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Autore: cristal_93    21/09/2014    4 recensioni
(*spoiler manga *) Dopo aver sconfitto Dialga Oscuro ed essere ritornata nel proprio mondo, Leah continua il suo viaggio alla ricerca di Mew ed ora anche dell'entità misteriosa che ha salvato i suoi amici del futuro. Ma una nuova avventura sta per cominciare per questa giovane sensitiva: incontrerà nuovi amici, vecchi nemici, e finalmente ritroverà una parte della sua vita che credeva non avrebbe rivisto mai più. Dovrà affrontare anche i fantasmi del proprio passato, e sarà obbligata a compiere delle scelte fondamentali, per lei e per i suoi amici, prima tra tutte quella per decidere, una volta per tutte, a chi donare il suo cuore ...
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Altri, Giovanni, Mewtwo, Nuovo personaggio, Team Rocket
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Manga
Capitoli:
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L' ho già detto più volte che quando l'ispirazione mi prende non mi lascia più finché non l'assecondo, e fino ad allora diventa un tormento finchè non mi decido a riportarla su carta, e da lì al computer. E' il sequel ulteriore di " Una speranza per il futuro", ma non ha niente a che vedere con Mystery Dungeon, salvo solo qualche mini- riferimento, ma niente di più. Ciò non vuol dire che smetterò di scrivere quell'altra storia: continuerò a formare entrambe, un passo alla volta. Ho provato molto piacere nel scriverla, e presto ho capito perchè. Buona lettura e fatemi sapere se è di vostro gradimento o meno.

                                                                                                                          - Cristal -


I Pidgey arruffarono le penne, e spiccarono il volo dai rami su cui si erano appollaiati per la notte. Tutto il bosco si risvegliò con il sole, accompagnato dal saluto e dalle risate dei suoi meravigliosi abitanti. Alcuni Beedrill lasciarono i loro nidi in cerca di bacche per i loro piccoli, mentre i Caterpie strisciarono tra i cespugli di bacche.
I Ledyba volarono verso i prati in fiore, mentre i Sunflora danzarono all'unisono sotto il sole per accogliere i suoi raggi dorati. Seedot e Nuzleaf iniziarono a giocare ad acchiapparsi sui rami di un grosso albero, disturbando però così i Pineco che, infastiditi, esplosero.
Nuzleaf riuscì ad aggrapparsi in tempo ad un ramo, ma Seedot cadde giù e finì in grembo ad una ragazza addormentata contro le immense radici della pianta. Già disturbata dal frastuono provocato dai Pineco, quando quella piccola ghianda le finì addosso, Leah si svegliò di scatto e saltò in piedi guardando a destra e sinistra.
Dovette passare qualche secondo perché fosse veramente in grado di intendere e di volere, ma in men che non si dica fu fresca e pimpante come una rosa. 
Spalancò i suoi splendidi occhi indaco e fece rapidamente il punto della situazione: ricordava di essersi fermata, la sera prima, sotto quell'albero, perché era il più grande del bosco e le sue radici sarebbero state un giaciglio perfetto per una breve sosta notturna. Si era poi messa a guardare le stelle: da dove c'era quell'albero, infatti, gli altri fusti del bosco si aprivano in un grande cerchio, come se quella quercia gigantesca fosse il signore di tutta la boscaglia;  il cielo era perfettamente visibile come una finestra sul mondo, e quel luogo sembrava quasi fosse fatto apposta per lei.
Era rimasta a guardare quei piccoli gioielli brillanti del firmamento, e senza rendersene conto, si era addormentata.
Ora che era stata svegliata in quel modo abbastanza brusco, però, prese mentalmente nota per ricordare a sé stessa di non addormentarsi mai più sotto un albero di Pineco.
Aiutò il piccolo Seedot a tornare dal suo compagno e si stiracchiò sotto il sole, scuotendo i lunghi capelli. Chiuse gli occhi e si mise in ascolto: riusciva a sentire il respiro del bosco che lentamente prendeva vita. Gli Spinrak che si arrampicavano sugli alberi, i Pidgey nel cielo, gli Heracross che succhiavano la linfa dagli alberi...tutto questo era parte di lei, e  lasciò che la investisse completamente, che la rendesse parte integrante della natura.
Percepiva ogni singolo rumore, ogni singola foglia degli alberi, ogni filo d'erba sotto i  piedi nudi. Era completamente in sintonia con quel piccolo grande mondo; era parte di esso e lei era parte di lei.
Allargò le braccia e si lasciò cadere sull'erba; il vento fece frusciare quegli steli verdi come un immenso mare vegetale, e la ragazza si sentì trascinare alla deriva, completamente in balia delle onde. Sarebbe potuta rimanere così per sempre, non avrebbe mai smesso di amare e respirare la natura in quel modo.
Purtroppo però niente dura in eterno, e il sorgere del sole preannunciava anche la venuta di nuove avventure, che aspettavano solo lei, che non vedeva l'ora di scoprire cosa le avrebbe riservato il destino quel giorno.
Si alzò a sedere e si portò una mano al petto, lì dove da anni era diventato parte integrante del suo corpo il ciondolo che le aveva regalato suo fratello, e che avrebbe preferito morire piuttosto che perdere di nuovo.
Un velo di tristezza le calò sul volto, e la mano le salì più su, sul collo : una piccola fascia viola la cingeva come una dolce presa di stoffa. Le sue dita si mossero verso il nodo ma si bloccarono in tempo: non poteva farlo, lo aveva promesso. Allora strinse quel lembo di stoffa colorato con forza, e si lasciò ricadere sul prato, chiudendo gli occhi.
Apparentemente quella bandana sarebbe potuta sembrare innocua, ma era carica di una valanga di ricordi che, come sempre quando lo sfiorava, riaffiorarono nella sua mente uno dopo l'altro.
Sembrava passato chissà quanto, ed invece erano trascorsi appena sei mesi. Sei lunghi mesi da quando aveva lasciato il posto dove aveva vissuto il periodo più bello della sua vita, il primo dove aveva cominciato a vivere sul serio, e dove, seppur per poco tempo, aveva imparato cosa significasse esser parte di una famiglia.
Se lo vide davanti agli occhi come una vecchia fotografia: un isola abitata da soli Pokémon, dove loro vivevano liberi, raggruppati in vere e proprie comunità cittadine, e come tale organizzate; non esistevano umani, ma come loro commerciavano, discutevano dei problemi del loro villaggio, presenziavano attività, avevano case, famiglie e lavori, proprio come se fossero stati delle persone comuni.
Quella era stata l'impressione iniziale che Leah aveva avuto di quel luogo. Non era passato troppo tempo però che aveva completamene accantonato quella futile osservazione, perché aveva scoperto presto qualcosa di molto più interessante. Era venuta a conoscenza che da quelle parti alcuni Pokémon si organizzavano in gruppi speciali chiamati Squadre d' Esplorazione, e quelli che ne facevano parte erano Esploratori, gente che andava in giro a offrire aiuto a chi ne aveva bisogno, sbatteva in galera pericolosi criminali e che esplorava luoghi speciali, detti Dungeon, particolari perché non si sapeva mai cosa vi ci sarebbe potuto trovare dentro .
Leah ne era rimasta subito affascinata, e si era ripromessa di andare a cercare uno di quei luoghi misteriosi, giusto per soddisfare la propria curiosità. Il destino,  però, può essere veramente imprevedibile : benchè non fosse sua intenzione iniziale, anche lei era entrata a far parte di uno di questi Team, dopo aver salvato la vita ad un Piplup e un Chimchar, che per ringraziarla l'avevano accolta nel loro gruppo, di cui era divenuta ben presto Leader.
Insieme avevano vissuto avventure fantastiche, sconfitto ogni sorta di nemici, e scoperto terre mai calpestate da anima viva. Avevano incontrato molti amici, e senza volerlo si erano trovati coinvolti in una pericolosa missione per la salvezza del mondo.
Con loro c'era stato Grovyle, un Pokémon venuto dal futuro apposta per impedire un'imminente paralisi del Pianeta, e che in un primo tempo tutti avevano creduto un criminale.
