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Autore: allyourlittlethings_    01/10/2014    0 recensioni
Una ragazza insicura. Una vita davanti.
L'amore -diceva- arriva all'improvviso e non lentamente. Non arriva a corroderti le membra, a bruciarti l'anima come una lenta ma piacevole agonia. È una cosa che è effimera quando ti capita, ma che poi ti penetra l'essenza e vive dentro di te almeno quanto l'anima. E fa male. Ma se dicono che l'amore sia felicità, per guadagnarselo bisogna soffrire. Se da una parte acquisti una cosa, dall'altra perdi. Così è l'amore.
'Ti prego, Louis, fa' che sia tutto un errore, uno stupido sbaglio. Dimenticati di me. La verità è che io non sopporto
queste frasi mai dette e segreti non confessati, questa attesa così lunga vissuta nell'illusione, nella speranza di trovare un equilibrio irraggiungibile. Siamo come due equilibristi su un filo sottile che si tengono per mano. Se uno dei due cade, cade anche l'altro. Lo so che sarà difficile rialzarsi, ma credo che per farlo dobbiamo farlo da soli. Nessuno salva qualcuno che non vuole cambiare.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta
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Prendo la mia inseparabile bici e fuggo. Mia madre cerca di inseguirmi, ma é costretta a desistere con un 'ti prenderò, Rose'.

'We got to live before we get older

Do what we like

We got nothing to lose

Shake off the weight of the world from your shoulders

We got nothing to prove'

Canto l'inno della mia libertà, mentre sfreccio lungo viali, stradine, ponti e piazze della Londra periferica sentendo la vita pulsare dentro di me.

Continuo a pedalare scoprendo zone di Londra che in quattro mesi non ho avuto il tempo di esplorare e chiunque può leggere la meraviglia nei miei occhi nel vedere i grattacieli che sembrano sfiorare il cielo, le vetrine dei negozi lussuosi che potrò solo guardare, l'allegria che trasmettono gli artisti di strada, la musica che inonda le stradine di vitalità. L'aria è fresca e mi riempie polmoni infondendomi coraggio e tranquillizzandomi. Ma all'improvviso quel senso di libertà svanisce, lasciando spazio alla paura. Oh, non ci avevo pensato. Io e quella fottuta fobia delle cose nuove. Mi fermo,sfinita ,come se la paura stessa mi avesse risucchiato tutte le energie mentre a poco a poco il giorno lascia spazio alla notte, colorando il cielo di un vago rossore leggermente oscurato dall'inquinamento proveniente dalle industrie a est di Londra. No, non mi pento di nulla, la libertà non ha prezzo, riuscirò a sconfiggere la paura che mi immobilizza in tutte le situazioni sconosciute. Questioni di sopravvivenza. Ma ora dove sarei andata? Come mi sarei guadagnata da vivere? Tutto l'entusiasmo iniziale mi ha lasciato un vuoto dentro, che dovrei riempire di sicurezze e punti fermi. Ma dove trovare tutto ciò?

Scorgo sull'angolo della 26th avenue una pizzeria d'asporto, dove mi dirigo, pensando che lo stomaco pieno avrebbe colmato in parte il vuoto. Ordino una pizza Margherita, che in pochi minuti viene sfornata e decido di consumarla nel piccolo parco li' accanto. Tira un leggero venticello fresco che mi fa venire la pelle d'oca. Cerco nello zaino una felpa e la indosso, tremante. Il parco ha un che di sinistro, avvolto nella penombra, così vuoto e privo di bambini, a questo orario insolito. Prendo il cellulare osservando che sono le 8 p.m. Dove sarei andata stanotte? Ho come l'impressione che la libertà che ho in mano sia troppo grande per essere gestita, troppo grande per una sedicenne che sa ancora ben poco della vita, che ha ancora il terrore del futuro e allo stesso tempo é fin troppo sconsiderata di ciò che fa. E sulla panchina di un parco avvolto ormai nell'oscurità, che pare invisibile così nascosto tra gli edifici, aggrappandomi alle uniche cose che rimangono di me stessa e della mia vita, lo zaino e la bici, piango in silenzio, soffocando i singhiozzi e i gemiti in gola, scaricando la rabbia mista a sensi di colpa che mi é rimasta dentro. Non so neppure chi sono io, ora. Una sedicenne vagabonda di cui nessuno si accorgerà, una anonima ragazza svuotata di tutto.

