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Autore: NiNieL82    11/09/2014    4 recensioni
Edith ha lasciato Kendal per tornare a Londra. Lo ha fatto per Ella e Dave, suoi figli; lo ha fatto perché ha capito di non poter scappare per sempre dalla decisione più importante della sua vita: decidere se stare con Orlando Bloom, padre dei suoi figli e fresco di divorzio da Miranda Kerr, oppure tornare ad essere la moglie di Jude Law, che ha sposato un anno prima.
In un susseguirsi di vicende e di emozioni, la vita e la via che Edith deve seguire si spiana lentamente davanti ai suoi piedi, mettendola come sempre alla prova, alle volte confondendola.
Chi sceglierà Edith? A chi darà il suo cuore?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Orlando Bloom
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie ' I was born to love you.'
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Capitolo 6: Quello che meno ti aspetti.


E questo che significa!” chiese Jude arrabbiato come forse Edith non lo aveva mai visto.

Gli occhi della ragazza indugiarono sulla rivista e poi scrutarono la strada dove, a parte qualche passante distratto, sembrava non esserci nessuno. Aveva stupidamente pensato che dopo qualche tempo i paparazzi avessero smesso di stare appostati davanti a casa sua, si fossero stancati di darle la caccia, ma a quanto pareva si era sbagliata. E la foto su quel dannatissimo giornale ne erano la prova. Quegli sciacalli erano ancora lì, nascosti chissà dove e il giorno prima avevano ripreso il suo abbraccio -almeno quello era stato innocuo- con Orlando e dopo aver venduto le foto, quelli del giornale ci avevano cucito e ricamato, quanto bastava, una storia su.

Dovresti sapere che i giornalisti sono degli avvoltoi e che si inventano un sacco di cose...”
Jude scosse la testa e stringendo il giornale fortissimo sibilò:

Quella su questa foto sei tu. Non penso che nessuno possa inventarsi una foto, non trovi!”

Edith guardò di nuovo la strada. Sapeva che se continuavano quella discussione sulla porta il rischio di venire fotografati e trovarsi davanti Orlando furioso -come stava succedendo proprio in quel momento con Jude, tra l'altro- era davvero alto. Quindi, prendendo in mano la situazione -e il suo cipiglio da direttore di giornale-, Edith guardò con disappunto Jude e glaciale replicò:

Ti devo forse ricordare che hai quarantuno anni e non mi sembra il caso che ti comporti come un bambino isterico fuori dalla porta di casa mia?”

Jude rimase talmente interdetto che mollò una po' la presa del giornale che stringeva tra le mani lasciandolo un po' stropicciato.

Edith fece finta di niente e aggiunse:

Se la vuoi smettere di sbraitare, puoi farmi il grandissimo piacere di entrare in casa e di continuare la discussione nel mio salotto, lontani da orecchie e, soprattutto, occhi indiscreti?” e senza dire altro fece spazio all'attore per dargli la possibilità di entrare in casa. Poi, dando un'ultima occhiata al marciapiede, chiuse l'uscio dietro di sé.


Edith stava seduta sulla sua poltrona vicina alla finestra quella dove normalmente, quando Ella e David dormivano, sprofondava nella lettura e nel lavoro.

C'erano dei lati positivi nell'essere una mamma single e i momenti di pace erano di questi. Quegli istanti quando i bambini esausti crollavano e dormivano nei loro lettini e lei aveva la casa tutta per sé. Rachel diceva inoltre che aveva anche la possibilità di depilarsi come lei non riusciva più a fare da tanto tempo, visto che il numero dei suoi figli cresceva e John sembrava non volersi dare una calmata.

Scherzi a parte, Edith alle volte era davvero felice del suo eremo, ma quando i bambini andavano dai nonni o da Orlando, allora sentiva il cuore spezzarsi e la solitudine la sopraffaceva e sentiva il bisogno di avere qualcuno che dormisse accanto a lei, qualcuno con cui parlare quando la luce si spegneva, con cui fare colazione la mattina.

Poi succedevano cose quelle che erano successe con Orlando in Scozia, o in quel momento con Jude e la voglia di avere qualcuno vicino evaporava come l'acqua dentro una pentola in ebollizione.