Chiariti i vari dubbi, però, la verità era venuta a galla, e così tutti avevano capito che non era lui il nemico, bensì Dusknoir, un altro Pokémon che, come Grovyle, veniva dal futuro, ma con il motivo opposto a quest'ultimo, e cioè impedirgli di modificare il corso della storia.
Durante la loro ultima battaglia con il Pokémon Spettro, ad un passo dal raggiungere il loro obiettivo, Grovyle e Leah si erano ritrovati nel futuro con lui, non senza però essere riusciti ad affidare la missione ai loro amici.
In seguito ad una serie di eventi, durante cui i tre avevano imparato a fidarsi l'uno dell'altro, a guardarsi le spalle e ad aiutarsi a vicenda,  avevano salvato Celebi, il Leggendario Pokémon Tempovia e buona amica di Grovyle ( e verso cui provava dei sentimenti ), e Leah aveva rivelato il suo segreto, tutti e quattro si erano ritrovati di fronte a Dialga Oscuro, per il confronto finale.
Dopo la gioia per la sconfitta del Pokémon, era subentrata ben presto la tristezza per l'imminente sparizione dei Pokémon del futuro, destinati a scomparire perché la storia era stata modificata.
Leah era rimasta con loro fino all'ultimo, e aveva dato a Celebi la possibilità di trascorrere gli ultimi istanti di vita tra le braccia di Grovyle. Non era durato molto, però: come se niente fosse successo si erano ritrovati tutti quanti sani e salvi, nel nuovo mondo che i loro compagni dal passato avevano contribuito a salvare dalle tenebre,e per cui loro avevano sacrificato così tanto. Era stato doloroso per lei separarsi dai suoi amici del futuro, ma altrettanto dolorosa era stata la scelta, seppur ben preponderata, di non tornare a Borgo Tesoro.
Ci aveva pensato a lungo, questo era vero, ma già dal primo giorno in cui aveva messo piede in quel posto aveva saputo fin dall'inizio che non ci sarebbe potuta restare per sempre. Il motivo? Semplicemente perché era un umana.
Un 'umana con poteri paragonabili solo a quelli dei Pokémon Leggenda, come le avevano detto più volte i suoi amici, e che considerava i Pokémon molto più degli esseri umani.
Finché era rimasta a Borgo Tesoro aveva assunto le sembianze di un Espeon, e per questo non aveva destato sospetti. Sapeva che correva il rischio di essere scoperta, ma ciononostante era andata avanti, non si era fermata e aveva divertita molto con Piplup e Chimchar. Le mancavano molto quei momenti: le risate, la goffaggine di Chimchar, i suoi tentativi per far colpo su di lei, le proteste di Piplup per calmarlo, la loro stanza alla Gilda.
Non avrebbe mai smesso di rimpiangere quel periodo: per la prima volta in vita sua aveva trovato un posto a cui sentiva di voler appartenere, e aveva trovato, nella Gilda di Wigglytuff e in tutti i suoi componenti, una casa e una sorta di seconda famiglia, dove era stata amata, sostenuta, e dove tutti si erano sempre dati una mano l'un l'altro.
La sua vera famiglia, però, era un'altra, e  per questo aveva deciso di non far sapere del suo ritorno: per poter continuare il suo viaggio e mantenere la promessa che aveva fatto a Vaporeon.
Sapeva che era stato un atto egoistico da parte sua, e che così Piplup e Chimchar avrebbero continuamente sofferto la sua mancanza, senza sapere se fosse viva o meno, ma non aveva altra scelta. Strinse più forte la fascia quasi con rabbia : perché le era proibito essere felice? Era cresciuta con Vaporeon al suo fianco, il miglior amico e fratello che si potesse desiderare, e aveva creduto che non si sarebbero separati mai e poi mai.
E invece era successo: di punto in bianco lui aveva deciso, visto che ormai erano grandi, che era giunto il momento che imparassero a cavarsela da soli senza fare continuamente affidamento su qualcun' altro, ed era andato via.
Solo poco tempo prima che questo accadesse, oltretutto, anche il suo maestro, il misterioso sensitivo di cui lei si era innamorata, l'aveva abbandonata, quasi senza una spiegazione.
Con Piplup, Chimchar e Grovyle era stata molto felice, ma aveva dovuto abbandonarli per forza, perché non avrebbe mai potuto stare con loro. In ogni caso, sembrava quasi che il dolore fosse all'insegna della sua vita.
Di buono c'era, comunque, che i due ragazzi non avevano mai scoperto che la loro Leader non era cosa credevano che fosse, e la ragazza non aveva mai avuto l'intenzione di dirglielo.
Grovyle e i suoi compagni, invece, lo avevano scoperto per caso, quando lei, ferita ed esausta dopo aver dato tutta sé stessa per difenderli dalla furia di Dialga, era crollata svenuta. Scoprire il suo vero aspetto aveva scioccato un pò i tre Pokémon, specialmente quando avevano capito che i poteri della ragazza erano rimasti immutati, esattamente come quando si era presentata in forma di Espeon.
A parte qualche battuta sarcastica, avevano messo una pietra sopra la questione, e avevano continuato a comportarsi con Leah come avevano fatto fino a quel momento, a parte per nuove occhiate assassine da parte di Celebi, che aveva continuamente tenuto d'occhio Grovyle, quasi a sfidarlo ad azzardarsi a guardare quell'umana con occhi incantati ( sguardo che però aveva notato fugacemente in Dusknoir).
Malgrado le incomprensioni iniziali, le due ragazze si erano salutate da buone amiche, e Celebi le aveva promesso  che un giorno sarebbe venuta a sfidarla ( cosa che avevano promesso anche Dusknoir e Grovyle, sebbene loro avessero aspettato che Leah varcasse il Portale del Tempo per dirlo).
La ragazza pensava anche a loro continuamente, ma sotto la sofferenza che provava nel sapere che forse non li avrebbe rivisti mai più c'era anche una piccola nota di divertimento, che tirava fuori quando sentiva di essere prossima alle lacrime: una come lei, che aveva avuto un unico vero amico per tutta la vita, improvvisamente si ritrovava a sentirne tremendamente la mancanza di cinque, di cui tre appartenenti addirittura ad un'altra epoca!
Se l'avesse raccontato a Vaporeon si sarebbe sicuramente spanciato dalle risate, ed effettivamente la cosa faceva un po' ridere anche lei, da tanto che era ironica.
Comunque aveva il suo Veloviola a ricordarglieli per sempre, tutti loro. Glielo avevano regalato Piplup e Chimchar il giorno che l'avevano nominata Leader del gruppo, e le avevano fatto promettere di non toglierselo mai.
Lei lo aveva giurato, ma le era mancato poco, una volta, di venir meno alla parola data: quando avevano incontrato Grovyle alla Grotta di Azelf, e lui l'aveva presa per il collo rischiando di strangolarla, lei era riuscita a liberarsi per miracolo, anche se il Pokémon Legnogeco le aveva quasi strappato la fascia.
In seguito aveva scoperto di aver perso il suo ciondolo, e da lì era stato un susseguirsi di giorni che lei ricordava come tra i più brutti della sua vita, perché si era sentita come se le avessero strappato il cuore dal petto, ed era diventata quasi fredda e insensibile nei confronti di chiunque, persino verso i suoi compagni.
Oltre a quello, la catena di eventi avvenuti dopo quell'episodio avevano portato lei, Chimchar e Piplup nel futuro, e alla scoperta della vera realtà dei fatti, più alla loro decisione di unirsi a Grovyle nella sua missione.
Quello era stato il momento in cui aveva iniziato veramente a cambiare opinione sul conto del Pokemon d'Erba, specialmente perché lui, inaspettatamente, le aveva restituito quel pezzo di pietra nero che per lei rappresentava la sua anima e la sua vita. Al ricordo della sua reazione le venne da sorridere : lo aveva abbracciato di slancio, e quello era arrossito pesantemente.
