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Autore: Chains_    21/09/2014    20 recensioni

N= {a, i, l, n} A= {a, i, l, n}
Allin guardò il pezzo di carta passatole dal suo compagno di banco e si accigliò, non capendo subito le sue intenzioni.
“A meno N...” Sussurrò Niall scrivendo l'operazione d'insiemistica.
“Uguale insieme vuoto.”
“I nostri nomi!” Esclamò sorpresa la ragazza.
“Sì, sono composti dalle stesse lettere.”
“E se uno viene sottratto all'altro...”
“L'altro si annulla.” Concluse Niall sorridendo.

Quando Allin ebbe la possibilità di frequentare il liceo di Mullingar, non avrebbe mai pensato che la sua vita sarebbe stata sconvolta dalla presenza di un ragazzo. Per sfortuna gitana, acrobata nel circo di famiglia, non avrebbe voluto né potuto innamorarsi di un irlandese. Eppure fu grazie a Niall che Allin iniziò a credere in un futuro in cui essere zingara sarebbe stato solo un ricordo. Ma il peggio doveva ancora venire. I due dovevano ancora esser separati.

"Sai cosa c'è, cugina? C'è che è sempre stato A-N, non N-A. Chi vieni sottratto a chi? Ora lui sta ad XFactor ed io qui, distante chissà quanto!"

Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=t652GzFXWqc
La Fanfiction prende ispirazione dal vero.
[Personaggisecondari: LittleMix, 5Sos...]
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Chains.
 

 
Eccoci qua... Blocco estivo superato, gente! Okay, ammetto di esser piuttosto su di giri oggi, ma del resto sono davvero felice di aver ripreso a scrivere e niente, vi aspetta un capitolo un po' diverso dal solito. Ammetto che in questo periodo ho forse cambiato modo di scrivere, non so se si nota. Bene, vi invito come al solito a leggere le note a fine capitolo per spoiler e quant'altro, per ora è tutto. Buona lettura e grazie!
 

 
"So many things were left unsaid, It's hard to let you go"
-Dal diario di Allin


 
«Stai bene? Sembri sconvolta» le chiese qualcuno in un sussurro, sedendosi accanto a lei. Allin sbiancò. Quella voce non le era nuova, eppure non riusciva a capire di chi fosse. Dapprima stette in silenzio, quando poi si voltò, per poco non ebbe un mancamento.

«Liam Payne?» balbettò incredula. Con entrambe le mani chiuse a pugno si sfregò gli occhi truccati.

Il ragazzo la guardò impiastrarsi il viso di eyeliner e matita, sorrise. «E tu devi essere un tenero panda» le disse, sistemandosi meglio a sedere sul marciapiede.

«Sembri sfinita» aggiunse poi, quando la vide rimanere impassibile, come se di ghiaccio, al tenero paragone.
 
Ma Allin ancora una volta non gli prestò ascolto e si limitò ad accucciarsi su se stessa, sporcandosi di trucco addirittura le ginocchia, velate da calze color carne che, scoperte dal vestito, lasciavano poco all'immaginazione di chiunque la guardasse. Era perfettamente consapevole di star sbagliando nel rimanere tacita, ignorando il ragazzo, ma proprio non riusciva ad aprire bocca ed emettere alcun suono. Sì, ritrovarsi Liam Payne davanti ai propri occhi l’aveva decisamente colta alla sprovvista. Più lo osservava, più si rendeva conto di non stare semplicemente sognando, più si sentiva vicina a Niall.
«Capisco che magari possa farti schifo ciò che canto, ma, credimi, non sono una cattiva persona.» Quanta innocenza si manifestava in quella frase? Tra le lacrime, la giovane donna sorrise addolcita.
Era difficile pensare a come, un ragazzo quale quello che adesso la stava guardando con insistenza, fosse riuscito a restare umile e insicuro, pur avendo raggiunto un successo sbalorditivo a soli diciott’anni.
 
Allin deglutì, cercando di inumidirsi la gola secca. Il sapore del sangue e dell’inchiostro, mischiato a quello dell’alcolico bevuto non aiutavano affatto. «No, no. Non penso questo» riuscì a mormorare con voce roca. «Voi mi piacete.»
 
«Mia mamma diceva sempre una cosa: "parlare con gli altri dei proprio dolori può solo farci bene"» disse Liam e la bionda sbuffò, asciugandosi ancora le lacrime con le maniche del trench.
 
«Non è così semplice spiegare. Per alcuni versi saresti forse la persona più adatta con cui sfogare tutto questo schifo, per altri quella che vorrei scomparisse seduta stante ed andasse via da me» gli rispose facendo ancora un po’ di fatica a parlare, guardandolo nel mentre con quasi un’aria di sfida che, in realtà, non era altro che l'ennesimo modo per evitare che la gente capisse come si sentiva, cioè fondamentalmente sola ed inutile.
 
