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Autore: fire_94    19/09/2014    2 recensioni
Nella città di Tarri, assieme agli umani convinvono altre due razze, molto diverse fra loro e da sempre in competizione. Una, le Ombre, razza molto simile agli umani, con caratteri scuri e dai poteri misteriosi; l'altra, i Domatori, razza anch'essa dalle fattezze umane, ma che presenta dei caratteri “bestiali” e che è in grado di comandare delle creature potenti e straordinarie.
Oltre a loro, da poco sono comparsi anche i Cuori Impuri, delle creature che si cibano di umani ma invisibile agli occhi delle loro prede.
Da allora, Ombre e Domatori hanno smesso di combattere fra loro, almeno per ora, e si sono dedicati allo sterminio dei Cuori Impuri, sebbene cerchino di evitarsi il più possibile...
Questa più che una trama mi rendo conto che è soltanto una descrizione di queste razze che faranno da protagoniste alla mia storia... mi scuso, ma ancora devo capire bene anche io come si evolverà.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Capitolo Tre
Mezzosangue

 
In quella giornata di sole cocente, per nulla diversa dalle altre, Kimiya se ne girava indisturbata fra i cittadini di Tarri. Non che ce ne fossero molti a quell'ora del pomeriggio, giusto alcune ragazze che si recavano al centro della città, con dei vasi enormi fra le mani, per riempirli con l'acqua della piccola oasi. Sparsi sulla sabbia c'erano ancora delle macchie di sangue, che Kimiya dedusse dovessero risalire alla battaglia contro i Cuori Impuri alla quale avevano partecipato anche i suoi compagni.
Nessuno dei pochi passanti sembrava far caso a quella ragazzina dall'aspetto fragile, con i lunghi capelli biondi spettinati dal vento caldo, dotata di una flessuosa coda di gatto dal pelo grigiastro. Né Kimiya faceva particolare caso alle persone che la circondavano, d'altronde, sebbene a volte guardasse in ogni dove, alla ricerca di Yashar, di cui tuttavia non trovò alcuna traccia.
La Domatrice sbuffò da un lato della bocca, sollevando in aria un ciuffo di capelli che le era finito davanti all'occhio. Non riusciva a capire dove potesse essersi cacciato quel povero impiastro, ormai aveva già girato più di mezza città senza trovarlo. Si ritrovò a credere che fosse morto per davvero, ma le sembrò comunque parecchio bizzarro non ritrovare il suo cadavere, dopotutto i Cuori Impuri non si cibavano certo di Domatori. Almeno non che lei sapesse, ma era pur vero che quelle piccole creaturine si stavano pian piano evolvendo nel corso degli ultimi anni. Chissà, magari erano arrivati a farsi piacere anche la carne dei Domatori e delle Ombre.
Aveva preso a valutare l'opzione di tornare indietro a mani vuote e sperare che il nuovo membro che avrebbero mandato al posto di Yashar fosse un tipo interessante, quando con la coda del suo occhio ametista notò un movimento sotto il tendone bianco di una bancarella vuota, alla sua sinistra. Si voltò a guardare in quella direzione, e riuscì a scorgere, anche se solo per un istante, il viso di un uomo sulla quarantina, marchiato con dei simboli neri che si intrecciavano più volte fra loro. Sulla testa, poi, gli spuntavano due lunghe corna di cervo.
Il tipo non si accorse nemmeno dello sguardo di Kimiya, e si coprì in fretta e furia fino agli occhi con una benda bianca. A quel punto, si incamminò a passo svelto verso sud, senza preoccuparsi di evitare quelle poche persone che incontrava sulla via, spintonandole in modo brusco con la spalla. Non degnava nessuno di uno sguardo, pareva troppo concentrato su chissà cosa.
Kimiya aveva smesso di avanzare per osservare quel losco figuro. Non riuscì a trattenere una risatella divertita. «Un Mezzosangue,» mormorò fra sé e sé, quasi estasiata di averne incontrato uno. Forse, si disse, Yashar l'aveva fatta una cosa buona nella sua vita, o forse nella sua morte, non le era dato saperlo visto e considerato che non l'aveva ancora ritrovato né vivo né morto. Almeno, le aveva permesso di incontrare un Mezzosangue.
Si passò una lingua fra i denti, dai canini fin troppo appuntiti, poi si portò due dita alle labbra e fischiò. Alcune persone si voltarono a guardarla, ma non appena si accorsero della sua coda distolsero gli occhi.
