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Autore: Iridium    14/10/2014    2 recensioni
'D’improvviso mi resi conto di quanto la famiglia, il nostro legame come fratelli e come Figli del Diavolo, mi avesse oscurato la mente. Ero sempre stata così fedele alla nostra missione da non prendere nemmeno in considerazione l’idea che qualcuno dei miei compagni si allontanasse da essa o addirittura la tradisse. Ma ciò che più mi gelava il sangue nelle vene era il fatto che fosse stato Taygher. Lui era il mio gemello, la mia faccia speculare per natura, c’eravamo sempre stati l’una per l’altro più che con qualsiasi altro del gruppo. Eravamo indistruttibili, insieme.'
[Dal capitolo II ]
Genere: Fantasy, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 3: Dubbi. 

Ero rimasta appoggiata al cuscino ancora un po’, pur essendo sveglia già da un’ora. Avevo dormito quasi tutta la mattina dopo essermi fatta una doccia e non avevo voglia di alzarmi. Affrontare il resto della giornata sarebbe stata dura perché mio fratello avrebbe sicuramente cercato di parlarmi, di spiegare le sue ragioni. Ma di ragioni non ce ne erano ed io non volevo sentirlo. Probabilmente Percival, dopo essersi calmato, avrebbe voluto i dettagli ma io no. Lui era fatto così, io ero diversa. Mi era sempre piaciuto basarmi su fatti e non su idee belle quanto irreali e irrealizzabili. Alla luce di quel giorno il fatto evidente era il suo, forse involontario, tradimento. Aveva portato i Guardiani dentro alla nostra base operativa più importante e ci aveva costretti tutti ad agire di conseguenza, per riparare il suo errore. Non volevo sentirmi raccontare scuse di qualsiasi genere.
Mi alzai di malavoglia e mi cambiai gli abiti, indossando i pantaloni di una tuta blu e una maglietta verde presa a caso da una pila di vestiti poggiata su una cassettiera. Era un paradosso perché avevo una cabina armadio a due passi piena di abiti che non usavo praticamente mai. Per lo più mettevo la tenuta da caccia, così mi piaceva chiamarla, che era composta da un paio di jeans elasticizzati neri e una maglietta grigia, coperta da una giacchetta di pelle nera. Ognuno di noi fratelli aveva i suoi gusti e le sue abitudini per andare a caccia di Mordor come più gli piaceva. Io amavo la notte e i quartieri malfamati, Azar per esempio amava studiare le sue vittime. Individuava un Mordor e lo seguiva per giorni anche alla luce del sole per poi ucciderlo lentamente e nei modi peggiori mai trovati. Inutile dire che Samil amava avvelenare le sue vittime o renderle cavie per qualche suo esperimento. Eravamo un assortimento alquanto strano, dovevo ammetterlo ma funzionavamo bene insieme. Quello era l’importante.
Mi avviai passando per quel che doveva essere il mio studio, in cui non stavo praticamente mai, verso l’altra parte della casa. Accanto alle mie c’erano le stanze di mio fratello Taygher e quelle di Samil, tra cui il suo laboratorio privato. Ci entravo di rado per quanto mio fratello fosse entusiasta ogni volta che poteva mostrare una sua nuova trovata, in termini di sostanze chimiche, ad uno di noi. Poi, lungo un altro corridoio che si agganciava a quello verso l’uscita c’erano gli spazi degli altri. La cucina si trovava esattamente in mezzo, facilmente raggiungibile da tutti, con una sala da pranzo, un salone che Azar aveva riempito di roba tecnologica di ultima generazione per svagarsi, un paio di bagni di servizio non utilizzati mai da nessuno e un paio di camere per gli ospiti. Forse finalmente queste sarebbero state abitate, almeno per un po’, da qualcuno. Da quando avevamo comprato quel piano dell’edificio nessuno, oltre noi cinque e le donne delle pulizie, adeguatamente ricompensate con denaro per il loro silenzio oltre che per il loro lavoro, aveva mai messo piede lì. La nostra era un’esistenza molto solitaria. Forse era per quello che mio fratello aveva finito per legarsi con quella Guardiana e con chissà chi altro, per solitudine e monotonia. Probabilmente tutti lì avevano un’altra vita di cui non ero a conoscenza, tutti tranne me. Io ero sempre stata troppo concentrata per farmi distrare da qualsiasi altra cosa che non fosse la missione. Non avevo amici o amiche lì, se non uno, Gideon ma lui era una caso a parte, perché conosceva il mondo infernale e ne aveva fatto parte. Al momento si trovava lì sulla Terra perché mio padre l’aveva mandato a trasfigurare anime. Lui era quello che gli umani definivano un Medium, ma in realtà era un Ascoltatore, colui che riusciva a parlare con i morti. Le persone più disperate andavano da lui per chiedere di parlare con qualche loro defunto e lui li accontentava, in parte, perché nel frattempo, durante il rito, scorgeva dentro la loro anima e la destinava all’inferno. Era vietato chiedere di ascoltare le anime e significava ricevere un pass dritto per gli inferi ma questo gli umani non lo sapevano. Lui li avvertiva del pericolo, gli diceva che quel rito poteva essere un viaggio senza ritorno ma quasi nessuno lo ascoltava mai, era questione di libero arbitrio, lui dava loro la possibilità di una scelta consapevole secondo gli ordini di mio padre. Era in linea con il suo stile, in fondo, gli era sempre piaciuto giocare col fuoco.
