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Autore: pluviophilia    19/09/2014    4 recensioni
[STORIA SOSPESA A TEMPO INDETERMINATO]
"Sei Giulietta, vero?" domandò.
"Juliet." ribattei seccata, non mi era mai piaciuto quel soprannome.
"Giulietta, in Shakespeare, finisce molto, molto male." continuò impertinente.
"Romeo anche peggio."
**
Improvvisamente sentii la presa sui miei fianchi stringersi ancora di più e un dolore acuto
perforarmi la colonna vertebrale, seguito da un bruciore dove era appoggiata la sua bocca.
Colpii il pavimento con un tonfo e non riuscii più a distinguere le figure intorno a me.

[Siete gentilmente pregate di non plagiare le mie idee; nuovo sovrannaturale.]
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Niall Horan, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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You ain't right, take me high Then that high, it subsides And my body flat lines

 
-Jade-

 
Eravamo riusciti ad addormentare Juliet, che dormiva beatamente sul divano. La tazza di camomilla con il miele era servita a calmarla, e l'avevo cullata fino a quando i suoi singhiozzi non erano diventati dei pesanti respiri, ma mi chiedevo in quale sofferenza sarebbe affogata una volta sveglia. Dentro di lei dovevano agitarsi gli incubi peggiori, ma così stesa, abbracciata al cuscino, gli occhi chiusi e il respiro regolare, sembrava che potesse permettersi una pausa da tutti i problemi che la tormentavano.
Entrai di soppiatto in cucina, evitando di far rumore. Niall era seduto davanti a me, una tazza di latte e un pacco di fette biscottate sul tavolo.
“Ehi.” sussurrai.
“Oh, ciao.” si accorse della mia presenza e prese un sorso di latte.
“Dorme ancora. Niall… io non me la sento di svegliarla.” ammisi, scivolando su una sedia e prendendo qualche biscotto da un barattolo di vetro.
“Senti, Jade, ne dobbiamo parlare- sembrava nervoso, ma non ci avevo fatto –Io non credo molto a questa storia.”
“Scusa?” aggrottai le sopracciglia.
“Non credo a… a tutto questo. Penso che a Juliet sia successo qualcosa di serio alla festa, ma che non possa spiegarsi semplicemente così. Questo Zayn non mi va a genio, dev’essere un satanista o qualcosa del genere. Fino ad adesso ho fatto buon viso a cattivo gioco ma… ma… Jade, non ti sembra troppo strano? Parassiti, energia vitale, Juliet che non può più misteriosamente vivere stando lontano da lui? Ora questa storia di sua sorella… io…” mi alzai istintivamente in piedi, appoggiando le mani sul ripiano freddo della cucina.
“Niall, stai dicendo che secondo te Juliet è andata fuori di testa?!”
“Abbassa la voce, sta ancora dormendo!”
“Niall! Stai dicendo che Juliet è andata fuori di testa?” ripetei.
“Non proprio. - si mise sulla difensiva - E’ che mi sembra strano, fin troppo… queste cose non esistono, lo sappiamo entrambi, e potevo accettarla fin quando sembrava un gioco, una metafora, ma adesso Juliet sta male e… pure Liam…” si morse improvvisamente le labbra, accorgendosi di quello che aveva appena detto.
“Liam? Cosa c’entra Liam con questa storia?” l’ex-fidanzato di Juliet, l’ultima persona che avrei pensato di coinvolgere in questa faccenda.
“No, dovevo stare zitto. Decisamente zitt-“
“Cosa è successo tra Liam e Juliet, Niall, dimmelo, ORA.” Il mio tono non ammetteva repliche. Se quel bastardo era tornato e non mi era stato detto nulla, ci doveva essere almeno un buonissimo motivo. Niall sbuffò, rassegnato.
“Liam è tornato e ha di nuovo... insomma, ha cercato di replicare il passato. Juliet me l’ha detto a scuola, una settimana fa, diceva di aver bisogno di sfogarsi con qualcuno e io ero lì. Mi ha pregato di non dirti una parola, non ce l'avrebbe fatta, e mi spiace tanto ma non volevo tradire la sua fiducia. Comunque, Liam non potrà più darle fastidio, perch-“
“Divertente, sai, Niall? Juliet si è confidata proprio con te, ti ha detto questa cosa che probabilmente le è costato una sofferenza attroce solo per ricordarlo, e tu non le credi. Mi hai appena detto che non credi a una sua sola parola di questa storia. Il sovrannaturale, i fantasmi, i vampiri, tutte queste… queste favole, non esistono solo fin quando non ci inciampi sopra anche tu!- stavo quasi urlando, ma non potevo credere che Niall, il mio Niall, il nostro migliore amico potesse essere così diffidente su un tema così delicato - Io me ne vado.” aggiunsi con tono perentorio. Raggiunsi il corridoio, afferrai giacca e borsa e aprii la porta di casa, decisa a non rientrare fino a sera tardi, oppure…
“Ma dove vai, Jade?” Niall aveva fatto capolino dalla cucina.
“Al pub. Ho bisogno di stare lontana da tutti… da tutto questo casino. E tu, Niall, faresti bene a capire una cosa: la realtà è diversa da quella che ti raccontava la mamma da bambino, prima di metterti a letto. Nella vita reale ci sono degli avvenimenti straordinari, meravigliosi, che siano belli o brutti, e tu devi affrontarli, non puoi pensare che passeranno e basta, se solo giri la testa dall'altra parte. Visto che sei un campione di sensibilità, chiedi a Juliet, magari, come si sente dopo che quel cazzo di maniaco del suo ex l’ha cercata di nuovo e ha scoperto che la persona con cui convive ha ucciso sua sorella. CHIEDIGLIELO!” e chiusi la porta lasciandolo lì, confuso, facendo attenzione a sbatterla abbastanza forte.
 
