Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: alix katlice    12/09/2014    3 recensioni
Nadia ha quindici anni e deve ancora scoprire chi è, qual è il suo posto.
Quando il migliore amico di suo fratello -Simone, che di anni ne ha diciannove e ha già capito tutto, si trasferisce a casa loro, Nadia pensa di aver finalmente trovato il suo principe azzurro.
Ma sarà davvero così?
La realtà è davvero come lei la vede?
Cosa succederebbe se, inconsapevolmente, cominciasse una partita pericolosa, di un gioco da cui non sa tirarsi fuori?
[...]
Ero troppo presa dalle parole di Nicola, che non mi accorsi dell'altra figura che era scesa dalla macchina.
Un paio di occhi verdi mi scrutarono, ed io scrutai loro: il ragazzo che li possedeva aveva una folta chioma di capelli neri come la notte, ricci, dei lineamenti non propriamente dolci ma in un certo senso femminili.
Era bello.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Image and video hosting by TinyPic




capitolo 1
ALLA VENUTA

 









This is not the way into my heart, into my head
Into my brain, into none of the above
This is just my way of unleashing the feelings deep inside of me
This spark of black that I seem to love

We can get a little crazy just for fun, just for fun
.


[F.L.E.S.H - Simon Curtis]



 

Il tutto inizia un pomeriggio di Settembre, con il suono fastidioso del campanello che disturba i miei pensieri e manda all'aria la mia concentrazione.
Studio latino, questo pomeriggio; guardo con insistenza la versione di dodici righe che spero si traduca da sola, il dizionario aperto, il quaderno dalle pagine candide: poi, qualcuno suona alla porta.
Mi alzo dal divano immediatamente, facendo rotolare la matita mordicchiata a terra, sul tappeto: mi dirigo velocemente, troppo, forse, quasi inciampo, verso la porta.
Quando la apro, un piccolo mormorio di sorpresa sfugge dalle mie labbra.
C'è Simone.
Io sono cambiata, lui per niente: io mi sono alzata -anche se sono sempre minuta, anche se ho mantenuto comunque i miei lineamenti da topina, come dice Nicola, e i capelli lunghi e scuri, gli occhi vivi e neri; ho un corpo più da donna che da bambina, i seni piccoli ma sodi e le gambe toniche, i fianchi più larghi.
Lui, invece, ha sempre quegli occhi chiari che ora mi mettono in imbarazzo, e quei capelli ricci: vorrei poterli toccare, vedere se sono morbidi, ma non mi sembra una buona idea e perciò non glielo chiedo.
È solo un po' più alto, le spalle un po' più larghe, le braccia più forti.
Il suo sguardo, a cui non sono abituata, mi mette in imbarazzo e un po' persino a disagio: fa scorrere i suoi occhi sul mio corpo -chissà se si aspettava di vedermi così cambiata, mi domando, (e, con sorpresa, mi chiedo anche se gli piaccio, se non mi vede più come la piccola bambina di dodici anni che è corsa incontro al suo fratellone quella gelida giornata di tre anni fa.)
E mi guarda, non accennando a voler entrare in casa, non accennando a nulla in realtà: mi sembrano passati diversi minuti -ore, giorni?, quando la sua espressione cambia.
« C'è Nicola? » mi domanda, senza salutare, ma sono troppo concentrata sul suono melodico della sua voce per riuscire a notarlo.
Scuoto la testa, intimidita. Guarda per un momento oltre la mia spalla, poi la sua attenzione torna su di me.
« Posso entrare? » chiede in seguito.
Mi scosto leggermente, così poco che quando entra posso sentire il calore che emana il suo corpo quando mi passa accanto.
Prendo un respiro profondo, prima di chiudere la porta e dirgli di mettersi comodo in cucina.