Quando poi, con le lacrime agli occhi, la ragazza gli aveva sorriso con immensa gratitudine, lui aveva balbettato qualche scusa imbarazzata e per niente concreta, e si era voltato dall'altra parte, sempre rosso in viso.
La cosa aveva permesso a Chimchar di prenderlo in giro a morte, almeno finché Grovyle non aveva minacciato di tagliargli la lingua se non stava zitto.
Tutti i ricordi della ragazza, comunque, sia quelli belli che quelli brutti, erano ben conservati nel suo diario, così da permetterle di sfogliarli e rileggerli ogni volta che avesse voluto, come se fosse stato un libro di avventure, di cui però era lei la protagonista. Li avrebbe portati sempre nel suo cuore, e un giorno, in un modo o nell'altro, avrebbe cercato un modo per ritornare insieme a tutti i suoi amici, a costo di dover cercare tutti i Celebi del mondo per riuscirci.
Un'ombra oscurò il sole per un momento e lei aprì gli occhi : un maestoso Pidgeot passò sopra la sua testa sbattendo le possenti ali con forza e vigore.
Gli fece un cenno di saluto, a cui lui rispose appena prima di riprendere la sua strada. Seguì quello splendido volatile finché poté, e contemplò la fierezza del suo sguardo e la bellezza della sua cresta.
Non poté fare a meno di ripensare all'altra ragione per cui aveva deciso di riprendere il suo viaggio da sola: la ricerca di quell'entità misteriosa che aveva salvato la vita di tutti i Pokémon del futuro. Da quando Dialga l'aveva nominata, Leah, non aveva fatto altro che pensarci, e aveva deciso di mettersi a cercare informazioni, certa che esistesse da qualche parte una leggenda che ne parlava.
Parlarne con dei Pokémon sarebbe stato meglio, ma sebbene morisse dalla voglia di contattare Chatot per chiedere delucidazioni a lui, non poteva permettersi il rischio che lo dicesse a Piplup e Chimchar: se così fosse stato, probabilmente non l'avrebbero più lasciata andare.
Era consapevole che avrebbe lasciato un sacco di cose in sospeso: quei due non avrebbero più avuto il loro Leader, e tutti i Pokémon di Borgo Tesoro e dintorni sarebbero rimasti all'oscuro del cambiamento avvenuto in Dusknoir, durante il loro viaggio alla ricerca di Celebi, e del fondamentale contributo che aveva dato durante la battaglia finale. Per di più, lei non avrebbe mai saputo se anche Piplup si fosse salvato o meno: l'entità misteriosa aveva salvato tutti i Pokémon del futuro; questo implicava anche la sua vita, sebbene fosse successo mentre era nel passato?
Leah non lo avrebbe saputo mai, o comunque, non così velocemente. Ovviamente se l'era chiesto anche Grovyle, ma lui non aveva perso la speranza che si fosse salvato, e anche se confermarlo lo avrebbe reso molto felice, gli bastava crederlo per esserne convinto. Ma di certo non sarebbe tornato nel passato solo per scoprirlo: aveva portato a termine il suo compito, non c'era più ragione per lui di compiere ulteriore viaggi temporali. 
Forse un giorno ne avrebbe intrapeso un altro, non appena le cose nel suo mondo avessero incominciato ad andare nel verso giusto, e si sarebbero incontrati ancora. Non restava altro che aspettare, anche se Leah non era convinta che ci sarebbe stata anche lei, quando questo fosse successo.
Scosse la testa per scacciare i cattivi pensieri: sarebbe ritornata a Borgo Tesoro solo in compagnia di Vaporeon.
L'aveva promesso a sé stessa mille volte, ma ogni volta la sua determinazione vacillava sempre più, e la tentazione diventava sempre più grande. Si schiaffeggiò le guance: non doveva permettersi di cedere.
Avrebbe incontrato il suo fratellino, gli avrebbe raccontato ogni cosa e allora, e solo allora, sarebbe tornata laggiù. Ma fino a quel momento avrebbe proseguito con le sue ricerche, sia su di lui che su quell'entità misteriosa.
Non sfiorò nemmeno il pensiero di rimettersi a cercare Braven: lui le aveva chiesto di  non cercarlo più, e lei avrebbe mantenuto la parola. Se era destino, allora forse sarebbe venuto lui a cercare lei.
Coltivava in segreto questa speranza, anche se non era una stupida, e sapeva bene che non avrebbe dovuto farci troppo affidamento. Ad affezionarsi troppo a qualcosa c'era il rischio di soffrire troppo se questa improvvisamente spariva dalla tua vita. Ormai l'aveva imparato bene, ma non si sarebbe mai sognata di chiudere il proprio cuore ai sentimenti solo per smettere di soffrire.
Le era piaciuto quello che aveva avuto, e anche se le era stato tolto, avrebbe conservato sempre il ricordo di quello che aveva vissuto. Si alzò in piedi e fissò il cielo: era ora di cominciare a lavorare. Strinse i suoi amuleti e si librò in volo.  

 
Ben presto si lasciò alle spalle il bosco e si ritrovò a sorvolare infinite distese di prati verdi. Fu così veloce che raggiunse presto il Pidgeot che aveva salutato poco prima. Lui fece finta che non ci fosse, ma quando la ragazza lo superò, arruffò le penne e sbatté le ali con più forza, e riguadagnò terreno.
Lei si voltò a guardarlo con un sorriso furbetto sul volto, a cui lui rispose con sguardo indignato, e la sfida fu accolta. Partirono alla carica e si sfidarono in tutti i modi possibili per due creature volanti: si rincorsero, si lasciarono andare in caduta libera sul terreno per poi risalire immediatamente su, planarono per un lungo tratto, compirono le più mirabolanti acrobazie nel cielo.
Malgrado tutta la buona volontà, nemmeno un Principe dei Cieli come Pidgeot poteva competere con una maestra del volo come Leah, e infatti fu costretto ad arrendersi e cercare riposo a terra.
La ragazza lo seguì e gli diede una  Baccarancia per aiutarlo a rimettersi in sesto. Lui accettò il frutto, ma dopo arruffò le penne e assunse un espressione altezzosa, guardando la ragazza come dire " Per questa volta ti ho lasciato vincere, ma se ci incontreremo ancora non sarò così clemente".
Lei stette al gioco e finse di riconoscere la sua maestosità, ma non poté trattenere un risolino. L'enorme uccello la guardò storto, ma la sua maschera di superbia si incrinò e alla fine i due scoppiarono a ridere.
Leah gli accarezzò il capo piumato e lo salutò, rimettendosi subito in volo. Pidgeot ricambiò sbattendo vigorosamente le ali e sparendo tra le nuvole. La ragazza fece una giravolta su se stessa, e poi partì in quarta, guardandosi intorno col cuore pieno di gioia. Stare lassù nel cielo infinito era più che un semplice passatempo, per lei: era ossigeno allo stato puro, era la sua linfa vitale.
Per questo cercava di goderne sempre il più possibile, ritardando la sua discesa tra i comuni mortali che vivevano sulla terraferma. E comunque, non aveva alcuna fretta: nessuno le correva dietro e niente di disastroso stava accadendo nel mondo. Era il caso di dirlo: dopo aver contribuito a salvare il mondo dalla paralisi del Tempo, ora sentiva proprio di avere tutto il tempo del mondo.
Oltretutto, da quell'avventura aveva imparato ancora di più a non dare niente per scontato, e ad assaporare ogni singolo dettaglio come se fosse l'ultima volta. Quella brezza leggera che le scompigliava i capelli, ad esempio. La luce del sole che accarezzava la sua pelle. Le nuvole batuffolose come cotone dalle forme più strambe.
Queste cose le erano mancate moltissimo quando era finita nel futuro, in una maniera che non avrebbe mai creduto possibile. Nel mondo dove avevano vissuto Grovyle e gli altri non c'era stato niente : nè il sole, nè il vento, nè la luna, nè le stelle. Tutto era immobile, fermo, condannato a rimanere in quello stato di assoluta immobilità per l'eternità.
