Precipitare nel dolore
Nei giorni seguenti, a scuola non si parlò
d'altro che di Sirius Black.
Le teorie su come era riuscito a penetrare nel castello diventarono sempre più
improbabili; Nicole Barden di Grifondoro trascorse
gran parte della lezione di Incantesimi dicendo a tutti che Black
era così abile da essere capace di nascondersi letteralmente sotto la barba di
Silente causando l’ilarità collettiva ai compagni di classe che s’immaginarono
la scena.
La tela strappata della Signora Grassa era
stata staccata dalla parete e sostituita con il ritratto di Sir Cadogan e del suo grasso pony grigio. Nessuno ne fu felice.
Sir Cadogan passava metà del tempo a sfidare la gente
a duello, e il resto a inventare complicate parole d'ordine che cambiava almeno
due volte al giorno.
Seamus Finnigan un
giorno disse a Percy: «È completamente pazzo. Non
potremmo avere qualcun altro come guardiano?»
Il Caposcuola rispose: «Nessuno degli altri
quadri ha accettato il compito. Hanno paura di quello che è successo alla
Signora Grassa. Sir Cadogan è stato l'unico ad avere
il coraggio di farsi avanti».
O
l’idiozia, come pensò
Kaito, che aveva assistito allo scambio di battute mentre passava nel
corridoio. Il ragazzo sospirò, stanco, molto stanco, troppo stanco. Gli incubi
che faceva ormai quasi ogni notte lo avevano spossato, e si aggirava nei
corridoi con aria sempre più pallida e stanca. Aveva preso l’abitudine di
portarsi dietro alcune Cioccorane, in caso di
incontri imprevisti con i Dissennatori, che ai suoi occhi sembravano essersi
fatti sempre più presenti e minacciosi. La spossatezza iniziava a notarsi anche
dai suoi voti, che cominciarono a precipitare per mancanza di concentrazione e
tutte le persone che lo circondavano erano sempre più preoccupate per lui,
situazione che se da una parte lo rassicurava, dall’altra lo infastidiva.
Finché Ginny, una mattina, non propose il
suo solito rimedio a tutto.
«Quidditch?
Con questo tempo?»
Ginny sorrise orgogliosa: «Il Quidditch non
si ferma, con il sole o con la pioggia!»
Kaito sbirciò fuori dalla finestra: «Spero
che i nostri giocatori abbiano le branchie, allora...»
La ragazzina l’afferrò per un braccio: «E
dai, vieni!»
«Mi prenderei solo un raffreddore e non
vedrei nulla.»
«Per il raffreddore c’è Madama Chips! Su, dai...»
A suon di spinte, suppliche e
incoraggiamenti, Kaito si ritrovò fuori, a tremare di freddo e lanciare
occhiatacce a Ginny: «Sappi che tu sei una gran testarda.»
«Lo so. E ne sono fiera!»
Kaito sospirò. L’ombrello sembrava sul
punto di rompersi, e anche se la partita era appena cominciata, era molto
difficile seguirla. Si chiese come facessero i giocatori a vederci, in tutto
quel caos, anche dopo la pausa.
Stava giusto chiedendosi chi fosse il tizio
giallo che era partito giù in picchiata, quando i brividi di freddo lo
assalirono. Brividi familiari.
«Oh no... di nuovo non... Gin...»
Il ragazzo cercò di afferrare la divisa
della ragazza, ma la mano gli scivolò, e la sua coscienza con essa.
«Kaito!
Non correre!»
Il
bambino sbuffa: «Mamma, sei lenta! Papà sta per cominciare!»
Kaito
è entusiasta. Ha perso lo spettacolo precedente di suo padre perché aveva la
febbre, ma a questo non avrebbe rinunciato per nulla al mondo! Anche a costo di
andarci senza Aoko, la sua amica del cuore. Oggi doveva andare dalle cuginette,
che peccato...
