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Autore: Oceanodiocchi    09/09/2014    0 recensioni
Harmonie è una ragazza fredda, insicura e con una famiglia assente.
In quel giorno di pioggia, giorno che si stava rivelando il peggiore della sua vita, Harmonie conosce colui che porterà alla luce il suo lato migliore, Harry.
Loro si sono sempre appartenuti, sin dalla nascita. Era inevitabile che le loro vite s'incrociassero. Era inevitabile che tutti e due perdessero la testa per l'altro.
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo uno

“Davanti al dolore non ci sono eroi.”

—George Orwell

Il ragazzo mi sta ancora stringendo quando domanda «Come ti chiami?».

Alzo la testa dal suo petto muscoloso e lo guardo negli occhi.

«Harmonie, Harmonie Stevenson.» rispondo quasi balbettando.

I suoi occhi mettono soggezione, ma non riesco a distogliere lo sguardo. È la prima volta dopo tanto tempo che riesco a mantenere un contatto visivo prolungato con qualcuno, senza abbassare gli occhi.

«Io mi chiamo Harry.» mi rivolge un altro magnifico sorriso ed io sono costretta ad abbassare di nuovo il capo.  Arrossisco. Mantengo la testa bassa finché non sento il calore alle guance dissolversi.

«Ora sei più calda?» domanda.

Annuisco contro il tessuto della sua maglietta.

Il rumore di un’auto si aggiunge allo scrosciare della pioggia. Alzo la testa e vedo una mini rossa procedere lenta sull’asfalto. All’interno riconosco una figura familiare.

Louis.

Sta scrutando la strada, in cerca di qualcosa. O qualcuno.

Sposta lo sguardo verso la mia direzione e sul suo volto compare un’espressione di puro stupore.

Resta a fissarmi per qualche minuto, ancora sotto shock.

Mi libero dalla stretta di Harry e mi alzo in piedi.

Sono felice di vederlo. È venuto a prendermi, è venuto per me. Mia madre deve averlo avvisato.

Al pensiero di mia madre, il mio sorriso si spegne improvvisamente.

Louis, intanto, si è finalmente deciso a scendere dall’auto e a camminare a grandi falcate nella mia direzione.

È molto preoccupato e appena è a pochi centimetri da me, mi stringe in un grande abbraccio.

Dopo un po’ di esitazione, decido di non stare più ferma impalata e lo abbraccio a mia volta.

Appoggio il capo nell’incavo del suo collo e inspiro a pieni polmoni il suo profumo, reso più intenso dalla pioggia.

Sa di vaniglia e zucchero filato: il profumo di Louis è il mio preferito. Mi sento a casa, quando lo inspiro e mi fa ricordare i giorni in cui eravamo ancora bambini e suo padre ci portava alle giostre.

Louis mi lascia un bacio sulla tempia sinistra, per poi sussurrare «Mi hai fatto preoccupare, piccola.».

Strofino il naso, gelido, sulla pelle umida del suo collo e mormoro un flebile «Scusami, Lou.»

Mi ricordo di non essere sola e sciolgo l’abbraccio, girandomi verso la fermata dell’autobus.

Il ragazzo di prima, Harry, sta osservando il tettuccio della fermata: ha le gote arrosate, molto probabilmente imbarazzato da quella scena.

Mi schiarisco la voce.

«Vuoi un passaggio?» domando imbarazzata.

La pioggia è diminuita nel giro di pochi minuti, come capita spesso in estate, ma non mi va di lasciare quel ragazzo lì, da solo, tutto bagnato.

Scuote la testa e la abbassa, rivolgendomi un altro sorriso.

«No, no, non serve ma grazie.»

Ricambio il sorriso e insisto «Sicuro? Per noi non è un problema.»

Scuote la testa convinto.

«Bene, allora, vi vediamo in giro.»

Sorrido ancora una volta e prendo la mano Louis, dirigendomi verso l’auto, ancora in moto.

Salita in macchina, continuo a osservare quel ragazzo, fin quando giriamo l’angolo e lui scompare dalla visuale.

Decido, allora di appoggiare la testa contro il finestrino e incomincio a osservare la striscia bianca che scorre velocemente accanto a noi.

Da quando siamo saliti in macchina, Louis non ha proferito parola. Continua a osservare la strada davanti a sé. Ogni tanto boccheggia, come se volesse dire qualcosa, ma dopo riassume un’espressione concentrata.

Dopo un paio di minuti passati ad ascoltare lo sfrecciare delle auto accanto a noi e il rumore degli schizzi delle pozzanghere, attraversate dalle gomme della mini, Louis mi rivolge un’occhiata.

«Momi, se senti freddo, dietro ho una felpa.» al suono del mio soprannome, sorrido.

Dopo aver slacciato la cintura, mi giro sul sedile e allungo il braccio verso i sedili posteriori.

Afferrata la felpa, ritorno alla mia posizione iniziale.

Il tessuto è caldo rispetto alla mia pelle fredda e umida e m’inonda subito con quel profumo familiare.

«Grazie, Lou.» mi volto verso di lui.

Lui non si volta e riprende a parlare, dopo essersi passato una mano fra i capelli «Da quando ti fai abbracciare dagli sconosciuti?»

«Sentivo freddo e lui si è offerto di riscaldarmi.» mi giustifico, alzando lievemente le spalle.

Ghigna ed io gli lancio un’occhiata interrogativa.

L’auto si ferma al semaforo rosso e Louis ne approfitta per voltarsi verso di me.

«A volte non abbracci neanche me e oggi ti fai abbracciare da uno sconosciuto.» cerca i miei occhi mentre parla, gesticolando. Ci guardiamo negli occhi per qualche secondo, poi abbasso la testa.

