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Autore: JulesBerry    16/10/2014    2 recensioni
Seguito di "I have finally realised I need your love".
[Prevista revisione - e anche piuttosto urgente, Santo Merlino - dei capitoli già pubblicati.]
- Dal capitolo 26 -
«Ci sono sempre stati troppi cocci di me, sul pavimento. Potresti farti del male tentando di raccoglierli e rimetterli insieme» sfilò la mano dalla presa di Fred, percependola più allentata, e si alzò sotto il suo sguardo attonito. «Non sentirti in colpa se non ce la fai più. Non sentirti in colpa se decidi di aprire quella porta. Fosse possibile, sarei la prima a varcarne la soglia per allontanarmi un po’ da me.»
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Fred Weasley, George Weasley, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Che l'amore è tutto, è tutto ciò che sappiamo dell'amore'
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Ci sono abbracci che sentirai addosso per una vita intera, e di cui avrai nostalgia per sempre
 

Now Take a look at me now 
'Cause that's just an empty space
But to wait for you is all I can do
And that's what I've got to face
Take a good look at me now
'Cause I'll still be standing here
And you coming back to me is against all odds
It's the chance I've got to take


Fred Weasley era sveglio da circa un’ora, quella mattina, e teneva il volto affossato sul cuscino, mentre la luce del sole entrava dalla finestra della camera da letto e gli riscaldava la schiena. Al suo fianco, Margaret russava tranquillamente, ignorando di essere proprio lei la causa del risveglio anticipato di suo marito. Questi, lasciandosi guidare da un istinto vendicativo, si girò sul fianco e le si avvicinò, accarezzandole la spalla e baciandole il collo. Quando vide che sul suo viso iniziava ad accennarsi un sorriso, le diede uno spintone, buttandola giù dal letto e facendola atterrare sul vestito da sposa, malamente gettato sul pavimento quella stessa notte.
La ragazza saltò in piedi con uno scatto ed iniziò a guardarsi attorno, spaventata, impugnando immediatamente la bacchetta poggiata sul comodino. Non appena si accorse che era stato proprio Fred a svegliarla in tal modo, per un istante parve che il fumo stesse per uscirle dalle narici.
< Ma buongiorno, amore! > le disse lui, rivolgendole un ghigno beffardo che la fece infuriare ancora di più: d’altronde, pareva proprio si fosse specializzato in quest’arte.
Nonostante Meg avesse voluto affatturarlo seduta stante, si costrinse a posare la bacchetta al suo posto; subito dopo, afferrò con una velocità impressionante il cuscino, apprestandosi a guardare Fred con un luccichio negli occhi.
< L’hai voluto tu > soffiò, prima di saltargli addosso e riempirlo di cuscinate assassine. Tuttavia, le sue intenzioni non andarono a buon fine, in quanto il ragazzo, ben presto, riuscì a strapparle il cuscino dalle mani e a bloccarla sotto il suo peso. Le spostò i capelli dal viso e le posò un bacio sul naso, giocando con la bretella del reggiseno.
< Hai appena attaccato un povero uomo indifeso, Stevens. Sai cosa significa? > le domandò, sorridendole in maniera eloquente. Lei non ebbe neanche il tempo di rispondere: stava già iniziando a ridere e a scalciare a causa del solletico, che soffriva terribilmente, come lui aveva avuto modo di constatare nel corso di quei diciannove lunghi anni. Cercò di prendergli le mani e bloccarlo, ma ogni tentativo era vano: era talmente scossa dalle risate da non riuscire a fare più nulla.
< No, Fred! No. No! Il solletico no, ti prego! > urlò lei, che adesso cercava di combattere anche contro il singhiozzo. Lui rise a sua volta.