 

Nicola arriva verso le sette, quando io avrei dovuto già da due ore finire la mia versione di latino, e invece sono ancora alla settima riga.
Appena si entra nella mia casa c'è un piccolo atrio e poi il salotto: poi un corridoio che conduce alle camere da letto, ai due bagni e allo studio. La cucina si trova alla sinistra del salone, e da lì si arriva alla terrazza.
Perciò, la prima cosa che Nicola vede quando arriva sono io.
Si avvicina, e come al solito mi da un bacio sulla guancia e mi domanda com'è andata oggi, mentre intanto si toglie il giacchetto -ancora leggero per via del tempo caldo di Settembre.
« C'è Simone in cucina » gli dico, interrompendolo, prima di fargli finire la domanda.
Ed è come se gli avessi gettato un secchio d'acqua gelata addosso: si immobilizza e mi guarda, quasi come se si aspettasse che da un momento all'altro cominciassi a ridere e dicessi che è uno scherzo.
Ma uno scherzo non è, e la sua reazione mi inquieta.
« Quando è arrivato? » mi domanda, passandosi una mano fra i capelli scuri e scompigliandoli.
« Qualche ora fa. Mi ha chiesto di farlo entrare, anzi, no, prima mi ha chiesto se eri in casa e poi di farlo entrare. L'ho mandato in cucina... pensavo, è un tuo amico, no? » rispondo io, preoccupata di aver fatto qualcosa di sbagliato.
Nicola mi sorride, forse essendosi accorto della mia inquietudine, ma so che non è un sorriso vero: conosco mio fratello più di quanto io conosca me stessa.
« Sì, siamo amici. Non devi preoccuparti, Nena, aspetta qua: quando arriva la mamma dille che è arrivato Simone e dille di apparecchiare per quattro, per favore. »
Se ne va, lasciandomi sola.
Mentre tento di finire questa maledetta versione di latino, posso sentire le loro voci, dai toni animati, che discutono di un argomento che non riesco a visualizzare bene: ma non mi interessa -non deve, e mi costringo a non ascoltare.

 

La mamma arriva con una busta della spesa in una mano e un libro dalla copertina rigida nell'altra.
La aiuto a poggiare sul tavolo della cucina la spesa -Nicola e Simone si sono trasferiti nella stanza di mio fratello, intanto, e poi la abbraccio: le racconto della giornata, della versione di latino che mi ha fatto tanto penare, di Ilaria -la mia migliore amica, che oggi ha preso un bel voto dopo tanti tre, di come Simone si è presentato alla porta e della richiesta di Nicola di apparecchiare per quattro.
La mamma mi sembra turbata, un po' troppo: le do una mano anche a tagliare i pomodori per il sugo per la pasta e a lavare l'insalata.
Quando abbiamo finito, la cena pronta e la tavola apparecchiata, la mamma chiama Simone e Nicola.

 

« Simone può stare qui da noi, per qualche giorno? »
Questo è l'inizio della conversazione che la mamma e Nicola portano avanti per tutta la durata della cena. Parlano di cose puramente tecniche -come il posto dove dormirà, o come gli orari dei pasti, o il coprifuoco delle dieci e mezza nei giorni scolastici e dell'una nel week-end, fino ad arrivare alle motivazioni e agli spostamenti e a tutta una serie di cose che non riesco a seguire.
La mia mente, infantile, forse, per dare così tanto peso al bel viso di Simone o al modo in cui ogni tanto rivolge lo sguardo verso di me -che mi infiamma il viso e fa volare le farfalle nel mio stomaco come il più noioso dei cliché, non tiene in conto null'altro che non sia gli occhi chiari e i ricci scuri dell'amico di mio fratello.
Vengo risvegliata dai miei pensieri dalla voce di Nicola, allegra, e mi rendo conto che la mamma deve avergli dato il permesso di ospitare Simone.
« Ehi, Nena, per te non c'è problema, vero? » mi domanda, sorridendomi.
Sposto lo sguardo velocemente su Simone, lo osservo.
Anche lui mi sorride, ma non come Nicola. È un sorriso che mi fa provare le stesse emozioni dei suoi sguardi di prima.
« Certo... » dico alla fine « ...nessun problema. »