Il rumore di un clacson ci interrompe e ci accorgiamo che la lucetta del semaforo è diventata verde.

Louis mi sorride lievemente e riprende a guidare.

«Come mai sei scappata?» cambia discorso, e gli sono grata perché non saprei come rispondere all’affermazione di prima.

Appoggio di nuovo la testa al finestrino e sbuffo.

«Ti ha chiamato lei?» chiedo.

Ricordo quando, qualche mese fa, chiamava Louis o Niall per farmi venire a cercare.

Finiscono sempre così le nostre litigate: lei mi urla contro ed io scappo da casa, per sbollire la rabbia.

Niall è il mio fratellastro –quando avevo cinque anni, mia madre si è sposata con Bobby, il padre di Niall. Così siamo andati tutti a vivere da lui-. Voglio bene a Niall: siamo stati cresciuti insieme, come dei veri fratelli.

«Mi ha detto che eri scappata. Di nuovo. Perché non mi hai chiamato?»

Tiro fuori il telefono dalla tasca della camicia, appallottolata sulle mie gambe «Telefono scarico.»

«Mi fai morire.» sbotta nervoso. «Ma ti voglio comunque un bene dell’anima.»

Sorrido «Anch’io Lou, anch’io.»

**

Sento Louis gridare, ma non capisco cosa dice.

Do un’occhiata schifata alla televisione, dove sto ‘guardando’ un film strappalacrime orribile, e abbasso il volume.

«Cos’hai detto?» urlo di rimando.

Louis compare dal corridoio che conduce alla sua camera, con una pila di vestiti in mano.

«Ho detto che, se vuoi, puoi fare un bagno caldo. Sarai ancora congelata.» mi sorride «E questi sono dei vestiti asciutti.» dice appoggiando gli indumenti accanto a me.

Ho sempre amato mettermi le sue cose: sono grandi e tengono caldo.

Gli sorrido e mi alzo dal divano di pelle nera, per dirigermi verso il bagno, non prima di aver afferrato quello che mi aveva portato e avergli stampato un bacio sulla guancia.

 

Mentre faccio scorrere l’acqua della doccia, per farla diventare abbastanza calda, mi spoglio dei miei vestiti umidi.

Rivolgo uno sguardo allo specchio: i capelli, chiari e scoloriti, sono appiccicati ai lati del mio viso e resi crespi dalla pioggia. Non sono molto presentabile ma non m’importa.

Mi volto ed entro nella doccia, lasciandomi colpire dal getto bollente dell’acqua.

Sussulto a quell’improvviso contatto, ma subito mi abituo al cambio della temperatura.

M’insapono la testa con lo shampoo di Louis e inizio a cantare, mentre mi massaggio i capelli.

POV. LOUIS

Appena Harmonie entra in bagno, afferro il telefono e compongo il solito numero.

«L’hai trovata?» chiede subito una voce dall’altro capo del telefono.

Mi sdraio dove prima c’era la ragazza, prima di rispondere.

«Sì, certo, l’ho trovata. L’ho trovata abbracciata a uno sconosciuto.» inizio nervosamente a giocare con l’orlo della felpa che avevo indossato poco prima.

Mi c’è voluto molto per entrare nel cuore di Harmonie, mesi e mesi di rifiuti e freddezza. E ho faticato ancora di più per avere il rapporto che abbiamo adesso. Lo ammetto sono geloso di quel tipo. Sono geloso perché a lui ci sono voluti solo un paio di minuti per abbracciarla, quando a me ce ne sono voluti mesi.

Lei è la mia Harmonie, la ragazza che vuole bene solo a poche persone, e per fortuna io sono fra quelle.

«Abbracciata a un tipo?» anche lui sembra sorpreso da fatto, «Ora l’importante non è questo.»

Produco un mugolio di assenso e annuisco, capendo cosa voglia dire.

«È tutta colpa di sua madre, se è scappata.» continuo a giocherellare nervosamente con la mia felpa e inizio a battere un piede sul tessuto del divano.

«Lo so, Lou, lo so.» la voce del ragazzo s’incupisce, «Lo sai che voglio portarla lontano da quella casa, e soprattutto da sua madre.»

Annuisco ancora, «Stasera resta da me.»

Le farà bene un po’ di pace, e qui, con me, ne troverà tanta.

«Ora devo andare, grazie Lou.»

La telefonata s’interrompe.

Appoggio il telefono sopra lo stomaco e chiudo gli occhi, portando un braccio sopra di essi.

Sospiro.

L’acqua della doccia smettere di scorrere, facendo sentire di più la voce di Harmonie.

Ha sempre avuto una bella voce. Una voce bellissima, che ti ammalia, rapisce ogni singola cellula del tuo corpo.

«Lou?» mi chiama una voce femminile.

Alzo leggermente la testa e la osservo.

Ha i capelli chiari –che non ha asciugato- raccolti in uno chignon disordinato, in modo tale  da rendere visibili i due piccoli dilatatori neri.

Le sorrido.

Mi sorride. E il suo è il più bel sorriso che abbia mai visto.

Le faccio segno di stendersi accanto a me, e lei lo fa.

«Come mai sei scappata da casa?» domando accarezzandole i lineamenti.

Lei scrolla leggermente le spalle e risponde «Il solito.»

Giro leggermente la testa e faccio un mezzo sorriso «Più precisamente?»

Sospira «Non volevo crollare davanti a loro, anzi, non voglio proprio crollare. Devo essere forte.»

«Harmonie, più cerchi di non farti spezzare, più farà male al momento della rottura definitiva.»

Lei si rannicchia contro il mio corpo e annuisce.

Quando capirà che, quando si romperà, ci sarò io a mettere insieme i pezzi?

  
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