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Autore: FiammaBlu    11/09/2014    1 recensioni
Ho scritto questo romanzo molto tempo fa, si può dire sia stato il primo lavoro serio in cui mi sono cimentata. Ve lo propongo e spero vi divertirete anche voi a seguire i tre fratelli protagonisti della storia nelle loro avventure che li porteranno a crescere e a prendere in mano le redini della famiglia.
L'ambientazione è fantasy, inventata, ma segue le regole di D&D.
Sono 30 capitoli.
Il boia, che stava per tirare la leva della botola, si fermò guardandola. Sanie salì sulla piattaforma seguita da due soldati della Guardia Reale del Sultano. Indossava uno stupefacente abito bianco, quasi trasparente, che poco lasciava all'immaginazione. I capelli ricci e lunghi erano sciolti in una nuvola sulla schiena e indossava un paio di sandali bassi e ricamati.
Artiglio Rosso osservò ogni suo passo, la bramava e ammirava con lo sguardo e sorrideva della sua audacia. Sanie lo raggiunse, si asciugò le lacrime che scorrevano incessanti, lo fissò qualche istante, gli circondò il collo con le braccia sensuali e lo baciò profondamente.

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Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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18. La lettera


La festa dell'inverno era ormai passata e Klod rimpiangeva il caldo del sud e la sua birra scura. Brevi nevicate avevano inasprito il clima e i torrenti più piccoli erano gelati in superficie. Il primo mese dell'anno era trascorso e lui e Kathe si trovavano a casa per una breve licenza. Celia non era venuta, si trovava da qualche parte al nord insieme ad un Cavaliere. Verso la metà dell'anno avrebbe affrontato l'ultimo ostacolo che la separava dalla carica di Chierico Cavaliere.

- Pensi che Celia tornerà mai più a casa? - domandò Klod alla sorella che stava leggendo il suo solito libro di incantesimi.

- Certo che tornerà - rispose lei senza alzare lo sguardo.

- Siamo tornati tre mesi fa da Mitrander e da allora non l'abbiamo più vista... - obiettò il giovane.

- Lo sai che deve prepararsi per quel dannato esame, poi tornerà la Celia di sempre - Kathe sollevò lo sguardo.

- Poco prima dell'estate avrò la possibilità di affrontare un esame anche io e potrò fregiarmi del titolo di Capitano e avrò sotto di me una piccola guarnigione di soldati, potrebbero anche spostarmi -  Klod si alzò e osservò i piccoli fiocchi di neve che imbiancavano il selciato del castello.

- Che la dèa ci aiuti... - sussurrò Kathe immaginando suo fratello che dava ordini.

- Guarda che ti ho sentito - borbottò il giovane.

- Io potrò affrontare la mia ultima prova della Scuola in autunno, dopodiché potrò insegnare a mia volta, entrare al servizio di qualche nobile, viaggiare, oppure costruirmi una bella torre e dedicarmi completamente alla magia e ai nuovi incantesimi - Klod vide distintamente il brillio nei suoi occhi mentre parlava del suo futuro.

- Sempre che nostro padre non ti combini un matrimonio - le fece notare lui versandosi un liquore speziato. La sorella si rattristò e lui si pentì di averlo detto.

Quando erano tornati da Mitrander, il Principe Lewel era rimasto una settimana presso il Monastero, sotto l'ala protettiva dell'Alto Chierico. Poi una scorta, guidata da Sir Ogrimar e Sir Alish, lo aveva riportato nel suo regno. Sapeva tutto questo grazie ad una lettera di Celia in cui le aveva parlato anche dei suoi prossimi viaggi.

Da quello che sapeva Klod, Erik si era dileguato, insieme ai nani, dopo averla riportata alla Scuola ma la sorella non gli aveva confidato niente in merito, e da allora non l'aveva più rivisto.

- La cena è pronta - Erika entrò sorridente nella biblioteca, era contenta di poterli avere a casa qualche giorno anche se la mancanza di Celia l'aveva rattristata.

I due fratelli si alzarono, Kathe chiuse il libro mettendoselo sotto braccio, e seguirono la madre nella sala. Si erano appena seduti che entrò Fabris Hianick. Aveva trascorso tutto il pomeriggio nello studio dopo l’arrivo di un messaggero con una missiva. Aveva il volto scuro e tutti compresero che era accaduto qualcosa.

La cena venne servita, il silenzio di Fabris aveva contagiato tutti e nessuno parlò. Quando erano ormai a fine, Fabris si rivolse a Klod.

- Dobbiamo recarci a Fir Ze, il Duca riunisce i Conti e voglio che tu venga con me - era un ordine, non una richiesta. Klod annuì lentamente anche se non avrebbe saputo che scusa rifilare questa volta al Comandante Arnesh.

- Non preoccuparti per la Guarnigione, ho inviato una lettera al Comandante Arnesh - lo informò suo padre dissipando ogni dubbio. Non era mai stato al palazzo del Duca né aveva mai frequentato nessuno di quella cerchia di potenti.

- Quando partite? - chiese Erika un po' in apprensione come sempre.

- Domani mattina - rispose Fabris alzandosi e tornando nel suo studio.

- E' la prima volta che sento di una convocazione di Conti presso il palazzo, deve essere accaduto qualcosa - sussurrò Erika al figlio.

- Lo scopriremo - disse Klod pensieroso.



Quando Kathe tornò alla Scuola, il giorno dopo la partenza di Klod con suo padre, trovò due lettere presso la segreteria dove venivano lasciati pacchi e missive dall'esterno. Ogni cosa veniva ampiamente controllata e visionata con incantesimi e gli addetti si assicuravano che non ci fossero magie pericolose o nocive.

Una era di Celia, l'altra riportava una calligrafia elegante e arrotondata. Prese le lettere, firmò il registro e si diresse in camera, il baule con tutte le sue cose che fluttuava su un disco levitante accanto a lei.

Appena entrò aprì la finestra, nonostante il freddo dell'inverno la stanza aveva bisogno di essere arieggiata. Aprì la grata che permetteva all'aria calda di entrare. Nei sotterranei della Scuola c'era un'enorme stufa che spingeva l'aria calda nei condotti scavati nella pietra fino nelle stanze e aule. Era un sistema ingegnoso e la magia non c'entrava niente.

Svuotò il baule, mise il suo libro sulla scrivania e si sedette sul letto aprendo la lettera di Celia. Gliel'aveva spedita poco prima di partire per Ashai, la Contea più a est nel Ducato di Lisemo. Klod aveva detto che era a nord, quindi era tornata e ripartita.

