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Autore: Alexis Cage    02/10/2014    1 recensioni
Ho riscritto la realtà. Anzi, così sminuisco quello che ho fatto: ho salvato il culo a tutto il mondo.
Ora penso di poter tranquillizzarmi, no? Insomma, ho degli amici, dei veri amici, una famiglia che mi vuole bene e, soprattutto, ho ritrovato quel rincoglionito di Evan.
Ma c'è di meglio: i poteri non esistono più. Posso fare la mia tranquillissima vita di merda, finalmente.
E invece...no. Perchè, a quanto pare, ci sono persone capaci di rovinarmi la vita all'infinito, anche dopo la morte...o anche da luoghi molto, molto lontani.
Del resto, non ci sono confini alla mia sfiga. Ormai l'ho capito.
E stavolta non riesco a non chiedermelo: sarò capace di rimettere tutto a posto...di nuovo?
PS AUTRICE: questa è la continuazione della storia (conclusa) "Il diario di una reclusa"...quindi consiglio ai pochi folli che pensano di leggere questa storia di farsi prima un giro nell'altra, o capirete ben poco
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Diari di gente altamente normale'
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Incredibilmente non mi sento strana. Fa un po' male, è vero...ma nient'altro.

Da come ne parlava la gente sembrava molto peggio.

Ma qual'è la cosa peggiore di tutta la situazione generale in cui sono finita? Beh, semplice: sono riuscita ad addormentarmi con un esemplare di Evan qua accanto. È consolante il fatto che pure lui si è messo a dormire (e russa), e adesso sono le cinque di pomeriggio e tra cinque orette partiremo per salvare il mondo. Tattarattaaaa. Cose che capitano tutti i giorni.

Visto che non è che mi piaccia stare senza vestiti sotto le coperte (nah, non è vero: è solo che mi sento a disagio, diciamoci la realtà) mi rialzo, riprendo ciò che mi spetta e mi vesto di, indoviniamo, vestiti di un colore che qua non ho mai visto: nero. Ma dove ha trovato Adrian quella sua maglietta rossa sgargiante? Che poi, penso proprio che dovranno darmi loro qualcosa da mettermi per la missione suicida, eh, qualcosa di più sicuro di una giacca nera alti pioggia. Non è che devo sempre pensare a tutto io.

Evan continua a dormire.

Bevo un po' dell'acqua che mi ha portato prima. Sento l'alito di merda che ho, penso ai film dove la gente non si sveglia con un alito che uccide elefanti e vado a lavarmi i denti. Torno nella stanza, faccio qualche giravolta sulla sedia con le rotelle che c'è nell'angolo, sbuffo con la sonorità di solito di Alice.

Penso ad Alice, Mary, Jack e Bill. Quelli dell'altra realtà, ovviamente. Penso ai miei genitori della realtà bella (dove gli uccellini cantano ancora), a quanto saranno preoccupati...se il tempo scorre allo stesso modo. Penso a Nathan, il mio Nathan; quello che mi vuole bene, che da una parte è morto per la cosa giusta e dall'altra è vivo e vive per la cosa giusta. Penso anche a Dan e Angie; qua morti, là vivi. A quanto sarebbe felice questo Evan di vederli (riconoscendoli, stavolta) e vivere con loro.

E poi penso alla tipa che prima ha cercato di ammazzarmi. Ad Adrian, a Cass, alla ragazza delle cucine, alla gente che c'è qua. Al Nathan cattivo, alla mia non madre che mi ha sparato, a Maurice e alla famiglia della muerte. A tutti loro, insomma.

A Jack, l'altra Ivy. A Bill.

Loro avevano bisogno di me. Avrei potuto salvarli...sono in questa situazione per colpa mia, no? Perchè io, nel mio egoismo, ho deciso di provare il "tentativo numero due". E ho distrutto le realtà.

Quando (se) avrò fermato Nathan ci sarà lo stesso il caos. Molta altra gente morirà, perderà i cari, ci saranno famiglie distrutte e orfani e madri che piangono i propri figli. E io non voglio vedere.

