≈ At the end of a closing day ≈
I passi risuonavano,
ovattati, nel
silenzio magico che avvolgeva le ampie stanze del castello.
I calzari producevano
soltanto una
lieve, ritmica pulsazione sui tappeti soffici e sontuosi, rimbombando
come il
battito di un immenso cuore invisibile in quei corridoi vuoti,
silenziosi, mentre
la polvere vorticava nei caldi raggi del Sole che fendevano le finestre.
Siria si rese conto
di aver trattenuto
il fiato, sconvolta com’era dalla bellezza stupefacente di
quelle stanze che
nessuno aveva mai usato da quando la madre di Caspian aveva perso la
vita per
una terribile malattia: al contrario del resto del palazzo, cupo e
spoglio, i
locali dedicati alla regina, che
Prunaprismia non aveva mai occupato in rispetto della cognata defunta e
del
bambino solitario rimasto orfano di madre, erano stati arredati con un
amore
per l’eleganza e la raffinatezza tali da darle
l’impressione di trovarsi in un
luogo completamente diverso rispetto all’austera dimora dei
regnanti di Telmar.
I suoi grandi occhi
blu, illuminati
dagli sprazzi dorati che entravano dalle alte finestre ad ogiva,
studiavano
avidamente ogni particolare, accarezzando con lo sguardo tutto
ciò che la
circondava: broccati e tappeti di tonalità di celeste tanto
belle che aveva
sempre pensato di poter scorgere solo nel cielo estivo, mobili
intagliati con
tanta maestria che avrebbero potuto causare persino in Talia un moto
d’apprezzamento per quella bellezza estratta dai suoi amati
alberi, vetrate
dipinte con una maestria che qualunque artista narniano avrebbe
faticato ad
eguagliare in grazia e minuziosità… era tutto
bellissimo – più di quanto Siria
aveva mai anche soltanto osato sognare.
Aveva
sempre amato i castelli, fin da bambina.
Era cresciuta in un
villaggio sporco,
povero ed umile proprio come la gente che lo abitava; la bellezza di
una reggia
– degli appartamenti della regina
che lei
sarebbe diventata – era sempre stata un sogno ad
occhi aperti per la
piccola strega con le trecce rosse, dipinti dalla voce melodiosa di sua
madre
che le cantava fiabe di cavalieri e principesse mentre le pettinava i
lunghi
capelli.
Essere lì,
esserci davvero e non soltanto per
rubare, per agguantare un brandello di
quello splendore lontano per poi fuggire nelle sue foreste buie ed
accoglienti,
le trasmetteva una sensazione d’incredulità tale
da farle dubitare di essere
sveglia davvero.
La
guerra era finita, e lei, finalmente, avrebbe avuto la sua pace.
Lentamente,
intimorita dal silenzio
opalescente che ammantava quei luoghi, avanzò ancora di
qualche passo e superò
il salotto ed alcuni corridoi, respirando a fondo per riempirsi del
denso e
confortante profumo del legno, delle stoffe pregiate che coprivano le
pareti,
della pace che traspirava da ogni singolo angolo.
Incantata,
lasciò scorrere gli occhi sui
dipinti, sui soffitti a cassettoni, su ogni singola pennellata lasciata
dagli
artisti che avevano trasformato quelle volte in capolavori di maestria
– tutto
sembrava essere un’immensa opera d’arte, creata per
il puro gusto di stupire,
d’incantare, di stordire con la sua stupefacente bellezza.
Il cuore batteva
lento, tranquillo, nel petto
della giovane strega dai capelli rossi; poteva quasi avvertirne le
pulsazioni,
che acceleravano quando il suo sguardo si posava su un dettaglio
particolarmente
bello, sui dipinti vividi e reali, sulle colonne e sui capitelli
intagliati nel
legno.
Sentiva
già di amarlo, quel posto.
