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Autore: xniallscoolguitar    27/09/2014    0 recensioni
“Sorellona, alzati. E' tardi, dobbiamo andare a scuola!” e fu a quelle parole che la ragazza scattò in posizione eretta, colta da un'improvviso attacco di panico.
Eh? Scuola? Ma non è sabato? Erano questi le domande che affollavano la mente della povera Cora, che ancora non riusciva a collegare il cervello.
Con un gesto veloce si scrollò di dosso i pesanti piumoni che la tenevano imprigionata su quel materasso, così morbido e invitante, prima di correre verso il calendario personale appeso al frigorifero.
Oggi è il diciassette, e il diciassette è... merda!
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E mentre la ragazza era immersa nel suo mare di pensieri, la campanella trillò facendola sobbalzare e per poco non cadde dalla sedia, ma riuscì in tempo ad evitare una figuraccia, ad afferrare le sue e correre come un fulmine verso il suo armadietto.
Sicuramente ora vi starete chiedendo del perché della sua agitazione, vero?
Beh, perché alla prossima lezione ci sarebbe stato matematica, e matematica era una – o meglio l'unica – materia che aveva in comune solo con Louis e questa volta non si sarebbe tirata indietro.
Che la vendetta verso Eleanor Calder abbia inizio.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I

 

 