Jude stava seduto di fronte a lei, con la testa tra le mani, ancora troppo arrabbiato per parlare o bere anche un solo sorso del tè che Edith gli aveva preparato. Edith invece, con le gambe rannicchiate sotto di lei, guardava Jude con un sopracciglio sollevato, convinta di non dover cedere un solo passo all'attore. Il silenzio teso parve protrarsi fino all'infinito, ed Edith dovette far ricorso a tutto il suo autocontrollo per non iniziare lei a sbraitare contro Jude e contro i suoi modi irruenti.

Fu, appunto, dopo quella che parve un'eternità, che Jude sollevò la testa e guardando Edith negli occhi disse:

Tu hai già scelto, è così?”

Edith sollevò gli occhi al cielo, sospirando infastidita, cosa che fece ribollire il sangue a Jude che fuori di sé disse:

Cosa credi che sia uno stupido? Orlando viene dalla Nuova Zelanda solo per parlarti e io devo pensare, dopo questa foto, che tra di voi non ci sia stato nulla?”

Edith lo guardò sollevando tutte e due le sopracciglia e seria disse:

A parte che quello che pensi non mi riguarda. E poi... Hai sbagliato Jude. Hai sbagliato di grosso! Sai perché sono qua? Sai perché ho abbracciato Orlando? Ti è così semplice credere che sia andata a letto con lui, invece di pensare che possa essere successo qualcos'altro?”

Jude punto sul vivo, alzandosi dal divano e mettendosi in piedi gridò:

Cristo, Edith! Ci hai fatto due figli con lui, uno dei quali lo hai concepito mentre stavi con me!”

Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Scattando in piedi Edith schiaffeggiò Jude che la guardò stupito, quasi inorridito. Non si aspettava quella reazione e soprattutto non si aspettava che gli occhi di Edith si riempissero di lacrime.

Sai perché sono tornata, Law?” disse Edith con la voce rotta: “Non per scoparmi Orlando, come credi tu, ma perché mia madre sta dando di matto ed è scappata di casa senza un motivo e nessuno dei miei riusciva a trovarla... Orlando è tornato dalla Nuova Zelanda per me, è vero, ma quando ha saputo quello che è successo, fregandosene perfino del jet lag, mi ha accompagnato a Londra e mi ha aiutato a ritrovare mia madre. Quell'abbraccio è perché lo stavo ringraziando. Non c'è stato altro!”

Jude la guardò disorientato e sospirò. I suoi nervi stavano cedendo. Lo sentiva. Era come camminare su di un pavimento fatto di ossa che scricchiolavano sinistre ad ogni suo passo. O peggio di vetri che bastava solo un passo perché lo ferissero profondamente.

Era piombato in casa di Edith come una furia basandosi su quello che c'era scritto su di un giornale, mettendo la sua gelosia prima di tutto. Per cosa poi? Per sentirsi dire che Orlando, sì, era arrivato in Scozia per parlare con Edith del suo divorzio con Miranda, ma si era trovato immischiato in tutt'altra faccenda e aveva aiutato Edith. E lui? Lui che aveva fatto?

Si lasciò cadere nel divano e portò la testa alle mani. E in un attimo tutto gli fu chiaro.

Aveva perso il contatto con la realtà, non si riconosceva nemmeno lui. Stava cercando di trovare un solo appiglio che lo tenesse ancora ancorato a quella situazione, ma non riusciva a trovarlo. Aveva giocato troppo a quel gioco e ne stava uscendo perdente.

E guardando il pavimento disse piano:

Sei libera!”

Edith aggrottò la fronte, incrociando le braccia al petto. Non riuscì a dire nulla perché Jude subito aggiunse:

Ti concedo il divorzio. E ti lascio libera!”

C-che vuoi dire?” balbettò Edith mettendosi a sedere vicino a lui sentendo il cuore perdere più di un battito.

Jude sollevò lo sguardo e sorridendo nonostante il suo volto esprimesse dolore, disse:

Se non la prendo io questa decisione, tu non la prenderai mai. Non voglio che questa storia si protragga all'infinito. Sono un uomo adulto e so quando è ora di farsi da parte. E penso che sia arrivato il mio momento, Edith. Tu non mi ami, ammettilo...”

Non è vero!” disse Edith con le lacrime agli occhi, scuotendo la testa per dare vigore a quello che diceva.

