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Autore: DarkEyes    09/10/2008    0 recensioni
Introduzione rimossa poichè non vi sono cenni relativi alla trama. Si prega di inserirne una valida.
Rinoa81, assistente amministratrice.
Genere: Dark, Sovrannaturale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: Incompiuta
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Prologo

 

 

 

La pioggia batteva insistente sul taxi in corsa, grossi rivoli rigavano i finestrini e quel fragore mi rendeva ancora più nervosa di quanto già non fossi. Stringevo tra le dita il biglietto da visita con l’indirizzo, scritto ad inchiostro rosso sangue, che avevo appena sussurrato a denti stretti al conducente. Il cuore mi martellava in gola e continuavo a guardare dietro nel buio per controllare se qualche auto ci seguisse. Ero in fuga, ero nel panico assoluto e mi stavo dirigendo verso l’unica persona in grado di proteggermi si, ma che forse nemmeno si ricordava di me e che forse non aveva la minima intenzione di aiutarmi. Ma dovevo provarci. Ero in pericolo, mi ero trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato ma se fossi stata una passante comune me la sarei cavata facilmente con qualche intimidazione in cambio della bocca chiusa, ma io non ero una passante comune e loro lo sapevano. Non avrei dovuto vedere ciò che avevo visto e per mettermi a tacere loro avrebbero usato un solo ed efficace metodo…

Il taxi frenò di colpo e per poco non sbattei la fronte contro il vetro, guardai fuori dal finestrino. Una piccola villa si stagliava contro il cielo grigio, tutte le finestre erano chiuse con tende, sembrava disabitata… sperai ardentemente in cuor mio che non fosse così. Pagai velocemente il conducente e scesi dal taxi affondando completamente con i piedi in una pozzanghera, quella era davvero la mia giornata sfortunata! La pioggia mi cadeva potente sul viso schiacciandomi i capelli sugli occhi, alcune gocce mi scivolarono nella maglietta lungo la schiena facendomi rabbrividire di freddo. Mi strinsi le braccia intorno al corpo, mi feci forza e mi avvicinai al citofono alla destra del cancello che proteggeva la villa. Attraverso le sbarre vidi che l’intero giardino era allagato e il vialetto era diventato un ruscello. Scossi la testa e premetti il pulsante accanto al quale non c’era alcun nome che indicasse i proprietari della casa.

Attesi qualche minuto ma nessuno mi rispose, oramai ero un pezzo di ghiaccio e avevo gli abiti zuppi. Premetti con maggiore energia e per maggior tempo il pulsante, quasi con rabbia. Ti prego rispondi ti prego ti prego ti prego!

Un ronzio mi fece sobbalzare, poi una voce chiese:

- Si chi è?-

Era delicata, avvolgente come la seta, un brivido d’emozione risalì lungo la mia schiena. Era lui non ne avevo dubbi. Presi fiato e cercai di rispondere con voce ferma.

- Sono Katleen -

- Katleen? – domandò e la sua voce mi schiaffeggiò come una folata di vento invernale. Sospirai demoralizzata, lo sapevo non si ricordava di me ed io che dopo tutto quel tempo ancora ci speravo. Deglutii a fatica e presi a snocciolare il discorso che mentalmente mi ero preparata nel taxi nell’eventualità che lui non si ricordasse, ma non fu così semplice come credevo.

- Katleen Combs.. lo so che non ti ricordi di me, ma otto anni fa noi ci siamo incontrati.. mi avevi detto che.. ecco.. io avrei bisogno di un posto dove.. -

- Katie! – la sua voce mi interruppe, un misto tra il sorpreso e il felice, era dolce quasi palpabile, troppo netta per provenire dal citofono. Mi voltai verso il cancello e tra le sbarre scorsi un viso diafano e due occhi grigi e profondi che mi guardavano. Si mosse lentamente con eleganza felina, aprì il cancello e mi porse la mano, io allungai la mia continuando a fissarlo negli occhi incantata, mi tirò davanti a se.

- Gabriel… - sussurrai assaporando quel nome come un gustoso cioccolatino. Lui mi stringeva ancora la mano nella sua e sorrideva. Era così bello coi lunghi capelli scuri che gli incorniciavano il viso e gli occhi grigi e magnetici, era bello come la prima volta che lo avevo incontrato, era rimasto immutato negli anni. La pioggia continuava a scorrere su di noi che seguitavamo immobili a guardarci, era come se il tempo si fosse cristallizzato rendendo tutto irreale.

 

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