Liam, di suo conto, non diede importanza alle sue ultime parole e fece spallucce. «Dimmi ciò che vuoi» sussurrò, guardando davvero Allin per la prima volta. Incrociò i suoi occhi chiari.
 
«È bellissima» pensò d’improvviso, con la consapevolezza che qualunque uomo al mondo gli avrebbe dato solo che ragione perché la ragazza che sembrava studiare i suoi segreti più nascosti, leggendogli gli occhi, nonostante il trucco sciolto, nonostante fosse stanca, sembrava quasi un angelo caduto sul ciglio di una strada, tra l'asfalto e la pietra. Peccato solo per quell’aria distrutta che aveva e quell’impressione che dava di non riuscire affatto a rialzarsi da terra, come se le avessero tarpato le ali.
 
Guardando il cielo scuro, Allin portò indietro la testa, appoggiandola ad un cassonetto. Liam seguì con lo sguardo ogni suo movimento. «Allora, come ti chiami?» chiese, avvicinandolesi con garbo.
 
«Allin» gli rispose di getto l'irlandese. Il tempo di prendere un respiro che si era già resa conto del grande errore compiuto. «Cazzo» alitò infatti tra le dita, chiuse a coppa davanti alla bocca.
 
Liam sgranò gli occhi. «Non è possibile.» 

«Non è possibile», si disse una seconda volta.

 
* * *
 
«Nì, ma com'è quest'Allin?» aveva chiesto Harry una sera delle tante in cui, viaggiando in aereo, oltre che chiacchierare non c’era molto fare.
 
Niall allora aveva tirato un sospiro, cacciato via le lacrime agli occhi e «Bellissima» gli aveva risposto, con la voce rotta dal pianto. «Minuta, non molto alta, tanto che potevo posarle benissimo la testa sulle spalle. Snella, dannatamente perfetta. Mi sono innamorato dei suoi capelli biondi e amavo giocare con i boccoli delicati che ricadevano sul fondo schiena -come per scacciare un brutto pensiero, il ragazzo scosse la testa- E la bocca carnosa! Diamine, quando sorrideva mi sentivo morire» «Mi mancano i suoi occhi azzurri, mi manca rispecchiarmici e vedermi in essi un ragazzo migliore. Mi manca la sua pelle persino. E’ strano, forse? Eppure baciarla, pizzicarla, carezzarla con i polpastrelli mi mandava in visibilio. Era così chiara, quasi diafana, tanto da lasciar intravedere le vene sottili e... Allin era ed è la parte migliore di me.»
 
 
* * *
 
 
Ripresosi da quel ritorno nel passato, il cantante si portò le mani tra i capelli.
 
«Se ti dico 'Niall Horan', cosa mi rispondi?» chiese esitante in un sussurro di voce, guardandosi intorno per assicurarsi di non esser stato sentito da orecchie indiscrete.
 
Un gatto nero attraversò in quell’istante il vicolo semideserto perdendosi nel buio mentre Allin era impegnata a cercare invano di calmare il proprio battito cardiaco, in cerca delle parole giuste da usare e no, non riusciva affatto a trovarle. Inventare una bugia, nascondersi, oppure parlare? In balia dell'alcol, i tanti ragionamenti cui stava soffermandosi le sembravano troppo complessi e altrettanto confusi. E allora agì, dando unicamente voce all'impulso che da sempre l’aveva contraddistinta. Approfittando della luce soffusa, la bionda si prese il labbro inferiore tra pollice e indice, poi lo tirò un po' in giù, scoprendosi il nuovo tatuaggio, cui margini erano ancora rossi ed incerti. Liam, ancora ignaro del perché  di quell'azione, in un primo momento la pensò pazza. Infatti, fu solo quando una macchina sfrecciò in strada pochi secondi più tardi, cedendo così un po' di luce a quel vicolo di periferia, che il cantante riuscì a intravedere il nome del proprio amico tatuato sulla carne della ragazza. «E’ assurdo» mormorò incredulo. Il respiro gli divenne corto, affaticato, mentre Allin non faceva che guardarlo attentamente cambiare espressione, dallo stupore alla rabbia. Di scatto, la ragazza spalancò gli occhi.
 
«Non è come pensate. Io... Non volevo, non volevo!» urlò, alzandosi su di colpo. Barcollò.
 
«Non ho idea di cosa sia successo. So solo che, porca troia, la nostra casetta nel parco di Mullingar è stata bruciata, che Niall mi odia...» iniziò a farfugliare. «E che, nonostante sia passato infondo tanto tempo, non riesco proprio a rinunciare a lui!» concluse. Agitata, per poco non prese addirittura una storta, muovendosi su quei tacchi cui non era abituata. Liam la continuava a fissare come uno stoccafisso, stavolta era lui quello senza parole. 
 
«Sembra così vero» sibilò, trovando fin troppo pesante il silenzio creatosi nell’aria. 

