, fino a che, finita anche
la zona 5, Damon fa per tornare in una classe. L’ex di
Tanner. Quella di Alaric.
“Abbiamo
già…” sta per ricordare, quando lui la
ignora bellamente e si rinchiude dentro.
Elena
è allibita da quel comportamento, ma poco dopo si ridesta:
cosa ha intenzione di fare? Buttare all’aria quello spazio?
Farla pagare a Saltzman? Oh,
no, non si azzardasse!, riflette
dura, non
voglio che duri un secondo di più questa punizione.
Quindi
lo segue, rapida – spalanca la porta e la fa sbattere, gli
occhi quasi stretti a fessure e le labbra rigide. “Cosa
diam…” ma le parole, ancora, le muoiono in gola.
Quello spettacolo è inimmaginabile, oltre lo sperato ed il
supposto. Damon Salvatore è seduto sulla poltrona alla
cattedra, sembra voler impersonare Alaric. Poi allunga le gambe sul
tavolo (la superficie da lei pulita)
e incrocia le braccia dietro il capo.
Sembra
notare un’altra presenza nella stanza – sarebbe da
arroganti non farlo. Più arrogante di quanto non lo sia
già, si intende.
Damon
osserva Elena nel modo in cui nessuna ragazza al mondo vorrebbe essere
guardata: gli occhi chiari scuri e pesanti per il disprezzo che sembra
provare nei suoi confronti, l’odio che, come una scintilla,
come la luce fioca della stanza, dona allo sguardo maggior potere. Ed
è un attimo – una flebile frazione di secondo. Lui
distoglie i suoi pozzi dalla figura stanca e sporca della ragazza, che
è sullo stipite della porta, gli occhi liquidi e le labbra
socchiuse.
Apre
il terzo cassetto, agile, dimostrando di averlo fatto altre volte,
toglie quello che Elena riconosce essere un doppiofondo e ne estrae una
bottiglia di Bourbon.
“Non
puoi-”
La
voce di Damon si infrange come uno specchio rotto in mille pezzi:
“Mi dispiace, ma devi essere almeno al livello di amicizia
quattro per sbloccare la mia tragica storia” – beve
un lungo sorso e torna a guardarla – “Devo urlare
ciò che è sottinteso?”
Elena
corre via, disgustata.
“Ti
ha davvero detto questo?” – urla Caroline
dall’altro capo del telefono – “Lo
stronzo ha detto così?”
Annuisce,
Elena, un gesto lento che è cullato dalla propria voce,
“Sì, Care, ma-”
“Ma
nulla!” –
sbuffa e cala un pacato silenzio fra loro. Elena vorrebbe non essersi
confidata con la sua migliore amica perché questo la fa
infuriare. E Care infuriata va tenuta alla larga. Care infuriata
è una bomba ad orologeria pronta ad esplodere. –
“Senti, devi farti rispettare…”
“Mi
sembra un’ottima idea. Me la caverò-”
“…il
prossimo fine settimana posso venirti a trovare. Certo, non
è sicuro che possiamo vederci anche per il ringraziamento,
con questa visita anticipata, ma… potremmo farcela. Metto
qualche soldo da parte – dio
solo sa quanto volevo le scarpe per la festa di Tyler – ma
almeno siamo due contro uno stronzo che vale per tre. Sblocco io la sua
tragica storia, eccome se lo faccio!”
“Oppure”
– propone Elena con un tono di voce sorpreso, come se
l’idea fosse spuntata all’improvviso mentre non lo
è: infatti, è ciò che ha pensato
l’esatto secondo dopo che lei ha pronunciato quel ‘Ti
ha davvero detto questo?’ –
“Puoi rimanere dove sei e sfodero le mie armi migliori. Sono
una Gilbert. Ho gli artigli”
“Elena…”
“Sai
quanto sarebbe bello vederci per il ringraziamento, Care”
ammette Elena abbassando lo sguardo e attorcigliando una ciocca di
capelli ad un dito.
“Lo
so” – ribatte quella sospirando
– “E’ da agosto che programmiamo
tutto nei dettagli”
Con
un sorriso, Elena non pronuncia poche parole che scatenerebbero un
putiferio: tu, hai, programmato, tutto, nei, dettagli, Care.
Annuisce
ancora, pur sapendo che nessuno può vederla: né
Caroline, né le sue coinquiline, andate via da un pezzo. Lei
è stanca per cui non ha deviato per la casa di qualche
sciocca confraternita che organizza feste
scadenti ogni settimana, né per il pub un po’
distante dalla caffetteria in cui si festeggia sempre senza una reale
motivazione. E nemmeno per il campo di football, ancora illuminato per
la partita forse finita da poco. Leggerà o saprà
domattina tutti i risvolti di questa serata per lei limitata dalle zone
4 e 5 del campus e occhi chiari e bastardi.
E
pensare che fino a poco tempo fa lui era il ragazzo bello dei
volantini, nell’anno in cui Elena era una matricola. Pare una
vita fa.