In cucina trovai anche Samil appoggiato all’isola di marmo grigio in mezzo all’area mentre mangiava e, attraverso la porta di vetro smerigliato che portava al salone principale, potei intravedere anche Tay seduto su uno dei divani che fissava qualcosa fuori dalla finestra e Azar che nel frattempo giocava ad un videogioco di guerra le cui immagine apparivano su uno schermo piatto enorme a due metri da lui. Mi avvicinai al frigo e lo aprii, prendendo qualche avanzo che chissà quale dei miei fratelli aveva mollato lì, l’ordine non era molto il nostro forte, dovevo ammetterlo. Mi sedetti di fronte a Samil, dando le spalle alla porta a vetri, e cominciai a mangiare, mi era andata bene: era una specie di tortino di patate e carne.
-La Guardiana ha superato la mattinata, adesso c’è Percival con lei. E’ già qualcosa.- Cominciò mio fratello. Io alzai lo sguardo dal mio piatto improvvisato e lo fissai, era serio. Solo io riuscivo a cogliere l’ironia di quella situazione?
-Non saremmo mai dovuti arrivare a tanto.- Lui abbassò gli occhi, sapeva che era vero ciò che stavo dicendo. –Non so sia meglio che quella ragazza viva o muoia.-
-Non è mai giusto sperare nella morte di qualcun altro.-
-Suona abbastanza sarcastico detto da uno che crea i peggiori veleni per uccidere Mordor.-
-Sono Mordor loro, demoni. Non sarebbero mai nemmeno dovuti scappare dagli Inferi. Qui stiamo parlando di una Guardiana, un essere vivente quasi uguale ad un essere umano. Non provi pietà per lei?-
-Stai davvero difendendo i Guardiani dopo quello che sai che hanno fatto?-
-Tutti possono cambiare, se c’è una cosa che questo mondo mi ha insegnato è la possibilità di mutamento. Non è detto che tutti i Guardiani siano rimasti quelli che ricordiamo e, soprattutto, quelli che ricorda nostro padre.-
-Sai che ha rifiutato qualsiasi accordo di fratellanza tra noi e loro, conosci le sue motivazioni.-
-Sì ma lui non conosce questa realtà, questo pianeta. In fondo cosa ne sa? Ci ha mandato qui per la sua sete di vendetta, perché si è ripromesso di non lasciare mai più gli inferi. Lui non sa cosa vuol dire vivere qui, conoscere questa gente.- Andai dritta al punto, era inutile starci a girare intorno così glielo sbattei in faccia.
-Se vuoi abbandonare la missione quella è la porta.- Dissi dura e tagliente, lui sgarrò gli occhi.
-Due chiacchiere tra fratelli bastano per farti dubitare di me?-
-A te invece basta vedere una Guardiana sporca di sangue e ferita per farti credere che il male possa non esistere nel loro animo? Forse hai ragione, non tutti i Guardiani rimasti sono malvagi quanto quelli che ricordo, perché io c’ero non scordartelo, ma quel gruppo esiste ancora. Sai che è così. E’ nascosto nell’ombra ma c’è. Un giorno potrebbero attaccarci e volerci ridurre in ginocchio, ecco, quel giorno potresti rimpiangere questi tuoi pensieri.-
-Ammiro la tua forza d’animo, sorellina. Non ti lasci mai andare ai sentimentalismi e forse questo è il segreto per portare a termine la missione.- Sospirò, dalla sera prima non faceva altro praticamente. – Ma ti sei mai fermata a pensare che in questo mondo ci possa essere qualcosa d’altro oltre al male, ai Mordor e ai Guardiani? Qui score la vita, una vera esistenza che si basa su emozioni sincere. Qualche volta mi meraviglio della possibilità degli abitanti di questa realtà di poter vivere una vita libera, inconsapevole, senza limiti.-
-Gli inferi forse andavano più stretti a te che a me, allora.-
-Sai che adoro l’inferno, gli inferi sono la nostra casa e questo non cambierà mai. Saremo sempre per natura portati a pensare a loro con nostalgia e desiderio ma questo mondo non fa poi così schifo come credevo all’inizio. Insomma, sette anni fa siamo giusti qui credendo di trovare un mondo in preda al delirio portato dai Mordor e invece ci siamo affacciati in una società che ha delle basi ben solide, che non si lascia piegare dalla presenza dei demoni. Questo lo dobbiamo anche ai Guardiani, in fondo, hanno intrapreso la battaglia contro quella feccia anche prima del nostro arrivo. – Stava parlando davvero della possibilità di essere grati ad un’altra stirpe? Noi, Figli del Diavolo, non dovevamo niente a nessuno. Il mondo sarebbe stato distrutto da tempo se non fossimo arrivati. Eravamo riusciti a creare una barriera intorno a New York perché i demoni non si spargessero oltre e invadessero il resto delle terre. Quel mondo, che a quanto pareva Samil aveva cominciato ad apprezzare, ci era debitore e nessuno lo sapeva a parte l’altra stirpe. Non avevamo mai fatto sfoggio delle nostre capacità né avevamo mai chiesto nulla in cambio.