«Lo è» disse semplicemente la ragazza, con una scrollata di spalle. «Lo è! Cazzo se lo è!» imprecò ancora l'attimo successivo, poi puntò gli occhi ceruli nei suoi nocciola. 

Facendoglisi vicino, vide in essi il proprio riflesso e inevitabilmente crollò, accovacciandosi proprio in mezzo alla strada. In quella confusione, sbronza, non riusciva a trovare neanche del tutto negativa la possibilità che una macchina sarebbe potuta passare di lì, schiacciandola nel buio della notte. Allin tremava e si sforzava di non piangere davanti al castano, chiudendo gli occhi stretti stretti e serrate le labbra per evitare di mostrargli anche il solo minimo segno di debolezza. Ma a lui non servì veder nulla, gli era bastato sentire la sua voce farsi acuta per capire che era lì sul punto di piangere. Così si alzò dal marciapiede, la raggiunse e le si chinò davanti. Cercando di rassicurarla, le prese il mento tra due dita, alzandole la testa, per poi carezzarle le guance arrossate, calde al tatto. Allin gli si poggiò su una mano, abbozzò un sorriso, biascicò un palesemente finto «Va tutto bene» e una prima lacrima le solcò il viso, susseguita subito da una seconda, da una terza e via dicendo. 

In un altro battito di ciglia, si ritrovò con le guance imbrattate dal pesante trucco scuro. «Niall ci ha fatto leggere una lettera, ma non l'hai scritta tu» convenne Liam.

Al proprio cenno della testa, oltre il velo di lacrime, la bionda lo vide sorridere dolcemente. «Non l'ho scritta io, non so neanche quale sia il contenuto e quanto quello sia stato capace di far del male a Niall. Alla lettera ha pensato Gonzalo.» 
Si sentì prendere allora per le spalle. Tirandola su di peso, il cantante la scortò verso una panchina piuttosto fatiscente.

«Tuo padre?» le chiese una volta seduto.

«Almeno così pensavo» Allin bofonchiò. «È una lunga storia, piuttosto complicata e assurda per chi, come te, non ha vissuto con gli zingari.»
 
«Credo di poter almeno provare a capirla.» Liam estrasse il cellulare dalla tasca, vide un messaggio di Zayn che gli chiedeva dove si fosse cacciato, poi lo spense.
Lei fece lo stesso. Sbloccò il suo vecchio cellulare che pensò potesse essere il bisnonno di quello del cantante, poi se lo rimise in tasca, delusa. Non che non avesse trovato un messaggio di Alex, di Tabatha e delle compagne del corso di fotografia. Francamente, ingenuamente e soprattutto stupidamente aveva sperato in uno di Niall. «Ho ancora tante lacune che non si colmano, non credo di esser in grado di rispondere ad ogni tuo possibile "perché".»

«Dimmi ciò che vuoi, io non domando.»

«Quello di mia madre e Gonzalo è stato un matrimonio combinato. Non ne so con certezza il motivo: in genere i travellers e i romanì non si sposano con persone al di fuori della propria comunità» spiegò Allin asciugandosi i resti del pianto. 

«Forse c'entrano i soldi» ipotizzò, alzando le mani in segno di resa. 

«Fatto sta che, se nel tempo mio padre si è innamorato di mia madre, lei ha intrapreso una relazione con un irlandese... Nove mesi dopo sono nata io, senza pelle olivastra, capelli scuri e nessun minimo segno a dar nota delle mie origini. Ecco perché Gonzalo mi ha sempre detestata, messa da parte, anche se sono la sua unica figli-» «Beh, d'altra parte non lo sono» si corresse la ragazza, ridendo sommessamente. 

«Per lui non ero e continuo ad essere nient’altro che il frutto di un tradimento. Ma, nonostante questo, lui amava davvero mia madre e il loro matrimonio era poi d'interesse, quindi fece finta di nulla, facendo di me il proprio capro espiatorio.» Un po' per prendere fiato, un po' per vedere se Liam avesse avuto qualche domanda da porle, Allin incrociò le braccia al petto, si sistemò sulla panca e, quando il ragazzo copiò i suoi movimenti, sorrise. 

Era facile aprirsi ad una persona come lui.

L’attimo più tardi prese un respiro, quindi proseguì. «Immagino che tu sappia del lavoro al circo, o della morte di mia madre» disse in un fil di voce e immediatamente ad assalirla ci pensarono migliaia di immagini confuse di lei sola nella sua roulotte, ad urlare disperata contro Gonzalo, consapevole che non avrebbe ottenuto nulla. Il cantante, vedendola rinnegare nel passato, le cinse le spalle con un braccio e la strinse a sé. «Dopo la sua perdita sono stata costretta a partire subito per la Spagna. Lì ho vissuto come una romanì, ho smesso di andare a scuola, ho sottostato ad ogni cazzo di regola pur di vivere senza tragedie quell’ultimo anno che mi sembrava eterno. Il giorno del mio diciottesimo compleanno sono scappata.»

