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Autore: Hiraedd    12/09/2014    5 recensioni
A Godric’s Hollow tutti conoscono i Potter:
la signora Dorea, donna tutta d’un pezzo, bella, furba, con quello splendido sorriso sulle labbra delicate;
il signor Potter, Charlus, sempre con una buona parola per tutti in bocca e quell’imprecazione così strana, “dannati serpeverde!”, a terminare tre frasi su cinque, specie quelle rivolte alla moglie;
i due ragazzi, poi, chi potrebbe non conoscerli? James e Sirius, hanno dietro una fila di cuori infranti che va dalla porta di Casa Potter fin al centro della piazza del paese, circa al monumento dei caduti.
Tuttavia, è degli ultimi due arrivi che si fa un gran parlare.
La signora Bensy ha detto alla signora Segrfid, la moglie del panettiere, di aver sentito da Jhon il calvo –gran pettegolo, quello!- che la signora Remsy –l’altra buona- ha ospitato per un intero pomeriggio uno dei due figli dei Potter, e la di lui ragazza, a casa sua.
Per giudicare l’altra ragazza, è bastato guardarla appena: bella come la morte e con un sorrisetto malizioso sul volto. Le ragazze del paesello sono concordi: è a dir poco insopportabile… e, no, non c’entra nulla l’aver tolto dalla piazza quel gran bel pezzo di figliolo che è Sirius Black.
Genere: Guerra, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Fabian Prewett, Gideon Prewett, Marlene McKinnon, Mary MacDonald, Sirius Black | Coppie: James/Lily, Sirius Black/Marlene McKinnon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'oltre il fuoco comincia l'amore'
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Come promesso ecco la seconda parte del capitolo. Colma di litigi e riappacificazioni.
Ringrazio di cuore chi continua a leggere, seguire, preferire, ricordare e recensire,
buona lettura, 
Hir

LILY 
JAMES
SIRIUS
LèNE
MARY
EMMELINE
ALICE
FRANK
REMUS
PETER
RABASTAN
REGULUS
CORRISPONDENZA


 
Capitolo 15
seconda parte


 
<< Lily, ridammeli immediatamente >>.
 
Scappando da James, che mi insegue, non riesco ad evitare il divano. Lo prendo in pieno con lo stinco destro e ci rotolo sopra rischiando quasi di accoppare Adone, intento a perleccarsi sdraiato comodamente su un cuscino.
 
Ho cambiato casa da poco tempo e ancora faccio fatica a ricordarmi esattamente la posizione dei mobili –ammesso che quel divano tutto sgangherato possa essere considerato parte del mobilio e non un avanzo di discarica-.
 
James, distratto dalla mia caduta, smette di seguirmi piazzandosi le mani sui fianchi come a rimproverarmi la mia sbadataggine.
 
<< Se li hai rotti ti strozzo, amore >>.
 
Il tono della sua voce, il modo in cui accenta l’ultima parola, lo sguardo gentile.
 
Io amo tutto di questo ragazzo.
 
Lo fisso –e no, non sono incantata- per qualche attimo, o forse anche di più, e alla fine lui riesce a prendermi di sorpresa e a rimpossessarsi dei suoi occhiali, ancora tra le mie dita. Fortunatamente nella mia ruzzolata sul divano le lenti non sono rimaste danneggiate, per cui dopo una veloce controllata alla montatura torna a indossarli in quel modo mezzo storto che è tipico di James Potter e che io, in fondo, adoro.
 
Stiamo insieme da mesi, ormai, eppure ho scoperto soltanto ieri pomeriggio che nulla riesce a fare imbestialire Potter più di qualcuno che tenti di fregargli gli occhiali.
 
<< Non è per niente divertente questo tuo nuovo gioco, sai? >> domanda passando ben lontano dal gatto e accomodandosi sul bracciolo sgangherato del divano ugualmente sgangherato. Era in dotazione con la casa, il divano, quindi tanto vale tenerlo. Anche se è sgangherato.
 
<< Questo lo dici tu >>.
 
Pretendere un bacio è un obbligo, quando è così vicino e ha quell’espressione sul volto.
 
<< Sei di buon umore >>.
 
La sua è una constatazione. Socchiudo gli occhi e sento i polpastrelli delle sue dita passare sulla mia guancia, quindi sul naso e poi sull’altro zigomo, in una dolcissima carezza. Sentire il suo respiro sulle labbra mi costringe a inarcarle in un sorriso beato.
 