< Te la sei cercata, Pasticcino! >
< Smettila! Fred, no! Basta. Fred, ti ho detto... Oh, così va molto meglio... > commentò Margaret, dato che Fred aveva appena smesso di sottoporla a quella tortura e adesso aveva iniziato a baciarle la pancia, salendo poi più su fino alle spalle e al collo, mentre le sue mani erano occupate a togliere di mezzo i pochi indumenti rimasti addosso. Lei chiuse gli occhi, perdendosi in quel piacevole oblio.

***

Abigail non riusciva a riprendere sonno. Fissava il soffitto, mentre George, ancora addormentato, era stretto a lei, con il capo posato sul suo petto e le braccia circondate attorno ai suoi fianchi. Continuava ad accarezzargli i capelli; quei capelli che, nel ricordo di quella notte, ancora vedeva sfiorare il suo viso, mentre la bocca di lui era troppo impegnata a lasciare baci che le bruciavano la pelle. Credeva di poter vedere di nuovo quelle mani che la sfioravano, i suoi occhi che la accarezzavano con dolcezza mentre consumavano avidamente quella notte d’amore, e soprattutto pensava di poter sentir risuonare nelle orecchie quel “ti amo”, che lui le aveva sussurrato poco prima di addormentarsi e che altro non aveva fatto che rendere più amara quella partenza che minacciava di separarli.
Non si era mai sentita così viva come in quelle ultime ventiquattro ore. Aveva cercato di imprimere ogni immagine nella sua memoria, in modo tale da sentirsi meno sola una volta lontana da lì. Sentiva che il tempo era trascorso troppo velocemente, e non faceva altro che rimpiangerne quello sprecato.
Mentre contemplava la spruzzata di lentiggini sul viso del ragazzo che le dormiva addosso, non riuscì a pensare ad altro che all’ingiustizia di tutta quella situazione. Aveva finalmente ritrovato la serenità che aveva perso, era riuscita ad innamorarsi di nuovo, stavolta di qualcuno disposto ad ascoltarla per davvero, e proprio quando ogni pezzo del mosaico sembrava stesse andando correttamente al proprio posto, ecco che l’imprevisto di turno rovinava tutto, polverizzava il pavimento sotto i suoi piedi.
Doveva partire, ma non era più così sicura di volerlo fare per davvero. Non riusciva a sopportare il pensiero che di lì a poche ore avrebbe dovuto salutare quelle tre persone che l’avevano accolta a braccia aperte e che avevano fatto in modo che lei fosse nuovamente felice, nonostante sapesse perfettamente che terminato il corso avrebbe fatto di tutto pur di ritornare nuovamente lì. Ma c’era anche la Guerra, e con essa la paura di non poter più rivedere quegli occhi tanto familiari, così comprensivi; quegli stessi occhi che la fissavano, assonnati e curiosi, in attesa che lei si accorgesse di loro.
< A cosa stai pensando? > le chiese George, facendola sobbalzare. Lei gli posò una mano sul viso e con l’altra continuò ad accarezzargli i capelli. Rimase in silenzio per parecchi secondi, forse anche qualche minuto, fino a quando non si decise ad incrociare il suo sguardo, ancora più insospettito.
< Non voglio più partire > bisbigliò, sentendo la sua voce tremare pericolosamente. Il ragazzo si staccò da lei e si sollevo un po’, in modo tale da poterla guardare meglio. Notò che aveva gli occhi lucidi, mentre la mano che prima gli accarezzava i capelli adesso aveva iniziato a torturare il lenzuolo. L’abbracciò di nuovo, poggiando la fronte contro la sua ed accarezzandole una guancia con il pollice.
< Invece, è importante che tu parta, Abbie. Farai quel dannato corso, non importa quanto tempo ci vorrà, e poi tornerai qui... Io non vado da nessuna parte, te lo prometto > le sussurrò, al che le lacrime, nonostante lo sforzo di trattenerle, presero a rigarle il volto.