Vorrei dimenticare tutti i miei problemi esistenziali e di tutte le mie paure. La discoteca sembra essere la soluzione più adatta in questo momento. Faccio appello a tutte le forze che mi rimangono e salgo sulla bici, pedalando fino a che non vedo l' insegna luminosa " London disco". Fuori, forse perché è ancora presto, oppure perché è Lunedì, non c'è nessuno. Ci sono invece molte bottiglie vuote, sparse in mezzo ai vetri rotti, non ancora rimosse dalla serata precedente. Parcheggio la bici poco più in là e il mio riflesso sulla vetrina mi fa notare che indosso ancora felpa e dr martens. Sorrido amaramente, mentre penso a quanto mi sia dimenticata di me stessa. Dovrò cambiarmi, se voglio entrare. Un ragazzo ubriaco esce a stento dall'ingresso della disco appoggiandosi alle pareti. All'improvviso mi ritorna in mente l'immagine dell'uomo che ha portato a casa mia madre oggi e un'ondata di ribrezzo mi travolge. Non sono più così sicura di voler entrare lí dentro. Ma attraverso la vetrata scorgo ragazzi felici e spensierati, i cui corpi si muovono a ritmo di musica, che riesco a sentire sin da fuori. Non un velo di tristezza, solo divertimento. Vengo attratta dai quei sorrisi e quegli sguardi che pensano solo allo sballo. Appena entro, l'odore di alcool mi risucchia attirandomi verso la sala, mentre la musica prende il controllo sul mio corpo facendolo muovere a suo piacimento. Corro in bagno a cambiarmi, cercando di ignorare invano tutte quelle persone che in bagno ci vanno per fare ben altro. Ragazzi svuotati dell'anima e riempiti di droga, le siringhe sparse per terra e quegli sguardi apatici e bui simili a quelli dei peluches. Il locale troppo affollato, che sa fin troppo di alcool e fumo, si trasforma presto in un teatro di azioni orripilanti e disgustose. Mi affretto a infilarmi un vestito corto nero e dei tacchi vertiginosi. Corro via raggiungendo la sala che si sta riempiendo notevolmente. Abbandono lo zaino su un divanetto accanto a me e lascio che la musica mi trasporti, staccandomi dai pensieri che mi stanno strangolando. La musica è altissima, tanto da sentirla scandire il ritmo del mio battito cardiaco, come un martello. Chiudo gli occhi e mi abbandono a questa sensazione che mi fa sentire viva sia dentro che fuori, capace di colmare un po' i buchi che la giornata ha lasciato. Vorrei che il tempo si congelasse, catturando dentro di sé questo piacere, senza lasciarlo svanire. Mi dirigo a stento spingendo tra la folla verso il bancone del bar, dove prendo un cocktail leggero, giusto per sciogliermi un po'.

Ad un tratto avverto una mano che mi afferra per il braccio e mi attira a se'. Cerco di divincolarmi, ma la presa è troppo forte. Alzo lo sguardo e inorridisco nel vedere un ragazzo muscoloso e alto torreggiare su di me, con una smorfia compiaciuta sul volto.

-Lasciami! - grido, cercando di superare il volume della musica assordante.

- ehi bella- dice, mollando la presa

-ti va di ballare con noi? Ci dispiace lasciarti sola- aggiunge con aria innocente un ragazzo moro più mingherlino, dalla pelle dorata e gli occhi che, nonostante siano marroni, brillano di una luce insolita.

-n-non so- dico confusa, non capendo ancora cosa stesse succedendo. La musica riecheggia in testa, rendendomi incapace di ragionare e l'affollamento del locale mi fa mancare il respiro. Ho deciso di rispondere con un neutro 'non so', che non è bianco ne' nero, come per salvarmi da una situazione che non mi va a genio. Da un lato ho paura della sua reazione, dall'altra non mi dispiacerebbe ballare con quel moro dall'aria innocente. Lancio uno sguardo al moro e rapita dalla sua bellezza annuisco appena, forse anche intimidita dallo sguardo del ragazzo muscoloso. "In che