Dopo pochi istanti, il terreno iniziò a tremare sotto i piedi di tutti. A pochi passi di distanza da Kimiya, sbucò una testa grande forse il doppio di quella della ragazza, dotata di due piccole antenne e una bocca invisibile sotto lo spesso strato di peluria grigia. Non aveva occhi, eppure era chiaramente girato in direzione della sua padrona, come se fosse davvero in grado di vederla.
Kimiya si inginocchiò per potergli parlare più da vicino. «C'è un Mezzosangue qui, Jafa. Che ne dici di seguirlo e scoprire che combina?»
La creatura le rispose con un verso strozzato. Quindi, sparì di nuovo sotto terra, lasciando una buca grossa come la sua testa lì dove era stato poco prima. Kimiya allora si rialzò in piedi, chiedendosi cosa avrebbe potuto fare, una volta catturato il Mezzosangue. Avrebbe potuto affrontarlo direttamente per vedere di cos'era capace, sperando che decidesse di utilizzare i suoi poteri da Ombra, oppure prenderlo alla sprovvista e catturarlo per poi torturarlo un pochino, prima di ucciderlo.
Alla fine, decise che ci avrebbe pensato una volta ritrovatasi davanti al diretto interessato; così, con un sorriso allegro e gli occhi illuminati al pensiero di poter finalmente dare libero sfogo alla sua vena sadica, seguì il suo piccolo amico nascosto sotto terra e il Mezzosangue, prima che quest'ultimo sparisse oltre una casa mezza diroccata.
Svoltarono in diversi vicoli bui, in quegli anfratti in cui nemmeno gli accecanti raggi del sole osavano addentrarsi. Kimiya non dovette far altro che restare a parecchi metri di distanza dal Mezzosangue per non farsi notare, dato che quello non sembrava prestasse molta attenzione a ciò che aveva intorno. Pensò che, forse, non gli importasse di essere seguito, oppure invece si era accorto della sua pedinatrice e le stava tendendo una trappola. Qualsiasi fosse il motivo, la Domatrice non se ne preoccupò: aveva già affrontato diversi Mezzosangue prima di allora, ma mai nessuno era stato in grado di donarle il divertimento di una vera battaglia, degna di questo nome. Qualcuno era scappato, o meglio, ci aveva provato, dopo aver visto una sola delle creature di cui la ragazza disponeva, mentre altri, i più coraggiosi, avevano resistito ben poco.
A dire la verità, erano veramente pochissime le volte in cui un nemico, di qualsiasi tipo, fosse riuscito a darle del filo da torcere. Ormai non poteva che sperare nelle Ombre, infatti, famose per la loro incredibile abilità nel combattimento.
Una volta usciti dall'ennesimo vicolo, Kimiya fu abbastanza stupita di ritrovarsi nel bel mezzo del deserto, fuori da Tarri. Non si era nemmeno accorta di aver oltrepassato le mura. Si voltò per guardare indietro per assicurarsi di non essere impazzita, e notò che le mura invece c'erano eccome, solo che lei e il Mezzosangue ci erano passati attraverso. Interessante, aveva appena scoperto un passaggio segreto, peccato che aveva già completamente dimenticato la strada percorsa per arrivare fin lì.
Quanto tornò a guardare in avanti per controllare la posizione del Mezzosangue, aggrottò la fronte nel ritrovarsi completamente sola nel bel mezzo del deserto. Le dune di sabbia procedevano per chilometri e chilometri, inesorabili, di fronte a lei, e in quel mare giallo era impossibile che quel tipo fosse riuscito a sparire dalla sua vista in così poco tempo. Dopo un iniziale sbigottimento, la sua espressione iniziò a rilassarsi piano piano, mentre le labbra si distendevano in un sorriso sadico.
«Jafa, vieni fuori,» ordinò. La creatura sbucò dalla sabbia a pochi centimetri dai suoi piedi, agitando le antenne in direzione della sua padrona, come per attirare la sua attenzione. Kimiya si abbassò su di lui. «Dov'è andato?», gli chiese.
Sotto, le rimbombò una voce nella testa.
Era andato sottoterra. Kimiya annuì e carezzò la testa pelosa del suo amico per ringraziarlo del buon lavoro. Doveva averla notata e aveva deciso di provare a seminarla, peccato per lui che a pedinarlo era una Domatrice della terra. Non esisteva posto sotterraneo dove potesse sfuggirle.