< Non... Non voglio perdere anche te... > riuscì a dire Abigail, stringendosi ancora più forte a lui, quasi come se avesse avuto paura che qualcuno glielo stesse per portare via da un momento all’altro. George le baciò il viso più volte, esattamente nei punti che erano stati bagnati dal pianto, poi si soffermò sulle sue labbra, tornando a fissarla negli occhi.
< Non succederà, intesi? > mormorò lui, strappandole un debole sorriso che lo rincuorò.
< Devi giurarmi che ti terrai fuori dai guai e che eviterai ogni pericolo mortale > affermò Abigail con un certo cipiglio minaccioso. Lui annuì.
< Ci proverò, mia oscura signora > scherzò, per poi baciarla e stringerle entrambe le mani nelle sue. Prima che potessero anche solo riprendere fiato, però, un urlo, che somigliava tanto ad un “NO!”, echeggiò da una stanza vicina. Entrambi si misero a sedere di scatto sul letto e si scambiarono sguardi ansiosi.
< Che cos’è stato? > domandò Abigail, impugnando la bacchetta. George la imitò.
< Proveniva dalla camera di Fred e Meg > constatò quest’ultimo, scendendo giù dal letto ed infilandosi una vestaglia. La ragazza lo imitò e si avviò per il corridoio, fermandosi di fronte alla camera da letto di sua cugina. Con la bacchetta ben levata, aprì di scatto la porta, pentendosene immediatamente dopo. Ben presto, per la casa risuonarono le voci di tre persone diverse.
< MORGANA MALEDETTA! > strillò Abigail, portandosi una mano davanti agli occhi: aveva visto abbastanza.
< AAAH! > gridò Fred, stordito e confuso.
< NON SI BUSSA?! > urlò Margaret, diventata rosso pomodoro per la vergogna. Si infilò una vestaglia appena in tempo, perché George si apprestò anch’egli ad entrare in camera, perplesso.
< Ma che cazz... >
< Scusate, scusate! Pensavamo fosse successo qualcosa, ci siamo preoccupati! > tentò di giustificarsi Abigail, che ancora si rifiutava di aprire gli occhi, imbarazzatissima; il trauma procurato dall’aver visto sua cugina e suo marito in atteggiamenti molto intimi l’avrebbe tormentata per diverso tempo, ne era sicura.
George, intuendo cosa fosse appena successo, scoppiò a ridere come un matto, mentre suo fratello lo guardava torvo e si sistemava meglio le lenzuola addosso. In un batter di ciglia, anche Willow, con in braccio un furente Alexander, si unì a loro, perplessa.
< Willow ha sentito delle urla, padrona, ed è venuta a controllare che i signori stessero bene! > comunicò, gli occhi ambrati che sporgevano sempre di più. Meg fece un sorriso e prese il bambino.
< Tutto bene, Willow, grazie. Solo un piccolo inconveniente, non preoccuparti > la rassicurò, lanciando occhiate di fuoco a sua cugina, che abbassò immediatamente lo sguardo al pavimento.
< Willow ha preparato la colazione, padrona, prima che il padroncino si svegliasse! > aggiunse la piccola elfa, adorante. Fred cercò di reprimere una risata alla vista dell’espressione sbalordita di sua moglie.
< Sei stata gentilissima, grazie. Cinque minuti e siamo giù > le disse il ragazzo, riuscendo a rimanere serio. Willow fece quattro inchini ed uscì dalla stanza, felice che i suoi nuovi padroni le fossero riconoscenti. Margaret, divertita, fissò George, che aveva appena richiuso la porta.
< Ma dove l’hai trovata? È adorabile > gli chiese, stupefatta, al che il cognato scrollò le spalle e si sedette sul bordo del materasso, contemplando il soffitto.
< Non lo saprai mai... A meno che non vogliate raccontarmi che cosa stavate facendo prima che Abigail irrompesse in camera vostra > rispose, ghignante, beccandosi una scarpa in piena faccia. Nonostante tutto, però, Meg sorrise: George non sarebbe cambiato mai.

