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Autore: Lely_1324    22/09/2014    4 recensioni
Sarà il loro più grande segreto, che li porterà a vivere una straziante storia d'amore. Dovranno confrontarsi con la clandestinità e la passione ...Ma nella città dell'amore tutto è possibile!
JENNIFER MORRISON- COLIN O'DONOGHUE
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L.A. 16 Settembre 8:00 p.m

Aprì piano la portiera, salutò di nuovo l’autista e si decise ad uscire con una certa esitazione. Fans urlanti, divi in passerella e reporter invadenti che già lo puntavano come falchi in agguato. E lui lì in mezzo, solo più che mai.
Odiava tutto questo.
Atteggiò i suoi soliti sorrisi buffi, mentre veniva flashato e agguantato dal primo tizio con un microfono in mano.
“Non è accompagnato stasera, signor O'Donoghue?”
“No, sono tragicamente solo. La mia famiglia ha già fatto ritorno a Dublino.”
"Vedranno lo show in TV?”
“Mmm..non credo resisteranno fino a quell’ora, sa com’è, col fuso orario..”
“Allora è meglio che i suoi figli vadano a dormire!”
“Si, infatti...andate a letto, ragazzi!” disse con  un largo sorriso alla telecamera.
Bene, stava andando bene.
Avanzò cautamente sul tappeto rosso, mascherando il disagio con la propria verve comica e cercando di raggiungere il prima possibile l’ingresso dell’auditorium. Forse lì dentro si sarebbe sentito più al sicuro, almeno fino a quando lo spettacolo non fosse cominciato. Varcata la soglia, intravide nell’atrio i volti di Michael e della sua fidanzata, e un sospiro di sollievo gli sfuggì dalle labbra. Non avrebbe potuto incrociare persone più gradevoli di loro.
Gab: “Signor O'Donoghue!”
Colin: “Gabriella, ma non ci davamo del tu?”
“Beh, sì..è che ci vediamo talmente di rado..” replicò la ragazza avvampando in viso.
Michael: “Ecco, hai fatto colpo anche su di lei. Sette anni di fidanzamento buttati via in pochi secondi, grazie tante amico!”
“Ma si piange sempre addosso in questo modo?!” esclamò Colin rivolto a Gabriella, mentre colpiva con un pugno la spalla dell’amico.
“Ahi! Modera i tuoi colpi !” si lamentò Michael, ma dietro gli occhiali i suoi occhi sorridevano.
Entrarono nell’auditorium, e ciascuno prese il posto che gli era stato assegnato. Colin divenne sempre più teso e silenzioso, mentre la folla che si era lasciato alle spalle si riversava all’interno della sala, in un inferno di voci e flash abbaglianti.
Ma non era più questo il motivo del suo turbamento.
Pochi minuti prima si era girato a salutare Josh e Ginnifer e aveva catturato con la coda dell’occhio Julia e Jennifer, che avanzavano lentamente in cerca dei propri posti. 
Si era rimesso subito a sedere, fingendo di non averle viste. Aveva tenuto ostinatamente lo sguardo fisso dinanzi a sé, sforzandosi di non far caso a quanto succedeva dietro di lui, ma quando il resto del cast si era voltato a parlare con le nuove arrivate era stato costretto a fare quello che ci si aspettava facesse. Semplicemente, girarsi di nuovo e salutare.
E l’aveva vista.
Bella. Troppo bella, per non essere più sua.
E davvero, non era più la sua Jennifer: per quanto fosse spudoratamente, esageratamente bella, non riusciva più a intravedere in lei la fresca ragazza che aveva lo aveva amato fino a poche settimane fa. Le rivolse un sorriso di circostanza, così come alla sorella. Si sporse persino ad abbracciare Julia, ma non riuscì a guardarla negli occhi. 
La vide conversare amabilmente con  Ginnifer la voce leggermente stridula, l’allegria ostentata. Poi si sedette nella sua terza fila, visibilmente in disparte rispetto al resto del cast, anche lei con lo sguardo fisso dinanzi a sé, anche lei sola più che mai.
Quando al termine della serata Jen posò il bicchiere, salutò in fretta e si allontanò con Julia, facendosi strada tra la folla del locale, lui la guardò andare via, indugiando sulla sua bianca schiena scoperta:  in quell’andatura sensuale e incerta riconobbe finalmente qualcosa della ragazza vulnerabile che era stata sua. 

L.A. 17 Settembre 1:00 a.m.