«Portami da lui.»

 
~~~

Seduto nel buio, con la schiena poggiata contro il muro, con le braccia sollevate a cui erano attaccate delle catene che si reggevano a una sbarra di ferro posta poco sopra la testa del poveretto, c'era una figura muscolosa, immobile. Il suo busto si alzava e abbassava con un ritmo irregolare e veloce, i suoi denti spesso si stringevano con forza e il suo intero corpo si sollevava, come in preda a un atroce dolore al quale non riusciva a resistere.
Davanti a lui c'erano altre due figure, in piedi, che lo fissavano nel buio. Uno di loro era un uomo, gigantesco e imponente, che superava di molto i due metri. Fissava il prigioniero con uno sguardo glaciale, che tuttavia egli non era in grado di vedere in quel buio. Accanto all'uomo c'era un altro ragazzo, leggermente più basso e con un fisico, sebbene muscoloso, molto più slanciato.
Non appena entrò, entrambi si voltarono a guardare Farrin fare il suo ingresso. La ragazza rispose ai loro sguardi con un cenno del capo, quindi afferrò l'orlo della benda con cui si copriva il volto e la tirò giù. Il ragazzo, Shayan, le strizzò l'occhio, mentre l'uomo, Jahangir, tornò a concentrarsi sul prigioniero. Quest'ultimo aveva preso a deglutire in preda all'ansia e al dolore.
Farrin si avvicinò ai suoi compagni di squadra, lentamente. «Che succede?», chiese.
Jahangir incrociò le braccia sull'ampio petto. «L'abbiamo trovato privo di sensi poco fuori dalle mura,» spiegò.
Farrin allora degnò il loro ospite di qualche sguardo in più. Le sue braccia, che all'inizio le erano sembrate normali, in realtà erano dotate di squame azzurre e le sue mani avevano soltanto quattro dita, tutte dotate di unghie talmente lunghe e affilate da sembrare delle lame. Inoltre, notò con orrore che disseminati lungo tutto il corpo aveva numerosi graffi, da cui colava ancora del sangue fresco e scarlatto. La sola vista di quel liquido scuro le fece salire un conato di vomito, che tuttavia riuscì a mandare giù deglutendo due volte di fila.
Indietreggiò di qualche passo, quasi involontariamente. Se anche una sola goccia di quel sangue le avesse macchiato i vestiti, sapeva già che avrebbe dato di matto, perciò era meglio per tutti se gli stava il più lontano possibile.
«Cosa ci faceva una Bestia lì?», grugnì Jahangir, inginocchiandosi per portare il volto vicino a quello del prigioniero. Questi, probabilmente, poté soltanto sentire il suo odore e il tocco del suo respiro sulla pelle, ma al massimo sarebbe stato in grado di vedere soltanto la sagoma scura del grosso uomo che aveva di fronte.
«C'erano anche loro a combattere,» spiegò a quel punto Farrin. Ancora non aveva avuto modo di spiegare cosa avesse visto durante la missione. Purtroppo, mentre stava tornando dai suoi compagni, aveva dovuto fermarsi per salvare un gruppetto di umani accerchiati da almeno una ventina di Cuori Impuri. Li aveva dovuti uccidere tutti quanti con il combattimento corpo a corpo, stando ben attenta a non sporcarsi con il loro sangue, e quando aveva finalmente terminato anche i suoi compagni avevano completato la missione, ormai.
Shayan le rivolse un'occhiata sconcertata. Anche al buio, il suo tatuaggio nero a forma di spirale sulla guancia sembrava quasi splendere, agli occhi di Farrin. «Cosa?!», sbottò, visibilmente sconvolto.
Jahangir colpì la guancia del prigioniero con un pugno ben assestato. Quello sputò un grumo di sangue per terra, e Farrin indietreggiò ancora. «Cosa ci facevate lì? Chi vi ha mandati?», gli urlò contro il grosso omone.
Il Domatore puntò gli occhi, di un verde acceso, sulla figura di Jahangir, mentre sulle sue labbra sporche di sangue si dipingeva un sorriso beffardo. «Perché dovrei dirvelo?»
Jahangir gli assestò un altro pugno, questa volta sulla mascella. «Non sei nella posizione più adatta per fare lo sbruffone, sporca feccia! Rispondi, se non vuoi che ti fracassi la testa!»
«Puoi farmi tutto quello che ti pare, ma non ho intenzione di parlare.»