<< Siete un acuto osservatore, Signor Potter >> mormoro.
 
È vero, sono di buon umore. Fino a due settimane fa mi guardavo attorno e tutto ciò che vedevo era paura. Una ragazzina di diciotto anni senza una casa, senza un lavoro e senza una famiglia cosa dovrebbe aspettarsi dal futuro? Vedevo l’incertezza del domani come fosse l’unica via possibile. E invece…
 
<< Sto cominciando a credere di nuovo che sia possibile per me essere felice >> rivelo aprendo gli occhi e fissando il mio sguardo nel suo. I suoi occhi nocciola sono sicuri, forti. Sono caldi e mi amano.
 
<< Dovessi dannarmi l’anima, Lily Evans, giuro che sarai felice. O, per lo meno, farò di tutto per fare in modo che tu lo sia. Mi credi? >>.
 
James. Seduto su un divano sgangherato in una casa che non è nemmeno mia, con quegli occhiali storti sul viso e quei capelli perennemente scompigliati -quasi fosse appena uscito da una centrifuga in lavatrice- James mi guarda con quella fede incrollabile nel futuro che ho scoperto in lui negli ultimi tempi.
 
Nemmeno quando Mary è sparita la sua fede è vacillata. C’erano un sacco di persone riunite nel quartier generale dell’ordine, e nessuno credeva davvero che l’avremmo ritrovata viva.
 
<< Un giorno mi dirai quale è il tuo segreto? >> chiedo sottovoce.
 
<< Il mio segreto? >>
 
<< Il tuo segreto per non arrenderti mai >>.
 
Lo osservo mentre mi guarda e posso sentire la calma che si prende per farlo. Pensavo che la pace in questi giorni di guerra fosse relegata alle sole fiabe per bambini, ma qui, tra le braccia di James, io posso sentirla.
 
<< Davvero >> riprendo abbassandomi su di lui fino quasi a sedermi sulle sue gambe << Volevi trovare Mary e non hai mai smesso di credere che l’avremmo trovata, volevi diventare Auror e ce la stai facendo, volevi combattere una volta uscito da scuola e adesso sei in prima linea. Quante volte non ti sei arreso per avere quello che volevi? >>.
 
<< Combattere è l’unico modo per ottenere quello che vuoi. Forza di volontà, ecco cosa serve. Volevo te quando avevo solo dodici anni, e adesso sei qui, giusto? >>
 
Come fai a non amare un ragazzo che ti dice una cosa del genere, e te la dice guardandoti negli occhi?
 
<< Siamo qui >> lo correggo bonariamente, cercando di non far vedere quanto la cosa mi abbia colpita << Insieme >>.

 
 
 
Flashback-> ore 13.00 del 12 marzo 1978
 
La grande pendola di Hogwarts batte l’ultimo rintocco scandendo la fine delle lezioni del mattino. L’aria di metà marzo è frizzante nel cortile interno, e il mantello che indosso non basta proteggermi dalla pietra fredda del muretto su cui sono seduta.
 
<< Quindi fammi capire, i quaranta centimetri di pergamena per la McGranitt sono per giovedì mattina e il tema per Lumacorno per giovedì pomeriggio; la Sprite vuole la ricerca sulla Margula Petrifis per mercoledì pomeriggio e secondo loro dovremmo anche riuscire a vincere la partita contro i Corvonero domenica? >> domanda stralunata Mary in tono sarcastico << Non so voi, ma io faccio magie, mica miracoli >>.
 
Alice la guarda facendo un sorriso sornione e poi si sporge per lasciarle una leggera sberla sulla nuca.
 
<< Ho come la sensazione che nella tua personale visione della vita, le cose sacrificabili tra quelle che hai appena elencato siano tutte escluso il Quidditch >>.
 
<< Mi rifiuto di perdere un’altra partita >>.
 
<< Beh, per quanto riguarda il tema di pozioni ovviamente ce lo passerà Lily >> interviene Marlene accanto a me, sorridendomi fulgidamente con quello sguardo da bambina che chiede un gattino ai genitori << Ti giuro che cambierò il posto alle parole e Lumacorno non arriverà mai a capire che la fonte del mio tema è il tuo!>>
 
A guardarci adesso sembrerebbe che la tempesta sia ormai passata.
 
