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Autore: Jess_Giu    02/10/2014    0 recensioni
Due ragazzi, due destini intrecciati nella grande Venezia, dai canali misteriosi e le piazze luminosi.
Tra una piroetta, misteri da svelare e una sorella da ritrovare...
Per non parlare del Segreto dei Custodi da tramandare...
"Non aveva più una casa cui tornare, una famiglia da abbracciare e una città in cui rifugiarsi,
ma solo un miraggio da seguire, senza nessuna pretesa, senza neppure molta speranza. Non
era nato per inseguire i sogni, ma per custodirli, con tutto il loro sapere. Era questa la verità
che si doveva portare dentro giorno dopo giorno. E quella ragazzina ora glielo aveva rinfacciato,
senza neppure saperlo. Gli aveva appena detto l'unica frase che aveva aspettato per tanti anni,
per così tanto che temeva non sarebbe mai arrivata.
Ma, come sempre, le cose stavano per prendere una piega inaspettata.
Levò lo sguardo verso le luci traballanti che cingevano tutta la Piazza di San Marco e che
improvvisamente si stavano spegnendo a una a una. Tornò a guardare la ragazzina dagli occhi
chiari sgranati rivolte tutto in torno, che si spostavano da una luce morente a un'altra.
-Stanno arrivando - si limitò a dire il ragazzo dagli occhi bui, serrando la mascella -Vattene.- "
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Boccali e partenze... 



-Ci sono persone che sanno tutto
e, purtroppo, questo è tutto quello che sanno.-



 
Roma.
Città antica dalle mille sfaccettature, mille rovine per mille luci. 
Fu la casa di contadini, poi guerrieri, grandi legionari, condottieri, imperatori, schiavi e mendicanti.
Il Tevere scrosciante l’attraversava, come un’arteria che attraversa il muscolo pulsante quale il cuore
di un corpo umano, con le sue acqua torbide e mosse dalla fitta pioggia che cadeva dall’alto quella
sera. Nubi grigie e poco gradite dai suoi abitanti eclissavano il cielo e a tratti coprivano un piccolo spicchio di sole, vacillante in quel turbine.
L’Anfiteatro Flavio, meglio noto al mondo con il nome di Colosseo, riposava calmo e placido al
centro di Roma racchiudendo in sé storie e avvenimenti accaduti ormai troppo in là nei secoli per
essere rimembrati, mentre la sua fontana zampillava armoniosamente lì vicino, con le sue acque
schiarite dai lampioni tutti accesi. Poco lontana, vicino a una riva del Tevere in una antica villa le
luci erano ancora accese, sebbene fosse passata da poco la mezzanotte.  
Stavano aspettando in silenzio il suo ritorno.
Un’ombra scura e densa, più densa di una semplice ombra, poiché aveva un corpo si mosse in
silenzio in mezzo ai vicoli stretti della parte antiche della città, immersa nelle ombre cos’ simili a
quella stessa figura. Non aveva molto tempo, doveva sbrigarsi prima che fosse tardi.
Superò  in fretta un vicolo dove qualche cane randagio aveva fatto rovesciare i secchi
dell’immondizia e si avvicinò a un locale ancora aperto, dall’insegna consumata dal tempo e che
recitava una sola e unica parola latina “Nox”. Era uno di quei posti nascosti, fatti apposta per non
essere notati dai soliti turisti che arrivavano da tutto il mondo, in tutte le stagioni per visitare e
scoprire i misteri della capitale italiana, non sapendo che fosse inutile.  Un solo viaggio non avrebbe mai potuto rivelare i misteri nascosti persino a coloro che vi erano nati…
Il campanello appeso di fianco alla porta trillo dolcemente quando la porta si aprì e si richiuse dietro
il nuovo venuto. Quello era l’unico rumore dolce che avrebbe mai potuto ascoltare là dentro, dove
insieme all’ossigeno si poteva respirare solo fumo e musica jazz datata e un po’ stridente che
fuoriusciva da un vecchio giradischi posato di fianco al bancone lucido del pub. L’arredamento era
consumato ma ben tenuto, morbido e vissuto…sapeva in qualche modo di casa per chiunque ci si
rifugiasse e, gira che rigira, le facce erano sempre le stesse, un po’ come le facce di una seconda
famiglia.