guaio mi sto cacciando' mi dico. Lo so, sono un controsenso. Troppo tardi per rimangiare ciò che ho detto. Vengo spinta al centro della sala e mi ritrovo incastrata fra i corpi dei due ragazzi . Il moro mi cinge i fianchi mentre l'altro fa scivolare le sue mani lungo le mie braccia ma li allontano, forse hanno capito che io sia una ragazza facile. Si sbagliano. O forse sono io che non ho compreso il concetto di 'ballare insieme', o perlomeno cosa possa significare per loro?' Che stupida, avrei dovuto pensarci prima. Ad un tratto il tipo muscoloso scompare e ritorna poco porgendomi il cocktail che avevo lasciato sul tavolino.

- credo che tu abbia dimenticato qualcosa-

-ah si vero, grazie-

Gli do' un sorso.

- Rose, no!- una voce familiare giunge alle mie orecchie e per un attimo intercetto lo sguardo allarmato di Louis, che rapidamente si avvicina. Ma nel frattempo un brivido mi scorre lungo il corpo appannando i sensi, la ragione e poi, buio.

LOUIS' POV

Sono seduto su un divanetto della London disco accanto a Niall, un amico che non vedo da tempo perché si è trasferito lontano dal mio quartiere. Abbiamo deciso di incontrarci proprio qui, poiché è un locale a metà strada, non troppo lontano per entrambi. L' atmosfera è carica di sballo e divertimento, ma non siamo intenzionati a perdere la ragione come gli altri, si tratta solo di un semplice incontro fra amici, accompagnato da un aperitivo leggero, di quelli che si bevono in compagnia.

- Lou, ti ricordi quando eri il mio vicino di casa? Bei tempi quelli, quando scappavamo da tutto e da tutti e ce ne andavamo in quel nascondiglio del quale solo noi due sapevamo l'esistenza- sospira Niall, nostalgico.

- eh già Nì-

Niall mi fa cenno di andare fuori a fumare una sigaretta. Lo seguo, non perché avessi bisogno di fumare, solo per fargli compagnia. Intravedo una timida figura in bicicletta, illuminata appena dalla luce fioca del lampione. La figura scende dalla bici e, in un attimo in cui la luce le illumina appieno il volto, mi accorgo con stupore che è Rose. Che ci fa qui, dalla parte opposta della città, a quest'ora da sola? Non ho il tempo neanche di chiamarla, che Niall mi tira dentro per il braccio dicendo:

- c'è Liam!-

- Hey Niall! E Lou, da quanto tempo!-

- Ciao!- dico controvoglia, senza un velo di sorpresa. Liam è il migliore amico di Niall, ora frequentano la stessa scuola e sono come fratelli. Però a me sta antipatico, nonostante lui sia sempre cordiale con me. È una di quelle antipatie di cui non sai l'origine o il motivo, così, come se bastasse un solo sguardo a respingermi da lui, come due calamite. Non voglio credere che la mia sia una fottuta gelosia, sarebbe da vigliacchi. E ' da tanto che non lo vedo per via della distanza, ma non sono felice di rivederlo, al contrario di lui. Ci sediamo nei divanetti un po' lontani dal centro della sala, troppo affollata. Mi guardo in giro, chissà se nel frattempo è entrata Rose oppure ha semplicemente proseguito lungo la strada. La musica è talmente forte che fatico ad ascoltare i discorsi di Niall e Liam accanto a me. Decido di non interessarmi e non partecipare alla chiacchierata, mentre il mio sguardo continua a cercare Rose, la ragazza dai capelli rossi e lunghi, così misteriosa e bella. Perché mi preoccupo così tanto di lei? È solo una compagna di banco, e per di più ci conosciamo solo da un giorno. Scaccio via l'ipotesi di una cotta, non voglio nemmeno pensarci, visto che manca poco al mio fidanzamento con Alexia. Soprattutto se si tratta di un fidanzamento forzato come il mio. Sospiro, pensando alle parole di mio padre, quando mi annunciò che avrei dovuto stare assieme ad Alexia, solo per i suoi affari, solo per farsi amico dei suoi genitori, proprietari di una delle aziende più ricche di Londra. Quanto lo odio per questo. Alexia non è brutta, anzi è molto desiderata in tutta la scuola, forse anche perché è ricca, ma non è quel genere di ragazza che voglio. Μa non c'è stato verso di spiegarlo a mio padre, mi ha subito riempito di minacce.