Ma non sarebbe giusto. Non posso scappare per sempre.

Eva si sveglia in questo momento e io gli dico:

-Dobbiamo restare qua.-

-Mh?- mi risponde lui, passandosi una mano tra i capelli e sbadigliando in un modo che nessuno si aspetterebbe da Evan Sanders, il braccio destro di Faber (prima Faber il maschio, ora la femmina).

-Non possiamo andare nella realtà bella.- gli spiego lentamente, cercando di far sembrare il mio tono abbastanza ragionevole -Dobbiamo restare qua. Io dovrò aiutare per mettere a posto tutto il casino e te, beh...mi spiace, ma penso che dall'altra parte non apprezzeranno il tuo ritorno se non ci sarò io. Penserebbero subito che sia successo qualcosa di strano, no? Quindi scusa, davvero, ma...-

-E stai calma. Tanto dove vai tu vado io, ok? Non ho problemi a restare qua.-

-La tua mente è controllata dal post sesso. Non posso fidarmi.- ribatto subito io. La cosa più strana è che ne sono convinta; che lui non possa parlare sul serio, insomma. Chi mai vorrebbe restare in una realtà di merda come questa, sapendo che ce n'è una migliore?

È che mi aspettavo di doverlo convincere almeno un po'.

-Probabile.- fa lui con un tono sereno. Sorride come se fosse in pace col mondo e butta la testa all'indietro...quasi sia davvero in pace col mondo.

-Quindi non vuoi restare qua?- tento, in attesa di chiarimenti. Lui raddrizza di scatto la testa e mi guarda con un'espressione che mi pare offesa:

-Ma perchè stiamo parlando di cose del genere?-

-Oh, va bene, parliamo di cose molto più serie.- sbotto io. Così, alla cazzo. -Allora? Ti è piaciuto?-

Evidentemente è palese il soggetto, ma questo idiota scoppia a ridere e dice:

-Cosa mi sarebbe dovuto piacere?-

-...mi stai sul cazzo.-

-E andiamo, Ivy, scherzo!- dice lui, come se non capisca qualcosa di ovvio. Poi scatta in avanti e mi tende la mano, col palmo rivolto verso di me -Dai, batti il cinque del...com'è che l'hai chiamato? Post sesso?-

Eh.

Insomma. Non è che a una ragazza piaccia sentirsi dire cose del genere.

Ma ovviamente io sono fuori, quindi mi viene naturale imitarlo e tendere una mano per "battergli il cinque".

Ed Evan fa uno scatto in avanti, mi agguanta per il polso e mi fa praticamente cadere su di lui, mister finezza.

-Certo che sei ritardata. Il batti cinque del post sesso? Ma dai, nemmeno il più stronzo degli stronzi farebbe una cosa del genere.-

-Certo che sei stronzo te...-

Ed è in questo momento che qualcuno bussa alla porta. Scatto in piedi nell'esatto momento in cui Adrian chiede:

-Ivy? Sei sveglia?-

-Ssssno. No. Aspetta cinque secondo, meglio.- rispondo ad Adrian, evidentemente appena dietro alla porta. Evan coglie il significato dello sguardo che gli ho lanciato e scatta in piedi per rendersi presentabile.

-È importante.- insiste Adrian. Sento da qua la sua irritazione, e la cosa fa irritare anche me.

-Cinque secondi.-

-Mi manda Catchlyt.-

-Cinque...-

-Senti, lo so che c'è Evan, quindi se te sei vestita e lui ha almeno le mutande non mi fa problemi, ok? E visto che è davvero importante...-

-E va bene, entra.- sbotto infine, facendo i due passi che mi dividono dalla porta e aprendola con innata furia. Fossi stata in un'altra dimensione, l'avrei spaccata dai cardini con facilità e sarei diventata di un naturale colorito verde incazzatura...ma, ehi, non si può avere tutto dalla vita.