Con delicatezza, col
terrore di rovinare
qualcosa, lasciò scorrere le dita candide sullo schienale di
una sedia, sul legno
di un tavolo, sul porpora intenso dei cuscini; sfiorò,
ammaliata, un candeliere
di cristallo, gioendo intimamente al dolce tintinnio che si
propagò nella
stanza della musica in cui ora si trovava, a quel tocco.
Era
tutto così…splendido.
Era un posto
così grande, così armonioso…
per troppi anni lei non aveva visto altro che foreste: le amava, le
considerava
la sua vera casa e l’unico posto in cui si era sentita se
stessa per la prima
volta nella sua vita… ma sentiva che avrebbe potuto
perdersi, in quel castello,
fra quelle pareti istoriate dai dipinti e su quei soffici tappeti
importati da
chissà dove – in quell’intenso profumo
di legno, di tempere, di stoffe, che
pareva irretire ogni suo singolo senso.
L’incanto
sembrò volersi intensificare
quando, proseguendo nel suo percorso, entrò nella stanza che
seppe per certo
sarebbe diventata la sua preferita.
Libri.
Libri, libri, ancora
libri, rinchiusi
dietro trasparenti teche di cristallo, in ordinate scaffalature di
noce, divisi
per argomento e per autore in alte colonne istoriate.
Avvertì il
cuore palpitare quando, con
dita tremanti, lasciò che un tomo dalla copertina color
perla scivolasse fra le
sue mani, schiudendolo con un gesto che tradiva tutta la sua emozione;
e la
sorpresa si accentuò, mescolandosi alla gioia pura e
cristallina che provava
ogni volta che sfiorava un libro, quando sotto il suo sguardo si
dipanarono
rune e miniature, scritte e dipinte con una precisione quasi maniacale
in una
pregiata pergamena giallastra.
Nel piccolo rifugio
nella foresta, dove
lei ed i suoi compagni avevano sempre riposto ciò che
sarebbe stato scomodo
portarsi dietro durante i loro vagabondaggi, Siria aveva custodito
gelosamente
tutti quei tomi che era riuscita a rubare o a comprare nel corso degli
anni;
adorava leggere, era stato Aaron a insegnarle quando era soltanto una
bambina…
ed ora, dinanzi a quello spettacolo, scorgendo le spigolose eppure
armoniche
lettere della lingua telmarina scorrere sotto i suoi occhi, non
poté non
sentire il cuore quasi scoppiarle di gioia.
Soltanto dopo un
istante, però, la
curiosità di vedere il resto delle sale ebbe il sopravvento.
Posò con
delicatezza il libro su un tavolino finemente lavorato, dedicando una
lunga
occhiata amorevole alla soffice poltrona lì accanto; sarebbe
tornata, e presto,
per continuare quella lettura sull’alchimia che
già aveva catturato il suo
interesse.
Dopotutto,
le streghe erano sempre state assetate di conoscenza, no?
Cautamente, col
terrore di infrangere
qualcosa, avanzò lungo quei corridoi tanto affascinanti fino
a giungere ad una
soglia ad arco. Era molto bella, ornata di fregi, di dipinti e
d’intonacature
delicate ed armoniose; distinse le vicende della storia di Telmar
dipinta sugli
stipiti, quella storia che tante volte aveva sentito narrare dai vecchi
del suo
villaggio. Sorrise, trasognata, intuendo che oltre quella soglia
qualcosa la
stava aspettando – e sentì il respiro mozzarsi
quando, mosso qualche timido
passo su quel
pavimento di legno che
stranamente non scricchiolava, entrò con cautela nella sala
successiva, la sala
delle udienze.
L’enorme
stanza accolse il suo sguardo
stupefatto, allibito – esisteva
davvero
un posto chiuso così grande!?
Le pareti erano
cariche di fregi e di
dipinti perché, Siria lo sapeva, una regina doveva far
sfoggio della propria
ricchezza come prova della forza della famiglia da cui proveniva.
Enormi
ritratti troneggiavano in ogni sezione, divisa da colonne addossate
alle mura e
riccamente intagliate. Con un sussulto, dalle parti dello stomaco,
riconobbe
Caspian nel ritratto accanto alla finestra che dava sullo splendido
giardino
interno, che i giardinieri del castello avevano cominciato a sistemare
dopo la
vittoria dei narniani.