Jude le poggiò una mano su di una guancia e annuendo, invece, replicò:

Tu ami Orlando. Lo hai sempre amato, anche quando stavi con me. È inutile che continuiamo entrambi a nascondere la testa sotto la sabbia, Edith. Io mi sono messo in mezzo perché ti amavo. Non dovevo. Pensavo che il mio amore, all'inizio, sarebbe bastato a cancellare il tuo per Orlando, ma non è stato così. Lo sappiamo entrambi. Hai persino avuto un figlio di Orlando mentre stavi con me... E hai finto che fosse mio solo per non ferirmi, non per amore. Tu non mi ami. Mi vuoi bene. Di un bene diverso da quello che si può volere ad un amico, ad un fratello. Ma non lo stesso che si può volere ad un marito, ad un fidanzato!”

Edith non riusciva a tenere a freno le lacrime. Gli occhi verde giallo di lei si specchiavano in quelli azzurri di lui. E le parole erano bloccate tra lo stomaco e la gola e non volevano uscire.

E Jude continuò:

Ti ho detto che non volevo fare la parte del pagliaccio, ma mi sto rendendo conto che lo sono sempre stato. Sto tenendo in piedi un matrimonio che, come ti ho detto, non si basa su di una convivenza, uno scambio di esperienze, ma sta vivendo nell'assurda speranza che tu apra gli occhi e capisca che l'uomo che ami sono io... Ma non lo farai mai. Perché lo sai meglio di me, non sono io l'uomo che ami. E forse, per non ammetterlo nemmeno a te stessa, per difenderti, per paura di provare di nuovo lo stesso dolore che hai provato quando hai lasciato Orlando, fingerai di amare qualcun altro. E, ad essere onesto, non lo invidio affatto...” e alzandosi disse: “Ti farò avere le carte per il divorzio non appena sarà possibile, prometto!” e chinandosi appena, baciò dolcemente le labbra della donna.

Poi si alzò e senza dire niente uscì di casa.

Dopo che la porta si chiuse, Edith sentì un silenzio assordante. Era come se Jude avesse parlato attraverso un megafono davanti ad un microfono collegato a delle casse potentissime. E lei era lì davanti. Sentiva le orecchie ronzare come dopo un concerto e la testa esplodere.

Però, nonostante il cuore le fosse andato in pezzi, si sentiva sollevata. Certo, si vergognava di questa sensazione, ma era così. Jude se ne era andato perché lo aveva deciso lui, non perché lo aveva mandato via lei.

Dentro sapeva che sarebbe stato lo stesso se lo avesse fatto Orlando. Forse. Ma in quel momento non riusciva a non pensare che era stato Jude a dire quelle cose. Aveva deciso lui di mettere la parola fine, non lei. Era lui che aveva deciso che era meglio soffrire che stare una vita ad aspettare qualcosa che un tempo c'era parso perfetto e forse, invece, non lo era mai stato.

Si guardò intorno spersa, come quando si è sollevati da un grande onere, da una parte si è un po' più tranquilli, ma si ha comunque il bisogno di parlare con qualcuno.

Si sollevò e si avvicinò alla borsetta e prese il cellulare.

Solo una persona avrebbe davvero capito cosa stava succedendo. Solo una persona l'avrebbe consigliata nel bene o nel male.

Scorse velocemente la rubrica e poi passò il dito sul nome che aveva scelto.

Attese qualche minuto poi una voce chiara e allegra, dall'altra parte rispose:

Norton! Ti pare che torni a Londra e non avverti la tua migliore amica!”

Edith sorrise, voleva rispondere con qualcosa di allegro a sua volta, ma con voce rotta disse:

Rach! Sono a casa. Jude è appena stato qua. Mi ha detto che è finita!”

Finita in che senso?” chiese Rachel che non aveva capito.

Edith sospirò a fondo e replicò:

Finita, terminata, conclusa. Qualche altro sinonimo?”

Rachel rimase un attimo in silenzio e domandò ancora:

Ma è stato lui a decidere o tu?”

Edith passò una mano sugli occhi e affranta rispose:

Lui, Rachel, era troppo stanco per continuare questa storia...”

Il silenzio di Rachel si bissò di nuovo e solo dopo qualche istante, che per Edith sembrò un eternità, la donna rispose:

Ci vediamo a pranzo, ti va?”