Ero in anticipo, ma poco importava. Il locale non avrebbe aperto prima delle due, quindi entrai dalla porta sul retro e iniziai a sistemare qua e là. Qualsiasi cosa pur di tenere impegnata la mia mente. La mia migliore amica non mi aveva detto di Liam, e chissà di quante altre cose, il mio fidanzato credeva che fossimo tutti impazziti e se ripensavo a quando la sera mi rassicurava, dicendo che Juliet sarebbe stata meglio, parlando dell’energia e della Protezione, se solo provavo a ripensarci, mi veniva da urlare i peggiori insulti a lui per essere stato un bugiardo e a me stessa, per aver creduto a tutto.
Certo, a meno che Niall non avesse ragione.
Ma no, non poteva essere.
Era solo diventato tutto fin troppo complicato.
Appoggiai con troppa violenza un bicchiere sul bancone, appena lucidato, e mi riscossi dai miei pensieri. Era già passata mezz’ora, tra non molto sarebbero arrivati gli altri e avrei avuto qualcuno con cui parlare. I barmen erano simpatici, mi trovavo bene a lavorare nel locale anche se il compenso non era molto alto, ma giusto abbastanza per non gravare troppo sui miei genitori.
Andai nello stanzino sul retro, indossai le divise – tutte rigorosamente scure, pratiche ma particolari – e navigai un po’ su Internet con il cellulare, ora sdraiandomi su un divano ora accendendo la grande TV al plasma fino a provare le luci per la pista da ballo, quando Luke e Jonathan arrivarono per aprire il locale. I primi clienti si accomodarono ai tavolini, e preparai qualche sporadica ordinazione. Mi resi conto di aver lasciato Juliet sola con Niall, e mi augurai di riuscire a tornare a casa prima che si svegliasse. Ma al tempo stesso, con quell'atteggiamento non avrei fatto altro che renderla ancora più tesa.
“Hei, Jade, tutto bene?” domandò Jonathan, mentre preparava un nuovo drink.
“No- risposi senza troppi giri di parole – Ma lascia stare, domani andrà già meglio.” be’, su questo non potevo essere molto sicura, ma già essere lì mi aiutava a distrarmi.
Le luci in sala si spensero per un attimo, e subito girai la testa verso l’entrata del pub. Il black out durò solamente qualche frazione di secondo, ma quando l’illuminazione si riattivò sembrava che qualcosa fosse cambiato. In fondo alla sala, su un divanetto di pelle blu scuro, c’era un ragazzo che mi sembrava di aver già notato, qualche volta, nel locale. Ma che non avevo visto lì appena prima che diventasse tutto buio.
 
