(109 parole)
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Le avevano ammassate sotto le mura di Ilio: tutte le donne troiane, prima signore della città, piangevano e si strappavano i capelli, poiché sapevano che sarebbero divenute schiave.
Cassandra, invece, non aveva più lacrime.
Ecuba, trascinata verso la nave di Odisseo, latrava maledizioni e invocava il suo nome.
“Avrai giustizia, madre!”
Fu il suo vaticinio. Fu il loro addio.
E quando vennero a condurla da Agamennone, Cassandra disse addio anche a Polissena scannata sulla tomba di Achille, al verde Scamandro insozzato di sangue, alla città devastata e fumante, alla donna che era stata prima che Aiace la violentasse nel tempio di Atena.
Delle sua vita non erano rimaste che rovine.
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Note dell'autrice
L'immagine usata per il banner è il dipinto “Cassandra invoca la vendetta di Atena contro Aiace” di Jérome - Martin Langlois.
Mi sembrava adatto per il tema della drabble, un episodio che – reputo – abbia segnato molto Cassandra, che si è vista abbandonata dagli Dei anche per questo efferato crimine.
La drabble rievoca l'atmosfera che si potrebbe ritrovare ne “Le Troiane” di Euripide: tutte le donne ammassate e spartite tra i vincitori, con la povere Polissena, sorella di Cassandra, sacrificata sulla tomba di Achille.
Ecuba che “latra” non è un caso: è una anticipazione bella e buona del fatto che si trasformerà in una cagna, come riportano diversi miti.
Trovo tutto ciò molto drammatico, un calvario che Cassandra intraprende conscia nel futuro - perché lo prevede! - e dell'impossibilità di cambiarlo.
Melian