Marlene, seduta sul muretto accanto a me, è intenta a torturarmi intrecciandomi i capelli in quei modi tipici suoi, impossibili poi da disfare senza l’ausilio della magia. Mary e Alice ridacchiano tra loro come se nessuna ombra fosse mai passata su di noi. Una debole traccia di ciò che nelle ultime settimane ha scosso il nostro gruppo permane unicamente in Emmeline, che si limita, vicino a noi, a un sorriso ancora un po’ gelido, specie quelli rivolti a me. Anche le tensioni tra i Malandrini si stanno appianando, Jamie e Sirius paiono tornati gli amiconi di un tempo.
 
Per carità divina, non sono gelosa. So di essermi meritata tutto quello che è successo nascondendo una simile notizia a tutti, specie a Emme e James.
 
Però per quale diamine di motivo James fa ancora il ritroso con me se ha perdonato Sirius?
 
Due settimane fa ho promesso di aspettarlo, di dargli tutto il tempo che gli serve per riprendere tra le mani le fila di ciò che c’era tra noi e che, da qualche parte, sotto il rancore e la rabbia, sicuramente è ancora vivo.
 
Come evocato dai miei pensieri, James compare nel cortile alla testa della sua banda di sfaticati. Peter Minus, Sirius Black e Remus Lupin camminano al suo fianco come intrepidi cavalieri. Frank, poco dietro di loro, sembra godersi la ritrovata pace con una tranquillità unica.
 
<< Buon giorno donzelle! >> ulula al nostro indirizzo quello scoppiato totale di Black << Il sole è alto anche se siamo in Scozia e il pranzo sta per essere servito. Potrebbe questa giornata andare meglio di così? >>.
 
L’inguaribile ottimismo di Sirius spinge James, accanto a lui, al sorriso.
 
<< Potrebbero non esserci due ore di Storia della Magia nel pomeriggio, ad esempio >> ribatte dandogli una pacca amichevole sulla schiena.
 
<< Si, amico, però tu stai col leone! >>.
 
<< Rosso e oro nel cuore >>.
 
Negli ultimi giorni questi siparietti avvengono con una frequenza quasi preoccupante. Non si sa bene cosa esattamente sia successo tra Sirius e James in quella notte di punizione che hanno scontato nelle serre ma, qualunque cosa sia stata, è servita a farli tornare amici come e più di prima.
 
Sono contenta, eh, per carità. Anche perché a conti fatti Sirius ha taciuto a James di Rabastan solo su mia richiesta.
 
Però darei tutto pur di tornare a rivolgere la parola a James senza imbarazzi o tensioni di sorta.
 
E se mi lasciasse definitivamente? Sarebbe questa la pantomima per il resto della nostra vita?
 
Che poi, una volta finita la scuola come potrei restargli vicino se non stessimo più insieme? Ci perderemmo per forza di cose.
 
<< Lily? >>.
 
Mi rendo conto di essermi persa nei miei pensieri quando la voce del protagonista unico e indiscusso dei miei pensieri mi richiama all’ordine. Quando torno al presente mi rendo conto di come James mi stia fissando con sguardo stranito.
 
<< Dove sono gli altri? >>
 
<< Io… Sei sicura di sentirti bene? >> mi chiede in risposta << Due secondi fa ti ho chiesto se potevamo parlare e tu mi hai risposto di si e… >>.
 
Che perfetta imbecille.
 
<< Chiedo scusa, io… ero sovrappensiero. Dimmi pure >>.
 
Reprime male un sogghigno e un sorrisetto gli spunta agli angoli della bocca.
 
<< Quanta formalità >> mi prende in giro.
 
Tiro un sospiro.
 
<< In realtà non so come devo parlarti. Non so neanche cosa dirti >>.
 
<< Parlami come preferisci. Non esiste un modo giusto, un manuale per fidanzati che non stanno più insieme non lo hanno ancora scritto >>.
 
Fidanzati che non stanno più insieme.
 
Quando? Quando mi ha lasciato? O mi sono persa anche questo mentre stavo pensando a cosa fare in caso mi avesse lasciato?
 
<< Ah >>.
 
Per un attimo, mentre cerco di guardare ovunque tranne che guardare lui, non mi viene in mente altro da dire. Quel semplice verso per un istante mi pare anche qualcosa di sensato. Poi capisco che non lo è.
 
Cosa fa un ferito agonizzante sul campo di battaglia? Va incontro alla morte?
 
Batte in ritirata per salvare il salvabile.
 
<< Scusami, Potter, ma devo andare a mangiare >>.
 