Quando aveva visto la loro epoca, lei era stata la prima ad appoggiare Grovyle nella sua missione per evitare che quella desolazione colpisse anche il presente, e se in un primo momento i suoi compagni l'avevano seguita solo per lealtà nei suoi confronti, alla fine erano stati proprio loro a portare a termine la missione con successo.
Grazie a loro anche i Pokémon del futuro ora avevano ritrovato la speranza di un domani migliore, e soprattutto la possibilità di vivere appieno la loro vita, invece di limitarsi a sopravvivere.
C'erano molte altre cose che le sarebbe piaciuto conoscere di quell'epoca, ma per il momento poteva solo conservarle dentro di sé e sperare di poterle domandare a Grovyle, un giorno.
Completamente immersa nei suoi pensieri, chiuse gli occhi e inspirò profondamente per riempirsi i polmoni d'aria fresca, ma al posto di quella le arrivò una zaffata di bruciato tale che tossì violentemente. Aprì gli occhi, ma li richiuse subito perchè li sentì bruciare, e sfregandoseli peggiorò solo la situazione.
Fece dietrofont, respirando cautamente con il naso finchè non sentì di nuovo l'aria pura, e solo allora riaprì gli occhi, rossi per il bruciore, e rimase sbalordita:  un'alta colonna di fumo si alzava imponente davanti a lei, e dentro vi galleggiavano dei frammenti di cenere ardenti.
Considerata l'altezza a cui si trovava, se quell'accumulo di fumo era così massiccio allora da qualche parte dove essere scoppiato un incendio di gigantesche proporzioni. Non perse un secondo di più e scese velocemente di quota, ma a metà strada si fermò inorridita.
Anche da quella distanza poté benissimo vedere il disastro sotto di lei come se gli fosse ad un palmo dal naso : un villaggio, o meglio, quello che restava di un villaggio, completamente distrutto e devastato da un incendio che ormai era limitato solo a pochi fuocherelli sparsi qua e là, ma che prima doveva essere stato veramente spaventoso.
 Dappertutto c'erano cumuli di macerie: le mura delle  case erano state smembrate mattone per mattone, anneriti dal fuoco, le palafitte e i tetti erano crollati rovinosamente a terra e distrutti, le finestre erano sfondate.
Doveva essere successo da poco : il terreno intorno alle case era completamente bruciato, ma fumava ancora; alcuni edifici erano incandescenti, sebbene le fiamme non ci fossero già più; i pochi muri rimasti in piedi erano ancora caldi. Leah tossì e cercò di guardare attraverso lo strato di aria calda e cenere che avvolgeva quel posto come una barriera infernale, ma non riuscì a tenere a lungo gli occhi aperti senza sentirseli bruciare.
Lasciò perdere la vista e si affidò alla percezione della propria energia: la lasciò fluire intorno a sé, arrivando a coprire l'intera area del villaggio che, per fortuna, non era molto grande.
Le sue scansioni le rimandarono indietro solo il nulla: non c'era una singola anima viva in mezzo a quell'inferno, e se una volta c'era stata, allora con tutta probabilità era finita sotto le fiamme ed era morto.
Era un'idea alquanto macabra, ma era l'unica che le sue percezioni logiche riuscivano a concepire, visto quanto quella situazione fosse raccapricciante. Forse era inutile anche solo provare a spegnere gli ultimi residui dell'incendio, quante possibilità c'erano di trovare almeno una persona viva se nemmeno lei era in grado di percepire qualcosa?
Si passò una mano tra i capelli: solo perché era allergica agli umani non voleva dire che li odiasse completamente, e comunque lei non aveva il cuore di pietra, e aiutava sempre chi aveva bisogno d'aiuto.
Forse non era troppo tardi, forse c'era ancora la possibilità di salvare il salvabile. Diede le spalle a quel macello e spaziò con lo sguardo la zona circostante, in cerca di una qualsiasi fonte d'acqua che avrebbe reso il suo lavoro più semplice, ma non trovò niente, nemmeno la più piccola pozzanghera.
Se fosse stata una sensitiva più esperta, forse, mediante un'intensa quanto difficile concentrazione, avrebbe potuto provare a prelevare l'acqua insita nel terreno, ma di sicuro sarebbe stato impossibile, e non era decisamente il momento di fare esperimenti pazzi di cui forse avrebbe potuto pentirsi.
Era in momenti come quelli che si lasciava prendere la mano e tendeva a sopravvalutare i suoi poteri: era vero che, fino a quel momento, era riuscita a fare cose incredibili, ma era consapevole che quelle capacità avessero dei limiti, anche se ancora non conosceva quali fossero, e per questo erano tuttora una continua scoperta anche per lei.
In ogni caso, una legge non scritta diceva che era proibito per il potere magico sfidare quello della natura, perchè le conseguenze sarebbero potute diventare insanabili. Non le rimaneva che arrangiarsi con ciò che aveva : si posizionò esattamente al centro del villaggio, chiuse gli occhi e si concentrò.
I detriti e i frammenti rocciosi sparsi intorno si alzarono in aria, galleggiando appena sopra i tetti delle case.
Lei allargò lentamente le braccia e aprì le mani, e subito quegli oggetti si immobilizzarono come se fossero stati ghiacciati. Strinse piano piano le dita verso il centro della mano fino a chiuderlo completamente, e le macerie si sbriciolarono in una miriade di minuscoli frammenti. Facendo attenzione a non danneggiare ulteriormente le case, abbassò le braccia e fece calare quel polverone sui residui ardenti, e in questo modo si spensero completamente.
Aprì gli occhi solo quando non sentì più il puzzo di bruciato irritarle le narici, ma rimase scioccata da quello che aveva combinato : dove prima sembrava ci fosse l'inferno ora quelle case apparivano di più come antiche rovine sepolte dalla sabbia del deserto.
Si diede un pugno in testa e ridacchiò. Aveva decisamente esagerato, ma quantomeno le fiamme ora erano completamente spente. Scese finalmente a terra, posando con cautela i piedi lì dove la sabbia era più alta.
Si armò di santa pazienza e cominciò a cercare nelle case diroccate, sollevando travi e spostando enormi frammenti di muro. Dove le fu possibile aggiustò il recuperabile, anche se non aveva il potere di farlo tornare nuovo di zecca.
Per quanto potente, lei non era un dio, e ringraziava il cielo, perché le ci mancava pure quello.
Sebbene amasse i suoi poteri per quello che le permettevano di fare, si teneva ancora nel cuore il fastidio che certe volte provava per il peso che comportavano. Era un fardello che era felice di portare però, perché sarebbe stato tremendo se fosse finito nelle mani sbagliate, mani che avrebbero potuto usarli solo per distruggere e devastare ogni cosa.
A proposito... soppesò una trave bruciata e guardò le rovine intorno a sè. Non era stato un incendio normale quello, solo un Pokémon avrebbe potuto concepire uno scempio del genere. Sì, ma che razza di Pokémon attaccava un villaggio in quel modo e senza lasciare superstiti? Forse qualcuno traviato da qualche umano fuori di testa, come succedeva spesso. In questo caso, allora, la domanda diventava un'altra : perché una persona poteva arrivare ad essere tanto idiota da compiere un disastro di quella portata?
Presa com'era dal suo monologo interiore, non sentì il soffitto sopra di lei scricchiolare, e solo i suoi riflessi la salvarono dalla frana che si riversò in quella catapecchia, distruggendo quanto ancora di salvato c'era in quello spazio.
<< Stai perdendo colpi, ragazza mia >> borbottò tra sé e sé. Si rialzò faticosamente da terra tossendo, ma qualcosa attirò la sua attenzione. In un primo tempo pensò che fosse solo un pezzo di carbone, ma guardando con più attenzione, dovette ricredersi: lì, sotto alcune assi bruciacchiate, c'era una collana, una collana a cui era fissato la metà di un sasso rotondo e nero.