Kaito
si siede in prima fila, mentre sua madre, con calma, arriva e si accomoda alla
sua destra, preparando la macchina fotografica. Kaito adora il chiacchiericcio
del pubblico in attesa. Loro non sanno cosa sta per accadere. Lui sì. Cioè, più
o meno, papà aggiunge sempre qualcosa a sua insaputa, sa sempre come
sorprenderlo. Quanti trucchi conosce il suo papà? Milioni, forse miliardi, non
lo sa. Sa solo che li vuole imparare tutti anche lui, che da grande vuole
essere un bravissimo prestigiatore, di quelli che fanno credere alla gente che
la magia esiste davvero...
Kaito
tira fuori dalla tasca un paio di carte, ma la mamma, con calma ma con
fermezza, gli mette una mano sopra le sue.
«Tesoro,
per favore mettile via.»
«Perché?»
«Perché
siamo qui per lo spettacolo di papà, non per il tuo, no?»
Kaito
mette il broncio, ma ubbidisce: «Voglio salire anch’io sul palco con papà.»
La
mamma sorride: «Un giorno lo farai. Ma non ancora, devi diventare ancora più
bravo.»
Kaito
sorride appena. Gli dicono tutti che è bravissimo, anche se ha solo sei anni.
Ma gli fa piacere che ci sia qualcuno che pensa che possa ancora migliorare.
«Signore
e signori, buonasera.»
Gli
occhi di Kaito s’illuminano. Eccolo lì, il suo papà!
E
per mezz’ora non esiste più nulla se non le sue mani, che si muovono e fanno
apparire e scomparire di tutto. Anche Kaito rimane col fiato sospeso quando il
prestigiatore tira fuori dalla manica un peluche gigantesco. Come aveva fatto?
Il
prestigiatore distribuisce sorrisi mentre le sue mani creano colombe, foulard,
palloncini, carte e altre cose che da un prestigiatore non ci si aspetterebbe.
In fondo, lui non è un prestigiatore qualunque, è Toichi
Kuroba, uno dei più bravi e riconosciuti specialisti del settore. Ma questo
Kaito non lo sa e non gli interessa. È il suo papà e per lui è e sarà sempre il
più bravo del mondo.
Con
l’ennesimo sorriso, l’uomo si avvicina a un grosso oggetto coperto da un telo:
«E ora, signori, vi proporrò un numero molto famoso!»
E
tolse il lenzuolo, lasciando una parte del pubblico con il fiato sospeso.
«Vedo
che qualcuno di voi l’ha già riconosciuto. È un numero portato tristemente agli
onori delle cronache da Henry Houdinì. Ora io mi farò
chiudere all’interno di questa teca, immobilizzato da manette e lucchetti,
dopodiché la vasca verrà riempita d’acqua e starà a me uscirne in tempo. Vi va,
dunque, di partecipare con me a questa scommessa?»
Il
pubblico applaude, e con lui anche Kaito. Sorriderebbe così se sapesse che il
signor Houdinì nominato prima è morto nel tentativo
di compiere questo numero? Ma il bambino non lo sa, e continua ad applaudire.
Come
annunciato, il prestigiatore si fa legare, invitando persone del pubblico a
controllare che non ci siano trucchi; poi la vasca viene riempita e, poco prima
che la teca sia coperta con un telo, Kaito ride all’occhiolino rivoltogli dal
padre.
Non
sa che sarà l’ultima volta che vedrà il suo volto.
Kaito
aspetta, fiducioso. La mamma guarda l’orologio, sempre più ansiosa.
«Mamma?»
La
donna ignora il bambino: «Che sta facendo? Dovrebbe essere già fuori...»
E
poi è un attimo.
Non
si capisce cosa sia successo, ma il palco ha preso fuoco. Il sipario è in
fiamme e il pubblico, approfittando che lo spettacolo è tenuto all’aperto,
inizia a darsela gambe. La madre di Kaito cerca di correre verso il palco e il
bambino tenta di inseguirla, ma uno striscione in fiamme cade loro davanti,
bloccando il passaggio.
Qualcuno,
non sa chi, afferra Kaito alle spalle e lo trascina via.
Kaito
non vuole andare. Deve salvare il suo papà.
«Aiutatemi!
Il palco sta bruciando! Mio papà, mio papà è sopra quel palcoscenico!
Aiutatemi!»
