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Autore: Sariel    28/09/2008    7 recensioni
Ho sempre pensato che non avrei potuto relazionarmi con i miei coetanei, per paura che alcuni di loro non mi considerassero la persona che sono.
In me avrebbero visto Jess, Tracy, Bella. Ma non Kristen.
Seguito di One Night in Portland.
[Robert Pattinson/Kristen Stewart]
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kristen Stewart, Robert Pattinson
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Disclaimer:  Questa storia è frutto della mia fantasia. Non conosco i due personaggi e, ovviamente, non appartengono a me. E blablabla.
Credits: (*) Breakaway, di Kelly Clarkson.
Note dell'Autore: okay, ci siamo. Ecco qua il primo capitolo del seguito di one night in Portland. Grazie davvero a chi ha commentato il prologo e l’altra fiction.


was it a dream?

1.
Was it a dream?
- FACT, NOT FICTION -
 
×××
 
Era come fluttuare. Mi sentivo leggera e per un istante pensai di galleggiare nell’aria.  Alcune immagini mi passarono davanti agli occhi.
Le luci di una città, le strade piene di gente, un’insegna luminosa di un ristorante.
Una dolce sensazione di calore mi pervase, il tepore che mi circondava era a dir poco paradisiaco.
Il sogno - non poteva essere reale, ne ero certa - venne accompagnata da alcune parole lontane, che mi echeggiavano in mente dalla sera prima e da un paio di occhi azzurri che mi guardavano divertiti.
- E’ ora di tornare, Cinderella.-
La sua voce mi arrivò distintamente, come se lui fosse lì, accanto a me.
Spalancai gli occhi di colpo e mi trovai nella totale oscurità. Mi puntellai sui gomiti e mi misi a sedere, mugugnando. La coperta scivolò e un brivido mi corse sulla schiena. La ripresi, coprendomi fino al petto.
Allungai il braccio verso la lampada di vetro verde accanto al letto e tirai la cordicella per accenderla.
Il suo lieve bagliore verdastro riempì il vano della roulotte.
Mi guardai intorno intontita, certa di trovare qualcuno vicino a me, ma era solo un sogno. Fissai imbronciata il mio riflesso dello specchio appeso all’armadio ai piedi del letto e aggrottai le sopracciglia. I capelli sembravano indomabili, erano simili ad un cespuglio. Tentai di appiattirli con le mani, conscia che non appena mi sarei alzata avrei dovuto pettinarli parecchio per farli tornare al loro posto.
Il mio sguardo cadde poi sul led luminoso della radiosveglia. Le tre e mezza. Sospirai e ricaddi nel letto, non prima di aver spento la lampada.
Chiusi gli occhi, coprendoli poi con le mani, per tentare di riaddormentarmi.
Al contrario di quanto volessi, mi sentii improvvisamente sveglia, lo stordimento iniziale dovuto al brusco risveglio sparì del tutto.
Restai immobile per qualche momento, prima di togliermi le mani dal volto e di rannicchiarmi sotto le coperte, tirate su fino all’altezza degli occhi.
Rimasi ad ascoltare il lieve ticchettio del mio orologio da polso, che avevo lasciato sul tavolo accanto al letto. Sbuffai piano e mi girai dall’altra parte, fissando la parete a cui il letto era appoggiato.
Maledii in silenzio la scelta. Ora non c’era nulla che potesse distrarmi.
Il sogno, il ricordo, era ancora vivido nella mia mente e mi metteva in imbarazzo, e sapevo benissimo il motivo.
Ero rimasta in silenzio. Non avevo proferito parola per tutto il viaggio di ritorno ed ero stata tutto il tempo con lo sguardo fisso fuori dal parabrezza della macchina, dritto di fronte a me, concentrandomi sulla strada. Forse era lo stupore, forse era la sorpresa. Ma non parlai.
Fu solo quando arrivammo alle roulotte che risposi piano al suo buona notte, senza riuscire a guardarlo negli occhi.
Ascoltai i suoi passi mentre si allontanava, diretto verso la sua roulotte e non accennai a muovermi fino a quando non sentii la porticina chiudersi.
Andai subito a letto, rossa dalla vergogna, tentando di non pensarci. Forse l’avevo offeso.
Forse avevo rovinato tutto.
Nonostante quei pensieri mi ritrovai a sorridere, quasi stupidamente e come una ragazzina alla prima cotta, ripensando alla serata precedente passata a Portland.
Mi inumidii le labbra con la punta della lingua, riuscendo quasi a sentire ancora il sapore pungente della salsa di soia.
Chiusi gli occhi, lasciando che il ricordo continuasse ad aleggiare nella mia mente e sperando davvero che lui non si fosse offeso.
In un attimo, senza che me ne accorgessi, mi assopii e mi addormentai profondamente, ancora accompagnata dalle immagini della sera precedente.
 
×××
 
Quando mi risvegliai mi sembrò di essermi addormentata solo da qualche minuto.
Non mi resi subito conto di cosa fosse stato a svegliarmi. Non era lo stesso sogno che mi aveva svegliato durante la notte, ma il suono acuto della radiosveglia, unito alla canzone che era partita non appena si era accesa.
Mugugnai mentre mi voltavo per scendere dal letto. Mi stiracchiai, sbadigliando. Allungai il braccio per spegnere il suono continuo della sveglia, ma lasciai continuare la canzone.
Mi lavai la faccia e tentai di sistemarmi i capelli, sbuffando. Mi sentii improvvisamente agitata, al pensiero di dover uscire da lì a poco.
Mi vestii piano, come tentando di perdere tempo, solo per poi rendermi conto del mio comportamento stupido. Cercai di distrarmi, cominciando a canticchiare la canzone, che nel frattempo era cambiata.
- I'll spread my wings and I'll learn how to fly.- intonai, mentre sistemavo il letto, - I'll do what it takes til' I touch the sky.- continuai, prima di buttare via il contenitore del ristorante cinese, che avevo lasciato sul tavolo e che conteneva ancora gli avanzi della sera prima.
- And I'll make a wish, take a chance, make a change.- proseguii, prima di spegnere la radio e indossare la giacca.
- And breakaway.(*)- Aprii la porta della roulotte, ma mi bloccai sulle scale, così come la sera precedente, non appena il mio sguardo si soffermò sulla figura di fronte a me.
Lo osservai, senza capire se era davvero offeso per il mio comportamento dopo il - pronunciare mentalmente quella parola, che avevo accuratamente evitato di pensare, mi provocò un tuffo al cuore - bacio.
- Rob.- riuscii solamente a dire, con voce spezzata, senza riuscire a nascondere il mio nervosismo.
In risposta mi sorrise e si avvicinò, con due tazze fumanti di caffè. Me ne porse una e la afferrai, ringraziandolo.
- E’ appena fatto.- mi disse, senza smettere di sorridere.
Portai la tazza alle labbra e bevvi un sorso. Il caffè era bollente. Tossicchiai piano, mentre lui cominciava a ridere.
- Te l’ho detto che era appena fatto.- riuscì a dire, tra una risata e l’altra.
Lo guardai di traverso per poi sorridere a mia volta, non appena mi resi conto che in fondo, fortunatamente, non se l’era presa.
  
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