La mattina dopo, quando vado a scuola, Simone dorme sul divano.
Faccio piano, per non svegliarlo: afferro velocemente un panino alla nutella dal tavolo -mamma me lo prepara ogni mattina, prima di andare a lavoro, e poi esco silenziosamente, osservandolo mentre dorme.
Mentre cammino sul vialetto i miei pensieri sono cosparsi da immagini vivide del suo viso: ha un bel viso, ma non bello quanto quando lo è da sveglio.
Quando si dorme calano tutte le difese e, in tutti i romanzi che ho letto, la protagonista ama vedere il proprio amato dormire: lo ama senza difese.
Io non amo, invece: io osservo, studio.
Sto osservando Simone da parecchie ore e la cosa che più mi affascina di lui è la luce che possiedono i suoi occhi.
« Pensierosa, oggi? »
Mi volto e sorrido ad un ragazzo dai capelli rossastri e gli occhi azzurri, una spruzzata di lentiggini sul naso: è Andrea, il moccioso dei vicini che anni fa voleva catturare gli uccelli nelle loro casette.
Ora è uno dei miei migliori amici.
Gli sorrido e mi sporgo per dargli un bacio sulla guancia: lui mi stringe leggermente, come se fossi una bambola di porcellana, e poi mi lascia andare.
« Un po' » rispondo, alla domanda di prima.
« Qualche novità interessante? »
Penso un po' alle parole che sto per dire, prima di pronunciarle: le parole sono importanti, e non vorrei che fraintendesse ciò che sto per dire.
« Sai, uhm, Nicola? »
Andrea annuisce, mentre comincia a camminare ed io lo seguo.
« Un suo amico ieri pomeriggio è venuto a casa e mi ha chiesto di farlo entrare. Quando Nicola è arrivato hanno discusso per un po' e meno di un'ora dopo erano completamente a loro agio. Anche mia mamma, quando le ho detto che era venuto Simone (si chiama così) mi è sembrata turbata... e poi a cena era tutta contenta. Non, diciamo, non capisco molto cosa sta succedendo, e sai quanto io odi quando non capisco cosa mi capita attorno. »
Mentre parlo, percorriamo la via alberata di casa nostra, diretti a scuola: osservo l'autobus che ci passa accanto, superandoci.
Potremmo prenderlo, ma preferiamo camminare, sia io che Andrea: in più, il liceo è così vicino che ci mettiamo dieci minuti a piedi.
« Ed è solo questo? » mi domanda, quando vede che non sono più concentrata sulla conversazione.
Penso un po', prima di rispondere.
« No » mormoro, prendendolo sotto braccio « non è solo questo. »


Appena arrivo a scuola getto lo zaino sul banco, accanto ad Ilenia.
Ilenia, capelli scuri e ricci, occhi dello stesso colore e pelle color miele, è la mia migliore amica: in classe non ho legato con nessuno oltre che con lei (Andrea non frequenta il liceo classico) e mi fa sentire meno sola. Uno dei motivi per cui noi due andiamo d'accordo è quello che comprende la sua parlantina sfrenata e le mie poche e timide parole.
Un altro, è che mi piace davvero tanto.
È matta, ma in senso buono: potrebbe avere molti più amici di me ed Andrea, perché lei è così aperta, solare, ha la parlantina facile di Nicola.
Io invece... io invece no. E ogni tanto mi chiedo cosa sia quel qualcosa che la trattenga dallo scollarsi da me ed essere la migliore amica di qualcun altro.
Io che sono così chiusa, che penso sempre a tante cose e non dico quasi mai nulla, io che potrei sembrarle benissimo una ragazzina infantile, sola con le sue mille preoccupazioni.
Lei sa già chi vuole diventare, cosa vuole fare fra qualche anno, ha dei progetti, delle ambizioni.
Mentre io... io sono ancora alla ricerca di chi sono e del mio posto.

