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Autore: Alex Wolf    12/09/2014    2 recensioni
Storia prima denominata "La frusta dell'esorcista."
Dal capitolo 7°.
«Siete spregevole!» La mano di Thierry sfiorò la mia guancia, prima che la mia stessa Innocence gli imprigionasse il polso in una morsa ferrea. Riuscii a vedere il mio riflesso nei suoi occhi sorpresi, spaventati: una macchina assassina che non prova pietà per nessuno, neppure per coloro che combattono nella sua stessa fazione.
«Sono un diavolo, scelto da Dio ma pur sempre un diavolo, e in quanto tale è nella mia natura essere spregevole» sibilai, strattonandolo da una parte. Il corpo dell’uomo volò attraverso la foschia, tagliando la nebbia e creandovi un corridoio che si andò a riempire qualche minuto dopo il suo passaggio; dopo di che, atterrò sotto l’albero del Generale. Richiamai a me l’innocence, tornando a vedere a colori abitudinari e sistemai entrambe le braccia sui fianchi. Gli puntai un dito contro, affilando lo sguardo quasi a volerlo tagliare. «Prova a sfiorarmi ancora e la tua vita finirà in quell’istante.»
Genere: Generale, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Allen Walker, Nuovo personaggio, Rabi/Lavi, Un po' tutti, Yu Kanda
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Prologo.
 


Una bambina dagli occhi neri.
 


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Conoscerai un grande dolore e nel dolore sarai felice. Eccoti il mio insegnamento: nel dolore cerca la felicità.”
 
— Fedor Dostoevskij 
 
Era tutta coperta di fuliggine. Davanti al suo viso infantile s’innalzava lo scheletro di una vecchia casa, tenuta in piedi da quelle poche travi ancora non incenerite. Le fiamme schioccavano nel freddo vento notturno, scoppiettando di tanto in tanto e illuminando di ombre sinistre lo spazio che si stanziava attorno ai resti dello scheletro.
Dietro le lenti degli occhiali, lo sguardo color corallo del Generale Cross contemplava solo la piccola figura della bambina che se ne stava in piedi accanto a lui, stringendo la sua tunica in una piccola mano mentre con l’altra si asciugava le lacrime.
Mosso da un moto di compassione il Generale si inginocchiò, in modo da arrivare più o meno all’altezza della bambina, e le asciugò lui stesso le lacrime. Lei non si mosse, si limitò a guardarlo con i suoi occhi neri come il buio, che adesso li circondava, incerti e spaventati e tristi dopo l’accaduto di quella notte, ma anche diffidenti e scaltri nei suoi confronti. Aveva gli stessi occhi di Alex, che adesso non c’era più.
 Purtroppo, pensò Marian, non sono riuscito ad arrivare in tempo per salvarvi tutti.
«Mi dispiace» sussurrò l’uomo, caricandosi la bambina fra le braccia. Quella sbatté le palpebre sorpresa dal gesto del Generale che, tutta via, sembrava più sorpreso da se stesso che dallo sguardo che gli riservò in un secondo momento la piccola.
Non era mai stato bravo con i bambini, Marian Cross, non gli era mai importato di loro a meno che non facessero colpo sulle donne tuttavia questa volta si sentiva in dovere di salvare la figlia di un suo caro e vecchio amico, almeno per rendere un, sebbene minimo, favore ai genitori della bambina. Anch’essi, come lui, erano stati ottimi esorcisti e suoi fidati amici ma non avevano potuto nulla contro il numeroso attacco a sorpresa che gli era stato riservato dagli Akuma. Avevano gettato la loro unica figlia fra le braccia di Marian e gli avevano ordinato di salvarla, prima di venire bruciati vivi assieme ai loro nemici, senza smettere di combattere.
«Signore» la flebile voce della bambina raggiunse le orecchie di Marian in poco tempo, facendolo ridestare dalla visione che gli si trovava davanti. Timpacampi, intanto, svolazzava davanti alla casa registrando i fatti.
«Chiamami maestro.»
«Maestro, voglio la mamma» pigolò la bambina, stringendo forte tra le mani piccole una delle lunghe ciocche di capelli del Generale. Le lacrime che avevano ripreso a scendere più frequenti di prima inzupparono la spalla del Generale, le piccole spalle mosse dai singhiozzi portarono Cross a stringerla un po’ di più. «Perché non viene a prendermi? Era dentro la casa, assieme a papà. Perché non tornano a prendermi? Sono morti?» La bambina poggiò la testa sulla spalla del Generale sulla quale stava piangendo e vi nascose il viso. «Maestro, perché sono morti?» sussurrò lei, prime di chiudere gli occhi e smettere di parlare.
Tutto calò in una strana quiete, mossa dallo scoppiettio e il cigolio delle travi che cadevano e prendevano fuoco, il rumore del respiro della bambina e il battito del cuore del Generale, che quella sera sembrava molto turbato.
Marian Cross osservò ancora la casa, mentre questa veniva rasa al suolo dalle fiamme e chiuse gli occhi prima di darle le spalle. Timcampi lo seguì con velocità, poggiandoglisi sul cappello. Cross gli diede una pacca amichevole sopra la testa e sospirò: non gli capitava mai di vedere scene come quella, di sentire quel peso sul cuore come gli stava accadendo ora. Che cosa strana. Lui, il famoso Marian Cross, debitore a mezzo mondo, ora si trovava con in braccio una bambina piangente e senza un posto dove stare. Come avrebbe fatto? Di certo nessuna delle sue amanti lo avrebbe accolto se avesse portato con se una bambina. Non gli rimaneva che andare… all’Ordine Oscuro.
Dannazione, lui odiava quel posto ma non poteva lasciare la bambina per strada. Perché tutte a lui?
«Maledizione» borbottò, mentre Timcampi se la rideva sotto i baffi.
 