La lettera era breve, la informava che Lewel era arrivato sano e salvo da suo padre, che l'Ordine aveva ricevuto grandi onori per questo motivo dal popolo elfico, e che aveva ricevuto dal Principe un piccolo pacchetto per lei.

Kathe si bloccò, la bocca asciutta. Ma come... Celia era partita senza portarle il pacchetto? Come aveva potuto?! Era furibonda, strinse la pergamena nel pugno che si accartocciò crepitando. Poi si ricordò che c'era scritto altro. La distese appoggiandola sulla coperta e scoprì che Celia aveva lasciato il pacchetto presso l'Ordine dove poteva ritirarlo. Arrossì vergognandosi di aver pensato male. L'indomani sera, alla fine dei corsi pomeridiani, sarebbe passata a prenderlo. Chissà cos'era. Piegò la lettera e la mise insieme alle altre ricevute dai fratelli che teneva in uno scrigno di legno.

Si sedette di nuovo e prese la seconda lettera. Non era la solita pergamena gialla ma era bianca e più sottile, ruvida al tatto. Scorse rapidamente la calligrafia elegante fino alla firma, era di Lewel. Il suo cuore iniziò a battere rapido. Tornò all'inizio della lettera leggendo avidamente. Raccontava brevemente del suo viaggio di ritorno e di come i cavalieri dell'Ordine fossero stati ligi al loro dovere. Poi si scusava, per non aver detto subito chi fosse in realtà, e aggiungeva che fare parte della famiglia reale non era così vantaggioso come ci si poteva aspettare. Si rammaricava di non averle potuto parlare durante il viaggio di ritorno come avrebbe voluto e voleva rimediare a questa sua mancanza invitandola nel Regno degli Elfi insieme ai suoi fratelli per mostrargli la sua casa. Kathe espirò tutto il fiato e si appoggiò la lettera al petto. Pochi umani avevano avuto il privilegio di visitare il regno elfico, e loro sarebbero stati addirittura ospiti della famiglia reale! Doveva scrivere immediatamente a Klod e Celia per avvisarli! Terminò di leggere la lettera con la mente in subbuglio. Lewel si augurava che il piccolo dono che aveva inviato sarebbe stato di suo gradimento e chiudeva la lettera dicendole che non passava giorno in cui non pensasse al suo sorriso.

Kathe piegò la lettera, se la infilò in tasca, uscì dalla camera, corse a perdifiato giù per le scale fino all'ingresso della Scuola. Aveva il respiro corto per la corsa improvvisa, la giovane che presidiava l'ingresso e accoglieva i visitatori la guardò alzando un sopracciglio.

- Devo andare al Monastero, subito - disse Kathe avvicinandosi più lentamente.

- Sapete che la sera gli allievi non possono uscire - rispose rimproverandola.

- Per favore, io devo andare! - supplicò Kathe. Ma la ragazza scosse la testa senza aggiungere altro. Tornò in camera e scrisse immediatamente due lettere ai fratelli.



Il castello del Duca Arstid a Fir Ze si trovava su una collina ed era elegante, di pietra e marmo, non aveva niente di militare. Somigliava ai castelli delle favole, con il fossato, il ponte, le torri, i corridoi e le stanze immense, piene di specchi e camini. C'erano una quantità di servitù che si preoccupava di ogni ospite, ogni famiglia che era stata invitata aveva almeno due cameriere in abiti lunghi bianchi e rossi, e paggi, giovani ragazzini figli di nobili che servivano presso il duca.

Klod rimase a bocca aperta quando varcarono la grata principale oltre il ponte. All'interno c'era un giardino pieno di alberi e un prato perfettamente curato e pieno di fiori. Gli ricordò molto il giardino della Villa estiva che curava Mahatma. Ai lati si innalzavano le mura, con archi e passaggi che si intersecavano fra loro. In mezzo c'era un ampio selciato di pietra che portava ad un arco e alla corte interna dove gli stallieri si prendevano immediatamente cura delle cavalcature e delle carrozze.

Furono accolti da un servitore in livrea nera e bianca che li accompagnò all'interno. Una grande scalinata si apriva a destra e sinistra e si ricongiungeva in alto dove si intravedeva un corridoio. Imboccarono la scala a destra, grandi finestre ad arco coperte di vetri a mosaico illuminavano di colori l'ambiente. Il grande corridoio superiore aveva un tappeto lungo e spesso che attutiva i loro passi sulla pietra. In fondo svoltarono a sinistra e salirono un'altra larga scala che piegò su sé stessa due volte fino a raggiungere un altro corridoio e trovarono due cameriere che li accompagnarono nella loro stanza.

Fabris aveva preferito viaggiare leggero, non aveva intenzione di trattenersi, aveva scritto al Duca che non serviva una stanza per loro, che sarebbero ripartiti la sera stessa ma la sua richiesta non era stata accolta dato che gli era stata assegnata una stanza. Erika aveva preparato un piccolo baule con il materiale per scrivere da cui Fabris non si separava mai e dei vestiti eleganti di ricambio, conoscendo Klod non voleva che sfigurasse in mezzo a tutta la nobiltà. Quando erano arrivati, un giovane paggio aveva preso il baule dalla sella di Klod e lo aveva portato via.

Stavano per entrare quando Klod si accorse che la stanza accanto alla loro era aperta e un paggio stava faticando nel portare dentro un baule enorme.

Guardò un istante suo padre, che annuì, e lo aiutò a portarlo dentro. Il paggio alzò lo sguardo quando il peso divenne minore e sorrise al giovane in abiti semplici che lo stava aiutando.

- Una mano fa sempre comodo, questi ricchi quando viaggiano si portano dietro i loro castelli - sbuffò il ragazzino lentigginoso. Probabilmente lo aveva scambiato per un paggio di uno degli ospiti. Klod sorrise e fece finta di niente.

- Sembra che dentro ci siano dei sassi... - constatò ridacchiando. L'interno della camera era perfettamente arredato, con un grande letto a baldacchino, tende pesanti di velluto, un camino di marmo che ardeva, tavolino e sedie, un divanetto e un vaso di fiori profumati.

- Gli abiti costosi pesano, non lo sai? - la voce giunse alle sue spalle, il paggio sbiancò sollevando lo sguardo e Klod si voltò. Due occhi neri sotto una fronte corrucciata lo fissavano. La giovane indossava un bell'abito per cavalcare, aveva i guanti e i capelli neri e ricci erano raccolti sulla nuca e fermati da una coroncina dorata.

- Sei sfacciato a guardarmi così, lasciami passare - disse arrossendo all'esame spudorato di Klod e passò in mezzo a loro entrando nella stanza.

- Sono dolente, milady - disse il paggio facendo un inchino profondo e balbettando.

