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Autore: nonezero    15/10/2014    4 recensioni
Raccolta di one shot dedicate ad Asahi e Nishinoya per la "AzuNishi week" proposta su tumblr:
Day 1: Cuddle ✓
Day 2: Nervous ✓
Day 3: Height difference ✓
Day 4: AU ✓
Day 5: First time in a love hotel / Concubinage
Day 6: Crossover / Jealousy
Day 7: Ice cream / Stuff with lover
Dall'ultima one shot:
["In qualunque circostanza, la presenza di Nishinoya dissipava ogni timore."]
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Asahi Azumane, Yuu Nishinoya
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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AU, separazioni.

Proprio perché il tempo a noi concesso doveva essere così breve, forse era scritto ch’io cedessi senza lotta contro il Mio volere e il Mio giudizio a una passione così temeraria da far trasecolare gli uomini; passione sfrenata e veemente di quelle che toccano a chi è destinato a un’imminente separazione.”

[Genji monogatari]

Periodo Heian, Heian-kyo, Giappone.

Il vento cullava i petali dei fiori che dopo aver danzato a mezz'aria si appoggiavano al suolo, andando ad aggiungersi a quelli caduti precedentemente. Il prato sembrava quasi una tela dipinta, decorata con astratti disegni color rosa pallido, mentre i rami dei ciliegi ancora ricchi di fiori davano origine ad un armonioso contrasto con il colore del cielo sereno che, in quel giorno privo di nuvole, era di un azzurro intenso che a tratti non sembrava reale, ma frutto dell'opera di un capace pittore.
Seduto in quello splendido giardino, Nishinoya godeva della brezza primaverile e dell'ombra accogliente degli alberi di ciliegio.
Sorrideva con aria assorta e Asahi non poteva fare a meno di osservarlo pensando che non ci fosse al mondo creatura più bella di quella adatta a far parte di un panorama così pacifico e meraviglioso. Si avvicinò lentamente cercando di non fare troppo rumore, sentendosi quasi in colpa per il fatto che con la sua presenza sarebbe finito con il rovinare quel quadro tanto perfetto ai suoi occhi.

Asahi lo aveva pensato dal primo momento in cui lo aveva visto mettere piede nella sua dimora: Nishinoya era bellissimo.

Indossava un hitatare di un color rosso scarlatto sulle cui maniche era finemente ricamato in più punti lo stemma della famiglia Azumane, aveva i capelli corti e neri, ad esclusione di un ciuffo di un biondo dorato («sembra quasi che il sole ti abbia accarezzato la testa» avrebbe timidamente commentato Asahi in seguito. «Cosa vi fa credere che non sia davvero successa una cosa simile» aveva risposto Nishinoya), pettinati ordinatamente all'indietro, in modo tale che il suo viso dai tratti delicati fosse completamente scoperto.
Si era presentato sfoggiando un largo sorriso solare, che non avrebbe mai tardato ad illuminargli il viso anche nei giorni a seguire, e socchiudendo, in un'espressione gentile, gli atipicamente - almeno per un asiatico - grandi occhi color nocciola.

Il suo compito era quello di guidare le decisioni del giovane nobile Asahi Azumane, primogenito della sua famiglia, fino al giorno in cui avrebbe cominciato a ricoprire il ruolo di capofamiglia, alla morte del padre. Nishinoya, Yuu era il suo nome, ma Asahi non ebbe mai il coraggio di prendersi la confidenza di rivolgersi a lui chiamandolo così, fu un maestro e un consigliere, ed insegnò al nobile rampollo come rapportarsi agli altri nobili, lo aiutò ad imparare i segreti dell'arte dello scendere a trattative, a stringere rapporti di fiducia, e seguire le regole base per gestire l'economia famigliare.

In un primo momento Asahi non si chiese come un ragazzo che ad occhio e croce sembrava anche più giovane di lui, potesse essere a conoscenza di tutte quelle informazioni, ma col tempo si accorse che la sua cultura era sconfinata e che aveva sempre risposta a qualunque quesito.
Nonostante quella caratteristica potesse farlo apparire come una persona seriosa, Nishinoya non lo era affatto: aveva un debole per i dolci, per il correre all'aria aperta sia nei giorni di sole che in quelli di pioggia, in cui nessuno avrebbe messo piede fuori dalla propria casa, e aveva una quantità di energie in apparenza illimitata, tutte cose che lo facevano quasi sembrare un bambino. E come accade ai bambini quando sono ancora privi di qualunque preoccupazione, i suoi sorrisi erano candidamente innocenti e capaci di infondere una serenità tale da poter liberare il cuore e la mente di Asahi da ogni peso, da ogni pensiero negativo.

