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Autore: SisterofNicoDiAngelo    03/10/2014    1 recensioni
Tratto dal primo capitolo:
"Ciao sono Nico di Angelo, e sono vivo e vegeto....ma che dico?! Okay, ricomincio.
Ciao, sono Nico di Angelo e i miei polmoni fanno un vero schifo come la mia vita! Ora sembra perfetto come inizio, vero?"
[Hazel/Nico] [Gus/Percy] [Storia ispirata al libro di Jonh Green "Colpa delle Stelle", non copyright. Solo la trama]
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jason Grace, Nico di Angelo, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: AU, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Due.
La mia mentalità mi porta nella casa di un pazzo.

Nel bel mezzo della “passeggiata” –se così posso definirla– Percy non  faceva altro che sballottarmi avanti e indietro saltando come un perfetto cretino. In risposta i miei schiaffi colpivano la sua spalla, la sua nuca, la sua fronte o iniziavo a premere il piede nel suo ventre per ripicca. Ad un certo punto ci fermammo davanti ad una jeep dalle dimensioni enormi, sembrava più un autobus ma la mia paura cresceva: se Percy guidava come sapeva camminare, era un problema per chiunque. Mi intimò di salire sul sedile del passeggero, e con un piccolo aiutino mi sistemai prima che salisse dalla parte opposta alla mia. Non volevo che partisse mentre sistemavo la bombola, o avrei avuto un bel segno  sulla faccia.
« Pronto? » Chiese mettendo la chiave nella toppa, esitante.
Deglutii. « Sto tremando. »
« Maddai. » Sbuffò allungando una mano verso i miei capelli, li mosse un po’ come se gli facesse piacere poi premette il piede sull’acceleratore. La mia testa piegata verso la bombola ai miei piedi, fece una botta contro il sedile. Il mio cervello sembrò scoppiare mentre Percy ridacchiava nervosamente. Che aveva da ridere?! Allacciai la cintura di sicurezza e in ogni modo pensavo di sprofondare nella morbidezza che quella macchina mi offriva solo appoggiandomici. In radio trasmetteva “We Found Love” di Rihanna, e per qualche secondo mi calmai poggiando la fronte sul finestrino. Almeno finché quell’insulso idiota fece un mugugno schifato e cambiò stazione, scattai all’improvviso e prima che potessi picchiarlo a morte battei la fronte in avanti, sull’airbag. La luce rossa del semaforo mi fece capire che aveva frenato con un rimbombo, non capivo più niente. Stavo sballottando nonostante lui cercasse di tenermi tenendo la mano sul mio petto, come per proteggermi da un’ennesima frenata. Aveva una guida talmente mediocre e inesperta che il mio unico pensiero era quello di staccargli entrambe le gambe (sì, artificiale e naturale, tutte e due). Non ero affatto preoccupato, terrorizzato perché stavo in macchina con un pazzo senza gamba, ma ogni volta che dava gas dimenticavo ogni cosa a causa delle botte.
«Mi hanno bocciato all’esame di guida per qualche volta.. » Aggiunse girando l’angolo con estrema fatica.
Roteai gli occhi, cercando di non ridere poi lo fissai alzando il sopracciglio destro provocatorio. « Ops, ma non mi dire.. »
« Mi stai provocando? » Sibilò Percy lanciandomi un’occhiata, maliziosa? Sì, era il termine giusto. Decisamente era il termine giusto per descrivere quei occhi verdi che mi scrutavano curiosi.
« Sì, problemi? » Mi finsi interessato alle mie converse nere (dubitavate di me?), quando un clacson mi attirò. Girai il capo verso destra e notai il biondo a bordo di una BMW nera di zecca, troppo bella per essere vera.