Oppure a vomitare, devo ancora decidere.
 
Nemmeno lo sento quando mi richiama indietro. È una mia impressione o i primi passi li muovo barcollando? Ma non scoppierò a piangere per lui, dannazione.
 
Rientro nel castello e mi trovo sulle scale. Scendo un piano quasi di corsa, poi il secondo correndo spedita. Passo davanti alla Sala Grande senza mostrare la minima voglia di entrarci e poi, oltre il portone, nel parco.
 
<< Lily! Lily, maledizione, aspetta! Fermati! >>.
 
Solo quando arrivo in prossimità della riva del Lago Nero mi fermo. James mi ha seguito, e solo adesso mi rendo conto di essere fuggita come l’eroina di una di quelle soap opere che mia madre e Petunia si divertivano a guardare in tv.
 
Altra figura da imbecille. Non avrei mai pensato che James Potter potesse farmi fare cose del genere.
 
<< Vai a mangiare, Potter >>.
 
<< E smettila di chiamarmi Potter. Non volevo dire… hai capito male, Lily! >>.
 
Pure! Quindi oltre che imbecille sono anche stupida.
 
<< Che cosa avrei capito male, esattamente? >> sbotto voltandomi verso di lui e urlandogli contro. Urlare contro qualcuno è più liberatorio che scappare, decisamente << Sei stato chiaro, credimi. Trasparente. Non stiamo più insieme. Che diavolo c’è da capire male in questo? Solo, dimmi, quando me lo avresti detto, eh? Ti sei preso il tuo tempo, certo. E io qui come una cretina ad aspettare, Potter. Volevi vendicarti? Volevi farmi male? Bravo, complimenti, ci sei riuscito. Ti aspetti un applauso? Vuoi passarmi sopra come fossi uno zerbino? Fallo, non ti preoccupare, non chiedermi neanche il permesso. Anzi, non avvisarmi proprio, agisci. Non è quello che ti piace, agire? >>.
 
Mi sento come una pazza che urla ad un idiota su un prato vicino ad un lago. Probabilmente sono una pazza che urla ad un idiota su un prato vicino ad un lago, ma questo non toglie il mio essere maledettamente ferita. Scuote la testa sbalordito ma non gli lascio dire nemmeno una parola. Voglio urlargli tutto prima che con una sua parola mi dia il colpo di grazia.
 
<< Io… lo avevo anche preso in considerazione, sai? Avevo pensato che alla fine di questo… questo… periodo di pausa, chiamiamolo. Ecco, periodo di pausa. Avevo pensato che alla fine di questo periodo di pausa tu avresti anche potuto decidere di non poterti più fidare di me, e che quindi forse avresti deciso di lasciarmi e poteva anche andare bene, ok? Cioè, no, non sarebbe andato bene per niente ma è una di quelle scelte che puoi fare. Ma lasciarmi così! Senza nemmeno dirmelo, fregandotene di me e dei miei sentimenti e di quello che io… >>.
 
<< Frena, ok? Lily, fermati ti prego perché stai iniziando a farmi paura >>.
 
Il mio tono di voce si è mano a mano abbassato fino a raggiungere la tonalità di un singhiozzo stranito, così per lui è facile parlarmi sopra e riportarmi al silenzio.
 
<< Mi sono spiegato male. No, tieni chiusa la bocca, adesso parlo io >> blocca il mio intervento sul nascere avvicinandosi a me e mettendomi una mano sulle labbra << Come diamine puoi pensare che io possa vivere senza di te? Tu mi hai visto negli ultimi anni in questa scuola? Hai visto come ho fatto qualsiasi cosa per attirare la tua attenzione e averti tutta per me? E secondo te io adesso, proprio sul più bello, dovrei tirarmi indietro? >>.
 
Vedendomi silente scosta le sue mani dalla mia bocca guardandomi dall’alto della sua statura. Non me ne ero accorta fino ad ora, ma in questo momento siamo più vicini di quanto non lo siamo stati nelle ultime due settimane e più. Il suo profumo mi è mancato, e me ne accorgo proprio mentre sento i polpastrelli delle sue dita accarezzarmi le labbra dolcezza.
 