Ad un tratto Una chioma rossa attira la mia attenzione. E' lei, Rose. Indossa un vestito nero corto e dei tacchi altissimi che la fanno apparire bellissima. No, non può essere la stessa Rose che ho conosciuto stamattina. Avverto qualcosa in gola che minaccia di soffocarmi con il suo calore. Provo a deglutire ma non ci riesco. Che mi prende? Gli occhi rimangono incollati alla figura di Rose che balla da sola con movimenti sensuali, i più aggraziati che io abbia mai visto.

' Little black dress just walked into the room

Making head can't get stop looking at you

It's so right, it's so right, it's so right to know'

Il testo della canzone di sottofondo non può essere più azzeccata. Mi cullo tra l'immagine di Rose e la canzone. La vedo raggiungere il bancone e prendere un cocktail. Ha degli atteggiamenti semplici e fini allo stesso tempo, a differenza delle altre ragazze che desiderano solo guadagnarsi lo sguardo dei ragazzi. Mi fa tenerezza, così sola e spaesata, quasi avesse paura della gente attorno. Potrei andare là a farle compagnia, ma ho come un blocco dentro, una voce interiore che mi immobilizza, in contrasto con il mio inconscio che è attratto irrimediabilmente a lei. Improvvisamente un gruppo di ragazzi dall'aria misteriosa e strana si avvicina lei, ma fatico a riconoscerne i volti poiché sono girati di spalle. Sembrano discutere con lei. Un gruppo di altri ragazzi passa davanti, Rose scompare. Un senso di irrequietezza mi travolge, deve averlo notato anche Niall, dal momento che mi rivolge uno sguardo interrogativo.

'Oh niente'

'Mi sembri molto strano Lou stasera'

'È tutto okay, tranquillo'- concludo velocemente, cercando di intravedere Rose, ma niente. Ora la sala si è riempita ed è difficile pure ballare senza rischiare di colpire qualcuno. L'aria è pesante, carica di alcool e fumo. E fa caldo, troppo caldo.

'Niall, vado in bagno un attimo'

'Ok' - risponde distrattamente, continuando a parlare con Liam.

In realtà voglio andare da Rose, troppa è l'inquietudine e la curiosità di scoprire i volti di quei tizi dall'aria non troppo innocente. Avendo cura di nascondermi tra la mischia per non farmi vedere da Niall, raggiungo il bancone. Riconosco immediatamente dalla corporatura massiccia uno del gruppetto che si era avvicinato a Rose. Egli da' un'occhiata in giro e tira fuori dalla tasca qualcosa che non riesco a realizzare, tanta è la velocità con cui lo immerge in un cocktail che pare abbandonato poco più in là.

'Ma quello è il cocktail di Rose!' Mi viene da urlare, ma la voce mi si spegne in gola, bloccata dal panico. Non ci vuole un genio per capire che Rose sta per essere avvelenata da una pasticca. Si, quella che ha tirato fuori così lestamente non può essere altro che droga. Spingo la folla violentemente, urlando il nome di Rose con tutte le forze e seguendo quel dannato uomo. Sento gli occhi puntati su di me, ma nessuno si sofferma più di tanto, e riprendono tutti a ballare.

'Rose! Rose, no! Rooose!' grido pestando i piedi per terra e agitando le mani, alla vista di Rose con il cocktail in mano.

Mi faccio largo tra la gente, urtandola e spostandola bruscamente, ma arrivato sul posto, Rose ha già bevuto il cocktail. Troppo tardi.

'Rose no!!' ripeto, con la rabbia che mi lacera il petto e mi brucia le vene.

Lei mi guarda per un istante, con uno sguardo tutt'altro che lucido. Chissà se mi ha riconosciuto. Socchiude gli occhi e si accascia per terra, svenuta. Mi precipito su di lei, con le lacrime che mi annebbiano la vista.

'Pensavo reggesse la droga, che peccato. Dan, andiamo'- riesco a sentire una voce cupa dietro di me.

E la rabbia esplodere dentro di me, divorandomi, bruciandomi le membra, le mie viscere.

'Fa' qualcosa' mi dico, ma non posso lasciare Rose

  
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