-Samil tu dimentichi cosa i Guardiani hanno fatto otto anni fa. Tu puoi farlo ma io no.- Stava riaprendo involontariamente delle vecchie ferite che avevo dovuto ricucire molto tempo prima. - Sai cosa è successo: non ho avuto altra scelta, lasciarmi andare e morire o vivere e combattere. Io ho fatto la mia scelta perché sono stata obbligata dalle circostanze ma voi ancora dovete compiere la vostra, me ne rendo conto. – Lui mi guardò atterrito, sapeva di aver toccato un tasto delicato.
-Non intendevo..-
-Lo so. Non aggiungere altro e non parliamone più.- Censurai il discorso e lui approvò probabilmente la mia scelta. Finimmo di mangiare in silenzio. Solo il suono delle posate lo rompeva. Una volta ripulito il tutto mi avviai di nuovo verso il corridoio ma fui di nuovo fermata.
-Sorellina.- Continuò Samil, mi voltai a guardarlo. –Non ho iniziato il discorso di prima con l’intento di ferirti, lo sai. Quello che volevo dirti era soltanto.. Non essere troppo dura con Taygher.- Lanciai uno sguardo oltre al vetro. Se ne stava ancora seduto immobile su quel divano, passivo quasi.
-Tu lo sapevi già, non è vero?- Lui mi guardò con uno sguardo in parte colpevole.
-L’ho beccato una notte con la Guardiana, era inevitabile che mi dicesse chi fosse lei.-
-Non mi importa come l’hai saputo, per quanto mi riguarda potrebbe essere stato lui a venirlo a confessare a te oppure no, non cambierebbe lo stato delle cose. Quanto tempo fa questo?-
-Circa due mesi e mezzo. L’ho pregato di pensarci bene e di non fare cazzate. Non è un impulsivo lui, penso di aver creduto che ci avesse pensato bene prima di stringere un legame con quella ragazza. Forse è solo quello a  cui ho voluto credere, però. Ha sbagliato ieri sera, nessuno lo mette in dubbio, ma forse lo ha fatto per le ragioni giuste.-
-Tu chiami giustizia un tradimento.-
-Tu che avresti fato al posto suo?-
-Io non sarei mai arrivata a quel punto da sola, noi siamo grandi. Lo siamo insieme, tutti e cinque. Doveva parlarcene.-
-Non è così facile parlare di una cosa del genere in una famiglia che sai dal principio non l’accetterà.-
-Il coraggio sta proprio nel tentare, lui ha rinunciato ancora prima di provarci. Tu mi chiedi di essere comprensiva e di andargli incontro ma come faccio quando è  lui stesso che si è isolato?- Samil annuì, turbato dalle mie parole ma con un velo di comprensione negli occhi. Poi me ne andai, lasciandolo lì. Mi avviai verso la palestra, un’area opposta rispetto all’ingresso, vicino all’armeria. Ogni giorno utilizzavo il tempo utile per affinare le mie tecniche di combattimento, da sola o con chiunque avesse voglia di allenarsi con me. Entrata nell’enorme stanza bianca, equipaggiata di ogni tipo di strumento per fare attività fisica, mi sistemai sulla pedana nera al centro e comincia a fare riscaldamento muscolare. Una volta terminato passai a fare alcune flessioni e addominali, infine mi posizionai davanti ai bersagli. Avevamo un angolo adibito al tiro delle armi con delle sagome attaccate ad alcune cerniere sul soffitto che, una volta azionate, creavano soggetti in movimento. Al di là delle sagome ovviamente c’era una parete nera imbottita, così che non rovinassimo il muro considerato quanto Percival ci tenesse a quella casa, era quello di noi più attaccato a quell’appartamento, per me era solo un tetto sotto cui stare, non c’era niente di troppo indispensabile al di sotto. Presi dall’armeria accanto, un set di coltelli di ogni tipo. Li presi in mano come sempre uno ad uno valutando la loro maneggevolezza e il loro peso per il lancio, poi cominciai. La prima serie di cinque tiri non andò male ma nemmeno fu perfetta. Al terzo lancio del secondo giro mancai completamente il bersaglio, cosa che non accadeva praticamente mai, perché fui distratta da qualcosa che non mi sarei mai aspettata. Un suono mi era giunto nell’aria da una delle sale accanto all’armeria. Mi si ghiacciò il sangue. Presi i coltelli in un battibaleno e silenziosa come un felino mi avviai pronta a scoprire cosa stesse succedendo. 

[Angolo d'autore] 
Come promesso ecco il terzo capitolo prima dello scadere della settimana. Spero vi piaccia, fatemi sapere cosa ne pensate!
Il prossimo capitolo è in via di scrittura ma lo completerò presto.
Iridium 



 
   
 
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