“Io devo andare- annunciò Samantha, appoggiando il grembiule nero su uno sgabello. –Devo passare da mio fratello, oggi ha il saggio di recitazione a scuola e ha insistito perché la sua sorellona andasse a vederlo.” sciolse i lunghi capelli mori, mentre s’infilava il cappotto.
“Tranquilla Sam, ci sono poco clienti e il tuo turno è quasi finito. Penso che Jade possa sostituirti per un’oretta, vero?” mi girai sentendo chiamare il mio nome.
“Mh? Ah, sì, certo.” non ero decisamente fatta per essere una cameriera, ma per qualche manciata di minuti poteva andare. Non sapevo del saggio del fratello di Sam, e poi Luke era il capo. Mi allacciai il grembiule in vita, tirai i capelli in una coda alta e mi affrettai a servire i clienti.
Non era la prima volta che sostituivo qualche cameriera, ma lavorare davanti al bancone prevedeva un approccio diverso, che già di solito mi era difficile. Un tavolo servito, due, tre… senza accorgermene arrivai in fondo alla sala, dov’era seduto il ragazzo che avevo notato poco prima. Stranamente il suo tavolino era vuoto.
Era perso nei suoi pensieri, mentre mi avvicinavo e osservavo i suoi occhi puntarsi nei miei.
“Ciao, ti porto qualcosa?” la penna scattò veloce fra le mie mani, mentre il suo sguardo percorreva il mio corpo. Percepii una sorta di tremore, un brivido involontario.
“Una birra media e qualcosa da mangiare. Cosa mi consigli?” si leccò il labbro inferiore, senza staccarmi gli occhi di dosso.
“Vediamo…-sfogliai il taccuino del menù, avendo la costante sensazione di essere osservata da ogni parte – Abbiamo dei club sandwich con vari ripieni, oppure taglieri di salumi, formaggi, fish’n'chips, insalate...“
“Un tagliere misto.” m’interruppe, mentre sfogliavo le pagine.
“Un tagliere misto – la mia mano si mosse veloce – Altro?”
Ebbe un attimo di esitazione, gettando una rapida occhiata al locale.
“No, per adesso direi di no, grazie.” riposi la penna nella tasca posteriore dei jeans, mentre mi dirigevo al bancone con la stessa inquietante sensazione di avere decine di occhi puntati addosso.
 