“Sono
esausta, Care, ho avuto una lunga giornata: rimaniamo così,
mhm?”
“Sì,
d’accordo” – Care ha il tono da
mamma chioccia preoccupato, ora – “Vai e
lotta, principessa guerriera”
E
poi sorride, la saluta e chiude la chiamata. Poggia il cellulare sul
comodino e fa l’esatto opposto di Damon seduto alla cattedra.
Si stringe a sé, le gambe strette al petto, la schiena ritta
contro la testiera del letto, il mento poggiato sulle ginocchia:
è ferita, sì, quello sì, eppure
c’è una parte di lei prettamente masochista che le
urla di non arrendersi nei confronti di quel ragazzo apparentemente
problematico. Ha pur sempre ventun’anni, è ancora
troppo giovane per aver visto e vissuto tanti mali. Il che, tradotto
nella mente di Elena, significa solo una cosa: che può
essere curato.
E’
lunedì e questo significa solo tre cose nel vocabolario di
Elena.
Numero
uno, che mancano solo cinque giorni prima che riveda Damon. Per
fortuna, e sottolinea queste due parole, il campus è un
luogo enorme animato da milioni di persone. Sul serio, scoiattoli
compresi. Quante sono le possibilità che lo veda anche fuori
dalle zone quattro e cinque di sabato, mhm? Una su diecimila? Forse
anche meno.
Numero
due, può pranzare in pace con Bonnie tutti i giorni
d’ora in poi, perché sembra che ora le cose con il
Glee Club Acapella stiano per diventare serie. Hanno le prove molto
più spesso, e nel pomeriggio inoltrato, cosa che ad Elena
pare fin troppo dura. Eppure non ha il coraggio di criticare
ciò di fronte al volto angelico della sua amica. Comunque
sia, non deve più sopportare Mason Lockwood e le sue storie
sul club
di anatomia a
pranzo. Il che, davvero, credetele,
è l’esatto contrario di quello che crede sia lui,
ossia esaltante. Sorprendentemente imbarazzante e noioso. Anche peggio.
Numero
tre ma non per questo meno importante: può dedicarsi alla
sua confraternita, alla sua sorellanza magnifica e tutto ciò
che questo implica. Le loro vere feste,
i mixer party, i giorni di tranquillo studio e, soprattutto, le
iniziazioni per i nuovi membri femminili. (Non è
così spaventoso come può suonare,
perché non è niente che includa gocce del proprio
sangue ed evocazioni di spiriti in latino, ma sono divertenti e
provocatorie, nei limiti concessi s’intende).
Rebekah
Mikaelson si siede di fronte a lei, in tutta la sua bellezza: le
sorride come sempre, rapida ed effimera, ignora Bonnie seduta accanto
ad Elena e poi inizia a parlare.
“Da
oggi iniziamo con gli studi in biblioteca – ce
l’hai presente, no? La stanza che hai occupato sabato scorso
e che ti accoglierà per i prossimi fine settimana –
e come presidentessa ti nomino incaricata di mettere a posto i libri
che prenderemo. L’anno scorso l’ho fatto
io… adesso è il tuo turno,
co-presidentessa!” – si alza e, sempre con un
sorriso malandrino sulle labbra, fa per andarsene, ma si blocca, ad un
certo punto, quando non è nemmeno così lontana
– “Ah, Elena, dimenticavo: prendilo come qualcosa
per farti perdonare per questa mancanza improvvisa,
d’accordo?”
E
quando la sua aurea da Veela non aleggia più
nell’atmosfera della mensa, Elena può tornare a
respirare e borbottare (e imprecare contro la sua presidentessa, che
è ostinata, testarda, buona ma stronza
e vabe’).
“Wow”
Katherine si è appena accomodata al loro tavolo, osservando
il punto in cui prima c’era Rebekah e non avendo altro da
dire.
“Beh,
ti presento Rebekah Mikaelson, Omega Psi Delta da prima di me e
te” borbotta Elena.
Katherine
si riprende, sbatte le ciglia e sorride: è il suo marchio di
fabbrica. “Sa come imporsi, tutto sommato. E la sua
confraternita è una delle migliori del campus. Credo
perché ci sia lei dietro, no?”
“Quello
sì” annuisce Elena mangiando il suo pollo speziato
con maionese “E’ un buon leader, hm… a
proposito! Ci sarai per le lezioni assieme questo pomeriggio, no? Ti
presentiamo alle altre e vediamo cosa ne pensano!”
“Ovviamente”
esclama in risposta “Grazie, Elena”
Bonnie
alza gli occhi al cielo e termina il suo pudding con crema al
cioccolato in silenzio.
Maledetta.
Di. Una. Mikaelson.
Hanno
appena terminato la sessione di studio collettiva, in cui tutti, e
proprio tutti, hanno preso il maggior numero di libri possibile dagli
scaffali e li hanno ovviamente abbandonati sui tavoli da otto uniti
come hanno fatto anche l’anno precedente.