- Portatelo dentro, su che aspettate? - disse senza neanche voltarsi a guardarli. Si tolse i guanti e li buttò sul letto. Klod alzò un sopracciglio apprezzando la schiena diritta e le braccia tornite, non era troppo alta ma proporzionata. Il paggio gli lanciò un'occhiataccia, riprese il baule e aiutato da Klod lo portò dentro.

- Appoggiatelo lì - ordinò indicando il fondo del letto - Mia madre sta arrivando e non volete che si irriti - aggiunse guardandoli con cipiglio deciso. Klod alzò di nuovo un sopracciglio, aveva le labbra piene e le guance arrossate per la cavalcata. Il paggio si inchinò e uscì chiamandolo con lo sguardo. Klod si attardò un attimo in più e lei lo fulminò con lo sguardo che indicava un profondo disprezzo.

- Ma chi è? - domandò Klod al paggio che era bianco come un fantasma quando furono fuori dalla stanza.

- E' la figlia della Contessa Roderick di Pemiol, Arielle, la madre è vedova e in cerca di un marito che possa portarle un'alleanza forte - sussurrò il paggio. Klod lo guardò meravigliato. Era indubbiamente ben informato.

- Grazie dell'aiuto, devo tornare ai miei doveri - e scappò via in direzione della scala. Klod entrò in camera, suo padre era alla scrivania e stava scrivendo qualcosa. Aveva indossato l'abito nero e blu che sua madre aveva messo nel baule e lui si accinse a fare la stessa cosa riflettendo sull'atteggiamento della contessina nei confronti della servitù. Suo padre non aveva mai trattato con disprezzo nessuno e loro erano cresciuti con quel tipo di educazione. Klod e le sue sorelle non si erano mai permessi di denigrare nessuna cameriera o altra persona che lavorasse presso di loro. La voce del padre lo riscosse dai suoi pensieri.

- Stasera dovrai fare attenzione a tre persone, il Duca Arstid, l'Alto Chierico di Fir Ze e il Conte Morris di Niesa - iniziò suo padre - Inoltre dovrai fare molta attenzione con il figlio del Duca, Alexei, e i figli dei conti che ci saranno, ascolta molto e parla poco - gli suggerì Fabris guardandolo intensamente.

- Cosa sta succedendo? - chiese Klod finendo di vestirsi. Era un abito molto simile a quello del padre, nero e blu con alcuni ricami d'argento vicino ai polsi e al colletto della casacca.

- La morte di Artiglio Rosso non ha portato alcun beneficio. Qualcun’altro ha preso il suo posto e portato avanti il suo piano. La Fratellanza di Sangue non ha rapito solo il Principe Lewel degli elfi ma anche altri importanti membri di famiglie nobili, compreso il Principe Stephan - Fabris aveva parlato lentamente, con un tono pacato ma teso.

- Il Principe Stephan? - Klod non poteva credere ai suoi orecchi. Era il primogenito del Re ed erede al trono.

- Ciò che avete fatto liberando il Principe degli elfi è stato encomiabile e coraggioso, oltre che avventato ma era solo la punta di un vulcano dormiente -

- Ma cosa vuole la Fratellanza? - domandò Klod incredulo di esser stato parte di una cospirazione su scala così vasta.

- Soldi e terre, le uniche due cose per cui valga mettere in piedi una cosa del genere - rispose suo padre sospirando.

- Vogliono fare una guerra? - gli domandò con voce appena udibile.

- No, siamo qui per questo motivo, il Re vuole provare qualcosa di molto simile a ciò che avete fatto, ispirato proprio dalle azioni dei cavalieri dell'Ordine ad Agrabaar - lo guardò con un sorriso compiaciuto. Era orgoglioso di quanto avevano fatto anche se inizialmente, quando Klod e Kathe gli aveva raccontato quell'avventura, lui si era alzato ritirandosi nel suo studio senza fare alcun commento.

Klod tirò un sospiro di sollievo. Le guerre non gli erano mai piaciute, muore tanta gente, quando magari un gruppo ristretto e ben addestrato potrebbe risolvere ogni cosa.

Un bussare discreto alla porta interruppe i loro discorsi.

- Conte Hianick, siete atteso - disse con deferenza il paggio che aprì la porta. Era lo stesso del baule e quando vide Klod sbiancò riconoscendolo e rendendosi conto che era il figlio del Conte Hianick. Klod gli strizzò l'occhio e il giovane si riprese.

Lo seguirono lungo il corridoio facendo la strada indietro fino all'ingresso. Scesero la grande scalinata e passarono sotto la sua volta, una sala enorme si apriva, piena di specchi e candelabri che riflettevano la luce. Sul lato destro e sinistro erano state posizionate molte piante in vaso che rallegravano la sala. Lunghe e pesanti tende rosse coprivano i vetri delle finestre alte e strette. Fuori doveva essere ormai sera ma lì dentro il tempo sembrava sospeso. Quattro grandi camini ardevano e scaldavano la sala, un lunghissimo tavolo era al centro circondato da decine di sedie, molte erano già occupate.

Il paggio si diresse sicuro verso due sedie, le spostò indicando così i loro due posti. Fabris lo ringraziò ma preferì dirigersi verso alcune persone.

Klod lo seguì guardandosi intorno, non conosceva nessuno dei presenti. C'erano circa una cinquantina di persone, riunite in gruppetti che sussurravano fra loro. Si udiva una musica di sottofondo, e voltandosi Klod notò due violinisti e una cantante in un'alcova sulla destra.

Suo padre fece le presentazioni e scoprì di essere al cospetto del Conte Vilyu Morris, alto e magro con due lunghi baffi, suo figlio Jenil dalla faccia antipatica e rotonda come una mela, l'Alto Chierico di Fir Ze Leon Gelithar, il Conte Vincent e il Conte Hightower.

Parlarono brevemente del problema della Fratellanza e poi passarono al rapimento del Principe Stephan. Sembrava che la Fratellanza fosse stranamente interessata ai tre ducati nel sud del regno. Voleva quei territori per un motivo sconosciuto e nessuno sapeva spiegarsi perché era stato rapito anche il Principe degli elfi.

- Potrebbe essere relativo a ciò che la terra degli elfi e i regni del sud hanno in comune - il gruppo si voltò verso la voce che aveva parlato e Klod si rese conto delle meraviglia sui loro volti, perfino su quello di suo padre.

- Saggia Eleanor, è un onore poter condividere con voi i nostri timori - disse ossequiosamente il Conte Morris. Mentre tutti si presentavano, Fabris rimase indietro ed ebbe così tempo di avvisare Klod.