Liam la guardò sorpreso. La ragazza come a consolarlo gli sorrise, poi continuò. «Mia madre mi ha lasciato dei soldi, un contatto. Ho seguito il suo volere, sono tornata in Irlanda, ho cambiato identità, faccia persino e ho accontentato un sogno che prima ho lasciato chiuso infondo ad un cassetto per troppo tempo, entrando in un istituto di fotografia.»

Il castano schioccò la lingua al palato. «Istituto di fotografia? Da quando i corsi si tengono di notte?» domandò.

«È complicato» gli rispose seccamente Allin.

«Durante il mio soggiorno in Spagna, per soldi ovviamente, Gonzalo ha ceduto la mia mano ad un romanì, Tacho. Per questo ceppo di zingari le donne sono niente più che un oggetto di vanto. Le trattano bene eh, ma se appartengono a loro, devono unicamente appartenere a loro. Mi cercano ancora, i suoi scagnozzi, e sanno che sono qui a Londra.»

«Non capisco perché tu sia diventata una prostituta» dichiarò il cantante. 

Allin si chiese per un attimo come avesse potuto capire che lavorava al Magic, ma più tardi si può ricordò dell’ora e della sua mise che di certo non appariva come quella di una ragazza casa e chiesa.

«A Gonzalo servono soldi per scagionare il fratello dal carcere. Tacho ne ha approfittato così lo ha ingaggiato per trovarmi e riportarmi da lui, senza mettere in conto un suo improvviso risentimento nei miei confronti.»

«Sai? D'altra parte lo capisco: sono certa che se non gli avessi offerto di pagare io la cauzione, lui mi avrebbe ricondotta tra le braccia di Tacho per disperazione. Subire i pianti di mia zia, sorella di mia madre, e delle mie cugine non deve esser facile. Quindi la storia si conclude così. Gonzalo mi guarda le spalle e io guadagno, nella speranza che prima o poi Tacho mollerà la presa su di me» finì Allin e poi tutto tacque, il silenzio parve inglobare lei e il ragazzo che, assuefatto, le sedeva accanto, facendo di quell'alba la più strana che avessero mai vissuto. Forse non era un caso che quella notte fosse di luna nuova.

«Allin...» mormorò Liam tutt'un tratto, il viso tra le mani.

«Stai piangendo, Liam?» chiese la bionda, stupita.

«Come riesci... -balbettò lui- come riesci a vendere il tuo corpo, senza scordarti di Nì?»

A quella domanda, tanto innocua quanto giusta, Allin sorrise. «Ho appena iniziato con il Magic e penso semplicemente che se questo è il modo più celere per essere libera dal mio passato e da chiunque altro, tanto vale provare. So che Tacho non si fermerà presto, so che gli uomini che mi seguono da mattina a sera sono romanì, ma so anche che non mi faranno nulla senza incappare in Gonzalo e beh... La speranza è l’ultima a morire, si dice» rispose facendo spallucce, come se argomento del suo discorso fosse il caffè freddo servito al bar.

«Sei forte» ammise il cantante, asciugandosi una lacrima. Non era lui a dover piangere.

La bionda gli sorrise. «Anni e anni di palestra circense» ridacchiò, contraendo i bicipiti per mostrare i muscoli ancora allenati.

Non fu l’unica a ridere, anche dalle labbra di Liam fuoriuscì subito un'amara, flebile risata. «Non in quel senso» disse scuotendo la testa. «Fisicamente sei così gracile che potresti volare via ad un soffio di vento.»

Allin sbuffò, ricomponendosi all’istante. «Se voglio lavorare al night questo è il fisico giusto. I primi mesi a Londra sono stati deleteri. Ero così afflitta che buttavo giornate tra le lacrime e il mangiare passava in secondo piano. In quel periodo ho buttato un bel po’ di peso, per poi riacquisirlo lentamente. Adesso, però, non posso permettermi di ingrassare di un solo grammo: rispetto alle mie college, sono obe-»
Neanche il tempo di finire che Liam si alzò in piedi. «Vieni con me, torniamo da Niall» esclamò risoluto, tendendo una mano verso la ragazza.

Lei voltò lo sguardo. «No, non tornerò, non ora. Prima devo concludere qui: non posso lasciare Gonzalo in balia di tutto questo, non sono una merda di persona, anche se magari la stragrande maggioranza di persone che conoscevo a Mullingar pensano sicuramente il contrario. E poi, prima di presentarmi da Niall d’improvviso, a effetto sorpresa, voglio almeno...» mormorò a fatica, poi si fermò. Cosa voleva?

«Diventare alla sua altezza è impossibile, lo so, ma…» aggiunse stringendosi in se stessa.

Liam borbottò. «Ma questo significa che passerà del tempo e che soffrirete ancora e...» 