Abbassò gli occhiali da sole (sì, solo Jason Grace andava con gli occhiali da sole di sera, quando il sole non c’era minimamente) e strizzò l’occhio verso di me. « E’ qui la festa? »
« Jas! » Ghignò Percy, evidentemente con una nota di nervosismo nel tono in cui lo chiamò. « Non siamo ancora arrivati. »
« Già lo sapevo, idiota. » Aggiunse il biondo, con velocità raggiunse la fine del vicolo in cui eravamo, e scese dalla BMW bussando alla porta di casa Jackson.
« Allora a che eravamo rimasti? » Disse Percy, quasi con la mano cercando il mio viso. Peggio di un cieco.
« Che stavamo raggiungendo casa tua o che scendevo dalla macchina avviandomi verso la mia? »
« Nono. Preferisco la prima, angelo. »
Risi imbarazzato. « Devi dirmi chi ti ha dato la patente.. un asino, o forse un vecchio di novant’anni? Scommetto che è un Premio Cancro, vero? »
« Hai indovinato, angelo. » Accostò a pochi metri da casa sua poi spense il motore. « BlackJack è un regalo di mia madre, voleva che io potessi guidare nonostante non ho la patente, un giorno la prenderò. »
« Di questo ne sono certo. » Aggiunsi con un mezzo sorriso. « Ma devi dirmi perché hai dato un nome alla tua macchina e perché il nome è BlackJack se è blu elettrico? Scusa, devo liberarmi di pensieri inutili.. »
Alzò le spalle, e sghignazzò per rifarmi lo  stesso servizio: affondò la mano tra i miei capelli neri e li mosse. « Perché era un bel nome. Il nero non c’era e fare un lavoretto con i colori non serviva a niente se poi veniva bruttissimo. Quindi.. » Con la mano premetti sulle sue labbra, zittendolo.
« Ho capito. Ho capito okay? »
« Okay. » Annuì serio. « Vuoi raccontarmi di te? »
« Di me? » Domandai stranito. « E cosa dovrei dirti di me? So che non ti interessa, non é interessato mai a nessuno. »
« A me sì. » Le sue parole mi fecero effetto dentro causando il mio rossore sulle guance pallide, come gli antibiotici lo fecero con i miei polmoni due anni fa, quando stavo per morire in un lettino. Mio padre singhiozzava rumorosamente come uno tsunami che stava per travolgermi, quel tsunami che io chiamavo miseramente “morte” ma che non arrivò mai. Mia madre accarezzava il mio volto e serrava i denti, increspava le labbra per non urlare davanti all’infermiera. Io boccheggiavo in cerca di aria, quasi come se stessero bruciando la mia anima, come il fiume Stige. In un sogno dove io feci per affogare in quel fiume degl’Inferi sgretolandomi finché di me non rimase nulla, il nulla assoluto. Ero lì, in persona, a vedere la mia anima distrutta dal fiume immortale, da quel che pensavo fosse il peggior bagno della mia vita in un sogno. Sperai che ciò che stavo passando era un incubo senza fine, mi resi conto che era la mia realtà purtroppo.  Gli raccontai dall’inizio fino a quella che credevo fosse la fine dei miei problemi che stavo ancora tenendo a bada. Era un buon ascoltatore, non fece domande e rimase a fissare la mia bocca mentre pronunciavo le parole adatte per fargli capire l’argomento: “la mia vita problematica”.