<< Amore mio, ci vuole molto più che Rabastan Lestrange per separarmi da te. Questo non vuol dire che tu abbia fatto bene a mentirmi e ti pregherei di non rifarlo mai più ma… non è cambiato niente. Io ti amo, mi sono innamorato di te probabilmente quando ti ho visto per la prima volta e continuerò ad amarti fino a quando non sarò un vecchietto rincoglionito che metterà la dentiera sul comodino quando va a dormire alla sera. E se avrò la possibilità di decidere, il mattino dopo, di fianco a chi mi vorrò svegliare, vecchio e senza denti e con un sacco di acciacchi, quella persona sarai tu. Mattino dopo mattino, per sempre. E puoi provarci quanto vuoi a farti lasciare, Lily, puoi darmi dello stronzo e uccidermi a parole ma credimi, ti stancheresti prima te di provarci che io di resistere e continuare ad amarti >>.
 
Ho sentito scendere la prima lacrima quando ha iniziato a blaterare di dentiera e allora ho chiuso gli occhi perché non ne scendessero altre. Per questo non vedo le dita di James lasciare le mie labbra e la sua bocca sostituirle, ma lo sento il morbido morso del suo bacio. Quanto mi è mancato?
 
Forse adesso, mentre rido e piango e lo bacio senza alcuna logica, mi sento ancora più pazza di prima, mentre gli urlavo contro. Odio quando tra le braccia di James divento la ragazzina stupida ed emotiva che a diciotto anni sono. Eppure, in questo mondo e in questi tempi, forse le braccia di James sono l’unico posto dove davvero posso esserlo, una ragazzina. E ho tutte le intenzioni di godermele fino in fondo.
 
<< Non mi stai prendendo in giro, vero? >>.
 
<< Ti piacerebbe. No, tu dovrai davvero sopportarmi tutta la vita. Tu mi sposerai, avremo almeno nove figli e un cane. Il primo figlio lo chiameremo Tobias e… >>
 
<< Ora mi stai prendendo in giro! >>.
 
Ridacchia sulle mie labbra e annuisce.
 
<< Forse un poco >>.
 
<< Bene >> mormoro approfondendo il seguente bacio << Perché non ti lascerò chiamare nessuno dei miei figli Tobias >>.
 
 
fine flashback

 
 
 
*
 
 
 
[...]But we'd both agree
it's for the best you didn't listen
it's for the best we get our distance... oh...
it's for the best you didn't listen
it's for the best we get our distance*
 
 
 
VILLA MCKINNON, ora di cena
 
 
Max è il primo uomo della famiglia McKinnon quella sera a fare ritorno a casa. Ha dipinto in volto lo stress della giornata di lavoro intenso e, uscendo dal camino, già pensa a quanto gli piacerà riposarsi per qualche minuto prima di cena sulla poltrona morbida del salotto, la sua preferita, quella più vicina alla finestra.
 
<< Davvero non so come tu ti sia permessa di fare entrare gente del genere in questa casa! Chi diamine ti credi di essere!? >>.
 
Le soavi urla di sua sorella Marlene lo raggiungono facendo sfumare il piacevole pensiero di qualche minuto di dolce far niente, seduto in poltrona a rilassarsi.
 
<< L’ospitalità è una delle regole di base nel galateo, Marlene >>.
 
Cinthia, un metro e ottanta di grazia e compostezza, segue Marlene McKinnon quando questa piomba in salotto con l’atteggiamento di una furia.
 
<< Era anche l’ora che tu arrivassi >> sbraita la ragazza più piccola rivolta al fratello << Bell’esemplare di stronza che ti sei sposato >>.
 
L’uomo, venticinque anni sulla carta –ma quella sera se ne sente addosso almeno quaranta-, non può far altro che sospirare, vinto. Da quando lui e Cinthia si sono sposati e, come da tradizione, si sono trasferiti nell’ala separata della villa, sua sorella è pronta a fare un dramma per ogni piccola sciocchezza. Detesta Cinthia con tutte le sue forze, e ci tiene a dimostrarlo in ogni modo possibile.
 
<< Non osare parlare così a mia moglie >> ribatte alla sorella cercando in un solo sospiro di fare incetta di tutte le forze che gli serviranno per tenerle testa anche in questo scontro.
 
<< Bel corredo che si è portata dietro, tua moglie >> sbotta arrabbiata Marlene puntando contro la diretta interessata un dito accusatore << Mangiamorte! Certo! Io mi sento vomitare addosso ingiurie quando oso portare qui Sirius, però lei può raccattare per strada Mangiamorte come fossero gattini e offrirgli il tè nel nostro salotto! >>.
 