 
«Quindi, Cordelia e Alex sono stati uccisi e ti hanno affidato la figlia.»  Komui si passò una mano fra i capelli scompigliati dal cuscino, mentre con gli occhi scuri e assonnati esaminava come meglio poteva il volto della bambina, profondamente addormentata fra le braccia del Generale. L’uomo doveva ammettere che tutto si sarebbe aspettato da Cross tranne che tornasse con una bambina addormentata fra le braccia nel bel mezzo della notte, e per di più con l’orribile notizia della morte di due esorcisti che stavano rientrando al quartier generale.
«Esatto.» Il Generale lanciò un’occhiata alla bambina, e da dietro le lenti dei suoi occhiali a Komui parve di vedergli gli occhi lucidi. Ma doveva essere stata solo un’allucinazione: Cross Marian non piangeva mai, e mai si presentava di sua spontanea volontà al Quartier Generale. Doveva proprio voler bene a quella coppia di esorcisti, pensò Komui. «Ascolta Komui, questa bambina non ha più nessuno e io non posso occuparmene. Si chiama Evangeline e ha la stessa età di Lenalee…» Gli occhi rossi di Cross si posarono in quelli neri del supervisore della sezione scientifica e gli porsero una tacita, chiara domanda.
«Ho capito. La dia pure a me, Generale. Me ne prenderò cura io. » L’uomo allungò le mani verso Cross, mentre questo era intento a liberare con cautela i propri capelli e la tunica dalla stretta della bambina, che sembrava non volerlo lasciare a nessun costo. Quando passò il corpo addormentato della piccola al supervisore uno strano senso di leggerezza gli ricadde sulle spalle, evidenziato dall’umido delle lacrime cadute sulla sua divisa che ora lo stavano raffreddando.
 «Conto su di te, Komui Lee.» Il Generale Cross voltò le spalle all’uomo e si avviò verso il buio che incombeva oltre l’Ordine Oscuro, pronto a far sparire le proprie tracce il prima possibile. «Ah, dimenticavo: la mocciosa è compatibile.» L’uomo dai capelli rossi si voltò nuovamente per un breve istante, frugò in tasca e ne estrasse un piccolo frammento di Innocence.
«Oh, davvero? Bene bene.» Kmoui sorrise, accarezzando con dolcezza il capo della piccola che teneva fra le braccia. Le ricordava così tanto Lenalee. Poi, ridestandosi alzò il viso e fulminò Cross con lo sguardo. «Ah, Generale si ricordi di mandarci i suoi rapporti mensili! Sono tre mesi che li aspettiamo. Li invii, tutti!»
« Si si, li manderò.» Cross mosse con pigrizia la mano e tornò sui suoi passi dopo averlo lanciato al supervisore il piccolo frammento di Innocence e allora scomparve.
Komui rimase fermo in mezzo all’atrio principale del Quartier Generale con in braccio una bambina che non era Lenalee e un frammento di Innocence che brillava illuminando la stanza del suo tenue colore verde. Komui gettò uno sguardo alla ragazzina addormentata fra le sue braccia, osservò i suoi capelli neri e spettinati, le accarezzò le guance con la mano libera, con l’intento di pulirle il viso dalla fuliggine che, però, creava solo scie di nero che stonavano con la pelle arrossata dal troppo caldo che aveva sofferto: sembrava così fragile, quasi si dovesse rompere. Era simile a una bambola di porcellana, che aveva iniziato a creparsi.
«Bene, a quanto pare siamo rimasti solo io e te, Eve» sussurrò l’uomo, stringendosi al petto quella bambina che Cross gli aveva portato. Lei, nel sonno, gli strinse il pigiama in un pugno e si accoccolò di più a lui. Komui sorrise impercettibile, restando ancora qualche secondo ad ascoltare il suono del respiro di lei infrangersi contro il proprio collo, poi si voltò e ritornando sui suoi passi si mise a pensare a una buona spiegazione da dare al reparto scientifico, a Lenalee e a Evangeline l’indomani