Si
avvicinò, rapita, irrimediabilmente
attratta da quel ritratto; persino lo splendido paesaggio fuori, la
meraviglia di
quelle stanze che sarebbero diventate sue, non potevano eguagliare il
palpito
innamorato che s’impossessò del suo cuore nel
vedere quel dipinto.
Era stato sicuramente
realizzato anni
prima, se ne accorse immediatamente perché i capelli del
principe che era stato
erano più corti ed il viso più spigoloso,
malsano, come quello di qualcuno che
deve ancora crescere un bel po’; le spalle erano
più minute ed il torace più
snello – non poteva avere più di quattordici anni,
in quel quadro. Sorrise, intenerita,
riconoscendo nell’adolescente acerbo impresso sulla tela i
tratti dell’uomo che
lei aveva imparato a conoscere e ad amare ogni giorno un poco di
più,
allungando le dita per sfiorare con dolcezza il profilo del volto che
era
diventato quello del suo Re.
Sarebbe
stata in grado di rimanergli accanto, di diventare la consorte di un Re?
Chinò un
poco il capo, allontanandosi a
malincuore dal ritratto ed avvicinandosi alla grande portafinestra;
armeggiò
con le maniglie per un istante e poi la spalancò di botto,
sorridendo quando il
Sole pomeridiano invase lei e la sala che la circondava, accogliendola
in un
bagno di calore quando uscì sul terrazzo e si
affacciò alla balaustra di pietra
per abbracciare con lo sguardo l’intera cittadella e,
più in là, le vaste piane
di Narnia e lo scorrere imperioso del Grande Fiume, le sue foreste che
occhieggiavano
da sud ed il cielo azzurro, immenso, bello da toglierle il fiato.
Sorrise, emozionata,
appoggiandosi al
parapetto di spalle e lasciando ciondolare indietro la testa per
godersi i
mille profumi della città, della natura, del castello.
Non sarebbe stata una
passeggiata imparare
a vivere a corte, comprese, lanciando un’occhiata divertita
allo stuolo di
ancelle e servitrici che aveva seminato pochi minuti prima, in
giardino, per
rifugiarsi negli appartamenti che sarebbero ben presto diventati suoi:
Caspian
aveva deciso che venissero destinati a lei e Siria sapeva che lo aveva
fatto
perché erano il luogo più sereno ed accogliente
dell’intero castello, l’unico
che le avrebbe permesso di ritagliarsi un rifugio in cui poter,
lentamente,
cominciare a sentirsi a casa.
Sorrise di nuovo,
rincuorata da quel
pensiero, alzando lo sguardo verso quel limpido cielo di fine agosto.
Era una donna
selvatica – lo era sempre
stata – e testarda, poco incline all’etichetta e
alle regole imposte… ma era
anche l’erede di una strega che, per quanto malvagia, era
nata principessa nel
proprio mondo – ed era, soprattutto, una delle Figlie di
Aslan, Paladina di un
potere che in pochi sarebbero stati in grado di controllare.
Sì,
decise, arrampicandosi sul cornicione e poi sul tetto spiovente per
sedersi e
lasciar ciondolare le gambe nel vuoto come una bambina, ridacchiando
fra sé al
pensiero di quanto avrebbero strillato le ancelle nel vederla
inerpicarsi fra
le pietre come uno scoiattolo; sarebbe
stato divertente imparare ad amare quella sua nuova casa.
L'immagine è creazione di DreamWanderer, non mia, lei
è molto più brava di me con la grafica (e se ci
cliccate sopra, se sono stata capace di sistemare tutto, dovreste
riuscire ad aprirla e a vederla meglio) U_U
Ce n'è anche un'altra, in cantiere per Memories, che invece
è più definita. Devo solo scriverla,
sì. Devo solo scriverla tutta. Mamma, aiuto @_@