Farrin vide i muscoli del suo caposquadra gonfiarsi e irrigidirsi e il suo corpo tremare quasi dalla rabbia. Se avesse potuto, avrebbe voluto calmarlo, per impedire che disseminasse il sangue della Bestia sui muri e su tutto il pavimento, ma quando si infuriava, sapeva bene che la cosa migliore da fare era lasciarlo sfogarsi a modo suo. Altrimenti, sarebbe potuto diventare molto pericoloso, e lei era consapevole di non poter competere con la sua forza.
Per alcuni istanti, sia lei che Shayan rimasero immobili, con gli occhi fissi sulla schiena del loro capo, in attesa di scoprire come avesse intenzione di ridurre il prigioniero. Invece, dopo quella che parve un'eternità, Jahangir si rialzò in piedi con un sospiro, i pugni stretti lungo i fianchi.
«Devi essere una mezza tacca se i tuoi compagni ti hanno lasciato indietro,» disse invece.
Farrin si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. Per fortuna, almeno per una volta, il suo capo sembrava aver deciso di controllarsi. Francamente odiava i suoi scatti d'ira, che purtroppo erano molto più frequenti di quanto qualsiasi membro della squadra potesse desiderare.
«Verranno a prendermi,» rispose il Domatore fra i denti. A giudicare dal suo tono, però, quella sembrava più una specie di frase detta a se stesso per convincersi che fosse così, piuttosto che una minaccia verso quei tre.
Jahangir a questo punto scoppiò a ridere, una risata fragorosa, e il suo vocione rimbombò sulle pareti. «No che non verranno, e tu lo sai bene, feccia. Ti hanno lasciato indietro perché sei un debole. Probabilmente ora la tua squadra sta sperando che mandino qualcuno più qualificato per rimpiazzarti. Seppure dovessero scoprire che sei prigioniero da noi, non rischieranno certo la pelle per venirti a prendere, ti pare?»
Il Domatore abbassò la testa, un'espressione a metà fra la rabbia e la tristezza per la consapevolezza che l'Ombra davanti a lui aveva ragione. Rimase in silenzio, nonostante tutto sembrava intenzionato a non tradire per alcuna ragione i suoi compagni. Dopo alcuni secondi, però, mormorò qualcosa. «Kim verrà a prendermi...» Un sussurro quasi impercettibile, che Farrin riuscì a captare appena.
Jahangir lo colpì con un calcio sul mento. «Chi?», sbottò, ora di nuovo arrabbiato.
Prima che il prigioniero potesse rispondergli, però, una ragazza entrò di corsa; sia il caposquadra che le altre due Ombre si voltarono a vedere la figura alta e slanciata di Nahal nel buio.
«Capo, è importante!», disse. Nonostante avesse corso, non aveva né una goccia di sudore né l'aria di essersi affaticata.
«Cosa c'è?», grugnì lui.
«Roxana ha avvistato un Mezzosangue in città.»
Farrin, così come i compagni, spalancò gli occhi per la sorpresa. Era davvero raro che i Mezzosangue uscissero allo scoperto, infatti trovarne uno era davvero un'impresa difficile.
Jahangir rivolse un cenno a Farrin. «Va' con loro. Io e Shayan rimaniamo qui a cercare di far parlare questo stronzo.»
Farrin si portò una mano sul cuore, in una posizione rigida. «Sì, signore!» Dopo queste parole, seguì Nahal verso la luce del sole.


Angolo Autrice:
Ecco il terzo capitolo!
Se devo essere sincera, non sono del tutto convinta di averlo scritto in modo decente, non so perché... però non riesco a capire il motivo di questa sensazione, dato che se non lo rileggo un mese dopo non capisco mai cos'è che non va, quindi prego i miei lettori di avvisarmi di qualsiasi cosa non vada, così potrò correggerla.
Ok, detto questo... Dunque, adesso sono comparsi anche i Mezzosangue. Per sapere chi sono e cosa vogliono e tutto il resto, be', mi dispiace ma dovrete aspettare i prossimi capitoli. Ah, a proposito, il prossimo sarà lunghissimo, una cosa come sette pagine, che anche se non sembra un granché detto così, poi quando lo metto su efp mi rendo conto che è lungo! xD
Come al solito in questo angolo parlo a sproposito -.-"
Bene, vi saluto e mi dileguo, ché è meglio! xD
   
 
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