Era stata una mattinata carica di impegni. Laura, che era stata assunta da Edith non appena aveva ottenuto la scrivania di direttore, aveva tenuto per bene le redini in mano, ma l'assenza di Edith, in alcune cose si stava cominciando a far sentire.

Nonostante questo, con la promessa di ritornare comunque due settimane dopo, come prefissato, Edith lasciò la redazione e corse a Bishopsgate, dove da Spianata&Co l'attendeva una sempre più incinta Rachel.

Quando la mora la vide arrivare si alzò dal tavolo e seria, come forse mai era stata, si avvicinò all'amica e le baciò una guancia dicendole sottovoce:

Come stai?”

Come stava?

Nemmeno Edith lo sapeva. Per tutta la mattinata si era sentita triste, sì, ma dentro di lei c'era una parte felice che fosse stato Jude a decidere. Forse quello che aveva detto l'attore era vero: lei non avrebbe mai avuto il coraggio di scegliere lui o Orlando e quindi era meglio che fosse uno dei due interessati a farlo.

Edith?” chiese Rachel preoccupata distogliendola dai suoi pensieri.

Edith guardò l'amica e disse:

Mi fa male, ma non come pensavo. Ci sono momenti in cui non mi importa. Momenti in cui mi rendo conto che quello che ha detto Jude, io, l'ho sempre saputo. E, ad essere onesta, è questo che mi fa male!”

Rachel sollevò un sopracciglio e facendo cenno di sedere ad Edith, rispose:

Edith... Non vorrei dirlo, ma penso che Jude abbia fatto la cosa giusta. E non solo perché non ho mai visto di buon occhio la vostra relazione, ma perché secondo me, tu sei innamorata di Orlando, anche se non lo vuoi ammettere perché sei più cocciuta di un mulo. E so che non riesci ancora a perdonarlo per tutte le immense cazzate che ha fatto...”

Edith, che si era messa seduta, guardava il tavolo in silenzio, ascoltando a tratti quello che diceva l'amica. Rachel parlò ancora, dicendo che Edith doveva pensare ai suoi due figli, che doveva pensare che Orlando adesso era libero e per quello che aveva detto John non aspettava altro che una risposta da lei.

Nel frattempo arrivò il cameriere, ordinò qualcosa meccanicamente e lasciò che Rachel continuasse il suo monologo senza dire nulla.

Si sentiva vuota. E la cosa che la spaventava era che non si era sentita vuota per quello che era successo con Jude, che era stato suo marito almeno fino a quella mattina; la cosa che la spaventava era che non riusciva a provare dolore, proprio come quando era depressa e passava le sue giornate nel grande letto nella sua stanza di Kendal.

Le parole di Rachel arrivavano attutite, come se le stesse ascoltando tenendo le mani premute sulle orecchie, ma non era così. Il mondo viveva, correva, rideva. Ma lei era lì, incapace di provare altro che sollievo per una cosa che invece l'avrebbe dovuta far soffrire e provando un terribile dolore ogni qualvolta soppesava questa sua tendenza ad elaborare quello che doveva essere un lutto grave della sua vita.

Era ancora persa nelle sue elucubrazioni, quando il cellulare squillò.

Squillò tre volte prima che Rachel -se possibile più preoccupata di quando Edith era arrivata- disse:

Edith! Vuoi rispondere? Ti stanno chiamando!”

Edith prese il cellulare dalla borsetta e con sua sorpresa lesse il nome di sua zia Maggie sul display.

Pronto?” rispose Edith titubante.

Edith, sono la zia. So che sei impegnata e che domani dovresti tornare in Scozia. Ma vorrei che venissi ora a casa e non più tardi. Penso che tu ed Eloise dobbiate parlare!”


Edith, da dentro il taxi, guardava la casa con i mattoni rossi che si avvicinava passo passo.

Quando era piccola, ogni volta che svoltavano la strada e da dietro la Ford di suo padre se ne rendeva contro sentiva il cuore in gola per la felicità. Edith amava la casa di sua zia Maggie. Amava il calore che sentiva ogni volta che entrava in quella casa con un piano rialzato, il viso felicissimo di sua zia che non riusciva a staccarsi da suo marito Peter. Sognava quella vita. Per Edith Norton, quando era una bambina, la felicità era una casa con i mattoncini rossi e una sala con un caminetto dove passare le serate d'inverno, stretta all'uomo che amava.