- E' l'Arcimaga che guida la Scuola di Magia, paragonabile al Patriarca dell'Ordine in quanto a potere politico. Ma non comprendo cosa faccia qui, è molto raro incontrarla, tanto più da un Duca... - gli sussurrò Fabris. Poi fu il loro turno di salutare l'anziana maga. Era alta e sottile come un giunco, i lunghi capelli grigi erano acconciati intorno alla nuca in due grandi trecce e fermati con spille di legno intarsiato. Indossava una veste ampia e lunga fino ai piedi, con le maniche grandi e comode, di un intenso rosso scuro. Fabris baciò la mano che porgeva e la salutò.

- Conte Hianick, ho saputo dell'impresa dei vostri figli presso la Fratellanza ad Agrabaar - disse Eleanor con la sua voce calma e riflessiva, guardando attentamente prima il padre e poi il figlio.

- I miei figli sono giovani e difficili da guidare - ammise Fabris mantenendo un tono sicuro e pacato.

- Sembra che abbiate fatto un ottimo lavoro - disse invece la maga tenendo lo sguardo su Klod che si sentiva stranamente a disagio.

- A volte sfuggono al nostro controllo - sorrise Fabris apprezzando il complimento

- Ciò che hanno fatto è stato ardito anche se avventato - fissava sempre Klod che con la coda dell'occhio vide una donna grassoccia con un abito giallo canarino pieno di pizzi e gale attraversare quasi di corsa la sala.

- Saggia Eleanor, la penso esattamente come voi - annuì Fabris guardando il figlio.

- Riverita Eleanor! - la voce stridula della Sylvie Roderick pervase l'aria. Klod era certo di aver intravisto un lampo di irritazione negli occhi dell'anziana maga.

- Contessa Roderick, è passato molto tempo - le sorrise però in modo benevolo - Vi siete ripresa dal vostro lutto? - aggiunse osservando lo sgargiante vestito.

- E' stato così doloroso perdere il mio dolce marito, il mio cuore sanguina ancora - disse in modo teatrale la contessa spingendo avanti la figlia. Klod trattenne una risata.

- E questo giovane fiore è indubbiamente la piccola Arielle, che è sbocciato stupendamente - disse la maga avvicinandosi alla giovane che appariva dimessa, con lo sguardo abbassato.

- E' un onore incontrarvi, riverita maga - Arielle fece un inchino da manuale

- Siete educata e molto bella Arielle, non perdete queste qualità e il mondo vi cadrà ai piedi - le parole di Eleanor suonarono come una profezia, tanto che la giovane alzò lo sguardo e vide così Klod. Quando il giovane si accorse che Arielle aveva capito che non era un paggio, le strizzò l'occhio.

- Vedo che avete notato il nostro coraggioso Klod Hianick - aggiunse la maga sorridendo - Le sue gesta hanno permesso la liberazione del Principe Lewel -

Klod fece un lieve inchino all'indirizzo della giovane e fu compiaciuto nel constatare che era stizzita e imbarazzata. Sua madre le diede di gomito e Arielle fece un lieve inchino cercando di sorridere.

La discussione circa la Fratellanza riprese e Klod si avvicinò lentamente ad Arielle.

- Quindi voi siete il figlio del Conte Hianick - esordì la giovane sussurrando, la voce tesa.

- Per servirvi, milady - rispose Klod avvicinando le labbra al suo orecchio. Lei si voltò scostandosi di scatto.

- Perché non mi avete detto chi eravate in camera? - gli domandò stizzita con le guance in fiamme.

- Avete fatto tutto da sola, milady - le fece notare lui sorridendo eccessivamente. Era divertente vederla in imbarazzo. Lei chiuse la bocca e rimase in silenzio.

- Vogliamo ricominciare? - le propose lui sempre sorridendo. Indossava un abito dalla gonna ampia, turchese, che faceva risaltare la sua meravigliosa cascata di capelli ricci, neri come l'ala di un corvo. Gli occhi erano grigi e brillavano come gemme. La pelle chiara e rosea appariva liscia e al tatto doveva essere come seta. Le porse la mano aperta.

Arielle lo guardò per qualche attimo, poi posò la mano sopra la sua e lui la baciò lievemente. La pelle profumava di violette.

- Ora che abbiamo rimesso le cose a posto, cosa ne dite di una passeggiata in giardino? - suggerì Klod avvicinandosi. Arielle lo guardò esterrefatta.

- Voi siete veramente sfacciato! - sibilò voltandosi e tornando dalla madre. Klod la guardò per un istante pensando che non avesse tutte le rotelle a posto.

- È una donna complicata e volitiva, dovete fare attenzione se desiderate entrare nelle sue grazie - disse una voce alle sue spalle. Klod si voltò e si trovò di fronte un giovane alto e asciutto, biondo e con gli occhi chiari, che aveva forse una decina d'anni più di lui. Indossava un farsetto rosso e oro, pantaloni neri e stivali di cuoio lucidi come specchi.

- Oggi mi ha scambiato per un paggio e ora si è resa conto che non lo sono. Un brutto colpo per il suo ego - ridacchiò Klod.

- Milord Alexei - la voce suadente e perfettamente impostata lo fece voltare. Una ragazza dai lunghi capelli biondi acconciati in modo complesso con un meraviglioso abito blu notte si avvicinò sorridendo dolcemente al figlio del Duca. Klod osservò più attentamente il giovane attraente e serio.

- Helen, siete radiosa questa sera - rispose il giovane baciandole la mano con un movimento perfetto.

- Guardate la nuova generazione che cresce! - esclamò una voce femminile e gioviale.

- Madre - e Alexei fece un lieve inchino imitato da tutti i presenti. La Duchessa Arstid era una donna robusta fasciata in un abito ampio di un tenue rosa pastello che la faceva somigliare ad un grande pasticcino.

- Ma chi abbiamo qui? - tutti si avvicinarono intorno a loro - Helen cara siete raggiante come una stella, dov'è vostro padre? -

- Duchessa, siete la più bella rosa del giardino - la adulò una voce profonda il Conte Berin di Rovilon, una delle contee sulla costa.

- Che adulatore siete, Conte Berin - gli sorrise la Duchessa guardandosi intorno - Riverita maga, è un onore ospitarvi nella mia casa - e fece un lieve inchino ricambiato dalla maga - Arielle ma che bel faccino avete ottenuto crescendo - la giovane fece un lieve inchino e così la madre - E questo bel giovane ha un volto familiare - scrutò Klod, che le sorrise inchinandosi.

- Klod Hianick, Duchessa - rispose, sebbene sapesse che il cerimoniale voleva che fosse suo padre a presentarlo la prima volta.