Il nuovo venuto, quindi, non era di certo un forestiero e questo lo dimostrò anche il modo in cui si
mosse sicuro verso uno dei divanetti sul fondo del  locale, vicino alla finestra con le inferiate
abbellite con delle piante rampicanti e delle tende purpuree, dove vi era stravaccato un ragazzo dai
capelli nascosti sotto a un berretto di lana verde acido e la felpa di un rosso acceso che era come un
pugno in un occhio per chi lo guardasse. Aveva spalle non molto larghe, ma muscolose, con un fisico
asciutto e flessuoso per essere un ragazzo, le gambe ben divaricate e le dita impegnate nel farsi
scorrere a una velocità impressionante una piccola biglia dai colori sgargianti. Di fronte a lui un
boccale pieno di una sostanza rosa dalla schiuma chiara e densa, da cui ogni tanto traeva un sorso
tramite una cannuccia violetta.
Il nuovo venuto scosse la testa, avvicinandosi, ormai privo di parole.
-Possibile che tu sia sempre qua?- sbuffò il ragazzo, senza neppure voltarsi, posando di scatto la
pallina sul tavolo di fronte a sé con un movimento molto rapido, che però lui distinse nettamente.
-Possibile che tu debba sempre farmi fare figuracce venendo qui a bere quella poltiglia?- ribatté la
figura, ormai alle sue spalle.
Il ragazzo posò le braccia mollemente sullo schienale del divano e si volto per metà mostrando un
viso giovane da ventenne con labbra non troppo grandi piegate in un ghigno divertito sotto  a un naso
dritto a patatina e due grandi occhi verdi che lo guardavano scherzosi come sempre, mentre  dal
cappello fuoriuscivano qualche ciuffo disordinato di capelli biondo cenere spettinati verso l’alto.
-Che problemi ai con i frullati alla fragola?
-Che problemi hai TU con il sottoscritto?- l’altro si lasciò scivolare di fronte all’amico, passandosi
una mano fra i capelli scuri e alzando una mano verso la cameriera, una ragazza sui diciotto anni dai
capelli chiari che si apprestò ad avvicinarsi –Una birra media, Anna, grazie!
Anna sorrise, sbrigandosi ad accostarsi al bancone, senza preoccuparsi dello scollo della maglia che
dava modo al barista di intravedere il reggiseno azzurrino che portava, o delle gambe lasciate
scoperte dai pantaloncini corti e coperte appena dalle calze sottilissime.
-Il mio problema con te è che quando decido di farti una visita non ti trovo mai a casa! Anzi, se devo
dirla tutta…non ti trovo da nessuna parte! Cos’è sta storia che devi sempre essere tu a farti vivo se no
pace e avanti il prossimo? Anch’io ho dei sentimenti! E una vita!– rispose teatralmente il biondino,
agitando in aria un braccio e facendo spuntare un live sorriso sulle labbra serie dell’altro.
-Ma se ogni volta che vengo sei sempre qui…- gli fece notare, lasciando che Anna gli posasse il
boccale davanti e  si sedesse di fianco all’amico.
-State di nuovo battibeccando come una coppia sposata?- rise la ragazza, accavallando le gambe e
posando un braccio sul tavolo fece scorrere i suoi occhi chiari su entrambi.
-Lui battibecca, io espongo le mie ragioni!- sentenziò il biondino, per poi abbracciarla e sollevarla
per prendersela in braccio –E tu, mia bella punzella? Hai finito il turno? O dovrò ancora aspettare
molto?
-Oh! Come siamo impazienti!- si divincolò la ragazza, ridendo.
-Non sono impaziente! Sono preoccupato! Come dovrei sentirmi sapendoti in questo postaccio
frequentato da burberi e rozzi maschi vestita in tale maniera?!?- ed indicò con faccia indignata i suoi
abiti.
-Andiamo Luke! Se questo posto lo frequentate sempre voi due!
-Esattamente! Io perché sono un gentiluomo e devo badare a questa testa calda, rozza e burbera!-
indicò il ragazzo dai capelli scuri, che se ne stava lì tranquillo a sorseggiare la propria birra, con un
gesto della mano.