 
***

La colazione era terminata da un pezzo, e Abigail, tra enormi sforzi, aveva preparato tutti i suoi bagagli. Era nel salone, di fronte al camino, e cercava le parole giuste da dire alle tre persone che, in quel momento, erano con lei in quella stanza. Margaret aveva gli occhi lucidi, e cercava di non darlo a vedere vagando attorno a sé con lo sguardo, mentre Alexander si agitava e cercava di acchiapparle alcune ciocche di capelli, che in seguito alla gravidanza avevano smesso di essere mossi come un tempo; Fred le cingeva la vita, sorridendo in maniera comprensiva ad Abigail, quasi come se avesse voluto rassicurarla; George, invece, non riusciva a guardarla.
Teneva gli occhi fissi sul pavimento, pensieroso, e ogni tanto li spostava alla finestra, oltre la quale il sole splendeva più accecante che mai, riscaldando la temperatura. Si sentiva una schifezza, ma non c’era proprio nulla che poteva fare. Sapeva di dover mascherare il suo stato d’animo dietro al classico sorriso, e così avrebbe fatto, non importava quanta fatica questa messa in scena gli fosse costata.
< Be’... Credo che... Sì, devo andare > disse Abigail, rendendosi conto che più tempo passava, più diventava difficile dire addio. Sua cugina, senza esitare, la raggiunse e la strinse in un abbraccio, ed il volto di entrambe ben presto fu completamente rigato dalle lacrime.
< Sta’ attenta, d’accordo? >
< Anche tu. Tieni gli occhi aperti > rispose la più giovane delle due, sciogliendo l’abbraccio e dando un bacio ad Alexander, che le rivolse un sorriso enorme ed iniziò a tendere le manine verso la sua faccia, nella speranza di prenderla. Fred l’abbracciò a sua volta, ricordandole che si sarebbero rivisti ancor prima di quanto potessero immaginare, al che lei annuì. Poi, fu George ad avvicinarlesi.
Si guardarono per qualche istante, poi lei gli si gettò tra le braccia, lasciandosi stringere e sussurrare frasi all’orecchio, ma era così concentrata nell’estrapolare tutta la bellezza di quell’abbraccio per farla sua da riuscire a cogliere solo una piccola parte di quelle parole. Con un nodo stretto in gola, incrociò il suo sguardo, cercandovi la forza per affrontare quella partenza. Si alzò in punta di piedi e lo baciò, lasciandosi asciugare le guance. Posò la testa nell’incavo tra il collo e la spalla di lui e inalò a pieni polmoni il suo profumo, nella speranza che esso rimanesse impresso nelle sue narici, pronto a farle compagnia insieme al ricordo di quegli occhi azzurri che la fissavano intensamente, che volevano farle sapere che il loro proprietario sarebbe rimasto con lei, benché non fisicamente.
< Mi mancherai > bisbigliò lui, in modo tale che nessuno potesse sentirlo, a parte lei, che annuì e si apprestò ad asciugare delle nuove lacrime.
< Anche tu > affermò, accarezzandogli il viso e lasciandolo andare. George l’aiutò a sistemare le valigie all’interno del camino, poi si allontanò, non volendo trattenerla ancora più a lungo. Sapeva che ogni secondo in più trascorso portava con sé solo altra sofferenza. Abigail prese un po’ di Polvere Volante ed entrò anch’ella nel camino, accennando un lieve sorriso.
< Vi scriverò il prima possibile! > li rassicurò, ma nessuno ebbe il tempo di risponderle: le fiamme verdi l’avevano già avvolta, facendola sparire alla stessa velocità con la quale, pochi mesi prima, si era presentata nelle loro vite.