Adrian guarda me, guarda alle mie spalle e sorride sereno:

-Bene. A posto. Posso entrare?-

-Se vuoi fare una cosa a tre sei venuto nel posto sbagliato.- dice Evan, infilandosi i jeans. Adrian fa una faccia schifata e io non riesco a non sghignazzare.

-No, sul serio. È una cosa seria.-

-Ti ascoltiamo.- gli rispondo io. Ma lui non vuole parlare: getta qualche occhiata pratica al corridoio, poi mi sposta dall'entrata e chiude la porta in un unico movimento.

Infine, mentre Evan si mette la maglia (mister reattività), sbuffa e dice:

-Dobbiamo mantenere segreta questa cosa...-

-E pensi che chiudere una porta renda segreta questa qual cosa che ci vuoi dire?- non riesco a non notare io, attraversata da uno dei miei momenti da stronza -Siamo in un posto pieno di gente che legge nel pensiero. Non so se mi spiego.-

-Che perspicacia.- sbuffa Evan, reinfilandosi le scarpe. Io lo guardo male...e poi mi accorgo di cosa sta facendo.

-Andiamo da qualche parte?- gli chiedo, giusto per capire se mi sono persa qualche puntata. Lui alza gli occhi drammaticamente al cielo e, finalmente, Adrian spiega:

-Come penso lui abbia capito, abbiamo deciso di anticipare la missione. E questo lo sanno solo quelli che partecipano attivamente, oltre i capi...quindi, Ivy, se tieni la mente chiusa ed eviti di avvertire gli altri di questo mentre sei in corridoio, le spie di Faber non riusciranno ad avvertirlo in tempo.-

...ah.

Geniale.

-Quindi si parte adesso?-

-Già.-

-Quanto ci vorrà per arrivare al generatore e a Nathan?-

-Poco più di due ore.- mi risponde subito Adrian. Poi sembra capire cosa mi passa per la testa (senza leggermi la mente, strano) e sorride leggermente mentre aggiunge:

-Sta' tranquilla, avrai tutto il tempo per prepararti. E non dovrai fare tanto, no? Sei super potente, per te sarà un giochetto fermare il generatore.-

Io gli sorrido leggermente per fargli segno che ho apprezzato la sua rassicurazione. Non mi viene da fare niente di più...perchè la verità è semplice.

Non è fermare il generatore che mi preoccupa.

-Allora? Bisogna prepararsi, no?- nota Evan.

Così usciamo tutti e tre dalla mia stanza (chissà cosa penserebbero se ci vedessero adesso) e cominciamo a scendere le scale, diretti chissà dove e in silenzio.

Al piano a livello del terreno Adrian si ferma a chiaccherare con uno dei suoi amici vecchietti (sembrano pure intendersi), lasciando me ed Evan a qualche metro di distanza, in attesa di andare nei sotterranei per prepararci alla battaglia imminente.

-Non è fermare il generatore che ti preoccupa, vero?-

Mi volto verso Evan. E sì, sono leggermente sorpresa...perchè non mi sarei mai aspettata questo.

È come se mi leggesse nel pensiero.

-Perchè lo pensi?- gli chiedo, giusto per fare un po' la stronza altezzosa. Lui sorride, come sempre:

-Perchè lo so. Comunque...non pensarci, Ivy. Lui non è il tuo Nathan, è solo un mostro. Non sentirti in colpa per quello che accadrà.-

-Lo sai che è inutile dirmelo, no?- noto io. Incredibilmente sento un sorriso stiracchiato che mi cresce sul volto. Un sorriso amaro. -È mio fratello...anche se è di un'altra dimensione.-

-Sì, questo è ovvio. Ma te non pensarci lo stesso, ok? Non serve a niente preoccuparsi.-

-Uhm...ci penserò.- gli concedo. Poi Adrian torna da noi e ricominciamo a scendere verso i sotterranei.

E sono grata ad Evan per essersi rivelato così telepatico (cioè, lui che non ha poteri)...ma il consiglio di non pensarci non è così semplice da seguire, eh.

Perchè Nathan è mio fratello e tra poco dovrò vederlo morire. Di nuovo.

Che vita di merda.

  
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