- Hianick, i fratelli del problema ad Agrabaar... - disse socchiudendo gli occhi e avvicinandosi. Klod rimase stupito che la questione fosse salita così in alto. - Dov'è vostro padre? -

- Duchessa, avete portato un raggio di sole in questa stanza altresì piena di pensieri oscuri - Fabris sorrise e si inchinò lievemente ma a Klod non sfuggì lo sguardo teso che si scambiò con il Conte Berin.

- Conte Hianick, quando riaprirete il vostro meraviglioso giardino? - chiese la donna con un sorriso incantevole e trasognato.

- La prossima estate, se tutto andrà per il meglio - annuì lui orgoglioso.

- Vostra figlia Celia non è qui con voi? - chiese poi guardandosi intorno. La domanda insospettì immediatamente Klod.

- Purtroppo no milady, l'Ordine la tiene molto occupata - rispose Fabris restando impassibile. La Duchessa si imbronciò mentre il Conte Berin sorrise sotto i baffi che rendevano il suo volto austero e attraente.

- Fra poco arriverà mio marito e potrete trascorrere le prossime ore a parlare di rapimenti, guerre e sangue. L'unico modo che ho per alleviare la vostra presenza qui è con la musica e il cibo - batté le mani e decine di camerieri entrarono con vassoi colmi di cibo passando in mezzo agli ospiti deliziati. Vennero aperte anche le grandi vetrate che conducevano al giardino quadrato interno.

Klod osservò attentamente suo padre e il Conte Berin, c'era una strana tensione fra loro e non ne capiva il motivo. Helen e Alexei sembravano in confidenza, Jenil stava tormentando Arielle e lui andò in suo soccorso.

- Milady, vostra madre ha necessità di voi - disse Klod intromettendosi garbatamente nella discussione. Arielle colse al volo l'opportunità, fece un lieve inchino e si congedò. Chiaramente Jenil concentrò tutta la sua attenzione su Klod e iniziò a chiedergli di Agrabaar e lui gli raccontò ogni cosa, tralasciando i particolari che avrebbero potuto compromettere la situazione. Il giovane rubicondo aveva l'entusiasmo di un cactus e con le spine faceva battutacce improponibili e volgari.

Il Duca Arstid fece il suo ingresso da una porta laterale, accompagnato da due Guardie Reali e da un ufficiale tarchiato e robusto, coi capelli bianchi e una cicatrice sulla guancia destra.

Tutti i chiacchiericci terminarono e in breve furono seduti al grande tavolo centrale. La Duchessa si ritirò chiedendo prima se qualche signora volesse seguirla in giardino ma tutte rifiutarono gentilmente e si sedettero. Klod notò che Alexei e Helen era seduti accanto e che alla sua destra c'era Arielle. Chi aveva assegnato i posti aveva sicuramente rispettato il protocollo per non offendere nessuno dei Conti. Sorrise alla giovane ma lei lo ignorò, così lui si avvicinò.

- Potreste almeno ringraziarmi per avervi salvato da Jenil - le sussurrò all'orecchio.

-Dovete smettere di avvicinarvi così, non è conveniente - sibilò lei guardando il centro tavola di fiori e frutta davanti a sé

- Vi fate troppi problemi Arielle, non sto facendo niente di male, e avete un odore buonissimo - replicò lui sempre sussurrandole all'orecchio. Lei arrossì ma non si voltò.

Il Duca Arstid aveva probabilmente l'età di suo padre, alto e biondo come il figlio, aveva gli stessi occhi azzurri, limpidi ma freddi. Iniziò riportando un elenco di personaggi rapiti dalla Fratellanza, lasciando per ultimo il Principe Stephan. Poi l'ufficiale passò ad elencare sommosse, furti di varia natura, assassini, tutto legato alla Fratellanza.

L'Alto Chierico di Fir Ze espose il problema di Agrabaar in modo generale ma il Conte Berin e il Conte Morris chiesero ulteriori approfondimenti, così l'anziano chierico spiegò più nel dettaglio e quando uscirono i nomi dei fratelli Hianick, si voltarono tutti verso Fabris e Klod, che mostrarono una calma serafica sostenendo gli sguardi indagatori.

Il Duca proseguì nell'illustrare le esigenze del Re Fredrik, padre di Stephan e alla guida del Regno, che non voleva una guerra contro i territori desertici né tanto meno sviluppare inimicizie coi paesi confinanti sacrificando anni di trattative e matrimoni per portare la pace.

L'Ordine era concorde nell'usare un sistema simile a quello utilizzato ad Agrabaar e la saggia Eleanor della Scuola di Magia stupì tutti portando i saluti del Re degli Elfi e la loro offerta di collaborazione per cercare di risolvere il problema senza dover fare una guerra e aggiunse che la Scuola avrebbe sostenuto i costi di eventuali oggetti magici e inviato dei maghi all'occorrenza.

Klod rimase stupito dalla facilità e fluidità con cui si svolse la discussione. L'unica cosa che aveva notato era che nessuno aveva parlato degli interessi della Fratellanza né del perché stesse facendo tutto ciò. Così lo chiese lui.

Suo padre lo guardò ma non aveva un'espressione di rimprovero, era più incuriosito.

- Credo che a questa domanda possa rispondere più chiaramente la riverita Eleanor - disse lentamente il Duca Arstid tenendo lo sguardo sul giovane che ad Agrabaar aveva liberato il Principe degli Elfi insieme alle sorelle e ai cavalieri dell'Ordine.

- I territori che hanno chiesto in cambio degli illustri rapiti sono le tre contee a sud del regno. C'è una leggenda che affonda le radici in un passato antico e dimenticato, dove i grandi draghi dominavano la terra divorando e distruggendo ogni cosa coi loro soffi letali. Essa racconta di un mondo sotterraneo, che sarebbe appunto ubicato sotto i tre regni del sud interpretando alcuni passi di tomi antichi, che celerebbe la fonte di un potere magico che risveglierebbe i draghi permettendo di dominarli e costringerli al proprio volere - la maga terminò il suo racconto, la sala era silenziosa e attenta.

- E' una leggenda o esiste davvero? - Klod ruppe il silenzio con un'altra domanda. Eleanor guardò sorridente prima Fabris, che sorrise a sua volta, e poi Klod.

- Giovane e audace guerriero, temo che, visto l'interesse della Fratellanza di Sangue, questo luogo sia ben più di una leggenda - annuì l'anziana maga.

Arielle per la prima volta si voltò e lo guardò di profilo. Aveva il naso diritto, un accenno di barba ai lati delle guance, e le mani robuste piene di cicatrici confermavano la sua fama che lo indicava come uno dei migliori allievi della Guarnigione del Ducato. Ma restava sfacciato e impudente.