«E niente, la vita non può essere tutta rosa e fiori. Dopo tanta tristezza potrà solo esserci tanta felicità, per noi. Nel bilancio di tutto, se non io, almeno lui non merita del male.»

«Ma...»

«Liam, non ci sono né 'ma' né altro.»

A quel punto il castano si arrese. «Tornerai?»

«Non potrei fare altrimenti. È come se, senza Niall, io stessi vivendo dell’aria contenuta in un’unica bombola d'ossigeno. E per quanto io possa sforzarmi di usufruirne ben poca, sempre sul filo del rasoio, prima o poi si esaurirà e allora dovrò tornare da lui per continuare a vivere, perché, come senz’aria non si è in grado di vivere, io senza quel biondo non posso stare.»

Liam annuì. «Puoi darmi il tuo numero?» chiese poi, sperando di non risultare scortese.

«Non ti fidi a tal punto?» gli domandò in risposta la bionda, anche se infondo non era difficile da comprendere che no, non si fidava. 

Lui però scosse la testa, cogliendola alla sprovvista. «Non voglio che Niall stia male per sempre» si limitò ad ammettere. 

«Che cosa gli dirai?» chiese Allin, alzandosi anche lei dalla panchina.

Il ragazzo rivolse lo sguardo al cielo, gonfiò le guance e tirò un sospiro che, caldo, divenne nuvola di vapore nell’aria invernale. «Niente. Quando sarà, il momento verrà per un incontro casuale… Almeno per lui. E a questo mi serve restare in contatto con te» spiegò facendo spallucce. Dire a Niall che aveva trovato Allin, pensò, sarebbe stato come dire ad un bambino di avergli comprato le più buone caramelle al mondo, le sue preferite, fargliele vedere e poi posarle in un piano per lui non raggiungibile.

«Okay...» accettò l’irlandese, quindi lasciò che Liam le dettasse il suo numero, quindi gli fece uno squillo.

«Allin, non fare cazzate di cui potresti pentirtene. Testa, eh» si raccomandò lui l’istante più tardi stringendola ancora al petto, quasi incatenandola a sé per non  lasciarsela sfuggire. E, nelle sue parole, entrambi sapevano essere rinchiuso un mondo. 

«Cerca di vivere bene, capito? Non rovinarti. Non voglio vederti ancora piangere, quando tornerò a trovarti, né così pallida e malferma sulle tue stesse gambe» le ripeté, carezzandole forte la schiena. Lei, alle sue parole, sgranò gli occhi dalla sorpresa. 

«Tornerai?» gli chiese imbarazzata, rigirandogli la sua domanda.

Liam annuì. «Sento l'esigenza di aiutarti: sei una persona forte ed in gamba e non devi piangere, perché tempo un anno, al massimo, e andrà tutto bene»

«Non so neanche se mi riconoscerà...» sussurrò Allin ridacchiando tristemente. Infondo dicevano che nella vita bisogna sempre ridere.

«Se non avessi saputo il tuo nome, avrei pensato comunque che somigliavi alla ragazza descritta da Niall e vista in foto, ti riconoscerà.»

Il castano si ritrovò stretto in una presa più forte persino della propria. Quando aveva bisogno di amore, quella ragazza? «Grazie, di tutto.»

«Non piangere... Non serve più» le disse, sporcandosi entrambe le mani di eyeliner e mascara, pur di togliere quei lacrimoni dal viso.

«Tu dimmi che ti senti persa, triste, senza strada o inutile. Io cercherò di arrivare al più presto, okay?» aggiunse ed Allin annuì, inspirando poi un’ultima volta il profumo del ragazzo, giusto per ricordarsi che ciò che stava vivendo era realtà.
 

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Il getto dell’acqua, picchiante sulla schiena, stava decisamente calmando Allin. La prima serata di lavoro, il tatuaggio, Liam... Sfinita, la bionda si sedette sul muretto della doccia, in freddo marmo, l'acqua calda che la raggiungeva anche lì le continuava a dar sollievo. Osservò il suo corpo nudo, bagnato e luccicante perché ricoperto da mille e più goccioline d’acqua in grado di riflettere la luce dei primi raggi di sole filtranti dalla finestre. Curvò le labbra sollevata, la ragazza, quando, oltre a qualche segno di troppo –succhiotti, morsi o che si voglia- non si vide diversa. Donarsi ad un uomo, come aveva sperato sin dall’inizio, non aveva cambiato ciò che era sempre stata, né l'aveva segnata più di tanto, se esclusi il bruciore al basso ventre e un intorpidimento delle gambe. Ma questo non era infondo nulla di paragonabile al costante bruciore degli occhi che l’aveva infastidita mesi prima, tornando ad importunarla anche quella sera. Era forse diventata insensibile al dolore? Allin amava questo del tempo, la sua capacità nel sanare ogni ferita o quantomeno cicatrizzarla. In piccola parte poteva azzardarsi a definirsi addirittura soddisfatta di essersi trasformata con il passare dei mesi in un blocco di ghiaccio. L'unica cosa in grado di scalfirla, il suo punto debole, ormai era Niall e la sua assenza, nient’altro. Doveva ringraziare Liam, l’avrebbe dovuto fare al più presto, pensò sorridendo addirittura. In lei, quel loro incontro aveva fatto rafforzare la speranza, con le sue parole era come rinata. Niall non la odiava, si era sbagliata a lungo a pensarlo. Con l'unica voglia di rifugiarsi sotto le coperte, la bionda balzò in piedi, si sciacquò frettolosamente il sapone di dosso e si crogiolò ancora qualche secondo nella sensazione di benessere che esso le regalava. Poi uscì dalla nuvola di vapore creatalesi intorno.
 