«Quando diventerò capofamiglia, vorrei chiederti ufficialmente di continuare a ricoprire il ruolo di mio consigliere» aveva detto Asahi alla fine di un lungo pomeriggio di studi.
«Mi addolora dirlo, Azumane-san, ma non credo sia possibile» fu la prima volta in cui Nishinoya si rivolse all'altro senza sorridere, sembrava essere sinceramente dispiaciuto del dover dare quella risposta, che nonostante non fosse un lapidario “no”, non lasciava comunque aperta alcuna alternativa.
Asahi avrebbe capito il motivo per il quale Nishinoya non poteva tenere in considerazione quella proposta solo più tardi, solo dopo essersi innamorato di lui.
Non aveva avuto il coraggio di definirlo un amore a prima vista, ma piuttosto un lento avvicinarsi all'altro, fino al punto da avere la consapevolezza di non poter fare a meno della sua presenza.
«In qualunque situazione, Azumane-san, io sarò qui a guardarvi le spalle, non dovete temere nulla» diceva Nishinoya in ogni occasione in cui se ne presentava la necessità. Quando le personalità più importanti delle famiglie vicine a quella di Asahi giungevano in visita alla loro abitazione e lui doveva presiedere agli incontri, Nishinoya prendeva sempre posto alle sue spalle, vegliando su di lui e rivolgendogli gesti di assenso di tanto in tanto, quando, in preda al dubbio, Asahi si volgeva nella sua direzione con sguardo preoccupato in chiara ricerca di rassicurazione.
Il padre di Asahi era sempre stato angustiato dall'idea di dover lasciare la guida della famiglia a quel figlio primogenito così insicuro, costantemente pervaso da ansie e tentennamenti anche nel momento in cui non aveva alcun reale motivo per esserlo.
Era necessario, per il bene della famiglia, che suo figlio imparasse ad essere più sicuro di sé, delle sue conoscenze e delle sue capacità e per farlo, la soluzione migliore che gli era balzata in mente, era quella di affidarlo a qualcuno che potesse davvero insegnargli a sconfiggere le proprie paure.

«Chi sei, Nishinoya – era chiaramente una domanda, ma l'inclinazione della voce di Asahi non era la stessa di qualcuno che sta ponendo un interrogativo – non esiste nessuna famiglia che porti il tuo nome, nessuna in tutto il Giappone. Non c'è nessuno che sappia della tua esistenza».
«La mia famiglia siete voi ora, che importanza ha quale sia il mio nome?» Nishinoya sorrise come al suo solito e il suo volto venne illuminato dalla luce di un fulmine che riempì per una manciata di secondi la stanza, prima di lasciare spazio ad un fragoroso tuono, la tempesta imperversava da ore e la pioggia cadeva al suolo copiosamente.
«Cosa sei, Nishinoya» la risposta era nascosta nelle stesse parole di Asahi che, nel mentre, tremando, prendeva nella sua la mano destra del piccolo consigliere. Voi non dovreste farlo, ripeteva sempre Nishinoya con scarsa intenzione, quando Asahi, sfidando la sua ansia, la vergogna e l'indecisione che gravava perennemente su di lui, si avvicinava all'altro accarezzandolo timidamente e prendendo la sua mano tra le sue, guardandolo con dolcezza, cercando di celare il nervosismo che i suoi sentimenti per lui gli facevano provare.
Yuu non rispose, scosse la testa e abbassò lo sguardo: «ha davvero importanza?» Non era solito essere lui a porre domande, ma nei rari casi in cui lo faceva, Asahi non era mai in grado di dargli alcuna risposta valida.
Aveva importanza? I sentimenti del futuro capofamiglia sarebbero cambiati se avesse saputo chi era davvero la persona di cui si era innamorato? Domande retoriche, certo, come tutte le altre che affollavano la sua mente quando l'ansia gli attanagliava le viscere e gli faceva riempire gli occhi di lacrime.
Un altro fulmine squarciò il cielo e la presa di Asahi si fece leggermente più forte sulla mano di Nishinoya.
«Vorrei solo sapere chi è davvero colui che si è impossessato del mio cuore» balbettava, scosso della paura provocatagli dal solo aver ascoltato la sua voce pronunciare quelle parole che avrebbe preferito tenere nascoste, celate nella sua mente, mentre le sue guance si erano arrossate e bruciavano di imbarazzo.
Si chinò su Nishinoya appoggiando la fronte contro la sua, le dita del più piccolo si intrecciarono alle sue facendolo rabbrividire per l'emozione, nessuno mai gli aveva donato piccole attenzioni preziose quanto quelle che riusciva a donargli lui.
Quando le loro fronti si separarono, Nishinoya si alzò istintivamente in punta di piedi e posò le sue labbra su quelle di Asahi, unendole in un casto bacio che durò quanto il frastuono dell'ennesimo tuono, ma che ebbe il potere di far tremare ancora di più l'insicura mano del più alto, che altrettanto in fretta però si calmò, grazie alla rassicurante presa della mano dell'altro.

In qualunque circostanza, la presenza di Nishinoya dissipava ogni timore.