Il Duca riprese le redini della discussione virandola su aspetti più materiali, come la formazione del gruppo che avrebbe agito, e per questo si propose l'Alto Chierico di Fir Ze, e cavalli e materiali necessari.

Fabris offrì i suoi destrieri e monete d'oro che avrebbero concorso all'acquisto di oggetti magici presso la Scuola di Magia.

Alla fine fu deciso di creare due gruppi distinti, che avrebbero agito uno presso Agrabaar e la Fratellanza e uno nei regni del sud, alla ricerca di questa fantomatica fonte magica. Ogni contea partecipò con monete e accordi di varia natura che avrebbero permesso almeno un buon avvio delle operazioni. L'ufficiale anziano della Guardia Reale si chiamava Giolin Eveter e avrebbe svolto una funzione di collegamento fra Re Fredrik, il Duca Arstid e i tre Ducati del sud e relative contee.

Questa fase fu un po' agitata, il Conte Berin e il Conte Morris offrivano navi per un trasporto veloce a sud e volevano l'esclusiva ma alla fine il Duca decise che Morris avrebbe fornito la nave per il gruppo che andava ad Agrabaar e Berin per quelli nei regni del sud.

Vennero fatti i nomi di alcuni Chierici Cavalieri, fra cui Sir Mark Nateshwar, e l'Alto Chierico assicurò che l'Ordine avrebbe fornito dei Guaritori da unire alle spedizioni. Giolin propose anche di inserire dei guerrieri valorosi, nomi che perfino Klod conosceva tale era la loro fama: Andrew Minahir di Cresta Dorata, Daemon Yfer di Quercia Grande, uno dei più famosi Maestri di Spada del Regno, Frances Tujon di Piazza Ardente, al confine col Regno dei Nani a nord.

- Direi che possiamo ritenerci soddisfatti e dedicarci alla cena che viene servita in giardino - proferì il Duca alzandosi imitato da tutti gli altri con uno strusciare di sedie.

Si spostarono tutti fuori, ormai era buio ma il giardino erano illuminato da lampioni con grandi candele che diffondevano la loro luce calda. Quando varcò la soglia della sala si accorse che il giardino in alto aveva una vetrata a punta che lo chiudeva alle intemperie dell'esterno.

- Siete soddisfatto dell'incontro padre? - chiese Klod camminandogli a fianco. Fabris gli sorrise annuendo ma dalla tensione del volto Klod comprese che c'era altro.

- Come mai non corre buon sangue con il Conte Berin? - chiese delicatamente il giovane a voce bassa. Fabris soppesò la risposta.

- Perché gli ho portato via tua madre e lui ora vuole portare via qualcosa a me - il Conte spostò lo sguardo su Alexei che parlava con Helen. Quella rivelazione stupì Klod che non era a conoscenza di questo particolare legato a sua madre ma non riusciva a collegare quella faccenda ai due giovani che sinceramente a lui parevano innamorati.

Alcuni grandi tavoli erano stati sistemati direttamente sull'erba soffice. Grandi candelabri pieni di candele illuminavano al centro i tavoli, gli ospiti si sedettero guidati dai paggi e vennero servite solo quattro portate, squisite e abbondanti. Klod ebbe a fianco Arielle per tutta la cena e poté così osservarla senza che lei si innervosisse. Notò che era sempre molto attenta a rispettare il protocollo, che sua madre tendeva a soffocarla, e che sotto la maschera che indossava quella sera c'era un volto triste probabilmente legato alla morte del padre. Aveva mani delicate, la pelle chiara creava un meraviglioso contrasto coi capelli neri, le ciglia erano lunghe e arcuate, gli occhi grandi e luminosi.

- Dovete smetterla di fissarmi, è sconveniente - gli disse lei ad un tratto senza voltarsi. Klod rise e gli altri al tavolo si voltarono a guardarli facendola arrossire.

- Arielle, sarebbe sconveniente se qualcuno mi vedesse mentre io faccio questo - le sussurrò all'orecchio lasciando cadere la frase. La giovane sentì la sua mano che scivolava sulla coscia sotto il tavolo celata ad occhi indiscreti. Emise un gridolino soffocato, avvampò abbassando gli occhi sul piatto e con la mano scostò d'impeto la sua.

Klod rise di nuovo e ignorò l'occhiataccia che gli lanciò la Contessa Roderick. La cena terminò e si formarono dei gruppetti che discutevano soprattutto della Fratellanza. Klod raggiunse suo padre che stava parlando col Duca Arstid e suo figlio Alexei in una zona appartata. Due Guardie Reali impedivano ad altri di avvicinarsi ma lasciarono passare lui. Il ragazzo non aveva un'aria felice.

- Celia terminerà i suoi studi a metà anno e potremo procedere con il fidanzamento - stava dicendo Fabris. Klod si immobilizzò con la bocca asciutta.

- Auspico l'unione delle nostre due famiglie da molti anni. I vostri cavalli e i tessuti che producete sono una grande ricchezza e la vostra Contea è florida e in continua espansione. Le cifre e i conti che abbiamo condiviso vi pongono in cima all'elenco dei candidati per una unione di casati. Vostra figlia Celia e mio figlio Alexei saranno una bella coppia e un giorno lei sarà duchessa -   

- Non dimenticate la Guarnigione - aggiunse Fabris tenendo lo sguardo sul Duca.

- Non dimentico, avrete approvvigionamenti, più uomini per proteggere i confini dai briganti e una nuova Accademia - acconsentì con fare bonario, come se per lui, investire migliaia di monete d'oro fosse cosa da niente. I pensieri di Klod erano rivolti a Celia, a ciò che sarebbe accaduto quando avrebbe saputo del fidanzamento.

- Mio figlio Alexei farà il suo dovere e sarà un buon marito, non è vero? - e assestò una pacca sulla spalla del figlio visibilmente infelice.

- E mia figlia è stata addestrata dall'Ordine, è devota e robusta, non ha mai preso una malattia, conosce molti incantesimi di cura, sarà una buona moglie - aggiunse Fabris. Solo l'autocontrollo imparato all'Accademia gli impedì di scoppiare a ridere. Suo padre aveva omesso tutto ciò che la vera Celia era: testarda, orgogliosa, combattiva, indipendente, e quando era triste e malinconica, invece di piangere come tutte le altre donne, lei si rabbuiava e preferiva sfogarsi duellando o cavalcando. Alexei avrebbe avuto da fare con lei.