 

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Isil (Likeapanda): Bene bene, eccomi qui. Ciao a tutti/e esorcisti e Noah e esseri umani (un po’ come preferite.) E’ un piacere conoscervi e avervi attratti con la trama fra le righe di questa umile storia. Ok, ammetto che come inizio è piuttosto scarso, ma avevo in mente quattro prologhi e tirando a caso è uscito questo.
Evangeline: Cos…?! COSAAAA?! Quatto prologhi?! E TU HAI ESTRATTO QUELLO PIU’ STUPIDO DI TUTTI?! Vabbè , inutile discutere tanto scommetto che anche gli altri tre erano penosi.
Isil: Ecco…
Komui: Su su, non litigate. Dopo tutto, una storia deve avere un qualche colpo di scena no? #OcchiatacciaDiEvangeline Eh… eheheh #RisataCaricaDiImbarazzo. Non dobbiamo prendercela con Isil-sama, Eve.
Isil: Io ascolterei Komui-dono, Eve-kun. Ho in mente molte, moooooooooooooltissime cose per il tuo futuro.
Evangeline: …
Isil: Perché i puntini di sospensione? Non ti fidi di me?! #SguardoDiFuoco
Evangeline: Chi si fida di te finisce sempre male, chiedilo alla protagonista della tua altra storia. E’ morta e ora si ritrova negli inferi. Credo che inizierò già ad odiarti adesso, almeno in futuro verranno fuori splendidi insulti.
Komui: Non litigate, ve ne prego. Almeno non davanti agli spettatori.
Evangeline: Zitto, uomo con la sindrome della sorella!
Komui: Ma… T.T
Isil: Evangeline, comportati bene! Piccola ingrata, come ti ho fatto ti distruggo!
Komui: Io NON ho la sindrome della sorella!
Isil & Evangeline: SI. Ce l’hai.
Komui: #FacciaDisperata Beh, almeno su qualcosa andate d'accordo.Va bene, ma adesso smette di litigare, per favore.
Evangeline: Tzè.
Isil: Bene, scusate quest’interruzione ma qualcuno non sa quando tenere la lingua a freno (#OchiatacciAEve). Ora passiamo alle cose importanti: se il capitolo è stato di vostro gradimento ci farebbe piacere ricevere una recensione con i vostri pensieri, non abbiamo problemi ad accettare anche critiche costruttive e complimenti ( i complimenti non guastano maiiii)
Evangeline: E chi te li dovrebbe fare i complimenti per questa schifezza?
Isil: Brutta ingrata! Ora ti faccio vedere io!
Komui: Beeeeene. Speriamo di aver attirato la vostra attenzione con questo prologo, gentili lettori… Ah, quasi dimenticavo: non preoccupatevi se le immagini d’inizio capitolo e delle N.d.a sono tetre, a Isil-sama piacciono e questo è solo un modo per usarle e… RAGAZZE, NON PRENDETEVI PER I CAPELLI! RAGAZZEEE!
Scusatemi cari lettori, devo intervenire. Alla prossima, vi aspettiamo.
RAGAZZE! LENALEE AIUTOOOOO!
  
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