« Wow, di belle non ne hai passate. Mi dispiace. »
« Acqua passata ormai.  » Sorrisi sollevato. Diedi uno sguardo dal finestrino poi aprì lo sportello. « Mi aiuti a scendere? »
« Certo. »
La sua casa, come avevo appena detto, era l’ultima del vicolo, ma quando sorpassammo la macchina di Jason, iniziai finalmente a formulare che quella era casa Grace, e molto più avanti quella di Percy. Mi prese di nuovo sulla schiena, cercando di non farmi affaticare a camminare per qualche metro inutilmente. Quando fummo sul suo portico, prese le chiavi e aprì la porta mostrandomi un’entrata spettacolare. Beh, cosa dovevo immaginare? Un porcile se poi era una villa da veri ricconi molto meglio della mia? Un lampadario illuminava sopra le nostre teste, c’era una scala laterale che portava al piano di sopra e un’altra porta alla mia sinistra che dava al salone. Più avanti, c’era la cucina e sotto alle scale ancora una porta che portava chissà dove. Percy mi guidò fino in cucina dove i suoi genitori parlavano amorevolmente preparando un’insalata russa che mi fece venire l’acquolina in bocca. Non potevo non aggiungere che quasi tutte le stanze che ho visto era tappezzata di frasi di ogni tipo. Incoraggiamenti, disse Percy notando il mio sguardo. Quella che mi attirò maggiormente fu: “Se vuoi l'arcobaleno devi sopportare la pioggia”. Quello sì, che era un incoraggiamento coi fiocchi.
« Mamma.. » Sibilò scocciato. « Papà, lui è Nico di Angelo. »
« Chiamatemi Nico. » Aggiunsi sbuffando.
« Oh, piacere di conoscerti Nico. Sono Sally. » la madre di Percy si avvicinò e mi abbracciò calorosamente, tenendo a distanza dalla mia maglia le sue mani sporche di riso e prosciutto cotto di duecento grammi appena tagliato. Il padre del corvino invece, sorrise nella mia direzione e continuò a mescolare i vari ingredienti nella grande ciotola azzurra.
« Io e Di Angelo andiamo a vedere un film in seminterrato., chiamateci quando è pronto. »
« Okay, tesoro. » Disse Sally baciandogli la guancia ruvida a causa della barbetta. Gliel’avevo toccata, quando gli ero sulla schiena ma con uno schiaffo sonoro giusto per fargli cambiare il modo di camminare così scherzoso. Ma non con le labbra, senza rendermene conto iniziai a tastarmele con il semplice gusto di sapere di quale sapore sanno, ma sarebbe stato un mistero finché non lo avrei chiesto a colei che mi avrebbe baciato per primo. O colui. Era un mistero. Percy mi prese per l’avambraccio e mi condusse davanti alla porta sotto alle scale onorandomi di avventurarmi  per primo  nel seminterrato della casa dei Jackson. Con fatica trascinai la cartellina contenente la bombola, ma forse mi intimò di andare per primo non per curiosità ma per un aiuto con la bombola. Vari scaffali riempiti di trofei di nuoto, pinne, una tuta per l’apnea, e in un’altra stanza invece c’erano videogiochi, film, una tv al plasma e un divanetto con accanto una poltrona rossa che ti sussurrava un “Accarezzami, siediti.. godi la mia morbidezza sulla tua pelle”. Accidenti, quello era il sogno di una vita.
« Ti piace, vero? » Rise notando il mio rossore nel vederla con occhi sognanti. Paragonando le mie guance al colore della mitica poltroncina potete commentare che sono davvero un pazzo con due polmoni poco funzionanti. Seriamente. « Siediti, se.. »
Non lo ascoltai, mi ci fiondai letteralmente e azionai il seggiolino così da tenermi sospeso come su una nuvola, ero in Paradiso ma non proprio. Percy si tuffò nel divano in pelle e accese la tv con a tutto volume una canzone rock a me sconosciuta. Sobbalzai quando i miei timpani strillarono, serrai i denti, e sgranai gli occhi quasi urlando. Relax? Con Percy Jackson il relax nel suo mini pianeta da sciocchi non esiste. Solo rock, e pazzia assoluta e una stramaledettissima voglia di rompermi le scatole ogni volta che ne ha la possibilità. A me non faceva piacere, ma le mie intenzioni di rovinarlo con le brutte non erano ancora svanite.