Ed
Elena sta mettendo tutto a posto – Miss Flemming ogni tanto
le lancia uno sguardo pieno d’astio, per controllare che
infili il volume nello scaffale esatto, persino posto esatto, in ordine
alfabetico, di autore… pazzia. Elena, fra l’altro,
non è nemmeno felice per Katherine. Non che siano
chissà quali amiche strette, certo che no… ma
tutti l’hanno vista di buon occhio, l’hanno
ammirata da quando si è presentata ed hanno esultato quando
“Penso di voler far parte di questa confraternita…
come scegliete i nuovi membri?” ha detto.
Sbuffa,
un gesto che le ricorda Damon e la fa arrabbiare ancora di
più, se possibile.
Gliene
mancano una decina… Un libro di Dickens, uno delle sorelle
Bronte…
“Salvatore,
ogni volta mi stupisci” – dice una voce sarcastica
– “Nel pacchetto punizioni è incluso il
divertimento?”
“Non
scherzare, Enzo” – risponde un ragazzo. Elena quasi
sobbalza e si ammutolisce: è Damon. Cosa ci fa qui?
– “Fare questo stupido programma radiofonico
è anche peggio che pulire questo stupido college”
L’altra
voce ride, melliflua, incurante del tono basso da mantenere in questi
posti e, soprattutto, di quello che pare essere suo amico.
“Sta’ zitto”
“Oh,
non penso proprio – e comunque datti una mossa, aiutami a
trovare un codice per dire che organizziamo il
giro del mondo in sette giorni”
Segue
un breve silenzio che Elena giudica imbarazzato. Si sposta un
po’, senza far rumore, giusto per osservarli da uno spazio
vuoto dato da un libro non ancora al proprio posto. Li vede. Damon ed
il ragazzo di spalle. Sbatte le ciglia.
“Non
crederai mica che appenderemo dei volantini o lo diremo a gran voce,
no?! Il rettore Cowell potrebbe persino espellerci se lo
sapesse…”
“Lo sanno,
te lo assicuro”
“Beh,
questo non lo metto in dubbio – sarebbero stupidi a pensare
che nessuno beva
alcool, hanno avuto la conferma con voi Omega Chi, no?”
“Sì,
ma… Enzo-”
L’altro
lo blocca inclinando il capo. “Non avrai paura che ci
scoprano, Damon…?”
“No!”
risponde troppo rapidamente Damon “Solo… Non mi va
di far incazzare qualcun altro. La punizione mi sta già
costando troppo”
Enzo
si volta appena, verso un tavolo vicino sul quale poggia un plico di
fogli. “Eppure pensavo che la ragazza fosse una bella
distrazione…”
Le
guance di Elena s’imporporano all’istante: eppure
una domanda è lecito porre, perché,
insomma…
“Come diavolo fai a
saperlo?”
“Ho
le mie fonti” risponde strafottente, sorridendo al suo amico
e togliendosi la giacca.
Ma
prima che Damon possa ribattere in qualche modo, Miss Flemming li
rimprovera bruscamente per il loro comportamento, e gli intima, con
sguardo duro, di far silenzio.
“Allora… questo codice?”
Bonsoir!
Sono riuscita ad aggiornare piuttosto presto per i miei standard, ma
fortunatamente è un capitolo che si è lasciato
scrivere senza troppi problemi. E' piuttosto lungo (3K e
qualche centinaia) e non prometto un rapido seguito,
nonostante le prime righe siano già scritte! E' un
importante capitolo, a tratti di passaggio, PIENO ZEPPO di piccolezze e
sottigliezze che si svilupperanno in seguito. Davvero, se qualcuno le
riesce a notare e a capire cosa ci sia dietro... chapeau, seriously.
Spero vi piaccia e mi auguro che abbiate un minuto per
lasciarmi un parere:)
eccovi una nota che sarà importante per il prossimo
aggiornamento!
·Il giro del mondo in sette giorni: è un gioco tipico del college, in cui ci si iscrive se si vuole che la propria stanza divenga uno "stato" , ed in pratica ognuna di queste si addobba in vari modi per far sì che ci sia l'atmosfera di quella nazione. (con bandiere, cibo, etc) E' un gioco che dovrebbe durare sette giorni, ci sono quindi numerosissime stanze che dovrebbero simbolizzare i vari stati del mondo, c'è della musica ed è una scusa per bere e ubriacarsi. Almeno io lo conosco così, se qualcuno sa un'altra versione non esiti a dirmela perchè so di non essere la persona più informata sui college:)
vi
ripropongo la canzone che mi ha ispirata e che amo follemente: questa
vi invito, poi, a passare da qui, To bet is to get, storia scritta a quattro mani con l'autrice valins!
((la gif sottostante è il magnifico prestavolto di katherine))
a presto, si spera! grazie per tutto e godetevi il capitolo! ♥♥
missi