Pallida come un fantasma, si portò la mano al collo, e sconvolta constatò che il suo ciondolo era ancora al suo posto. Quello allora doveva essere per forza... no, non era possibile. Non poteva essere! Lo prese in mano tremando impazzita, e subito avvertì una strana sensazione. Uno squarcio irruppe nella sua mente, e per un secondo si sentì travolgere da un'ondata di emozioni, che le fecero battere il cuore così forte che credette potesse scoppiarle.
Fissò commossa quel minuscolo frammento di pietra: da quando se l'erano divisi, da piccoli, lei non aveva mai toccato il ciondolo del fratello. Ma poteva sentirlo: sentiva l'energia e il calore che emanava quella pietra come fosse stato il calore di un corpo, sentiva l'essenza di Vaporeon dentro di essa, così come la sua metà era piena di lei.
Un momento: se il ciondolo di Vaporeon era lì, allora... oh, no! La paura e il terrore cancellarono qualsiasi altra emozione, e lei si alzò di scatto, guardò a destra e sinistra e cominciò a frugare dappertutto, non più con la stessa delicatezza di prima. Il pensiero che suo fratello potesse essere là sotto la faceva star male.
<< Vaporeon!! Vaporeon, rispondimi! Sono io, Leah!! Ti prego, vieni fuori!! >> urlò a squarciagola, piangendo disperata. Passò ore e ore in quel villaggio, a cercare, a chiamare, e più cercò, più l'ansia le attanagliò il petto, e più credette di impazzire. Era ormai il tramonto quando crollò esausta appena fuori dalla cerchia di abitazioni.
A furia di chiamare la voce le era diventata roca, e le mani erano piene di graffi e sangue, perché era talmente impazzita che ad un certo punto aveva smesso di usare i poteri e aveva fatto tutto a mani nude.
Era stato tutto inutile: di Vaporeon non c'era alcuna traccia. Si rifiutò categoricamente di credere che fosse morto, non l'avrebbe mai accettato. Lui glielo aveva promesso: non sarebbe morto finché non le avesse fatto mangiare la polvere in combattimento.
Vaporeon era come lei, e avrebbe lottato con le unghie e con i denti pur di non venir meno alla parola data, a qualunque costo. Ma non era riuscita a trovarlo, non aveva nemmeno percepito la più piccola traccia della sua energia.
Batté con rabbia il pugno per terra: a che diavolo servivano i suoi poteri se non le permettevano nemmeno di ritrovare il suo amico?! Malgrado la rabbia violenta, quel pensiero le diede un' illuminazione.
Tirò fuori dalla tasca il ciondolo di Vaporeon, ma subito fu assalita dall'incertezza: non aveva mai fatto una cosa del genere, e di certo lei non aveva il potere dello Squarcio Dimensionale di Piplup. Solo perché non ci aveva mai provato però non significava per forza che non ne fosse capace.
E poi, era l'unica possibilità che aveva per ritrovare Vaporeon, e se non se la sentiva di farlo per sé stessa, doveva provarci almeno per lui, che era più importante di qualsiasi altra cosa. Decisa, chiuse il ciondolo tra le sue mani a coppa, e si concentrò come mai aveva fatto finora.
Ti prego, pensò, quasi come una preghiera ti prego, indicami la via. Portami da lui. Lo ripeté più volte come una mantra finché, al suo ennesimo tentativo, il ciondolo si sollevò dalle sue mani, e puntò verso una direzione ben precisa.
Si sentiva stanca morta, ma appena vide i frutti dei suoi sforzi dimenticò stanchezza e dolore, e si mise subito a correre, rinnovata di una nuova energia.
Divorò intere falcate di strada in pochissimo tempo, seguendo con attenzione le indicazioni del ciondolo. Il cuore le scoppiava nel petto, ma il pensiero che forse a breve avrebbe rivisto il suo amato fratellino le dava la spinta necessaria per ignorare il dolore e proseguire.Si ritrovò presto in una vasta zona rocciosa,  puntellata ovunque di antri più o meno grossi. 
Camminò lentamente guardandosi intorno con attenzione: in un ambiente simile non sarebbe stato improbabile l'incontro con qualche Pokémon Roccia, o peggio, d'Acciaio, e gliene venivano in mente due di entrambi i tipi che più degli altri non avrebbero stonato molto in quel paesaggio brullo; di buono, almeno, c'era da ricordarsi che né Onix né Steelix potevano passare inosservati  neanche se fossero stati sottoterra, e che le tracce del loro passaggio in superficie sarebbero state facilmente identificabili per chiunque.
Ma qualunque Pokémon avesse cercato di fermarla non ci sarebbe riuscito: si sentiva così carica che pensava che sarebbe stata in grado di affrontare di nuovo Dialga Oscuro. Niente si sarebbe messo tra lei e suo fratello, non questa volta. La pietra puntò verso una grotta piuttosto grossa, che sembrava scendere in profondità.
Leah si fermò un attimo per riprendere fiato, poi si mise in tasca il ciondolo ed entrò adagio nella caverna. Era quasi completamente buia, ma le bastò generare una piccola sfera luminosa tra le mani per avere un po' di luce.
<< Vaporeon! Rispondi ! >> chiamò a bassa voce. Nessuno parlò. Continuò ad andare avanti, e a parte alcuni Aron intenti a contendersi una pietra piuttosto grossa, non vide altra anima viva.
Di nuovo non le rimase altra scelta che la Scansione: appoggiò la mano alla parete e vi lasciò fluire tutta la sua energia. Quella risuonò per un breve tratto fino a interrompersi bruscamente poco lontano da lì. A quanto pareva la grotta non era molto profonda, e in un certo senso era un bene.
Avvertì la presenza di qualche Pokémon selvatico, ma nessuno era quello che cercava. Insistette ancora, e finalmente avvertì qualcos'altro: era una traccia flebile, a malapena percepibile, ma non aveva dubbi a chi appartenesse.
Dimenticò la prudenza e cominciò a correre. Aspettami, Vaporeon sto arrivando, continuò a ripetersi Presto ti rivedrò, presto potrò di nuovo abbracciarti ! I suoi sogni furono interrotti bruscamente da un attacco Idropompa che riuscì a schivare per un pelo.
Al di là dello spavento, quella per lei fu la conferma  che Vaporeon era lì: avrebbe riconosciuto i suoi attacchi fra mille. Fece qualche passo in avanti con massima cautela.
<< Vaporeon, dove sei? >> disse al buio. Una voce smorta e rabbiosa risuonò in risposta:
<< Stai indietro, non provare ad avvicinarti ! >>. Leah rimase un attimo interdetta , ma non demordette.
<< Vaporeon, sono io, Leah >> e aumentò le dimensioni della sua sfera, così che tutto l'ambiente fosse illuminato. Vide subito una piccola ombra dietro ad un sasso e sogghignò.
<< Dai, vieni fuori e smettila di fare lo scemo >> disse divertita. L'ombra esitò, ma poi piano piano si fece avanti.
Leah era già pronta a ridere per la gioia, ma il sorriso le morì sulle labbra quando il Pokémon uscì allo scoperto.
Era irriconoscibile: oltre a essere sporco di fuliggine e terriccio, era magro da far paura, così anemico da sembrare uno spettro e aveva profonde occhiaie. Tremava anche violentemente, e sembrava reggersi a malapena in piedi.
Leah si ritirò spaventata da quella visione, ma le bastò guardarlo negli occhi per ritrovare la sicurezza e la certezza che era proprio lui, era il Vaporeon che conosceva da una vita.
Quegli occhi! Li conosceva da anni, e almeno quelli erano rimasti sempre gli stessi. Li aveva visti passare dal marrone degli Eevee al viola/nero dei Vaporeon, li aveva visti ridenti, tristi, arrabbiati, delusi, competitivi, severi. Lacrime calde scesero dai suoi occhi senza che lei ne avesse percezione. Era veramente lui, il suo amico, i suo fratellino. L'aveva ritrovato, finalmente. Anche lui sembrò riconoscerla, e alzò una zampa per cercare di raggiungerla.
<< Leah... >> disse debolmente, e crollò svenuto. La ragazza strillò e si precipitò da lui.