« Ma sei impazzito?! Ci sei o ci fai Jackson!? »
« Ci faccio, ovvio. » Rispose divertito. « La tua faccia?! Indimenticabile! » Poggiò una mano sulla pancia  e si piegò dalle risate, si, credo di aver fatto un’altra figura di merda davanti ad un ragazzo sconosciuto.  Sentimmo con difficoltà la voce stridula di Sally, ma ciò che mi preoccupò non fu se l’avrei fatta infuriare per il ritardo, ma come salire le scale se avevo urlato così forte e mi mancava aria. Sistemai la cannula sotto le narici e portai la mano sul cuore, iniziando a tossire per mancanza di ossigeno. In iperventilazione fra 3…2…1..
« Nico! »
Percy si inginocchiò davanti a me, prendendo la mia mano libera. Iniziò a maneggiare la manovra della bombola, ci riuscì e l’ossigeno ritornò nei miei polmoni normalmente. Il corvino sibilò per un paio di volte uno “scusa” abbracciandomi. Boccheggiavo , presi della stoffa della sua maglia tra i pugni quando cominciai a stare meglio di qualche minuto primo.
« Stai bene? » Chiese prendendo il viso tra le mie mani. « Ho avuto paura, mi hai fatto davvero morire in pochi secondi.. »
« Mi dispiace, non volevo farti avere un mini-infarto. Ma tu non provarci ancora o morirò a causa tua. » Sorrisi.
« Ah ah, divertente. Vedo che non hai perso l’umorismo, angelo, nonostante sia quasi morto per iperventilazione. Alla grande, tu sì que vales.  » Con un accento spagnolo –che di spagnolo non ne aveva manco il zero per cento–  pronunciò quelle parole come se non riuscisse a capire il significato. Comunque non risi, anzi, ero indeciso sul non iniziare a spiegargli che cosa significava o di schiaffeggiargli un libro di spagnolo in faccia piuttosto. Avrei scelto di sicuro la seconda.
« Su questo non mi batti. » Sussurrai alzando le sopracciglia, quasi con tono di indifferenza e  maliziosità.
Sally scese le scale, quasi preoccupata, e ci raggiunse correndo ma la nostra immagine (Percy seduto sul braccio della poltrona e io ancorato al suo busto) la addolcì, e non poco.
« Oh, che spavento.. a mangiare ragazzi. Nico ti aiuto? » Si offrì per prendere la bombola ma scossi il capo.
« E’ generosissima Mrs. Jackson.. »
« Chiamami Sally, mi faresti sentire vecchia se continuassi a chiamarmi per cognome.. »
« E’ generosissima Sally, ma grazie, preferisco non darle il disturbo di prenderla. Ce la faccio. »
« Credo che la mangeremo qui, vedendo il film mamma.. vado a prendere i piatti. Nico, tu, non muoverti ok? »
« Okay.  » Annuii sincero, rivolgendogli un sorriso amichevole che ricambiò immediatamente.
 
 
« Allora?! Ti piace V per Vendetta? »
« Non che mi interessa, ma sì, è carino. A me piace molto leggere libri piuttosto che vedere i film corrispondenti ad essi.  » Commentai ingoiando un altro boccone di riso con mais e olive. Percy poggiò sul tavolino in vetro ai nostri piedi la sua ciotola vuota e mise il capo sulla mia spalla sospirando.
« Carino è poco! Lo rivediamo? Tu leggi? »
« Sì, leggo. »
« Quale  genere di libri? »
« Il mio preferito è “Un’imperiale afflizione” se ti interessa. » Aggiunsi.
« Ci sono soldati speciali? »
« No. »
« E zombie? Delle scimmie parlanti..? »
« Sfortunatamente una ne è uscita da chissà quale libro, la tengo proprio davanti.. »
« Chi è? Aspetta.. EHI! » Urlò alzando di scatto il viso, notai quanti centimetri ci separavano, ma finsi di essere nervoso e cercai inoltre di stringere le dita in un pugno per il solo fatto che tremavo come una foglia. « Tremi. » Sospirò sulle mie labbra.