Quando il cab si fermò davanti alla casa, Edith pagò e salutò velocemente l'autista e scendendo chiuse la portiera e tornò a guardare la facciata della casa della zia.

Conosceva la storia di quella casa. Era stata comprata da sua zia dopo che, per quindici anni era stata sposata ad un uomo che non amava, che passava le sue giornate e bere e lavorare e a lamentarsi che di sua moglie. Un uomo che le aveva dato tre figli e che pensava che lei non avesse nessuna aspirazione, che preferiva vederla uscire per andare a fare la spesa piuttosto che portarla fuori a vedere un film, a mangiare qualcosa.

Maggie resistette per quindici anni, appunto, prima di lasciare quella che per lei, ormai, era una prigione. Partì di nascosto una mattina di fine autunno, quando le vetrine del centro di Londra cominciavano a riempirsi di luci e di addobbi di Natale. Trovò un lavoro come segretaria in uno studio di medici associati e comperò la casa dai mattoni rossi accendendo un mutuo che sapeva non le sarebbe bastata una vita per estinguerlo. Dovette superare il fatto che i figli non vollero più sapere nulla di lei, feriti dal fatto che le madre li avesse abbandonati senza un motivo apparente, almeno per loro.

Da quell'inverno di trentasei anni prima, Maggie imparò a lottare, a raggiungere la meta con le unghie e con i denti e per la prima volta in vita sua poté dire di essere diventata una donna matura, con i graffi nel cuore, ma comunque adulta.

L'amore con Peter arrivò quasi subito, mentre le pratiche per il divorzio con James, il primo marito, erano state affidate ad un tribunale. Lo conobbe nello studio, mentre portava scartoffie ad uno dei medici. Peter era un avvocato rampante, di successo, con una terribile ulcera dovuta al troppo lavoro. Fu un colpo di fulmine. Cominciarono ad uscire quasi subito e altrettanto in fretta Peter arrivò sull'uscio della casa di Maggie con tutte le sue cose e un architetto pronto a sistemare la casa e le carte in cui si prendeva l'onere di pagare il mutuo precedentemente acceso da Maggie.

In meno di un anno la casa con i mattoni rossi, che Maggie aveva comperato dopo la morte della vecchia proprietaria, piena di ricordi che l'avevano persino usurata, divenne una casa dal mobilio classico, calda e accogliente. Una casa che si riempì d'amore. Solo una cosa Maggie non volle cambiare: il portoncino scuro dell'ingresso. Lo stesso che Edith picchiò lievemente.


Jude stava seduto nel divano della casa del suo migliore amico, Ewan.

Era arrivato lì senza nemmeno sapere come, dato che dopo che aveva lasciato la casa di Edith aveva cominciato a girare con la macchina senza una meta precisa. Si era trovato davanti alla casa di Ewan per puro caso e aveva deciso di bussare per confidarsi, per parlare ad un amico di una decisione che non sapeva ancora se fosse quella giusta o quella sbagliata.

Ewan si avvicinò con una tazza di tè caldo fumante e mettendosi a sedere di fronte a lui, serio gli disse:

Che hai dude? Sembri sconvolto!”

Lo sono!” rispose Jude facendo girare la tazza tra le mani, senza guardare Ewan negli occhi.

Ewan corrugò la fronte e poggiando la schiena alla poltrona, disse:

C'entra Edith, non è così!”

Sentire il nome della giornalista, per Jude, fu come ricevere un pugno allo stomaco. Un pugno di una violenza inusitata che lo stava facendo contorcere dal dolore. Sentiva solo una voglia pazzesca di piangere, ma per quanto volesse bene al suo migliore amico, non pensava proprio che lo avrebbe fatto. E continuando a fissare con interesse la sua tazza di tè, replicò:

Sì”

Ewan si sistemò nella poltrona, sospirando e passando una mano sulla faccia, con voce stanca chiese:

Di grazia! Che cosa è successo stavolta?”

Jude sorrise e sollevando gli occhi su quelli dell'amico, con la voce che si stava pericolosamente incrinando, rispose:

L'ho lasciata andare, Ewan. Le ho detto che se non avesse deciso lei questa storia si sarebbe protratta per tutta la vita e io non voglio...”