Ma
il suo grido rimane inascoltato. Kaito è trascinato via, mentre suo padre
annega fra le fiamme.
«Aiutatemi!
Il palco sta bruciando! Mio papà, mio papà è sopra quel palcoscenico!
Aiutatemi!»
E
a lui non rimane altro che gridare ancora.
«Tasukete kure… Hi ga butai wo
moyase… Otousan ga, otousan ga ano butai ni iru…
Tasukete kure…»
«Kaito!»
Il ragazzo sbatté le palpebre più volte.
Era tornato dal suo personale inferno.
Con voce impastata, disse: «Cosa...»
I suoi occhi appannati misero a fuoco una
familiare testa rossa e una figura scura sopra di lui. A quanto pare era
coricato a terra.
«Riesci a sentirmi, Kuroba?»
«Professor Piton...»
L’insegnante gli toccò la fronte: «A quanto
pare sei tornato fra noi.»
Ginny alle sue spalle squittì: «Kaito!»
Kaito sorrise tristemente: «Tranquilla,
Ginny, sto bene...»
Un sospiro gli fece alzare lo sguardo.
«Io non direi proprio. Ti sei messo di
nuovo a tremare e urlare come un pazzo.»
Il prestigiatore rispose: «A quanto pare
sta diventando più abituale di quanto vorrei...
Sheridan?»
Solo in quel momento, infatti, il ragazzo
si era accorto di chi aveva parlato. La Malandrina lo guardò con le braccia
incrociate: « Bè, sì. C'era la partita, cosa dovevo fare,
starmene in biblioteca a studiare?»
Il ragazzo annuì. Si sentiva spossato. Era
certo che le gambe non lo avrebbero retto, sentiva come se la forza di gravità
lo stesse premendo contro l’erba. Non riusciva neanche a mettersi seduto.
Probabilmente la stanchezza di quelle settimane si stava manifestando tutta
insieme.
«Professore, perché lei...»
«Perché ero il più vicino e perché il
professor Lupin è momentaneamente indisposto. Hai qualcosa in contrario?»
Kaito sorrise: «Niente affatto. Mi stupiva
solo che fosse nel nostro settore e non in quello dei Serpeverde.»
Con un gesto della bacchetta, Piton lo sollevò.
«Non affaticarti, Kuroba. Penso che
Grifondoro stasera avrà due letti liberi.»
Kaito borbottò: «Due?»
«Temo che ti sia perso anche il finale
della partita.»
«Perché, che è successo?»
Harry, quando i tutti i suoi compagni di
squadra si allontanarono, pensò di essere rimasto solo.
«Ehi!»
Il ragazzo con la cicatrice si voltò a
sinistra: «Kaito! Ma cosa...»
«A quanto pare io e te facciamo coppia
fissa!»
«Già. Che ci fai qui? Non ti avevo visto...»
Il prestigiatore rispose: « Mi è venuta
un’altra... crisi Dissenatoria delle mie, definiamola
così. Mi ha portato qui Piton poco dopo di te. Il che
mi ha un po’ sorpreso, in realtà... non credevo che sapesse cosa fare con dei
Dissennatori.»
Harry sorrise tristemente: «Neanche poi
tanto, dopotutto sono anni che punta alla cattedra di Difesa contro le Arti
Oscure.»
«Davvero? In effetti me lo vedo, con quel
mantellone scuro e la faccia serissima... no, sinceramente, l’hai mai visto
ridere una volta?»
Harry rise, ma Kaito rimase serio e
sospirò.
«Io sarò bloccato qui per un paio di
giorni. Madama Chips ha scoperto che sono settimane
che non dormo, credo mi darà un sonnifero stanotte.»
Harry lo guardò preoccupato: «Non dormi?»
«Già... e finalmente ho capito cosa sogno.»
«Cosa?»
Kaito guardò il soffitto: «Di morire come
mio padre.»
Harry non disse più nulla. Nessuno lo
poteva capire quanto lui.
«Allora, ci siamo chiariti?»
Kaito annuì, un po’ scocciato: «Al primo
accenno di incubi prendo la pozione.»
Madama Chips gli
puntò un dito contro: «E guai a te se vengo a sapere che passi ancora settimane
in bianco!»