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E le settimane trascorsero velocemente, seguendo questa routine. Se non era al corso di fotografia, Allin la si poteva trovare al bar di Alex con Mike -uno dei ragazzi del Magic, gay fino all'osso, s'intende- e Tabatha. E se poi non stava neanche lì, a godersi una pinta di birra irlandese offerta dalla casa, sicuro era impegnata a vendere il proprio corpo a qualche uomo, nella stessa opprimente stanza dalle lenzuola di seta rosse della prima sera. Ormai aveva raggiunto un nuovo equilibrio e si sa: è lo spirito d'adattamento che ha sempre salvato l’uomo, sin dal principio, e che, latente, continua a salvarlo, giorno per giorno.
 
 
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Quella sera era di ritrovo. Come ogni sabato, alle sette precise, Mike, Tabatha, Allin ed Alex si trovavano già al locale; chi seduto al bancone del bar, chi dietro questo, intento a seguire i discorsi degli amici senza mettere da parte i propri clienti. 
Chiudendo gli occhi, Allin si rigirò sullo sgabello di pelle su cui stava seduta, cercando di concentrarsi solo sulle chiacchiere di Tabatha e Mike.

«Insomma, due prostitute, un gigolò e un barista schizzato, chi l'avrebbe mai detto?» disse la castana ridacchiando, passandosi una mano tra i capelli lunghi. 

Mike, seduto davanti a lei, sbottò a riderle in faccia. In effetti, a pensarci, non erano proprio un ordinario gruppo di amici.

«Irlanda, tutto bene?» chiese poi il ragazzo quando notò l’altra starsene a testa bassa.

«Solo un po' di mal di testa, questa settimana di corso è stata un inferno, lo sai. Tra test e quant'altro.» Cos'altro la rendeva su di giri? Il messaggio di Liam ad avvisarla che Niall e Zayn, dopo vari tentavi in proprio, avevano optato per contattare un detective privato, Gonzalo, e i soldi che gli doveva. In alcuni momenti, la giovane, credeva di impazzire. 

«Volete da bere?» chiese d'improvviso Alex, vedendola in difficoltà nel rispondere all'amico.

Mike subito, come il barista aveva previsto, subito si distrasse da Allin. «Un altro giro di birra?»

«Un altro giro di birra, sì!» acconsentì Tabatha.

La bionda scosse la testa. «Al, per me-»

«Il solito di quando stai nervosa o giù di morale: cioccolato con un bricchetto intero di latte, due cucchiaini di zucchero e panna» concluse Alex, tornando al lavoro. Un sorriso gli illuminava il volto, come accadeva infondo ogni volta in cui si trovava con Allin. 

«Domani è giorno di paga! Pronto per portare il tuo lui in qualche ristorantino chic?» chiese la bionda, scordandosi dei propri pensieri. Del resto, adorava deridere amichevolmente Mike, lo trovava a tratti soddisfacente.

«Domani è già il trentuno?» chiese Tabatha meravigliata. Con quella routine, che sperava prima o poi sarebbe finita, la sua giovinezza pareva scivolarle tra le dita.

«Cazzo!» esordì d'improvviso Allin. Possibile che non riuscisse mai a tenere tutto sotto controllo?

«Che...» 

«Dovrebbe essermi arrivato il risultato dell'esame di fotografia, questo pomeriggio!» Mike non fece in tempo a parlare che lei balzò giù dallo sgabello, prese il cellulare dalla tasca anteriore degli skinny scuri e ne vide il piccolo schermo illuminato. 

«Cazzo» ripeté, questa volta scandendo bene ogni lettera, in preda al panico.

«Stai calma. Sei brava con i photoshoot, quest'ultimo esame l'avrai passato, esattamente come è successo con tutti gli altri» le sussurrò Alex che, come un grillo, l'attimo prima l'aveva raggiunta senza che lei se ne fosse accorta, per poi posarle il mento su una spalla perché -lui sapeva- quella era la vicinanza in grado di calmarla... O quasi.

Le mani continuavano infatti a tremarle, mentre il cuore sembrava esser diventato pazzo. Il ragazzo le prese il cellulare tra le dita, «Calmati, Lin» le alitò sul collo, massaggiandole la schiena. 