Fabris si congedò e Klod lo seguì. La notte aveva preso il sopravvento, le chiacchiere erano diventate sussurri, molti si apprestavano a ritirarsi e loro sarebbero tornati a casa. Klod vide Arielle vicina a sua madre, appoggiata al tronco di uno degli alberi. In un fugace attimo si rese conto di ciò che provava Celia quando veniva costretta a prendere un uomo che non voleva.

- Perché costringete Celia ad un matrimonio che non vuole? Lei vuole restare nell'Ordine - chiese Klod nonostante sapesse già che suo padre si sarebbe irritato. Vide che serrò la mascella, come se avesse trattenuto la prima risposta che gli era venuta in mente.

- Perché ci servono gli investimenti del Duca nella nostra Contea, perché è meglio che sia Celia a sposare Alexei, che Helen o Arielle o altra contessa. Niente vale più dell'alleanza stretta da un'unione con una casata Ducale, ricordalo sempre - gli rispose suo padre concisamente. Klod annuì lentamente e comprese che in realtà non avevano alcun controllo sulla loro vita e che probabilmente ne avevano molto di più i figli dei contadini o dei mercanti. Con la coda dell'occhio vide Arielle dirigersi verso la serra dei fiori che la Duchessa Arstid amava tanto. Chiese congedo a suo padre che lo osservò allontanarsi senza fare alcun commento.

La porta della serra era aperta, l'aveva vista entrare. Dentro i profumi erano intensi e c'era molta umidità che colava lentamente sui vetri piombati. Non c'era luce e si vedeva a malapena il sentiero centrale. Klod lo seguì lentamente, cercando di non fare rumore, voleva spaventarla e vedere ancora una volta quel lampo di furore negli occhi. Invece udì un pianto sommesso. Urtò un ramo e Arielle si voltò di scatto con un moto di stupore.

- Che ci fate qui? - sibilò lei, infuriata per essere stata vista in un momento così privato.

- Scusatemi, non volevo turbarvi - le disse il giovane passandosi una mano fra i capelli imbarazzato.

- Siete invadente e sfacciato, Klod Hianick, e non vi rendete conto che non tutti apprezzano un approccio così diretto e aperto! - Si alzò e lo superò ma Klod la afferrò per un braccio attirandola verso di sé.

- Perché piangete? - le chiese sussurrando. Faceva grandi respiri, il suo petto si alzava e abbassava rapidamente e i suoi occhi lo fissavano spalancati. Nella penombra riusciva a vedere ancora le lacrime che bagnavano le guance rosee.

- Non sono affari vostri! - sibilò divincolandosi. Ma Klod non lasciò la presa.

- Non vi lascerò andare finché non me lo direte - disse lui a voce bassa ma risoluto.

- Griderò - gli disse lei irrigidendosi.

- Non credo, siete troppo attenta alle apparenze. Tutti saprebbero che eravamo qui insieme al buio e… - la sentì arrendersi e allentò la presa.

- Mio padre è morto un mese fa e mia madre cerca già altri uomini. Mi troverò con un patrigno che probabilmente mi vorrà nel suo letto, mi comanderà come una schiava e soprattutto sperpererà tutta la mia eredità - disse lei tutto d'un fiato - Posso andare ora? - aggiunse quando lui rimase in silenzio nel buio.

- No, non potete - sussurrò lui stringendola e baciandola dolcemente. Arielle rimase di stucco, si divincolò inizialmente, poi cedette alla sua insistenza e dolcezza. Si abbracciarono lentamente, poi il bacio si intensificò e l'abbraccio si fece serrato. Arielle stava perdendo l'ultimo barlume di ragione che le avrebbe impedito di commettere una follia, così puntò le mani sul petto e si staccò nonostante fosse l'ultima cosa che volesse in quel momento.

- Vi chiedo perdono milady, io di solito non mi lascio andare così - si scusò Klod maledicendosi per non essersi trattenuto ma quelle lacrime, la sua bocca che tremava, ciò che gli aveva detto avevano abbattuto l'ostacolo della prudenza e dell'apparenza.

Ma Arielle restò in silenzio e lo abbracciò cingendolo stretto. Klod restò di sasso per un momento poi la cinse a sua volta dolcemente, affondando il volto nella cascata di capelli neri.

- Non permetterò che nessuno vi tocchi Arielle, lo prometto sulla dèa - le sussurrò all'orecchio facendola rabbrividire. Era inutile nascondere che quella ragazza aveva fatto breccia nel suo cuore dal primo istante in cui l'aveva vista. Le tenebre silenziose rendevano i suoni ovattati e distanti. Restarono a lungo abbracciati, lei che piangeva sommessamente, Klod che le toccava la schiena rassicurandola.



Celia lasciò andare la spada stizzita, sedendosi accanto a Rhienne. Erano tornate da due giorni e aveva convinto l'amica ad un allenamento nella sala d'armi.

- Siamo stanche Celia, basta, non tengo neanche la spada in mano - si lamentò Rhienne. Sapeva perché faceva tutto quello, era nervosa, si avvicinava l'esame, si sentiva inadeguata e impreparata, iniziava a dubitare della sua abilità e degli sforzi che aveva fatto per raggiungere quel traguardo.

- Solo un'ultima volta - replicò Celia alzandosi e riprendendo la spada. Non avevano usato quelle di legno, le impedivano di impegnarsi al massimo sapendo che non ci sarebbero state ferite. La sala d'armi era vuota, nessuno le controllava, era proibito usare le spade vere in allenamento.

- No - rispose secca Rhienne dirigendosi verso l'uscita. Celia la osservò e abbassò le spalle rinfoderando la spada che pesava come un macigno. L'amica si diresse ai bagni e lei la seguì in silenzio. L'acqua tiepida fu ristoratrice e quando si gettò sul letto dopo una cena veloce nella mensa vuota, si addormentò all'istante.

La mattina seguente aveva terminato di vestirsi quando un giovane allievo bussò alla porta avvisandola di recarsi nello studio dell'Alto Chierico che desiderava parlarle. Finì di vestirsi, lo disse a Rhienne sussurrando per non svegliare gli altri.

Lo studio dell'Alto Chierico era identico a tutte le altre volte in cui c'era stata. L'unica differenza era l'Alto Chierico stesso. Non lo chiamava mai per nome ma le piaceva pensare a lui come Adam. Provava un profondo affetto per l'anziano chierico e lui aveva sempre avuto un occhio di riguardo per lei. Ma quella mattina era affossato nella grande sedia, come provato da un profondo dolore.

- Celia, bambina, siediti - le disse dolcemente indicando la sedia davanti a lui.

- Buongiorno, Maestro - disse lei con deferenza sedendosi.