E vi furono altri dieci, cento, mille baci celati nelle tenebre che avvolgevano la dimora di Azumane nelle notti a seguire, ma la fiamma della candela della loro passione irragionevole era bruciata in fretta, consumando tutta la cera prima ancora che potessero rendersene conto. Il tempo è villano nonostante si preghi ardentemente affinché non lo sia.

 

Malgrado Asahi avesse cercato di passare inosservato, Nishinoya, seduto all'ombra dei ciliegi, sembrava essersi accorto della sua presenza senza neanche bisogno di voltarsi a guardarlo.
«Azumane-san, dovreste essere a prepararvi per la cerimonia» il padre di Asahi si era ammalato e in meno tempo del previsto la sua dipartita aveva segnato il passaggio della guida della famiglia da lui al figlio.
L'assunzione del titolo si sarebbe tenuta in modo ufficiale quello stesso pomeriggio e, paradossalmente, il neo-patriarca non era affatto nervoso all'idea di dover affrontare le difficoltà del suo arduo compito.
Il suo cuore era tormentato da ben altre preoccupazioni.
«Ho ancora tempo».
«Mi piacerebbe poter dire la stessa cosa» finalmente Nishinoya si voltò a guardarlo, i suoi occhi non mentivano, non lo avevano mai fatto, e in quell'occasione Asahi fu in grado di scorgervi un'immensa malinconia.
La tempestosa notte del loro primo bacio, Asahi sapeva bene quali fossero le risposte alle domande che aveva posto a Nishinoya: per la prima volta aveva la ferma certezza che ciò che sapeva fosse la verità, ma dopo aver passato la vita a soffrire l'angoscia di non essere sicuro dei suoi mezzi, quella notte stava agognando di sentirsi dire che stava sbagliando, che ogni sua supposizione era errata, che quello che le sue orecchie avevano sentito erano solo menzogne.

L'Onmyouji consultato da suo padre, parlando di Nishinoya, lo aveva descritto come lo shikigami da lui evocato al fine di ricoprire il ruolo di guida di Azumane fino al giorno della morte del padre, quando, così come si addice ad un vero uomo, avrebbe dovuto far fronte da solo alle sue responsabilità.

La forma umana con la quale Nishinoya si era presentato a lui, non era reale, ma Azumane non poteva comunque fare a meno di amarlo. Era arrivato al punto di pensare che anche se avesse avuto le raccapriccianti forme di un oni, non sarebbe riuscito ad impedire a se stesso di amarlo, come mai aveva amato prima.
Asahi si sedette al fianco di Nishinoya e lui gli prese un braccio, sollevandolo e portandoselo attorno alle spalle, così da poter appoggiare la testa sull'incavo della sua spalla lasciandosi per un po' cullare dal ritmo del suo respiro.
«Avrei dovuto dirvi che non avrebbe avuto alcun senso innamorarsi di un shikigami» ma Asahi scosse la testa a quelle parole, non gli importava cosa Nishinoya fosse davvero, in realtà forse quel particolare non gli era mai interessato.
«Vorrei poterti avere ancora al mio fianco, vorrei che tu potessi restare, non so cosa ne sarà di me, cosa mi riserva il futuro, ma nonostante io non abbia mai avuto una sola certezza in vita mia, ora posso dire senza alcun timore che non mi dimenticherò mai di te e non smetterò mai di amarti».
Era la prima volta che Nishinoya sentiva una tale fermezza nelle parole di Asahi e non poté fare a meno di pensare di essere stato in grado, in un certo qual modo, di portare a compimento il compito per il quale era stato evocato.

«Vi ho amato nel modo più umano possibile, anche se di umano io ho avuto solo l'aspetto» la sua natura di demone lo rendeva eterno, ma i suoi sentimenti, che come tutto ciò che esiste di umano al mondo, sarebbero un giorno arrivati a una fine e per questo erano stati vissuti nel modo più terreno possibile: goduti in ogni minimo istante a disposizione cercando di ignorare l'inevitabile e dolorosa separazione.

Quando Asahi si alzò, pronto a dirigersi alla sua dimora, si voltò verso l'altro con l'intenzione di chiedergli di rimanere ancora un po' con lui, almeno fino alla fine della cerimonia, ma ciò che vide alle sue spalle fu solo il tappeto di petali di ciliegio che erano stati schiacciati dal peso di Nishinoya.

Di lui, della creatura che per quel breve tempo aveva tanto amato, non vi era più alcuna traccia. 





Note: mi piacerebbe dire di essere soddisfatta di ciò che ho scritto, ma non lo sono. Questo è il frutto della mia frustrazione nei confronti delle fic AU, soprattutto se coinvolgono Asahi e Nishinoya che tendo a fare affogare in profondi oceani di OOC ogni volta che tento di farli uscire dal loro ambiente naturale. Prima della fine dell'anno riuscirò a concludere questa raccolta per il bene della mia sanità mentale, o almeno, me lo auguro. Saluti.
Menta.

  
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