« Ho freddo, qui fa freddo. »
« Okay, io sento un caldo pazzesco. Comunque ti consiglio di leggere un libro, il mio libro preferito. Se lo leggerai, io cercherò di seguire ogni riga di quel noioso libro senza soldati o zombie che staccano teste e mangiano cervelli. » Si allontanò avviandosi verso la libreria. Sia lodato Gesù, pensai.  « The Price Of Dawn, spero ti piaccia. Tienilo con cura. »
« Almeno non ti ho consigliato Twilight. Ritieniti fortunato fottuto babbeo. » Sputai prendendo tra le mani The Price Of Dawn. Inutile dire che sembrava quasi la copertina di un fumetto manga ma tralasciamo questo dettaglio. Percy con la sua grazia pari a quella di un elefante si buttò sul divano e mise la testa sulle mie gambe facendomi sussultare all’istante. « Fortunatamente no, Twilight non mi piace da matti. Ma perché sobbalzi quando ti tocco? »
« E’ normale. Lo fanno tutti. »
« Sul serio? Quando.. » Si zittì in fretta, rimettendosi composto.
« Credo che è meglio andare. » Suggerii alzandomi dal divano.
« Di già? »
« Sì, mia madre mi ucciderà.. »
Mi accompagnò fino alla Jeep, salutammo anche Jason che stava rientrando in casa, e quella volta fui io a guidare mentre Percy posteggiava sul sedile del passeggero, dove lì avevo completamente perso una parte della mia testa. Accesi il motore e  nel tragitto il corvino accese la radio facendomi ascoltare  la canzone rock di prima, questa volta seriamente mi ci abituai mandandogli un’occhiataccia fulminante.
« Mi piacciono i Metallica. » Sbuffò, mentre mi fermai al semaforo di qualche ora fa. « Sembri una lumaca. »
« Meglio aspettare che morire sballottandosi qua e là, o sbaglio? Ricordati..chi va piano va sano e lontano, chi va veloce va contro alla morte. »
« Touchè. » Sibilò. Appena fummo davanti casa mia, ero pronto a scendere ma Percy mi prese il braccio trattenendomi. « Ci rivedremo? »
« Oh Jackson, ti piaccio? » Scherzai mostrando un sorriso malizioso. « Quanto corri.. »
« Maddai. » Roteò gli occhi. « Allora?  Ci vediamo domani? »
« Forse, perché devo andare a lezione ma sono disposto a risponderti di sì se non fossi troppo.. »
« Stupido? » Mi interruppe concludendo la frase. Annuii alzando le spalle. « Allora sono troppo stupido se ti vedo domani? Ti vorrei anche vedere stanotte, che ne so, all’una? Ma comunque per te potrei aspettare tutta la notte, e una buona parte di domani solo perché domani, alle quattro, davanti al vialetto di casa tua voglio rivedere i tuoi occhi color pece brillare alla luce del sole.  Ti sembro stupido o troppo sdolcinato? »
« Sei uno sconosciuto sdolcinato, non posso definirti oltre ad amico. E se facciamo la promessa che quando finisco il tuo libro ci telefoniamo? »
« Ma tu non hai il mio numero.. » Aggiunse innocente.
Lo guardai provocatorio, ripresi il libro dall’airbag e lo apri notando il numero scritto a matita. « Avevo una certa idea che lo avessi scritto qui. »
« Poi dici che siamo degli sconosciuti, angelo. »
« Smettila di definirmi angelo. Okay? »
« Okay, angelo.» Annuì, si allungò verso di me e poggiò le sue candide e morbide labbra sulla mia guancia, prima che io scappassi –lentamente– per l’imbarazzo che aveva invaso il mio corpo in un nano secondo. Sì, ero un pazzo.

 
Spero vi sia piaciuto, perché non ci ho messo molto..e neanche poco.
Vi ricordo che non è a scopo di Copyright, e poche cose le inventerò di santa ragione.
Recensite in tanti!!! 

 
  
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