Scese dal taxi salutando l’autista e aprendo velocemente l’ombrello, cercando di ripararsi il più possibile dal temporale di fine estate che era scoppiato all’improvviso in quella notte serena. Armeggiò con la borsetta davanti al cancello di casa, cercando le chiavi, quando si accorse di una presenza silenziosa a pochi passi da lei. Sobbalzò per lo spavento, e il cuore accelerò ancora di più i suoi battiti quando riconobbe l’uomo che la guardava sotto la pioggia. Ebbe l’impulso di correre in casa, perché non aveva né la voglia né la forza di confrontarsi con lui; ma vederlo lì, completamente fradicio, le fece stringere il cuore. Si avvicinò cautamente, alzando l’ombrello sulla sua testa per cercare di ripararlo.
“Ho proprio bisogno di parlarti” le disse.
Jen annuì, seria in viso: “Ti apro il garage, porta dentro la moto.”

L’aveva fatto accomodare sul divano, portandogli un asciugamano pulito perché si potesse asciugare alla meno peggio. Era stata tentata di offrirgli una tuta che Sebastian aveva dimenticato lì da lei, ma aveva subito scosso la testa fra sé e sé, pensando che non l’avrebbe considerato un gesto carino. Perciò si era messa a fare del caffè caldo per entrambi, mentre lui sbirciava fra i DVD sparsi sul tavolino del salotto.
Lei gli porse la tazza bollente in un gesto stranamente familiare e lui la prese timidamente dalle sue mani delicate.
Jen lo fissò pensierosa, senza riuscire però ad incrociare il suo sguardo: andò a prendere del caffè anche per sé, e ritornò in salotto, sedendosi prudentemente sulla poltrona, ad una certa distanza da lui. Colin la osservò mentre si allontanava da lui, come se fosse un pericoloso sconosciuto, e si coprì il volto con le mani: “Come abbiamo potuto arrivare a questo punto..” sussurrò piano fra le proprie dita.
Jennifer si morse il labbro, cercando di placare la propria frustrazione, ma non rispose nulla, tornando a bere il proprio caffè.
 Nella casa calò un silenzio imbarazzante, come se si fosse improvvisamente svuotata dei suoi inquilini; entrambi erano troppo mortificati per parlare. . Lo lo vide alzarsi di colpo, prendendo in mano lo zaino. Si alzò di scatto anche lei, senza sapere il perché.
“Te ne vai?” gli chiese.
“Fra poco. Prima devo darti una cosa” e nel dire questo, tirò fuori dal proprio zaino un pacco sottile color rosa.
"...Ce l’ho nello zaino da un pò..la sera del tuo compleanno abbiamo avuto quel malinteso per via di Rebecca...sul set ci siamo incrociati poche volte, e tu eri così distante...per questo avevo pensato di dartelo questa sera, poi non mi intrometterò più nella tua vita." 
Quelle ultime parole le raffreddarono il cuore. Prese esitante il pacco dalle sue mani, ancora incredula. Lo vide voltarsi bruscamente, ed avviarsi alla porta.
“Dove scappi?!” gli urlò dietro.
“N-non scappo..esco solo a fumare una sigaretta.”
“Allora vai in veranda” replicò Jen andando ad aprire la porta a vetro “così stai al coperto. Piove ancora”
Colin annuì imbarazzato, uscendo dal salotto. Jen aspettò che si sedesse su una sedia di vimini, dandole le spalle. Quando fu certa che non avesse l’intenzione di fuggire si accomodò sul divano e iniziò a scartare con cura il proprio regalo.
Da sotto la carta color pastello uscì un vecchio 33 giri, dalla cover sbiadita ma ancora in ottimo stato. Miles Davis plays for lovers. Sorrise, e cominciò a cercare sul retro il titolo della ballata che aveva inaugurato la loro storia: eccola lì, It never entered my mind...già, anche a lei non era mai passata per la testa l’eventualità che...ma il corso vorticoso dei suoi pensieri fu interrotto dalla vista di una busta rosa, che non aveva notato subito perché mimetizzata nella carta regalo. Diede un’occhiata furtiva a Colin, controllando che fosse ancora al suo posto, e quindi si decise ad aprirla, emozionata come una bambina. Trovò un piccolo biglietto, scritto a mano con una calligrafia incerta: - All’unica donna a cui ho chiesto di ballare. All’unica che mi ha fatto ridere delle mie ferite- . All’interno della busta, c’erano alcune fotografie. Jen le riconobbe all’istante, e si portò una mano alla bocca. Risalivano a tre anni fa, ma sembrava passata un’eternità: lei e Colin al Pronto Soccorso dell’ospedale di Vancouver, mentre aspettavano pazientemente il medico di turno. In un altro scatto, lei che rideva come una stupida, cercando di sistemarsi una fascia sul braccio, mentre Colin la guardava sbuffando. In un altro ancora, lei che si sottraeva al fotografo nascondendo il viso contro la sua spalla , mentre anche lui soffocava a stento una risata, leccandosi un labbro ferito.