<< Vaporeon, Vaporeon!! >> lo chiamò disperata. Il Pokémon non riprese conoscenza e non diede il minimo segno di vita. Leah posò un orecchio sul suo petto: il cuore batteva ancora. Non c'era un attimo da perdere: lo prese in braccio e lo portò fuori di lì, pregandolo continuamente di resistere. L'aveva appena ritrovato, non gli avrebbe permesso di abbandonarla facilmente stavolta.

 
Erano di nuovo nel bosco, proprio all'ombra dello stesso albero vicino cui si era svegliata quella mattina. Aveva deciso di teletrasportarsi lì perché era il posto più sicuro che le fosse venuto in mente nella disperazione del momento, e anche perché, eventualmente, avrebbe potuto chiedere aiuto ai Pokémon selvatici, se ce ne fosse stato bisogno.
 In cuor suo, sperava che ciò non dovesse accadere, e che le sue capacità fossero più che sufficienti per curare Vaporeon. Aveva preparato un giaciglio con delle foglie particolarmente grandi e ce lo aveva adagiato sopra, poi, con l'acqua della borraccia, lo aveva pulito per bene dalla sporcizia di cui era impregnato, e con orrore sotto quello strato di sudiciume aveva scoperto una miriade di ferite, di cui alcune fin troppo fresche, mentre altre si erano 
quasi seccate, cosa a cui di certo aveva contribuito anche la polvere.
Inghiottendo le lacrime, le aveva pulite una ad una, e poi le aveva curate. Man mano che si era presa cura di lui, aveva sentito il suo respiro farsi via via più regolare, e il suo volto rilassarsi, finchè non sembrò quasi addormentato.
Terminato il lavoro, anche lei si rilassò completamente, e rimase a contemplarlo sollevata :se non fosse stato per le ingenti occhiaie e la magrezza spaventosa del suo corpo, avrebbe anche potuto far finta che fosse reduce da un'intensa giornata di allenamento.
Lo guardò dormire beato, e si sentì veramente felice. Non se la sentiva di svegliarlo per farlo mangiare, anche se ne aveva davvero bisogno: chissà da quanto tempo non riposava in quel modo.
Lo accarezzò dolcemente, attenta a non svegliarlo: ancora non riusciva a credere che fosse con lei, anche se non era esattamente quello il modo in cui aveva immaginato il loro ricongiungimento.
Quante cose avrebbe voluto raccontargli! Erano stati separati solo un anno, ma in quel poco tempo erano successe talmente tante cose da bastarle per una vita intera. Lei era cambiata, ad esempio: vivere con Piplup e Chimchar l'aveva portata ad essere più disponibile verso gli altri e più incline ad aprirsi e a fidarsi del prossimo.
Come Leader, poi, aveva imparato a prendersi cura dei propri compagni, a essere più responsabile e ad avere più fiducia in sé stessa. Non era più la bambina spaventata di una volta che non riusciva nemmeno ad addormentarsi se non c'era qualcuno a vegliare su di lei. Sì, era veramente cresciuta, e per questo sarebbe sempre stata grata in eterno a quei due, perché l'avevano aiutata molto più di quanto lei avesse fatto con loro.
Ora come ora, comunque, c'erano domande molto più importanti da affrontare: che ci faceva Vaporeon in quella grotta? Perché era ridotto in quello stato? E perché il suo ciondolo era nel villaggio? Erano domande che la stavano facendo impazzire, ma non aveva altra scelta, al momento, se non quella di aspettare.
Dopotutto, aveva aspettato un anno, poteva attendere ancora un po'. Guardò il suo amico con infinita dolcezza, poi si sdraiò al suo fianco e con delicatezza lo strinse a sé. Forse fu un riflesso involontario, forse non era completamente addormentato, ma fatto sta che Vaporeon si accoccolò di più tra le sue braccia e posò il musetto sul suo petto.
Leah si lasciò scappare un singhiozzo e lo strinse ancora di più. Sembrava che tutti quei mesi da sola non fossero mai trascorsi, sembrava che loro non si fossero mai separati, e in un certo senso era così.
Lui era sempre stato nel suo cuore, non l'aveva mai abbandonata neppure per un istante, neanche quando credeva di essere completamente sola e senza nessuno ad aiutarla.
Ora però erano tornati insieme per davvero, ed era questa l'unica cosa che contava in quel momento. Chiuse gli occhi, e rivide loro due, da bambini, che giocavano e ridevano insieme.  Erano sempre stati come e più che fratelli, e avevano sempre giurato che non si sarebbero mai separati.
Anche se era successo, questa volta  lei avrebbe fatto in modo che fosse veramente così, e per davvero, stavolta. Non l'avrebbe lasciato andare via , mai più.


Vaporeon aprì gli occhi a fatica. Si sentiva ancora leggermente intorpidito, ma almeno non sentiva più dolore da nessuna parte. La mente però era ancora annebbiata: l'ultima cosa che ricordava era di essersi rifugiato dentro una grotta per cercare di guarire,e forse anche di aver visto Leah, ma di quest'ultima cosa non era molto sicuro.
Insomma, da quando era partito le era mancata così tanto che aveva iniziato a vedere il suo volto ovunque, quindi quella che credeva di aver visto nella grotta doveva senz'altro essere stato uno scherzo della memoria, giocatogli dal suo cervello fuori uso, che era stato in grado a malapena di guidarlo in quel buco umido e buio prima di cominciare a dare cedimenti.
Se era stato tutto un sogno, però, allora perché ora si sentiva così bene? E perché riusciva a sentire quel dolce profumo che gli era mancato da morire? Forzò sé stesso ad aprire completamente gli occhi, e grande fu la sua sorpresa quando scoprì di essere appoggiato contro il petto caldo e morbido di una ragazza; una ragazza che però aveva un odore che avrebbe riconosciuto tra  un milione. Allora non era stato un sogno: aveva davvero ritrovato Leah.
Cercò di liberarsi dalla sua presa, ma era ancora troppo debole, e fu in grado solo di scostarsi abbastanza da riuscire a vedere il suo volto : non era cambiata per niente. Chiunque avessero incontrato aveva sempre detto che fosse bellissima, ed effettivamente lo era sempre stata, solo che lui non ci aveva mai fatto veramente caso.
L'aveva vista bambina, poi ragazzina e infine una giovane donna, ma non se n'era quasi accorto, tanto era abituato a lei. In ogni caso, gli importava assai poco del suo aspetto, perché le voleva un mondo di bene, e gliene avrebbe voluto anche se fosse stata bassa e bruttina, perché le piaceva quello che era, non come era.
Aveva visto molti umani attratti dalle femmine della loro specie solo perchè avevano un aspetto gradevole, ma che dentro di erano dimostrate brutte e vuote. Leah, per fortuna, non era così.  E chissà se, in tutto quel tempo, non avesse trovato qualcun'altro a cui donare il proprio cuore, qualcuno che magari fosse molto più degno di ricevere il suo amore di quanto non fosse stato Braven.
Vaporeon ricordava perfettamente l'astio che aveva provato nei confronti di quell'umano, durante ogni singolo minuto che avevano trascorso loro malgrado insieme, visto che lui non si era mai azzardato a lasciare da sola Leah con quel tipo.  Col senno di poi poteva dire che era stato ostile nei suoi confronti perché a quel tempo non gli era andata molto a genio l'idea che qualcuno si intromettesse tra lui e Leah: erano sempre stati molto uniti, anzi, erano una cosa sola, e lei era sua, così come lui le apparteneva.
Ora che però avevano passato un po' di tempo lontano l'uno dall'altra, poté ripensare a quel periodo con più freddezza, e valutare che l'ostilità avuta nei confronti di Braven era stata dovuta al fatto che non gli era mai piaciuto, ma oltre al fatto che quel tipo aveva sempre guardato Leah in modo strano, era anche perché aveva avvertito fin da subito qualcosa di sinistro in lui, qualcosa che glielo aveva subito reso antipatico, sentimento completamente ricambiato dal giovane, che l'aveva sempre guardato come si guarda uno scarafaggio fastidioso.