Ewan sollevò un sopracciglio e confuso, visto che non si aspettava quell'esternazione, disse:

Mi stai dicendo che l'hai lasciata andare? Che hai preso tu la decisione per tutti e due?”

Jude non rispose, ma si limitò ad annuire con la testa. Per qualche secondo i due rimasero in silenzio poi Ewan, alzandosi dalla poltrona, si mise a sedere vicino all'amico e passandogli un braccio attorno alle spalle, scuotendolo, con un sorriso e un tono di voce dolce, disse:

Hai fatto la cosa giusta!”

Jude sollevò gli occhi sull'amico e lo guardò sorpreso. Ewan se ne accorse e rispose:

Jude... Lo sai cosa penso. Tu non ti dovevi mettere in mezzo dall'inizio. Te l'ho detto mille volte, quando tutto è cominciato, che non sarebbe successo niente di buono. Dovevi lasciar perdere e lasciare che quei due se la sbrigassero da soli. Ma Edith è Edith. È... Beh! È una bomba sexy e nessun uomo può rimanerle indifferente. E in quello non potevo darti torto. Ma visto che era andata male una volta... perché perseverare? Ma tu sei stato più duro del marmo. E hai cercato di riconquistarla. E ci sei riuscito. Te la sei sposato perfino. Poi... Tutto è crollato. So che le hai perdonato quella storia gravissima del bambino, ma non penso che sia stata la cosa giusta da fare. Dovevi lasciarla andare già da allora, Jude. Quando è uscita dal coma, dopo l'incidente, dovevi fare i bagagli e lasciarla andare. Quella che hai preso oggi è la decisione che avresti dovuto prendere tanto tempo fa. Tu con Edith non c'entri nulla. Lei era di un altro da prima che tu entrassi nella sua vita...”

Io la amo!” disse Jude con un filo di voce.

Ewan si mise a sedere meglio e lasciando scivolare il braccio, tendendosi in avanti e unendo le mani come se stesse pregando, disse:

Lo so. E penso che se anche lei ti ama davvero tornerà. Ma per il momento lasciala andare. Hai fatto la scelta giusta. Se il destino vorrà davvero che tra voi due ci sia di nuovo qualcosa... Accadrà, puoi stare tranquillo. Ma per il momento guardati intorno, Jude. Cerca di dimenticarla. È la cosa migliore da fare. Credimi amico!”

Jude sospirò e con un sorriso amaro tornò a guardare la tazza. Edith era volata via, l'aveva fatta volare lui. E come diceva Ewan, forse, un giorno l'avrebbe vista tornare da lui. Forse. Ma non era sicuro, dopo tutto quello che era successo, che sarebbe rimasto lì ad aspettarla. Anche se all'inizio avrebbe sofferto come un cane, da quel momento la vita di Jude prendeva una nuova piega. Un nuovo inizio.


Maggie aprì la porta subito dopo che Edith aveva bussato.

La ragazza guardò la donna che aveva di fronte: sua zia non era poi tanto differente da sua madre, solo che il tempo era passato su di lei con più velocità, specialmente dopo la morte del secondo marito. Nonostante questo il sorriso non l'aveva abbandonata. Al contrario. Nonostante l'unico uomo che aveva davvero amato l'avesse lasciata per sempre, lei diceva che quello era solo una parte del viaggio che lei doveva percorrere in solitaria prima di ricongiungersi con Peter.

Edith sorrise e abbracciò la donna con sincero affetto. Maggie era la sua zia preferita e trovarsi in quella casa in quel periodo della sua vita così delicato per lei significava davvero tanto. Era come un tonico per la sua anima in tempesta.

Mi sono liberata non appena mi hai detto di venire!” sussurrò Edith.

Maggie, che la teneva ancora stretta, annuì e con dolcezza disse:

Voglio che tu parli con Eloise. E non perché non voglio che lei rimanga qua, ma perché vorrei davvero che tu e tutti gli altri possiate sapere il vero motivo per cui ha messo su questa scena” ed entrando in casa, prendendo la giacca della nipote, aggiunse: “Vai in cucina. È là che ti aspetta!”