Jen rise anche in quel momento, mentre accarezzava quelle foto e tutti i ricordi che le suscitavano: un giorno, mentre stavano girando Colin era andato a sbattere involontariamente contro una sottile vetrata, riducendola in frantumi. Jen era subito corsa in suo aiuto, ma era inciampata nei tacchi, finendo anche lei tra i quei cocci taglienti. Si erano guardati con la bocca spalancata, e poi Jen era scoppiata a ridere in maniera incontrollabile, seguita di lì a poco dalla calda risata di lui. I tagli non erano profondi, ma tutti avevano insistito perché Matt, uno dei fotografi di scena, li accompagnasse al Pronto Soccorso; una volta arrivati, il ragazzo si era lasciato andare alla sua mania per lo scatto, fotografandoli a più riprese, nonostante le allegre minacce di Jen e le bonarie lamentele di Colin.
“Chi lo sa” aveva detto “magari lo show diventerà un cult e potrò vendere questi scatti su eBay!”
E invece...quelle foto, chissà perché, erano finite nelle mani di Colin. E adesso erano nelle sue.
Sobbalzò, sentendolo rientrare, e si strinse sul divano, posando quei piccoli tesori sul tavolino. Colin le  si avvicinò infreddolito, sedendosi al suo fianco: solo allora ebbe il coraggio di guardarla negli occhi. Gli stava sorridendo, con un sorriso aperto, luminoso, che da tempo non aveva più visto risplendere sul suo volto. E gli occhi...anche quelli sorridevano, e sembravano ancora più verdi circondati dal rosso di quelle guance in fiamme.
Dannazione.
Si appoggiò coi gomiti alle ginocchia, passandosi con forza le dita sulla fronte. Non ce l’avrebbe fatta a guardarla un’altra volta. Non quella notte. Ma qualcosa doveva pur dire.
"Forse il CD ce l'avevi già..ma il caro, vecchio vinile non credo; è un pezzo raro"
Silenzio.
“Ho voluto scongiurare il pericolo che Matt vendesse le foto su internet”.
Ancora silenzio.
Deglutì più volte, cercando di sciogliere il nodo che gli si stava formando in gola: “Penso spesso a quando finirà la serie, a quando finirà tutto questo...”
“Anch’io..” disse Jen in un soffio.
“Quando sarà tutto finito, e io...e io dovrò tornare in Irlanda..” si interruppe bruscamente nel sentire la propria voce tremare; bevve d’un sorso il caffè freddo che gli era rimasto nella tazza, e continuò tutto d’un fiato: “quando dovremo dirci addio voglio che tu possa ricordarti dei bei momenti che abbiamo passato insieme. Voglio dire, a parte tutto quel sesso fantastico che abbiamo fatto...almeno, è stato fantastico per me..” aggiunse, lanciandole un’occhiata di sottecchi. La vide sbuffare in maniera buffa e malinconica, nascondendo il viso fra le mani.
“C’è stato qualcosa di buono fra noi due...vorrei che non andasse perduto..” la voce ormai ridotta a un fremito " Non credo che riuscirò a dimenticari Jen.."
Lei gli prese una mano,: “Neanche io non potrò mai dimenticarti. Mai..” gli disse dolcemente.
In quell’istante, tutta l’incertezza, la stanchezza, la rabbia e l'impotenza di quelle settimane gli crollarono addosso, scuotendolo nel profondo. E le lacrime, che si erano quasi sempre rifiutate di uscire dai suoi occhi, cominciarono a sgorgare con violenza, come la pioggia che fuori continuava a battere incessantemente. Si fregò le palpebre con la manica della giacca, sentendosi ridicolo.
Fece per alzarsi, ma lo trattenne, attirandolo a sé. Sentendo di nuovo la sua pelle dopo tutto quel tempo, lui lasciò andare qualsiasi difesa: soffocò a malapena un singhiozzo contro il suo seno, e poi si accasciò sulle sue ginocchia, il viso premuto contro il suo ventre, mentre piangeva, come mai ricordava d’avere fatto in vita sua. Lei se lo strinse con forza, temendo che potesse sfuggirle dalle braccia, mentre il suo costosissimo abito  si bagnava e si stropicciava con quel pianto convulso. Dopo un tempo imprecisato, smise di singhiozzare e chiuse gli occhi contro il suo grembo, mentre sentiva ancora i baci e le lacrime cadute dagli occhi di lei posarsi delicatamente fra i suoi capelli.
  
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