Quando poi il bastardo aveva spezzato il cuore a Leah, da un lato Vaporeon era stato contento di non essersi sbagliato sul suo conto, ma dall'altro aveva giurato vendetta. Braven aveva fatto soffrire la persona che il Pokémon amava di più al mondo, e lui detestava vedere Leah triste.
Era quello il vero motivo per cui aveva fatto quella proposta alla ragazza, ovvero quella di intraprendere due viaggi separati: per potersi allenare duramente, e una volta trovato Braven, fargliela pagare.
Per questo aveva dovuto separarsi da Leah: se fossero rimasti insieme, lei avrebbe sicuramente cercato di farlo desistere dai suoi ideali di vendetta, dicendogli che non sarebbe servito a niente, che lei non ce l'aveva con Braven e che di certo non lo odiava tanto da volere vendicarsi.
Lei era troppo buona, ma Vaporeon non avrebbe mai potuto perdonare quel bastardo per quello che aveva fatto, neanche se fosse venuto strisciando in ginocchio a reclamare il suo perdono, che Leah fosse d'accordo o meno.
Ora che però erano di nuovo insieme, Vaporeon non sapeva proprio come avrebbe fatto a convincerla di nuovo a lasciarlo andare per la sua strada, proprio ora che si erano ritrovati: la conosceva bene, era molto testarda, e non l'avrebbe fatto andare via senza averle prima dato una spiegazione valida.
Si sentiva male al pensiero di mentirle, ma avrebbe tanto voluto farle capire che lo faceva per il suo bene, che quella viscida serpe di Braven meritava di essere ripagato con la sua stessa moneta e che sarebbe stato lui a dargliela.
Guardando la sua espressione tranquilla, però, la sua sicurezza vacillò : davvero stava facendo la cosa giusta? Davvero Leah sarebbe stata felice di sapere quello che aveva intenzione di fare? La risposta gli risuonò lampante: NO! Certo che non lo sarebbe stata! Vendicarsi non avrebbe risolto niente : il suo dolore sarebbe stato sempre lì, anzi, sarebbe aumentato, perché a quello ci avrebbe aggiunto il dispiacere che il Pokémon le avrebbe procurato se avesse osato comportarsi in un modo così meschino; ancora di più, sarebbe stato ancora peggio se avesse scoperto che aveva tramato alle sue spalle senza dirle niente, quando lei gli aveva sempre detto tutto, e aveva una cieca fiducia nei suoi confronti.
Era Vaporeon il vero bastardo che avrebbe dovuto essere punito, non Braven. Perché anche lui l'aveva abbandonata, e per un motivo stupido come la vendetta, proprio quando la ragazza aveva avuto più bisogno del suo sostegno.
Gli venne un magone e scosse la testa, furioso. Basta, era inutile continuare a fingere. Lei gli era mancata come l'aria, e separarsi era stata la cosa più stupida a cui avrebbe mai potuto pensare. Era deciso: appena si fosse svegliata le avrebbe detto la verità, e poi, se lei glielo avesse permesso, non l'avrebbe lasciata mai più, per nessuna ragione al mondo, stavolta.
Era stato arrogante e aveva commesso il più grande sbaglio della sua vita, ma era pronto a pagare per i suoi errori, e non sarebbe scappato via. Si issò a fatica fino al viso della ragazza e le leccò la guancia. Leah mugugnò qualcosa e aprì lentamente gli occhi, trovandosi davanti quelli violetti di Vaporeon, così vicini che i loro nasi quasi si sfioravano.
Si ritirò di scatto, facendolo finire per terra e si sfregò gli occhi: non aveva sognato allora, la sera prima, quando aveva creduto di essersi addormentata con lui.
Lo aveva sognato così tanto che ormai non sapeva più se era vero o era frutto della sua immaginazione, e per questo non riusciva a credere ai suoi occhi. Vaporeon sembrò infastidito dalla sua reazione.
<< Dico, siamo stati separati solo un anno e già la mia vista ti spaventa? Non credevo che ci avresti messo così poco a dimenticarmi >> esclamò, contrariato. Lei lo ignorò. Si avvicinò lentamente, quasi avesse il terrore che potesse scomparirgli davanti agli occhi da un momento all'altro, e allungò una mano per toccarlo, indugiando però all'ultimo.
Lui inarcò un sopracciglio.
<< Guarda che , malgrado il mio attuale aspetto, non sono infetto da alcuna malattia, non corri mica il rischio di venire contagiata >>. Quella sua parlantina, quell'umorismo pungente, quell'espressione! Non era cambiato di una virgola.
<< Vaporeon... >> mormorò incredula.
<< Ahh, ma allora non hai perso l'uso della parola. E quantomeno ti ricordi almeno il mio nome >> replicò lui, fingendosi offeso. Lei si aprì in un enorme sorriso, e finalmente lo abbracciò stretto.
<< Weh, vacci piano. Non mi sono ancora ripreso... >> cercò di protestare il Pokémon, ma fu inutile: la fanciulla continuò a stringerlo forte, ridendo e piangendo al tempo  stesso.
Vaporeon non l'aveva mai vista così felice così felice in vita sua, e ciò non fece che accrescere ulteriormente il suo senso di colpa, che era tale da spingerlo a ricambiare l'affetto di Leah solo con delle maldestre pacche sulla schiena.
<< Vaporeon >> ripeté lei, tra le lacrime. << Mi sei mancato da morire >>. Quelle parole spezzarono le sue difese, e sebbene fosse un tipo abbastanza orgoglioso, anche Vaporeon scoppiò in un pianto disperato e abbracciò stretto la fanciulla. Al diavolo lui, al diavolo tutto: era al settimo cielo che Leah lo stesse abbracciando, non gliene importava niente di tutto il resto!
<< Sono qui, sorellina >> mormorò, singhiozzando. << Sono qui... >>. Lei lo strinse ancora di più, e rimasero a lungo in quella posizione, senza preoccuparsi di nient'altro. Si erano ritrovati, erano di nuovo una cosa sola.Nient'altro aveva importanza.

<< Guarda che non te lo porta via nessuno >> disse più tardi Leah, mentre Vaporeon si abbuffava dei frutti che lei gli aveva dato. Lui sollevò gli occhi dal pasto, le fece una linguaccia per quanto glielo permisero le guance gonfie, e riprese a mangiare. Leah sospirò, e si rassegnò a vederlo avventarsi sul cibo come un Munchlax famelico.
Tutto sommato non le dispiaceva vederlo così: se aveva appetito era solo segno che stava bene e che si stava riprendendo. Quand'ebbe finito, Vaporeon si buttò per terra e si massaggiò il pancino gonfio, decisamente soddisfatto.
<< Ragazzi, che mangiata >> gongolò felice.
<< Non fare complimenti, eh? >>
<< Hai ragione: grazie, Leah >>. Lei agitò la mano con noncuranza.
<< Stavo scherzando. Ci mancherebbe altro. Però.... >> disse, guardando con occhio critico i resti del pasto. << Mi hai fatto fuori l'intera scorta di cibo che avevo. Prima di andarcene faremmo meglio a cercarne dell'altro >>. Vaporeon smise di sorridere e divenne improvvisamente meditabondo. Cercò di girarsi sulla pancia, ma era così gonfio che rotolò sull'erba invece di stare in piedi.
<< Aspetta >> disse Leah divertita. << Ti aiuto io >> e lo prese in braccio, massaggiandogli il pancino. Lui non rispose alla sua gentilezza, ma rimase a fissarsi la pancia mogio mogio. La ragazza se ne accorse e smise di accarezzarlo.
<< Vaporeon, tutto bene? >>
<< Si, certo >> disse lui, scuotendo la testa. << E' tutto a posto, sul serio >>. Leah, però, non era una stupida, e per di più lo conosceva come le proprie tasche, e aveva capito che non stava dicendo la verità.