- E' arrivata una lettera da tuo padre, Celia - iniziò l'Alto Chierico abbassando lo sguardo e la ragazza comprese all'istante che era accaduto qualcosa. Forse a Klod magari a sua sorella. Il sangue le si gelò nelle vene.

- Che tu superi o meno l'investitura a Chierico Cavaliere, questo sarà l'ultimo semestre che passerai al Monastero - lo disse lentamente e a Celia occorsero diversi secondi per capire cosa le stava dicendo.

- Perché, Maestro, mi dite così? - chiese con voce tremante. Adam Nateshwar sembrava in evidente difficoltà.

- Richiede la tua presenza al castello per il tuo fidanzamento con Alexei Arstid - concluse l'anziano chierico con tono estremamente dispiaciuto.

Celia rimase immobile e lui le lasciò tutto il tempo di cui aveva bisogno per assorbire la cosa.

- Il figlio del Duca? - disse dopo un po' e il chierico annuì.

- Sapevi che prima o poi sarebbe giunto questo momento e poteva non essere Alexei. E' un giovane gentile e coraggioso, addestrato dai Maestri di Spada migliori del Regno, è un ottimo cavallerizzo, molto preciso con l'arco e mi dicono di bell'aspetto - l'Alto Chierico le fece un mezzo sorriso.

Suo padre aveva sostanzialmente incaricato l'anziano chierico di comunicarle quanto aveva deciso per il suo futuro. Non aveva avuto il coraggio di dirglielo neanche di persona, come con la festa dell'anno precedente. Era furibonda e Adam Nateshwar se ne accorse all'istante. Il fuoco della fede che aveva visto in lei quando aveva solo sette anni era stato alimentato ed era cresciuto, e insieme ad esso erano cresciuti l'abilità, determinazione e indipendenza di quella ragazza forte e generosa.

Il ruolo delle donne in quella società era ancora di obbedienza nonostante potessero accedere alla Scuola di Magia, o all'Ordine ma se la famiglia necessitava di loro, soprattutto fra i nobili, dovevano rispettare quella volontà. Forse nel futuro le cose sarebbero cambiate.

Celia non ascoltò gli elogi dell'Alto Chierico al figlio del Duca. Si immaginò costretta a letto con lui, avere dei figli, non poter più impugnare una spada o indossare dei pantaloni, relegata a fare uncinetti, bere tè, o chiacchierare nei giardini tutto il pomeriggio.

- Perché siete venuto da me diciotto anni fa e mi avete fatto vedere cos'erano i Chierici Cavalieri? Perché mi avete portato via dalla mia famiglia dove sarei cresciuta come una perfetta lady e mi avete fatto addestrare qui se sapevate che un giorno tutto questo mi sarebbe stato negato? - gridò fra i denti con le lacrime che scendevano copiose lungo le guance arrossate per la rabbia. Si inginocchiò e posò la testa sulle gambe dell'Alto Chierico, che le lisciò i capelli con la mano nodosa.

Adam Nateshwar comprendeva perfettamente tutto ciò che la giovane gli stava dicendo. La lettera era arrivata la mattina precedente e a lui era occorso un giorno intero per trovare il coraggio e le parole per parlare con lei al posto di suo padre.

- Non fare così bambina, concentrati sull'investitura, affronta una cosa per volta, sfrutta tutta la caparbietà e determinazione per superare questo primo ostacolo, poi affronterai quello seguente - si sentì di consigliarle l'Alto Chierico. Celia si calmò e smise di piangere.

- Maestro, mi scuso per questa mia debolezza - la ragazza tenne lo sguardo basso.

- Celia non c'è niente di male a dimostrare le emozioni, soprattutto quando sono profonde. Ricorda che sono un dono della Dèa Madre Sosistras e del Dio Padre Shekhar, sono una benedizione e una forza, non una maledizione da scacciare - le sorrise dolcemente.

- Siete sempre stato gentile con me, non ho alcun diritto di parlarvi così, mi dolgo del mio comportamento e vi chiedo scusa - Celia si rialzò. L'Alto Chierico osservò la giovane che sembrava un'ombra della ragazza combattiva che era fino a qualche minuto prima.

- Non devi perdere la fede Celi,a né il fuoco che arde nel tuo cuore e che fa di te la donna che sei - la fissò intensamente sperando di trasferirle un po' della serenità di cui aveva bisogno. Celia accennò un sorriso.

- Otterrò l'investitura, non dovete dubitare di questo. E obbedirò a mio padre, come è mio dovere - fece un lieve inchino e quando lui annuì congedandola, la giovane uscì in silenzio. Si appoggiò alla porta e pianse sommessamente.

L'Alto Chierico era fortemente combattuto. Celia non era una donna qualsiasi, sicuramente inadatta ad un matrimonio che la costringesse all'immobilità. Aveva un talento inusuale, che uscì fuori immediatamente nelle prime settimane che la videro ospite del Monastero, e aveva solo sette anni. Aveva assistito ai suoi esami, agli allenamenti nella sala d'armi, alle sconfitte, alle vittorie, e al progredire delle sue abilità tecniche e magiche. La fede influisce sulla potenza degli incantesimi, sulla loro durata, e sulla capacità di poterne memorizzare quanti più possibile. Lei non aveva mai avuto alcun problema, mentre la maggior parte degli allievi che vuole diventare Chierico Cavaliere ha una capacità limitata in quel campo. E Celia aveva una fede così radicata e profonda da essere riuscita a scacciare un non morto a undici anni, dopo solo quattro di scuola. Avvenne a Fir Ze, nel Monastero dell'amico Sir Brigham. Insieme ad altri allievi in visita assisté ad una lezione. Il Guaritore voleva dimostrare come scacciare un fantasma ma la situazione gli sfuggì di mano, gli allievi gridarono, la creatura stava minacciando le loro vite. Lei estrasse il suo medaglione ed evocò la preghiera giusta, come fosse la cosa più naturale del mondo. Lo spettro tremolò e lei riuscì a scacciarlo.

Lasciarla andare sarebbe stata una grave perdita per l'Ordine ma intercedere per lei presso l'Alto Chierico di Fir Ze poteva essere visto come una mossa a carattere politico. Le due famiglie volevano unirsi per trarre profitto, se l'Ordine fosse intervenuto per cambiare questo stato di cose avrebbero potuto interpretare il gesto come la volontà di schierarsi con le famiglie rivali e questo non sarebbe mai stato permesso dal Patriarca Eldingar: nessun legame politico doveva legare Ordine e Ducati.

Senza contare il sentimento che la legava a suo figlio.

Ma forse un modo per allungare i tempi c'era, e non si poteva sapere cosa sarebbe successo.


   
 
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