Edith entrò in cucina, passando il salotto dove il camino sembrava vuoto senza il fuoco che scoppiettava allegro dentro. Ma Edith non pensava a quello. Guardava la finestra sul lavabo che inondava di luce la cucina con il cuore in gola. Sapeva che se avrebbe varcato quella soglia avrebbe sentito qualche cosa che non le sarebbe piaciuto. Era una brutta sensazione che si propagava dallo stomaco alla schiena. Sentiva quasi la tensione gravarle sulle spalle come forse mai le era successo.

Varcò la soglia della cucina e sorridendo guardò sua madre, seduta sulla panca, con la schiena poggiata contro il muro.

Mamma!” disse con un filo di voce.

Gli occhi di Eloise, così simili a quelli di Edith, indugiarono per un attimo, terrorizzati, salvo poi illuminarsi una volta che incontrarono quelli della figlia maggiore. La donna non disse nulla, ma fece un cenno alla figlia di sedersi davanti a lei stringendo forte tra le mani una tazza di tè quasi fosse il suo unico appiglio, proprio come era successo la sera prima in quella che ormai era la sua vecchia casa.

Edith fece come ordinato, a sua volta in silenzio, guardando sua madre con uno sguardo ansioso.

Eloise giocherellò invece con la tazza e rimase per molto tempo in silenzio.

Poi, sollevando lo sguardo e cercando quello di Edith, trovandolo puntualmente, disse:

C'è un motivo se un paio di notti fa sono scappata senza dire dove andavo. E c'è un motivo se le cose tra me e tuo padre da un po' di tempo non vanno bene. Ed è per questo motivo che ho deciso di lasciarlo...”

Edith incrociò le braccia sopra il tavolo e non disse niente, lasciando che la madre potesse continuare a parlare. E la donna lo fece.

Quando tuo padre è stato male ho cominciato a controllarmi anche io. Io che avevo paura perfino di andare da un dottore per curarmi un raffreddore. Ho fatto dei controlli completi e da quelli è risultato che c'era qualche cosa che non andava. Ho cominciato a girare per vari ospedali, ho richiesto vari pareri. E tutti mi dicevano che dovevo fare altri controlli, altre analisi. Poi, un paio di settimane fa, il mio medico ha richiesto una TAC. L'ho fatta senza dire nulla a tuo padre, per non farlo preoccupare, ma quello che è stato il risultato ha preoccupato anche me...” e facendo una piccola pausa per prendere un po' di respiro concluse con la voce che le tremava: “Mi hanno diagnosticato un tumore maligno al cervello!”

S-sei... Sei sicura?” domandò Edith con la voce più alta di qualche tono.

Eloise annuì ed Edith, prendendole una mano come aveva fatto al bar quando l'aveva trovata la mattina precedente, disse:

Tranquilla. Andremo dai migliori dottori del Regno Unito. Farai la chemio, la radio, tutto quello che serve. Ci sono cure che riescono a bloccare il tumore e distruggerlo completamente...”

Edith! Edith... No! È inutile. Ho già parlato con il dottore. Ci sono delle metastasi a livello polmonare e a livello del fegato...”

Gli occhi di Edith si dilatarono per la sorpresa, sentì il cuore spezzarsi. Dentro di sé, dall'inizio, aveva capito che se sua madre si stava comportando in quel modo un vero motivo c'era. Ma non avrebbe mai pensato che fosse quello. Senza sapere come le lacrime cominciarono a scendere copiose, proprio come quando era una bambina e succedeva qualche cosa che lei riteneva troppo brutto o troppo grave per poterlo sistemare da sola. Ed era così che si sentiva: una bambina spaventata, messa all'angolo.

Pianse, senza vergogna, ed Eloise, sorridendo dolce, le accarezzo una guancia, cercando di calmarla, ma senza riuscirci.

Deve esserci un modo!” disse Edith con la voce spezzata dai singhiozzi.

Eloise scosse la testa e seria disse:

Sto lasciando tuo padre perché non voglio che mi veda spegnermi lentamente. Non voglio diventare un peso per lui. Sono venuta qua da Maggie perché dopo aver lavorato per anni in uno studio medico mi può mettere in contatto con persone che possono aiutarmi a superare questo brutto momento e arrivare alla fine senza soffrire...”

No” disse Edith cercando di scacciare quelle ultime parole.