Scoccarono le due, e parte dello staff cominciò ad andarsene, prima della chiusura pomeridiana. Luke e Jonathan mischiavano liquori dietro al bancone, ed io non avevo alcuna voglia di tornare a casa. Non volevo rivedere né Niall né Juliet ancora per un po’. Sapevo che non dovevo comportarmi così, specialmente con lei, ma era più forte di me. Non me la sentivo. Dovevo chiarirmi meglio le idee, e qualcosa mi diceva di restare al pub.
“Luke, non ti dispiace se sto qui ancora un po’, vero?” mi appoggiai al bancone, mentre la sala si colorava di tenui luci al neon, che per la sera sarebbero diventate fluorescenti.
“Affatto.” sorrise, gentile come sempre. Ricominciai il mio giro fra i tavoli, scoprendo che quel ragazzo era ancora seduto sullo stesso divano. Non sembrava essersi mosso. Qualche volta armeggiava distrattamente col cellulare, e per il resto del tempo non faceva nulla. N u l l a. Aveva giusto ordinato un caffè mezz’ora prima, e nessuno sembrava accorgersi delle ormai quattro ore che aveva passato seduto su quella sedia. Senza sembrare troppo invasiva, mi avvicinai.
“Posso portarti qualcos’altro? Se stai aspettando qualcuno e hai bisogno di una chiamata, abbiamo un telefono in magazzino.” era un’osservazione abbastanza stupida, lì con il suo smartphone appoggiato sul tavolo, ma non trovavo di meglio.
“No, grazie.” e il modo in cui mi guardò, risvegliò in me mille ricordi. Mille pensieri. Mi sembrava che la stessa, identica situazione, si fosse ripetuta per giorni e giorni, che io lo avessi sempre servito, pomeriggio dopo pomeriggio, sostituendo Samantha o qualche altro cameriere.
Ed era questo il problema, ora ne ero pienamente cosciente: io l’avevo veramente servito per tutti quei giorni, e me ne ero completamente dimenticata. Ma cosa stava succedend-
“Anzi, penso proprio che mi servirebbe un telefono. Dove hai detto che si trova?” scattò improvvisamente in piedi, sovrastandomi in altezza, e il verde delle sue iridi si fece più scuro.
“Nel magazzino, sul retro…”
“Ti dispiacerebbe accompagnarmi?” domandò.
Sì, non credo che sia una buona id-
“No, vieni.” mi girai, accennando un sorriso, senza riconoscere né le parole che avevo appena pronunciato né i miei piedi che si muovevano sicuri.
Appoggiai il vassoio sul bancone, e aprii la porta del retro sala. Non avevo bisogno di girarmi, perché anche se non sentivo i suoi passi sapevo che lui era lì. Varcai una porta, e poi un’altra ancora, fino a entrare nel magazzino. Quattro file di scaffali pieni di scatoloni impilati gli uni sugli altri erano al centro della sala, e percorsi con sicurezza la terza fino al telefono, saldamente agganciato al muro. Sentii la porta richiudersi con un tonfo sordo, e fu come se qualcuno mi avesse gettato un secchio d’acqua ghiacciata in faccia. Perché non gli avevo dato il mio cellulare? Di là, in sala, sotto lo sguardo di tutti? 
Feci qualche passo indietro quando il ragazzo si accostò all’apparecchio, e premette dei numeri con noncuranza. Il mio sesto senso mi disse di cercare un tubo, una mazza o anche un piatto rotto lì vicino, e di stringerlo saldamente. Mi ero accostata in silenzio a uno scaffale e le mie dita stringevano… un martello?
“Sembra che non risponda nessuno.” mise giù la cornetta.
“Già. Torniamo di là, puoi provare con il mio cellulare.” sorrisi, cercando di restare calma. Però, quando feci un passo verso la porta, mi scontrai contro il suo petto. Era stato veloce, parecchio veloce.
“Cosa c’è?” alzai lo sguardo su di lui. Il suo viso era dolce, incorniciato da tanti capelli castani, ma i suoi occhi erano un velo gettato su crudeltà pura, e ora quel velo era stato spazzato via.
Vuoi già andare via? C’è troppo casino, di là, non trovi?” sussurrò.
No. Andiamo. 
“S-sì, in effetti…” ammisi.
Che cosa avevo detto?! 
“Brava. Ero sicuro che avresti risposto così.” scoppiò a ridere, e quando fece un passo in avanti, verso di me, la mia mano destra scattò e il martello lo colpì a ridosso della schiena, mentre gli assestavo una ginocchiata dritta nello stomaco.
Rimase dannatamente immobile.
Interessante. E, dimmi, cosa speravi di fare?” corrugò le sopracciglia; la sua pelle era perfettamente liscia e pallida come la luna, non un accenno di dolore, non uno spasmo. Deglutii, indietreggiando di qualche passo.
Mi tuffai nel corridoio di sinistra, decisa a raggiungere la porta e uscire da quel magazzino. Quando ero circa a metà del percorso, una mano mi afferrò per il polso.
No, era decisamente troppo veloce.
“Ma che problemi hai?! Lasciami andare, cazzo!” sputai. Non era una me stessa che riconoscevo: così tante persone a cui urlare addosso in una sola giornata e troppi motivi per farlo.
“Non mi sono ancora presentato, sarei un maleducato ad andarmene così.” inclinò leggermente la testa, con una calma sovrumana, e uno scintillio illuminò i suoi occhi, mentre mi accorgevo che il polso cominciava a dolermi.
“Lasciami andare. Mi fai male.” sussurrai a denti stretti. Un bravo psichiatra, o un buon manicomio, a questo, non li toglieva nessuno.
“Tranquilla dolcezza, tra un po’ non sarà l’unica cosa che ti farà male.” avvertii un improvviso senso di stordimento e qualcosa pungere e pizzicare sempre di più lungo tutto il corpo. Improvvisamenteinconsciamente, mi sentii incredibilmente vicina a Juliet. Le ultime parole del ragazzo si persero nel buio, mentre chiudevo gli occhi contro la mia volontà.
“Uh, a proposito, piacere, Harry. Harry Styles.” 


























 
 


OH MY JOSH.
E' HARRYVATO HARRY. 
Cosa succederà adesso? Che fine farà Jade?! Perché faccio del male ai personaggi?!
Alcune di queste domande non avranno mai risposta!
Spero che la storia continui a piacervi!
alla prosssima,
Joanne

 
 
 
 
 
 



Il contatto dell'acqua con le bolle produsse un bruciore gelido lancinante mentre il prurito diventava insopportabile.
Morsi le labbra senza riuscire a contenere i tremiti e tenendo il getto ben puntato sulle zone infette fino a quando, vari minuti dopo, le bolle non scomparirono del tutto lasciando delle macchie rossastre che però non davano più fastidio. Mi ero morsa il labbro inferiore talmente forte da sentire il sapore dolciastro del sangue in bocca.
   
 
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