Senza proferire parola, né tantomeno guardare nessuno, George si diresse a grandi passi fuori, sbattendo con forza la porta di ingresso. Si fermò soltanto quando, finalmente, ebbe raggiunto la riva, gettandosi senza tanti complimenti sulla sabbia bagnata. Si passò una mano tra i capelli, stringendoli, poi chiuse gli occhi e rivolse il viso verso l’alto, mentre il sole continuava a battere sempre più forte. Trovava che tutto fosse così assurdo, così insensato. Era diventato tutto estremamente stupido, e non poteva essere altrimenti; o almeno, non ora che lei se n’era andata. Ma era stato lui stesso a convincerla a partire, a non rinunciare al suo sogno, nonostante sapesse, in quel momento, di sacrificare a tal scopo il suo, di desiderio. Quel desiderio che, da qualche mese, non faceva altro che tormentarlo, procurandogli nient’altro che una tremenda confusione.
Era lei, il suo desiderio. Gli era parsa inafferrabile, irraggiungibile, protetta da quella barriera che lei stessa si era costruita attorno, crollata alla prima scossa di terremoto. Era stato attratto fin da subito da quella sfida all’apparenza impossibile, e si era ripromesso che avrebbe fatto qualunque cosa pur di vincerla.
Perché, si sa, gli uomini vogliono solo ciò che difficilmente possono avere. Alcuni si crogiolano nella loro stessa disperazione, rischiando di impazzire, trincerandosi dietro le solite mille scuse pur di giustificare il loro fallimento, mascherando la loro miseria; gli altri, quelli più volenterosi, si rimboccano le maniche, pur sapendo che cadranno tante volte, perché ogni ostacolo può essere superato, se solo si diventa abbastanza forti da non perdere la speranza.
Lui, quella luce intensa ed accecante, l’aveva inseguita, correndo a perdifiato per quel sentiero ripido e tortuoso, e per un glorioso momento gli era parsa talmente vicina da credere che ormai l’avesse raggiunta, persino sfiorata. Ma era stata tutta un’illusione. Quella luce si era spenta, lasciandolo confuso, al buio, senza bussola. E, naturalmente, non riusciva a smettere di pensare che una parte di quella colpa fosse anche e soprattutto sua.
“Te ne stai pentendo, ammettilo... Sei proprio un egoista, George...” gli sussurrò la sua coscienza, la cui voce, in quell’occasione, era terribilmente simile a quella di sua sorella.
< Non è vero > borbottò tra sé, prendendo una manciata di sabbia e passandosela da una mano all’altra, corrucciato.

< Che cosa non è vero? > gli domandò una voce femminile, quella volta fin troppo gentile. Si voltò, e notò che Margaret era proprio dietro di lui, e gli rivolgeva un sorriso dolce e comprensivo. Le porse una mano e l’aiutò a sedersi, poi lasciò che si sistemasse meglio le pieghe della gonna del vestito, mentre lui fissava il suo sguardo verso l’orizzonte, sentendo un nodo stringergli lo stomaco.
Qualche minuto dopo, sua cognata gli prese una mano tra le sue, cosa che lo costrinse a voltarsi nella sua direzione. Rimase spiazzato nel constatare che aveva gli occhi lucidi, ma nonostante ciò non sembrava affatto intenzionata a piangere. Quando parlò, infatti, la sua voce era tranquilla e ferma.
< So come ti senti > gli disse, al che lui le sorrise e le diede un pizzicotto sulla guancia.
< Lo so. Solo che... Non so come dirtelo > ammise, sospirando, così Meg l’abbracciò e, una volta che l’ebbe lasciato andare, gli poggiò la testa sulla spalla, lasciandogli cingere le sue.
< Sono la tua migliore amica, e se non riesci a dirlo a me, o a Fred, allora vuol dire che questa è una cosa che devi tenerti per te > spiegò saggiamente la ragazza, sorridendogli. Lui annuì, ma subito dopo sospirò nuovamente.
< Sono un egoista > disse in tono grave, ricevendo un’occhiata incuriosita e scettica allo stesso tempo.