Capendo di essersi perso un pezzo piuttosto consistente di storia, Maxwell rivolge uno sguardo interrogativo a Cinthia, che assiste alla discussione impassibile.
 
<< Mio fratello è venuto a farmi visita, oggi. Lo hanno accompagnato Alecto e il più piccolo dei Lestrange. Abbiamo bevuto un tè qui in salotto e scambiato qualche convenevole. Non si sono trattenuti per più di una mezz’ora >>.
 
Maxwell conosce Cinthia da ormai così tanti anni da aver perso il conto, ma solo negli ultimi mesi può dire di averla saputa veramente. Prima di quei mesi, solo una parola avrebbe utilizzato per descrivere la sua attuale moglie: gelida.
 
Per questo motivo è disposto a scusare, quasi, la rabbia che Lène sembra nutrire per lei. Cinthia parla in modo educato e formale e pare impassibile. Ma è solo una durezza esterna, lui lo sa. Marlene invece no.
 
<< Marlene, sai benissimo che le uniche obbiezioni che mamma e papà muovono contro Sirius è il fatto di avere la reputazione di un ragazzo poco serio >>.
 
<< Sarà anche un ragazzo poco serio, ma almeno non rapisce ed uccide le persone per strada! Quella gente ha fatto saltare in aria una piazza e da mesi ormai rapisce la gente per incutere paura in nome di ideali folli! Quelle che oggi prendevano il tè nel nostro soggiorno sono le stesse persone che hanno rapito la mia migliore amica e che… >>
 
<< Sono accuse molto serie quelle che muovi nei confronti di Evan e degli altri. E sono infondate, altrimenti il ministero si sarebbe già mosso >> gli fa notare con voce stentorea Max, accomodandosi sulla tanto adorata poltrona. Purtroppo le urla della sorella hanno attizzato l’emicrania, che ora gli fa bruciare la testa come fosse invasa da fuoco liquido.
 
<< Accuse infondate? Mary è stata rapita, gettata a marcire all’interno di una cella piena di sangue per giorni e torturata più volte da quelle menti malate, e tu mi vieni a parlare della giustizia del ministero. Forse non hai capito che è stato Rabastan Lestrange ad uccidere mesi fa una ragazzina dentro le mura di Hogwarts, e a torturare Lily e Emmeline fino quasi ad ammazzarle. Anche se non posso provare la colpevolezza di Lestrange sono assolutamente certa di star dicendo la verità. Quel ragazzo è malvagio. Mette i brividi >>.
 
<< Oh, Lène, stai esagerando come al solito. Sei la regina del melodramma! Lestrange è un ragazzo come un altro, secondo me >>.
 
Una fiammata verde improvvisa proveniente dal caminetto indica l’arrivo di un altro membro della famiglia. Con fare sicuro, dal fuoco esce Timothy McKinnon, che non si acciglia a vedere parte della famiglia in assetto di guerra: ormai in quella casa è una scena comune.
 
<< Cosa è successo questa volta? >> domanda stanco facendo passare lo sguardo dalla nuora alla figlia.
 
Marlene, con fare stizzito, alza le mani in segno di arresa.
 
<< Va bene, sapete che vi dico? Tenetevi la vostra bella famigliola tutta pace e amore. Io non costruirò la mia pace quotidiana ignorando che fuori da quella porta i massacri sono all’ordine del giorno, e non ignorerò nemmeno il fatto che gli artefici di quei massacri sono quelli come voi >>.
 
Con passo deciso si dirige alle scale che portano al piano superiore, ma sulla soglia del salotto si ferma, voltandosi per qualche istante.
 
<< Se mai vi interessasse sapere cosa davvero succede nel mondo, oltre a quelle porcate che leggete su giornali di parte come la Gazzetta ogni giorno, venite a chiedermelo a casa di Sirius, perché io vivrò lì da adesso in poi >>.
 
 
*
 
 
La gonna di seta nera mi cade ancora una volta di mano mentre cerco scompostamente di piegarla per riporla nel baule.
 
La mia camera da letto appare come un campo di battaglia perfino ai miei occhi di disordinata cronica, con lunghi abiti gettati a casaccio sul letto e sullo scrittoio, mantelli appallottolati a terra e un armadio mezzo aperto in cui pare essere stato scagliato un bombarda.
 
Il baule ai piedi del mio letto, mezzo pieno di cose raccattate a casaccio, riassume velocemente la situazione.
 