Il ragazzo uscì dall’infermeria mettendo la
boccetta in tasca. Non era ancora convinto che un sonnifero potesse risolvere
tutti i suoi problemi. E se gli si avvicinava ancora un Dissennatore che
faceva, gli tirava la pozione, sperando che ronfasse e che lo lasciasse in
pace? Senza contare che stavolta non aveva avuto la privacy della prima volta,
e che quasi sicuramente i Serpeverde non lo avrebbero lasciato in pace. Bè, almeno non si sarebbero concentrati solo su Harry.
«Posso parlarti, Kaito?»
Il ragazzo si voltò: «Professor Lupin! Si è
ripreso?»
L’uomo sorrise: «Diciamo di sì.»
Aveva proprio l'aria di chi è stato malato.
Il suo vecchio mantello penzolava più largo e c'erano ombre scure sotto i suoi
occhi. Nonostante questo, l’uomo si preoccupò subito per il suo allievo:
«Piuttosto, ho saputo che ci sei ricascato.»
«Così dicono.»
Lupin lo guardò comprensivo: «E tu cosa
dici?»
«Che non capisco perché proprio a me. Sono
davvero così... sensibile?»
«Non ha niente a che vedere con la sensibilità.
I Dissennatori tormentano te più degli altri perché nel tuo passato ci sono
cose terribili che gli altri non hanno vissuto. I Dissennatori sono le creature
più disgustose della terra. Infestano i luoghi più cupi e sporchi, esultano
nella decadenza e nella disperazione, svuotano di pace, speranza e felicità
l'aria che li circonda. Perfino i Babbani avvertono
la loro presenza, anche se non li vedono. Se ti avvicini troppo a un
Dissennatore, ogni sensazione piacevole, ogni bel ricordo ti verrà succhiato
via. Appena può, il Dissennatore si nutrirà di te abbastanza a lungo da farti
diventare simile a lui... malvagio e senz'anima. Non ti rimarranno altro che le
peggiori esperienze della tua vita. E da
quel che ho capito, tu ne hai vissuta una particolarmente pesante, che ancora
ti tormenta.»
Kaito fece un mezzo sorriso: «Bel discorso,
prof. L’ha provato?»
Lupin rise: «In effetti poco fa l’ho fatto
anche a Harry. Anzi... potresti unirti a noi.»
«Per fondare un bel comitato “Abbasso i Dissennatori,
mandiamoli a casa”?»
«Per alcune lezioni serali extra per
imparare a difendersi da loro.»
Lo sguardo di Kaito s’illuminò: «Si può
fare?»
«Non è semplice, ma sì, ci sono dei modi
per difendersi. Anche se ti avverto, ho già dei dubbi che ci possa riuscire
Harry, e tu sei un anno indietro.»
Kaito sorrise, per la prima volta
sinceramente dall’incontro col Dissennatore: «Mi creda, le sfide non mi
spaventano affatto!»
«Allora ti farò sapere. Buona giornata,
Kaito.»
«Buona giornata, professore!»
Sì, con una speranza di risolvere il
problema, la sua giornata sarebbe stata decisamente migliore.
Buongiorno a tutti! Dai, per questa volta ho deciso di
aggiornare un po’ prima di quanto avevo previsto... so bene che questo capitolo
è un po’ più corto, ma mi sembrava sufficientemente pesante da non dover
aggiungere altro. Adesso vi è chiara la famosa frase in giapponese che non
avevo tradotto tre capitoli fa? Come vedete, piano piano,
le risposte arrivano tutte... insieme con altre domande, lo so, ma altrimenti
che gusto ci sarebbe? Un ringraziamento ancora grosso come una casa a Noemi per il supporto per il giapponese!
E, per rimanere in tema, come al solito ringrazio Lunaby, Tsuki no Sasuke, Giorgia_Weasley e darkroxas92
per le recensioni, sempre graditissime!
Prossimo capitolo? Sarà di nuovo Natale, e saranno di nuovo guai
per Kaito Kid... o forse, per stavolta, sarà Kaito Kuroba ad avere le sue
beghe?
Alla prossima!
CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Hinata 92