< Stronzate. Se al mondo ci dovesse essere una persona meno egoista di te, allora mi farebbe molto piacere conoscerla > fece lei, ma lui scosse rapido la testa.
< Sì, sono un egoista. Me l’ha detto la mia Ginny-Coscienza >.
< La tua... La tua cosa?! >
< La mia coscienza, che mi ha appena parlato con la voce di mia sorella. Solitamente ha la tua voce, ma a quanto pare la Meg-Coscienza è entrata in sciopero: non le ho dato ascolto fin troppe volte, deve essersi stufata, e non me la sento di darle torto > rispose George, sollevato nel sentire il suono della risata divertita di Margaret. Questa gli diede un bacio sulla guancia e gli tirò un pugno sul braccio.
< Credo che stavolta sia proprio il caso di ignorarla, sai? Sei solo un po’ giù, è normale sentirsi così. Magari per adesso ce l’hai un po’ con te stesso, o anche con lei, ma ti passerà, fidati di me... e poi, Abbie tornerà presto, ne sono sicura. Dovrà soltanto terminare quel corso... Non resisterà per troppo tempo senza di noi, ci bombarderà di gufi > tentò di rassicurarlo, mentre cercava, invano, di sistemargli i capelli, eccessivamente arruffati. Lui arricciò il naso e le sorrise di nuovo.
< Hai ragione. È che... mi sono così affezionato, capisci? Per un attimo mi è parso di rivivere la stessa situazione di dieci anni fa, quando tu lasciasti l’Inghilterra > iniziò a spiegare, e Margaret ebbe un sussulto. Se esisteva un giorno della sua vita che avrebbe voluto eliminare, era proprio quello. Nonostante fosse passato un decennio, e nonostante lei fosse di nuovo lì, il ricordo di quella separazione le faceva bruciare il petto così intensamente che sembrava fosse trascorso soltanto un giorno. Annuì, invitandolo a continuare e chiudendo gli occhi, che stavano incominciando ad arrossarsi. George distolse lo sguardo da lei e tornò a fissare il mare, così limpido da fargli venir voglia di tuffarvisi.
< Ma naturalmente non può essere la stessa cosa, no... Mi sono sentito così diverso, quando ci siamo salutati. Troppo diverso, in effetti. Mi ha strappato un pezzetto di anima e se l’è portato con sé, e probabilmente non potrò mai più riaverlo indietro, anche se dovesse tornare. Sarà per sempre suo, qualunque cosa accada, e ho il presentimento che lei l’abbia capito. È furba, lei. È buona, sì, ed anche molto dolce, quando vuole... ma è anche così furba, e astuta, ed intelligente. Intuisce tutto al volo. Chiunque, anche non conoscendovi, capirebbe che siete cugine. Così diverse nell’aspetto, ma così simili dentro. A volte mi davi sui nervi, perché avrei voluto capirla come riuscivi a farlo tu > ammise, ridacchiando alla fine. Meg scosse la testa, ridendo anch’ella, poi si guardò intorno e si avvicinò a George, invitandolo a tendere l’orecchio nella sua direzione.
< Ti dirò una cosa: qualche volta, la Legilimanzia fa miracoli > sussurrò, lasciandolo di stucco. Boccheggiò per qualche istante, gli occhi sbarrati ed un’impressione incredula stampata sul viso, mentre Meg si mordeva le labbra, compiaciuta di se stessa.
< Tu... Aspetta... Tu usi... Spiegati meglio, Stevens! > sbottò il ragazzo, infine, cercando di ricomporsi. Meg si sistemò meglio sulla sabbia e fece un sorrisetto soddisfatto.