Durante la prima ora, lezione di matematica, le spiego velocemente quello che non ho avuto il coraggio di dire ad Andrea per un motivo che neppure io riesco a capire.
Le parlo sottovoce, parole strascicate e continue interruzioni, ma alla fine riesco a farmi capire ed è questo ciò che conta.
Mi guarda concentrata, perché se in un primo momento può sembrare superficiale e menefreghista, sotto c'è tanta voglia di ascoltarmi, di aiutarmi.
Quando termino il racconto, -Simone e i suoi occhi, i suoi sguardi che mi sondano come per valutarmi, soppesarmi, mettermi alla prova, lei ha un'espressione che, sul suo viso, signica solo una cosa: una brutta, anzi, pessima idea.
« Questo è l'inizio di una storia clandestina, te lo dico io » mormora, un sorriso malandrino.
La lascio parlare, comincia a raccontare nei nostri futuri incontri segreti dentro il bagno.
Alla fine delle sei ore, ho la testa che mi scoppia, ma l'abbraccio ugualmente.
« Ci vediamo domani! » esclamo, dopo che anche Andrea l'ha salutata.
Ci dirigiamo a casa mentre lei prende l'autobus: ci saluta dal finestrino mentre ci sorpassa.


Dopo un intenso pomeriggio di studio, senza aver visto Simone per casa, mi dirigo verso la cucina con il desiderio di mangiare velocemente e poi andarmene a dormire.
La sera, a cena, Simone non c'è.
Me ne accorgo appena entro nella sala, e vedo apparecchiato solo per tre persone: osservo la mamma mentre mette in tavola una tovaglietta di paglia -la delusione mi avvolge e mi rende debole, come se fossi spenta, e toglie la pentola con la pasta dal fuoco e la posiziona lì, fra il mio posto e quello di Nicola.
Mi siedo, sorrido alla mamma.
« Simone non c'è? » domando, prima che possa trattenermi, e non so neppure perché lo sto chiedendo -perché dovrebbe interessarmi.
Mamma, come prevedibile, mi rivolge un'occhiata incuriosita, come se non si aspettava che glielo chiedessi, e prima che possa aprire bocca interviene Nicola che è velocemente arrivato e si è già seduto.
« Simo' mangia fuori, stasera » dice lui, alzando le spalle come per scusarsi, ma con un sorriso in viso.
Capisco quell'espressione dopo qualche secondo, e una vampata di calore mi investe: ho sempre detestato il fatto di non riuscire a trattenermi dall'arrossire, ma è più forte di me e spero che nessuno se ne accorga.
Simone non mangia fuori, stasera. O almeno non da solo.
Sarà in buona compagnia, magari di una ragazza, e tornerà solo a notte fonda o persino domattina, se lei è una sentimentale.
Potrà godersi il suo sorriso alla luce appena accennata dell'alba, la sua cascata di ricci neri sul cuscino candido, le sue labbra sulla pelle, le sue ma...
« Nena, tutto okay? » mi domanda Nicola, quel sorriso sempre in volto.
Mi prudono le mani e capisco che potrei facilmente prenderlo a schiaffi.
« Certo, perché? » chiedo io in risposta, sperando di non trovare conferma di ciò che già so nella sua espressione.
E invece, trovo la conferma.
« Senti caldo? Sei arrossita di botto » dice lui, non senza una sfumatura instigatrice nella voce: decido di non rispondere alla provocazione per il semplice fatto che alla mamma non piace interrompere i nostri battibecchi, e per il fatto che Nico non ha davvero voglia di infastidirmi.
Il resto della cena lo passo ad ascoltare ciò che mio fratello e la mamma hanno fatto durante la loro giornata e a pensare alle mani di Simone sul corpo di qualcuno che so per certo di non poter essere io.