Stringeva al petto un cuscino a forma di gatto – avendo l'impossibilità alla ragazza di avere un gatto vero, a causa dell'allergia di sua sorella minore – mentre i capelli scompigliati le coprivano il volto. Sembrerà stupido dirlo, ma adorava dormire, anche solo stare sdraiata sotto le coperte, la faccia immersa nel cuscino e i muscoli rilassati. Adorava anche quello che succedeva dopo, quando – dopo aver riposato – si stendeva per benino e i suoi muscoli venivano pervasi da quel formicolio che la faceva sentire ancora più stanca di prima.
La sera prima, poi, era andata a letto stanchissima, a pezzi: dopo scuola – ed aver fatto alla meno peggio i compiti che aveva avuto – era andata a prendere la sua sorellina e l'aveva portata con sé a lavoro. Nonostante avesse solo diciassette anni, già lavorava come cameriera in una piccola tavola calda in città, e il giorno prima era stata incastrata dal suo capo più del dovuto. Morale: lei, già spossata com'era, aveva dovuto portare in braccio la sorella, che si era dolcemente addormentata su un divanetto.
E stanca com'era, aveva fatto un sonno senza ombra di sogni, eppure in quel momento era convinta di sentire una voce. Stava sognando, no?
“Sorellona” una vocetta stridula arrivava soffusa alle sue orecchie, anche se lei faceva finta di nulla, convinta fosse solo uno scherzo della sua mente. Tutto quello che voleva era rimanere un'altro po' a letto, avvolta dal calore delle coperte e magari avere, sul mobiletto di fianco, una bella tazza di cioccolata calda con dei marshmallow. Chiedeva troppo? Si, a quanto pareva.
“Sorellona, alzati. E' tardi, dobbiamo andare a scuola!” e fu a quelle parole che la ragazza scattò in posizione eretta, colta da un'improvviso attacco di panico.
Eh? Scuola? Ma non è sabato? Erano questi le domande che affollavano la mente della povera Cora, che ancora non riusciva a collegare il cervello.
Con un gesto veloce si scrollò di dosso i pesanti piumoni che la tenevano imprigionata su quel materasso, così morbido e invitante, prima di correre verso il calendario personale appeso al frigorifero.
Oggi è il diciassette, e il diciassette è... merda!
Era venerdì, ma non un venerdì qualunque. Era venerdì diciassette e tutti sapevano che quello era il giorno più sfortunato dell'anno, e lo era soprattutto per lei, già sfigata di suo.
“Tammie, prepara il tuo zainetto!” urlò la ragazza, correndo verso la cassettiera e afferrando i primi vestiti che le capitarono fra le mani e vestendosi alla velocità della luce, senza preoccuparsi se fosse presentabile o meno. Non aveva tempo e quindi, dopo aver legato i suoi lunghi capelli in uno chignon disordinato, afferrò la sua borse e – senza aver fatto colazione – prendendo la mano di sua sorella corse fuori.
“M-Ma Cora, non ho fatto colazione!” piagnucolò la bambina stringendo la mano di sua sorella che in quel momento pensava ad un modo per scusarsi del suo ennesimo ritardo. Nonostante avesse un piccolo problema, non sarebbe stata scusata per sempre.
“Tieni, prendi questa” sbuffò, mettendo fra le mani di Tammie una barretta al cioccolato, ovvero quella che avrebbe dovuto essere il suo spuntino, ma non importava. Per sua sorella avrebbe fatto qualsiasi cosa e anche se non lo dava a vedere, adorava quella peste.
“Piccoletta, ci vediamo dopo okay?” disse scompigliandole i corti capelli biondo cenere, per poi salutarla con la mano, aspettando che scomparisse dietro l'enorme cancello e appena scomparì dietro le porte, sfrecciò dalla parte opposta schivando persone e piccole pozzanghere createsi con le piogge dei giorni passati.
Okay, mancano ancora tre minuti. Posso farcela! Cora cercava di auto-convincersi – anche se con scarsi risultati – mentre le sue gambe si muovevano instancabili verso la loro meta.
Ormai, per la ragazza, correre ogni mattina per non arrivare tardi a lezione era diventata una routine quotidiana e lei ci aveva fatto quasi l'abitudine – nonostante detestasse i polmoni che bruciavano ad ogni fine corsa – anche se a volte desiderava ardentemente un auto, così da dover ingranare solamente la seconda e sfrecciare verso la meta desiderata.
Ma tutto a un tratto l'immagine di lei con degli occhiali da sole alla moda all'interno di una piccola mini cooper scomparì, lasciando spazio ad una visione non poi così allettante: i cancelli di scuola stavano per chiudere.
Meccanicamente le sue gambe aumentarono il ritmo di quella corsa sfrenata, lasciando che l'aria gelata le scompigliasse i capelli e sferzasse sulle sue guance rendendole ancora più rosse, e quando capì che era riuscita ad entrare in tempo quasi non cacciò un urlo di vittoria alla Leonida di Sparta.
Comunque, ritornando a lei, beh non era poi un grande spettacolo: aveva il fiato corto, le gambe tremolanti e un aspetto orribile – anche più di prima, oserei aggiungere, e quasi sicuramente avrebbe perso le dita dei piedi se non fosse entrata.
Quindi, senza pensarci su più i tanto, Cora entrò in quell'enorme edificio venendo investita in pieno viso da un ondata di piacevole calore
che la fece rabbrividire.
Ora si che va meglio pensò sorridendo e avanzando verso la porta dell'aula di letteratura inglese e, in men che non si dica, si ritrovò gli occhi di tutti i presenti puntati contro di lei, impallata sulla porta, prima che diverse risatine iniziarono a fluttuare nell'aria. Beh, come biasimarli, non doveva essere proprio una bella vista.
“Ragazzi, silenzio!” tuonò la professoressa Poulie, sopostando il suo sguardo su Cora che, in quel momento, stava pregando in aramaico, sperando i ricevere solo un richiamo.
“Allora, signorina Dawson, che scusa ha stavolta?” chiese girandosi col busto verso di lei e assumendo la solita espressione del “ora ti rovino la giornata”, espressione che sfoggiava ogni qualvolta che Cora arrivava in ritardo e credetemi, la povera ragazza si ritrovava davanti agli occhi quella faccia da pesce lesso, beh praticamente sempre.
“Ho dovuto accompagnare mia sorella a scuola, e dato che non sono in possesso di un mezzo, ho dovuto fare il tragitto di corsa” sospirò scocciata. Non capiva ancora del perché ogni mattina la stessa domanda. Tutti il corpo docente era a conoscenza del problema che aveva, eppure lei si ostinava a metterla in ridicolo davanti a tutti.
“Va a posto, Dawson. Sappi però che questa è l'ultima volta che ti riammetto in classe senza fare un piega” gracchiò “La prossima volta ti spedisco in presidenza”
La ragazza sbuffò dal naso mandandola a quel paese col pensiero, prima i dirigersi a passo stanco e strusciato – l'avrebbero anche potuta scambiare per il gobbo di Notredame, con la brutta postura che aveva – verso il suo banco, decorato con i suoi buffi disegni e scritte. Ecco, era forse quella l'unica cosa che adorava fare quell'ora: scrivere. Riguardo al resto, beh odiava tutto: odiava il parlare a vanvera della sua professoressa, odiava le persone in quell'aula, ma soprattutto odiava lei, Eleanor Calder: Una perfettina del cavolo, figlia di papà, con voti perfetti, con una carriera da modella perfetta, con una casa perfetta e una vita perfetta che condivideva con un ragazzo altrettanto perfetto. Ah, per la cronaca, quel ragazzo è Louis Tomlinson.
Solo a sentire il suo nome migliaia di farfalle iniziavano a volteggiare nello stomaco di Cora, la quale arrossiva inspiegabilmente di botto anche se le veniva rivolta un occhiata da parte – non sempre, però, erano per lei – sua.
Si, era cotta – perché, forse, parlare di innamoramento era un po' troppo – persa di quel ragazzo che le aveva rubato il cuore e con cui non aveva mai scambiato una parola.
Eh si, per quanto fosse strano era così, ma quando lui era nel suo campo visivo lei si sentiva strana, mentre il suo cervello andava letteralmente in fumo. Per non parlare poi di quando una volta le rivolse la parola! La ragazza aveva iniziato a diventare rossa in volto e a balbettare frasi sconnesse, quando poi la domanda era parecchio ovvia: “Abbiamo compiti per domani?”
Da allora Louis William Tomlinson non le ha più rivolto la parola e avrebbe agito nello stesso modo anche lei. Insomma, era stata scambiata per una persona con grandi infermità mentali!
Inoltre, Cora odiava a morte la coppietta tanto venerata della Victoria BC High School, che durante quella lezione si stringevano le mani sotto il banco.
Che cosa vomitevole!
Per di più, a decorare il bel quadretto, si aggiungeva quel gruppetto di giocatori di football, affiancati come da copione dal gruppo delle cheerleaders. E indovinate chi andavano a importunare nel loro tempo libero? Credo che la risposta la sappiate già.
E mentre la ragazza era immersa nel suo mare di pensieri, la campanella trillò facendola sobbalzare e per poco non cadde dalla sedia, ma riuscì in tempo ad evitare una figuraccia, ad afferrare le sue e correre come un fulmine verso il suo armadietto.
Sicuramente ora vi starete chiedendo del perché della sua agitazione, vero?
Beh, perché alla prossima lezione ci sarebbe stato matematica, e matematica era una – o meglio l'unica – materia che aveva in comune solo con Louis e questa volta non si sarebbe tirata indietro.
Che la vendetta verso Eleanor Calder abbia inizio.










Angolo autrice:
TA TA TAAAAA, ecco una nuova - ma vecchia (?) - 
effe effeee. Spero solleciti la vostra curiosità a tal punto da farmi
lasciare una misera recensione y.y
Fatemi sapere plis.

   
 
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