-Ti devo ricordare che questa testa calda, rozza e burbera è il tuo migliore amico?- lo freddò l’altro
con nonchalance, con gli occhi scuri divertiti.
-Lo so, e gli amici si accettano per quelli che sono!- scrollò le spalle Luke per poi farsi serio –Comunque tu, cara la mia principessina, non uscirai mai più vestita in tale maniera per lavorare in un
tale posto!-
-Dai Lu! Sono abbastanza grande per decidere cosa indossare quando esco!
-No che non lo sei, come i fatti dimostrano!
-Invece lo sono!
-No!
-Sì!
-Nooo!
-Siiiiiiiiiiiiiii!
-Ora finitela! – sbuffò, indispettito il ragazzo dai capelli scuri e gli occhi ancora più bui -   Luke, Anna è abbastanza grande per decidere da sola cosa mettere!
-Visto!- gli fece la linguaccia la ragazza, mentre Luke incrociava le braccia indignato.
-Anna, Luke si preoccupa perché oggi sei davvero svestita e lui ci tiene molto a te, perciò la prossima
volta indossa qualcosa di più adatto, ok?
-Visto?!?!- fu il turno del biondo e l’altro alzava gli occhi.
-Va bene…scusami…- mormorò Anna baciandogli una guancia e alzandosi –Finisco di lavorare e
arrivo!
Luke la osservò riprendere in mano i vassoi e dirigersi dietro al bancone parlando con il barista,
anche lui giovane dagli occhi scuri e i capelli ricci, sospirando. Poi tornò ad osservare l’amico. Il
ragazzo di fronte a lui si stava sistemando il lungo cardigan nero, alzandone il colletto, così scuro da
far risaltare il chiarore così intenso della sua pelle, su cui gli occhi scuri risaltavano ancora di più,
grandi e profondi, velati sempre da quel sentimento che con il tempo si era abituato ad identificare.
I capelli neri corti erano scompigliati e gli si addicevano, rispecchiando quel tormento interiore che
aveva fin da bambino.
-Anna è una ragazza in gamba…- lo rassicurò.
-Così in gamba che si è presa una cotta enorme per te…- si strinse nelle spalle il biondino,
distogliendo lo sguardo e sorseggiando il suo frullato.
Il ragazzo scuro rimase in silenzio a guardarlo, per poi scuotere la testa:-Luke, lo sai benissimo che…
-…la vedi come una sorella, sì…Ma lei è mia sorella, non tua…-sorrise tristemente il ragazzo –A
volte sembra che siano le persone a volerti più bene di quanto tu ne sia capace di dare persino a te
stesso…-
Silenzio.
I due evitarono per un attimo di guardarsi, poi l’altro si schiarì la voce e si alzò,
posando i soldi sul tavolo.
-Ci si vede, Luke…
Sapeva che forse pareva che stesse scappando, ma non era affatto così, era solo stanco, Stanco che le
persone gli dicessero ciò che lui già sapeva su se stesso, era incapace di amare davvero una persona,
sapeva cosa voleva dire, perché lui sapeva ogni cosa, ma non ne era in grado.  O non voleva, detto in
modo più semplice.
Si avvicinò rapidamente alla porta, facendo trillare i campanelli mentre l’apriva.
-Questa volta non ti permetterò di scomparire nel nulla, lo sai vero?- lo bloccò sulla soglia il biondo,
alzandosi dal divanetto e fissandogli le spalle.
Non rispose.
-Noi due siamo legati, Helios, questo lo sappiamo entrambi.
Il ragazzo strinse i pugni e sospirò :-Non dirmi ciò che devo sapere, perché io lo so mille volte
eglio di te, Luke…
E con tali parole uscì da quel posto, inoltrandosi un’altra volta nelle tenebre, mentre il suo migliore
amico finiva tutto d’un sorso il frappè e posava rumorosamente il boccale sul tavolo, prima di
lanciarsi anche lui nelle tenebre della fredda e notturna Roma. 
Helios non sapeva che quella notte sarebbe partito dalla sua città, in seguito a una scoperta, e ben che
meno non sapeva che non sarebbe stato l’unico ad andarsene…
 






 
   
 
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