 

Mi sveglio di scatto, un suono di un qualcosa che cade rimbomba nella mia testa e nel silenzio della casa.
Mi alzo, scostando le coperte con un gesto incerto, ed esco dalla mia camera.
So che dovrei muovermi con cautela -potrebbero essere dei ladri, intrusi, ma non mi passa nemmeno per l'anticamera del cervello l'ascoltare quel muto consiglio.
I miei piedi nudi non producono alcun rumore sul pavimento freddo: rabbrividisco leggermente, ma continuo a camminare.
Quando raggiungo il salone, non dovrei rimanere troppo sorpresa di trovarci Simone, la luce accesa che mi fa quasi male agli occhi: invece, il mio cuore ha una specie di sobbalzo, che non riesco a trattenere.
Lui mi vede, quasi nello stesso istante in cui lo vedo io, ma non dice nulla.
Mi sorride e si siede sul divano.
Vedo per terra una felpa e le sue scarpe, gettate da un lato.
Poi alzo lo sguardo: continua a guardarmi, mentre si sfila la maglietta e la getta da un lato.
Arrossisco -come prevedibile, quasi immediatamente: mi piacciono le linee del suo corpo, i muscoli accennati ma non troppo; hanno un qualcosa di armonioso che mi lasciano incantata, quasi.
Capisco che lo sa, che sa benissimo cosa sta passando per la mia mente in questo momento: lo comprendo appieno quando, sempre guardandomi, si slaccia solo i primi bottoni dei jeans, e poi si sdraia sul divano con un movimento aggraziato, (tutto questo continuando a guardarmi.)
E mi guarda, ancora, ancora: capisco che è una sorta di sfida, una muta sfida.
Cosa farai adesso?
Non capisco, ed il mio cuore non aiuta: batte ad una tale velocità che non riesco a capire nulla.
Mi volto e torno a letto, voltandomi una sola volta per vedere che Simone ha incrociato le braccia dietro alla testa e ha chiuso gli occhi, un sorriso furbo in volto.
Sono brava a capire le persone: quando torno in camera mia e mi metto sotto le coperte, però, non riesco a vedere oltre gli occhi chiari di Simone.
Non riesco a leggerlo. Non come faccio con tutti gli altri.






 





Spazio di Alice:

Piccolo particolari:
Il banner l'ho fatto io (e si vede) e i prestavolto per Nena e Simone sono Eline Powell e Robert Sheehan (per chi ha visto Anita B., sì, sono i protagonisti).

Salve a tutti! Eccoci qui con il primo vero capitolo di questa storia: il prologo era una sorta di introduzione ai personaggi e alla situazione in cui ci troviamo; con questo primo capitolo -spero, si cominciano a capire alcune relazioni che legano la protagonista agli altri personaggi. I personaggi per ora sono solo questi (con l'aggiunta della nonna di Nadia che comparirà nel prossimo capitolo o nel terzo!).
Naturalmente la storia sarà incentrata sul rapporto di Nena con Simone, ma questa non è una storia d'amore: è una storia di crescita.
Perciò, spero di riuscire a trattare anche il rapporto che c'è fra Nadia, Ilenia e Andrea, oltre che a quello con sua madre, Nicola e la nonna.
Insomma... spero vi sia piaciuto questo primo capitolo e spero che continuerete con me questo piccolo viaggio dentro la testa di Nadia :3
P.S: grazie mille ai recensori del prologo, alle 2 persone che hanno inserito fra i preferiti, alle 2 fra i ricordati e alle 4 fra i seguiti!
Mille grazie!
Spero che anche questo capitolo sia piaciuto (ho cambiato l'impaginazione che a breve cambierò anche al prologo :3)
Se vi va, lasciatemi un piccolo parere,  fa sempre piacere e aiuta a migliorare :D
Bacioni :*

 

 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: alix katlice