Poi notò tre notifiche di diversi messaggi e ne aprì il primo. «Margaret è stata bocciata» le disse a denti stretti. 

Come lei, anche lui era su di giri, sebbene gli riuscisse facile controllarsi. E lo stesso valeva per Tabatha e Mike che non per niente stavano -non letteralmente, per fortuna- sbriciolando il bancone del piano bar su cui avevano poggiato le proprie birre.

«L'altra tua amica è stata promossa invece, dice che sta...» Il ragazzo allontanò il telefono dal viso, incerto se fosse miope o la ragazza avesse davvero scritto che stava «...orgasmando» concluse di colpo, rendendosi conto che ancora riusciva a vederci decentemente. 

Allin ridacchiò, «diciamo che è molto espansiva», chiarì imbarazzata, tra gli sghignazzi imbarazzato di Tabatha che, pur lavorando al Magic, non riusciva a parlare liberamente di queste cose senza che le guance le diventassero viola.

Alex sbiancò. «Okay, c'è un messaggio della scuola.»

«Leggi» gli impose Allin, fremendo.

Lui prese un respiro profondo, sperando che il cuore calmasse il suo battere forsennato e poi, quando si rese conto che ogni suo sforzo di tranquillizzarsi stava fallendo, iniziò a leggere. «Signorina, ci scusiamo per il ritardo nella nostra notifica e la informiamo che ha passato con successo questo esame che le darà accesso alla seconda parte del nostro corso. Anticipandole che ha colpito molto la commissione, le auguriamo di passare una buona serata. In fede, Dorian Dane» lesse senza mai fermarsi per prendere respiro.

E, se Tabatha e Mike avevano iniziato già da tempo a gioire, gridare, improvvisare cori da stadio, Allin non riusciva a realizzare, ancora più impanicata di quanto non lo fosse stata prima. Infondo si era abituata ad affrontare le tante batoste che avevano segnato la sua vita, ma non le belle notizie, di cui aveva quasi terrore. Certo che era felice quando ne riceveva una, ma era convinta che, subito dopo, ad aspettarla dietro l’angolo ci fosse il dolore e lei di questo aveva paura, terrore. 

«Allin, piccoletta mia» la richiamò Alex sotto voce, girandola verso di sé. Con un cenno fece azzittire gli schiamazzi degli altri due, poi si sporse in avanti e la abbracciò.

«Niall...» si lasciò sfuggire però lei in un gemito, perché -dannazione!- Alex non era ciò che le serviva. La aiutava, questo sicuro, ma non era lui il tassello del puzzle perfettamente compatibile a lei, non era la sua mano a sembrar incastrarsi perfettamente alla propria, né suo il profumo per cui aveva gioito per un anno, sentendoselo addosso. Non erano i capelli colorati dell’amico quelli che voleva tirare tornando un po’ bambina, con cui voleva giocare e fare acconciature a dir poco imbarazzanti. Tanto meno i suoi occhi grigi, gli occhi in cui voleva perdersi, che voleva guardare ancora mentre faceva l'amore. Non le interessava delle sue labbra. Non erano loro che bramava come se non ci fosse un domani, per cui fremeva alla sola idea di sentirle di nuovo sulla sua pelle, incandescenti, carezzandola delicatamente come fosse stata di seta, la stessa seta delle lenzuola che ora la accarezzavano al Magic, avvolgendola in una realtà che si imponeva di vivere, anche se faceva male.
 

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Nello studio la tensione era tanta da poter esser tagliata con un coltello mentre uno dei detective più rinomati di tutta l'Inghilterra sfogliava risme su risme dell'anagrafe Irlandese. Niall e Zayn lo avevano chiamato giusto mezz'ora prima, avvisandolo che avrebbero pagato anche più dell'ordinario per avere informazioni su una certa Allin, quindi lui non aveva perso tempo. Non che fosse interessato ai soldi -difatti appena gli avevano parlato del cospicuo pagamento aveva storto il naso-  semplicemente, Friedrich Lower, investigatore da quando ne aveva memoria -per intenderci, da quando era piccolo seguiva la scia di formiche fino ad arrivare al formicaio-, amava il suo lavoro.

«Niente, non c'è niente!» bofonchiò l'uomo, chiudendo l'ultima risma del 1993. I due clienti, appena arrivati, lo guardarono sbiancando dietro la sua scrivania: non c'era nessuna Allin Dooley, segnata all'anagrafe. 

«Magari l'archivio non sarà stato aggiornato, provo su internet» li rassicurò l'uomo vedendoli così agitati ed avidi di sapere il più che irrilevante dettaglio.

Si sistemò allora i lunghi baffi che tanto gli davano un'aria particolare, prese il suo Macbook tra le mani e, giusto il tempo di aprirlo che digitò il nome della ragazza sul predefinito motore di ricerca. «Allin Dooley.»