Eloise annuì e prendendo entrambe le mani della figlia aggiunse:

Edith... Purtroppo è così. Non possiamo farci niente. Ho voluto che tu lo sapessi per prima perché sai che il rapporto che ci ha sempre legate è sempre stato un rapporto esclusivo. E perché so che tu sei la più forte dei tuoi fratelli e potrai aiutarli a superare questo momento... Ma non voglio che tu lo dica a tuo padre. So che farebbe di tutto per tornare da me e non voglio che mi veda distrutta, piegata dalla malattia. Voglio che mi ricordi come la donna che ha sposato e non come lo spettro che sto diventando...”

Questa è la cosa più egoista che abbia mai sentito dire!” protestò Edith indignata, nonostante le lacrime.

Eloise annuì con sguardo addolorato, ma con dolcezza, disse:

Lo so. Ma so anche che tu ami qualcuno in questo momento e la penseresti come me se fossi al mio posto. Ti prego Edith. Promettimelo. Promettimi che farai di tutto per non far sapere niente a tuo padre...”

Edith la guardò negli occhi e si stupì di trovarli asciutti. In un attimo si rese conto di essere lei quella spaventata, quella terrorizzata dall'idea di perdere la madre.

Chinò la testa e trattenendo le lacrime disse:

Lo prometto!”


STAZIONE DI WICK. RIPETO. STAZIONE DI WICK!

Edith scese dal treno e lasciò che l'aria più frizzante della cittadina scozzese le accarezzasse il viso. Si guardò intorno e alla piattaforma vide un viso conosciuto.

Era Gerard.

Quando le aveva detto che avrebbe fatto di tutto per venirla a prendere quasi aveva riso divertita, ma quando lo vide lì dovette far ricorso a tutta la sua forza di volontà per non scoppiare a piangere.

Si avvicinò all'attore e sorridendo, per quanto le ultime emozioni glielo permettessero, Edith disse:

Allora sei venuto?”

Gerard annuì e rispose:

Sono qua tutto per te” e indicando l'uscita della piccola stazione aggiunse: “La macchina ci aspetta qua fuori!”

Edith stava per prendere meglio la sua sacca, ma Gerard fu più veloce di lei e sfilandogliela dalla spalla e prendendola lui, disse:

Sono un gentiluomo, nonostante i miei avi abbiano mostrato le chiappe ai tuoi!”

Edith sorrise tirata e seguì l'attore senza aggiungere altro.

Gerard se ne accorse, ma attese di arrivare alla macchina, prima di chiedere qualche cosa.

E una volta dentro l'abitacolo, dopo aver percorso qualche chilometro, domandò:

Che è successo a Londra?”

Edith sospirò e subito tutto quello che era successo le precipitò addosso. Il bacio con Orlando, l'addio di Jude, la malattia di sua madre.

Scoppiò in lacrime senza riuscire nemmeno ad imporsi di non farlo, vergognandosi di farlo comunque davanti ad una persona che conosceva da poco.

Gerard fermò la macchina e subito la strinse.

Sssh! Piangi piccola. Deve essere successo un bel casino se ti ha distrutta così!”

Edith affondò la testa nel petto dell'attore scozzese e pianse.

Pianse forte, come forse non aveva mai fatto davanti a qualcuno. Pianse tutto il dolore, tutta la rabbia, tutta la paura che aveva provato in quei giorni.

E quando sembrò che le lacrime non dovessero più scendere rimase abbracciata a Gerard che sembrava quasi uno scoglio dove ripararsi dal mare in tempesta. Spigoloso, forse poco sicuro, ma un posto a cui aggrapparsi.



Ed eccolo finito.

E adesso voglio proprio vedere la vostra reazione.

Curiosona io.

Comunque, ringrazio:

spacobotilia,

Scarlett,

Chiaretta e

Jodie.

Grazie davvero e spero di non avervi deluse.

Ringrazio inoltre chiunque

legge la mia storia e basta,

a chi l'ha inserita tra le preferite,

le ricordate,

le seguite.

Nel frattempo, per domande

e tutte quelle cose che non si possono fare

tramite recensione per non andare in OT

potete contattarmi presso la pagina Facebook

Niniel82.

Ci sono solo io.

Un bacio.

Niniel.










   
 
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