Non ne posso più, la misura è colma.
 
Al mattino quando mi sveglio passo qualche minuto a crogiolarmi nell’illusione che il mondo non sia veramente in guerra. Osservo quei pochi raggi di sole che riescono a penetrare la coltre delle spesse tende alla finestra e penso che, se perfino su questa terra maledetta dal dio del clima può splendere il sole, allora forse la situazione non è tanto nera quanto appare.
 
Ma sono solo attimi. Poi la realtà torna a farla da padrona, e quando il gufo mi porta il giornale e sul giornale c’è la notizia di un’altra morte accidentale tutto crolla miseramente.
 
Qui a casa è una lotta continua fin da quando sono tornata da Hogwarts. Cinthia occupa il suo posto di Nuova Signora McKinnon con la grazia che le è propria e quel distacco professionale che me la fa tanto odiare: sembra un mestiere, il suo. Aspetta che mio fratello torni dal lavoro, alla sera, sorseggiando tè e dando ordini agli elfi domestici, da perfetta padrona di casa qual è.
 
Non esce, mai. Sono due mesi, ormai, che vive qui. Due lunghi mesi che non mette il naso fuori di casa e che comunica con l’esterno tramite rarissimi gufi.
 
Come può una persona essere così vuota e odiosa?
 
Un timido bussare mi coglie nell’atto di buttare cinque libri presi alla rinfusa nel baule.
 
<< Mamma? >>.
 
Deve essere appena rientrata. È l’unica occupante della casa a darsi la pena di me, ultimamente. Papà è sempre al lavoro, Max non mi è mai parso tanto lontano quanto lo è adesso.
 
Di nuovo, il rumore si ripete, obbligandomi a raggiungere la porta con nervosismo.
 
<< Mamma, cosa stai…? >>.
 
Non è mia madre alla porta, con quello sguardo apprensivo che ha ogni volta che si deve rapportare con me. A sua discolpa va detto che perlomeno ci prova.
 
Dall’altra parte della porta invece c’è nientemeno che Cinthia, solito sguardo imperscrutabile negli occhi e in volto un’espressione seria.
 
<< Possiamo parlare? >>.
 
La sua voce è roca e per un attimo, in quegli occhi bellissimi, passa uno scintillio indeciso. Ma è un istante, forse d’immaginazione, poi dita eleganti aprono di più la porta e lei entra nella mia stanza, quasi obbligandomi a lasciarla passare.
 
La guardo entrare, indispettita dal suo modo di fare. Cinthia ha l’atteggiamento di chi non si è mai sentita dire no in tutta la sua vita. Cosa, per altro, che la rende simile a me. Uniche figlie femmine di famiglie Purosangue molto ricche: in breve, viziate come poche.
 
La guardo osservarsi attorno come fosse nella più lussuosa delle botteghe di Diagon Alley, attenta. Si avvicina con passo elegante allo scrittoio in noce e sembra non fare caso al fatto che sia sepolto sotto strati di vestiti. Con una mano pallida e dalle dita lunghe accarezza il contorno di una cornice d’argento appesa di lato, al muro, al cui interno fa bella mostra di sé una foto del dormitorio ad Hogwarts che ho occupato per anni insieme alle altre ragazze. È stata scattata al quarto anno, quando Mary aveva ancora i capelli lunghi e io avevo la mania di andare in giro con alcune ciocche colorate di tinte improbabili.
 
<< Mi manca, Hogwarts >> sussurra con una dolcezza che non le attribuirei mai, se non la vedessi parlare qui davanti ai miei occhi << Lì dentro si vive al riparo >>.
 
Penso di poter parlare con cognizione di causa quando dico che la bellezza non mi ha mai impressionato. Io stessa sono molto avvenente, pare essere una caratteristica di famiglia da secoli.
 
Eppure adesso guardandola sono talmente stranita da non trovare parole con cui risponderle. Proveniente dalla finestra, la luce del tramonto, di un rosso infuocato, disegna la sua figura con una grazia fulgida, bagnando i suoi capelli di riflessi così dorati da farli apparire preziosi.
 
Quando si volta verso di me e mi guarda, i suoi occhi di norma imperscrutabili sono limpidi come quelli di una bambina, grandi e lucidi. Riesce perfino ad apparire umana mentre mi osserva esitante.
 
<< Ti prego, raccontami cosa succede veramente fuori da questa casa >>.
 



* Some Nights, Fun
   
 
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