Minuti di silenzio passarono lentamente. Niall e Zayn, seduti sulle due poltroncine non facevano che guardarsi, biascicando commenti sul bizzarro signore che avevano davanti, tutto per non pensare ad Allin. Al ventesimo rintocco dell'orologio a muro, Mr Lower sospirò. «Okay, qui c'è solo scritto che i Dooley sono il più importante clan di travellers, i nomadi irlandesi, ma non si accenna a nessuna Allin, anzi, non accenna proprio a nulla se escluso lo stile di vita e la decadenza di importanza avuta dell'ultimo ventennio.»

«Quindi è come aveva sospettato» concluse Zayn, schiocchiando la lingua sul palato. Fece spallucce, dondolando la testa da spalla a spalla. Niall lo osservò, imitandolo. Più passava il tempo, più si abituava alla lontananza di Allin e non poteva di certo piangere, non ora che stava lavorando duramente per riaverla.

Il detective alzò gli occhi sull'agenda di pelle nera che teneva sempre aperta sulla grande scrivania dove vi erano scritti tutti i recapiti telefonici di clienti, colleghi e dipendenti. 

«Proveremo per altre vie. Ho conoscenze nel Regno Unito, non preoccupatevi» disse spostando ora lo sguardo sui due giovani cantanti.

«Deve trovarla» ribadì fermamente Niall. E non c'era tristezza, malessere, né rancore nella sua voce, ma solo tanta decisione e speranza.

Sorrise, il ragazzo, quando notò che l'uomo non era stato scosso dalle sue parole. «Ovvio» gli rispose infatti, «d'altronde c'era da immaginarsi che non avremo trovato niente passando per vie legali.»

«Cosa farà?» insistette il biondo, guardando l'amico sorridere debolmente al suo fianco. Zayn non era un tipo sdolcinato  -questo tutti potrebbero confermarlo-, ma era forse il più romantico e premuroso tra tutti i suoi amici e la sola idea che Niall, quel suo biondo ossigenato tutto insicurezze e sfacciataggine potesse un giorno abbracciare nuovamente la ragazza che amava lo rendeva felice, inguaribile sognatore quale era.

Mr Lower sorrise soddisfatto quando sfogliando la propria agenda notò dei recapiti telefonici che gli sarebbero sicuro tornati utili. «Intanto un bel giro di chiamate a Mullingar.»

Zayn sorrise, Niall fece lo stesso, quindi entrambi ringraziarono Friedrich e uscirono dal suo ufficio, chiedendogli di tenerli a conoscenza della più piccola svolta nelle ricerche. E, mentre scendeva di corsa le scale del palazzo, per andare in fretta a casa e raccontare tutto ad Harry, Liam e Louis che li aspettavano, l'irlandese comprese che per lui era tempo di riprendere davvero a vivere. Non avrebbe vissuto d'aria e sesso, ma «'sti cazzi» non gli importava per il momento, per niente. 
 


"I’m half a man at best with half an arrow in my chest ’cause I miss everything we do I’m half a heart without you."
-Dal diario di Niall

 
Spazio autrice.

Eh insomma, eccoci qui! Non so cosa mi sia preso quest'estate, ma come avrete potuto capire, ho avuto un blocco. Del tipo che non riuscivo proprio a scrivere qualcosa che mi soddisfasse e niente, ho provato a cambiare e ricambiare stile, a leggere un bel po' di libri e fanfic e finalmente ho ritrovato la voglia di continuare. Ma non voglio dilungarmi troppo su questo quanto sul ringraziarvi per avermi aspettata. Seriamente, mi sono resa conto, vagando nel sito, che davvero davvero sono fortunata ad avere voi come lettrici. Siete davvero meravigliose e non vedo l'ora di rispondervi alle recensioni perché ve lo meritate eccome. A proposito, come già detto aggiornerò ogni dieci giorni, quindi beh, spero possa andarvi bene. In più vorrei farvi notare che si sono superate le SEICENTO recensioni e proprio ancora non ci credo. Grazie, grazie di cuore. Passiamo in fretta agli spoiler? Ve ne dò ben tre!
-Occhio a Liam.
-Alex vi anticipa un qualcosa che avverrà ben presto e riguarda il lavoro di Allin.
-Il detective potrebbe scoprire molte cose sulla ragazza, cose che né lei, né Gonzalo sanno.
Detto questo credo di aver finito! Vi ringrazio ancora e vi dò appuntamento tra dieci giorni con un capitolo piuttosto sconvolgente, dopo cui penso mi ucciderete...
Spero, ad ogni modo, che questo vi sia piaciuto e in una vostra recensione ché davvero, credo di averne particolarmente bisogno al momento.
Per qualunque cosa, vi lascio il mio nuovo account ask, non esitate a chiedere: http://ask.fm/InChainss!
A presto,
Giorgia.

 
   
 
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