<< Vaporeon >> disse seria, guardandolo negli occhi. << Dimmi la verità >>. Lui si morse le labbra e distolse lo sguardo. Che fare? Lo aveva messo con le spalle al muro. Aveva sempre saputo che non sarebbe riuscito a mentirle, però non era mentalmente pronto, e non sapeva da che parte cominciare.
Aveva così tante cose da dire che non sapeva nemmeno se sarebbe stato in grado di dirle tutte. Si passò le zampe sugli avambracci, guardò a destra e sinistra in cerca di una via di fuga, ma inevitabilmente incrociò gli splendidi occhi di Leah che lo fissavano austeri, e sentì di non avere molte alternative.
Prima si toglieva quel peso dal cuore meglio sarebbe stato per tutti, anche se aveva il terrore delle conseguenze. Sei un uomo, maledizione, comportati come tale ! disse a sé stesso per farsi coraggio.
<< Leah...ecco...non so come dirtelo >> . Lei gli prese le zampe.
<< Prendi un respiro profondo e comincia dall'inizio. Non avere fretta : io non me ne vado >> disse sorridendo. Vaporeon si morse la lingua fino a sentire il sapore del sangue. Accidenti a lei, con quel sorriso riusciva solo a farlo sentire ancora più in colpa!
<< D-Dunque... io... io >> balbettò a caso, poi però scosse violentemente la testa con stizza ed esclamò:
<< Ti chiedo perdono!! >>. Lo disse quasi urlando, e spaventò Leah. Non le diede il tempo per controbattere in alcuna maniera, e disse tutto d'un fiato:
<< Ho mentito! La vera ragione per cui ho pensato che avremmo fatto meglio a intraprendere un viaggio ognuno per conto proprio non era perché volevo che diventassimo autonomi. Io...il motivo principale è che... io volevo vendicarmi di Braven! Tu hai messo da parte quello che ti ha fatto perché sei la persona più buona del mondo, ma io non ho mai perdonato a quel bastardo di averti spezzato il cuore in quel modo!
Ma se fossimo rimasti insieme tu avresti cercato di convincermi a lasciar perdere, e per questo ho pensato che avremmo dovuto separarci! Io sarei partito e mi sarei allenato duramente, e non appena avessi trovato Braven, gliel'avrei fatta pagare! Però... non ho il diritto di dirlo, ma... mi rendo conto solo ora di essere stato un idiota.
La mia vendetta non avrebbe portato a niente, e di sicuro non ti avrebbe reso più felice, anzi, sicuramente avresti odiato me al posto suo, per aver osato tanto! Ma ciò in cui ho fatto la più grande stupidità della mia vita è....è... >>. Esitò dire quelle ultime parole, ma alla fine prese ancora fiato ed esclamò:
<<... è stato quando ti ho lasciato! Non è passato un singolo giorno senza che pensassi a te, a tutto quello che abbiamo passato, a quello che abbiamo condiviso! Non... non posso stare senza di te. Leah, la mia vita senza te al mio fianco è stata uno schifo. Ti prego...se puoi, perdonami...io davvero non riesco a vivere se tu non sei con me.
Ti...ti prometto che non ti lascerò mai più questa volta. Starò con te fino alla morte, diventerò il tuo schiavo e mi getterò nelle fiamme ad un tuo cenno! >>. Vedendo che la ragazza non rispondeva, si disperò ancora di più, e si allontanò dalle sue braccia. Lei continuò a guardarlo in silenzio. Quel suo mutismo era peggio di mille coltellate, e Vaporeon era ormai al limite della pazzia. Si trascinò a fatica fino alle sue gambe e gliele abbracciò.
<< Leah >> disse, singhiozzando. << Ti prego, dì qualcosa... non me ne andrò più via, ti resterò accanto fino a che tu lo vorrai... ma parlami, ti supplico! >> e scoppiò a piangere a dirotto. La ragazza non credeva che un giorno lo avrebbe mai visto in quello stato. Le poche volte che aveva pianto si potevano contare sulle dita, ma mai, mai l'aveva visto disperarsi così. Doveva sentirsi veramente male per averla ingannata se era arrivato a tanto.
Come potevano chiederle di arrabbiarsi con lui se era ridotto in quello stato? L'aveva ingannata, era vero, ma era altrettanto evidente che si rendeva conto dei suoi sbagli,che era pentito e che era più che pronto a pagarne le conseguenze. Gli voleva troppo bene, non sarebbe mai riuscita ad odiarlo. E poi, anche se aveva agito secondo propositi sbagliati, alla fine lei aveva comunque raggiunto lo scopo che le aveva prefisso.
Si allungò e lo obbligò a mollare la presa sulle sue caviglie, poi lo prese in braccio. Lui cercò di scappare, ma lei non si fece sopraffare. Gli asciugò gli occhi e gli mise una mano sotto il mento.
<< Guardami >>. Il piccolo Pokémon obbedì, seppur controvoglia. La ragazza allora gli accarezzò il musetto.
<< Dovrei dirti che hai ragione a darti dello stupido, perché lo sei davvero: avresti dovuto parlarmi prima delle tue intenzioni, e insieme magari avremmo avuto modo di affrontare meglio questa cosa. Come vedi, da solo sei riuscito solo a farti tormentare dai dubbi >>. Vaporeon abbassò il viso mortificato. Leah lo obbligò a guardarla negli occhi.
<< Tuttavia >> disse. << Su una cosa non hai fallito: è vero, hai detto che imparare a badare a noi stessi era solo una scusa per allontonarti, ma...è successo davvero. Ho vissuto avventure incredibili, ho combattuto molte battaglie, e sebbene il più delle volte abbia avuto qualcuno ad aiutarmi, per il resto ero da sola a lottare, ho imparato a cavarmela con le mie sole forze. Ora ho molta più fiducia in me stessa, e ho imparato a prendermi cura degli altri. Vaporeon >> aggiunse, dolcemente. << E' solo merito tuo se sono arrivata a questo, non ha nessuna importanza come l'abbia ottenuto o cosa ho dovuto passare, perché il fine non giustifica i mezzi.  Ma non comportarti così: io ti voglio troppo bene, anch'io mi sono sentita persa senza di te, ma tu non mi hai mai abbandonata. Sei sempre stato con me, >> e si mise una mano sul petto << qui, nel mio cuore. Non ho alcuna intenzione di punirti, non ho alcun motivo per farlo.
Non ho neanche un valido motivo per odiarti, perché non potrei mai riuscirci. Piccolo, >> disse ancora, ad un passo dal piangere anche lei << ti perdono. Ti perdono di tutto, ma per favore, non fare mai più una cosa del genere, non lasciarmi più da sola! >>. Vaporeon la guardò con gli occhi spalancati,ma non sprecò inutili parole : le saltò addosso e scoppiò di nuovo a piangere.
<< Leah! Perdonami, mi sei mancata troppo, mi dispiace! >>
<< Non importa >> disse lei, piangendo a sua volta. << Mi basta sapere che sei qui, e che non te ne andrai mai più >>.
<< Te lo giuro sulla mia vita ! Ti voglio tanto bene >> singhiozzò disperato Vaporeon. Leah lo strinse forte forte a sé, lo riempì di baci e carezze. Lo lasciò andare solo quando entrambi smisero di singhiozzare, e solo allora lo guardò in viso e cercò di sorridere. Lui ricambiò malamente, poi le leccò le lacrime rimaste sulle guance e strofinò il musetto contro il suo viso per asciugarglielo. Lei gli accarezzò commossa la testa.
<< Ehi, tesoro >> disse . << Guarda cosa ti ho riportato >> e tirò fuori la collana del fratello. Gli occhi di Vaporeon si illuminarono, e un'espressione di gioia pura come non si era mai vista prima si dipinse sul suo volto. Prese quel ciondolo e lo rimise al suo posto, adagiandolo con cura sul proprio petto.
Leah prese soprappensiero il suo, e il Pokémon, di riflesso, fece altrettanto. Le due metà, che un tempo erano state una cosa sola, tornarono ad essere un' unica entità, come se il destino non le avesse mai separate.
<< Uniti per sempre >> disse Leah.
<< Per sempre >> rispose Vaporeon.
   
 
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