< I miei familiari hanno sempre provato ad insegnarmi tutto quello che sapevano, semplice. Mamma è un’Auror, quindi grazie a lei ho imparato moltissimi incantesimi di difesa, ma anche d’attacco; papà, invece, è un buon oratore, sa convincere la gente, e io adoravo ascoltarlo; nonna Julia è un’ottima pozionista, e si divertiva a spiegarmi la composizione di questo veleno o di quell’altro antidoto, e intanto io continuavo ad immagazzinare informazioni; nonno Paul e nonno Dawson mi hanno fatto appassionare al Quidditch, tant’è che uno dei due mi comprò anche la mia prima scopa giocattolo; e poi c’è nonna Vittoria, che da buona Legilimens ha pensato che fosse un’ottima idea insegnarmi qualche trucchetto conveniente > confessò in tutta sincerità, lasciando George ancora più basito.
< E Fred lo sa? > le domandò, curioso. Lei arrossì violentemente, ma si ricompose subito.
< Assolutamente no. Anche lui ha i suoi segreti, quindi non mi sento minimamente in colpa custodendo il mio > rispose, piccata.
< Ma è sleale! > commentò, sconvolto, al che lei scoppiò a ridere.
< Mi credi davvero capace di usarla su di lui? Non sono poi così brava, e inoltre non potrei mai farlo, sarebbe ingiusto. Però capisco quasi sempre se mente o dice la verità. Be’, ovviamente non quando sono furiosa: in quelle situazioni mi risulta piuttosto difficile. Con Abigail è diverso, invece. È più una cosa involontaria, non lo faccio di proposito. Lei lo sa, infatti ci ha già fatto l’abitudine, ma dice sempre che prima o poi chiederà a nostra nonna di insegnarle qualche fondamento di Occlumanzia > disse Meg, scostandosi i capelli dal viso. Percepiva gli occhi di George addosso, ma la cosa non la infastidiva minimamente. Sapeva che suo cognato non avrebbe detto niente a nessuno, nonostante la tentazione fosse forte.

Sentirono dei passi avvicinarsi, così si voltarono e videro che Fred, con in braccio Alex, li stava per raggiungere. Si sedette accanto a sua moglie e, con un gran sorriso, guardò suo fratello.
< Stai bene? > gli chiese, al che l’altro annuì e si alzò, mentre Margaret lanciava un’occhiata disperata ai suoi pantaloni sporchi di sabbia, ringraziando mentalmente la buona stella che aveva convinto i loro testimoni di nozze a procurarle un elfo domestico.
< Meglio di prima sicuramente > ammise, dando un pizzicotto sulla guancia della ragazza e dirigendosi verso casa, lasciandoli soli. Margaret prese il bambino e, sotto le occhiate divertite di Fred, incominciò a spupazzarlo dalla testa ai piedi.
< Ma tu lo sai che sei l’amore della tua mamma, vero? Lo sai che sei il bambino più bello del mondo, sì? > gli disse con una vocina talmente acuta da farlo ridere ancora più forte, contagiando i suoi genitori. Fred abbracciò Margaret e le diede un bacio sulla fronte, poi rivolse uno sguardo incuriosito a suo figlio, che lo ricambiò all’istante.
< Sono quasi sicuro di averlo visto far levitare di pochi centimetri una Cioccorana, mentre tu e George eravate fuori > fece lui, pensieroso. Meg sbarrò gli occhi e lo guardò, stranita.
< Ma è troppo piccolo per dare segni di magia, no? Sarebbe ammirevole! >
< E’ quello che ho pensato io... Ma devo aver visto male. Sai, il caldo... > commentò, fissando avidamente l’acqua limpida e pulita del mare. Sua moglie parve leggergli nel pensiero (senza ricorrere alla Legilimanzia, però).
< Vado a mettermi il costume > disse, alzandosi ed offrendogli una mano. Lui la guardò e sorrise.
< Signora Weasley, lo sa che ha appena avuto un’idea geniale? >
< Io sono geniale. Ecco perché mi hai sposata > ribatté lei con semplicità, facendogli l’occhiolino e precedendolo, sempre con Alexander in braccio. Fred rimase indietro per qualche secondo e la fissò allontanarsi, mentre un ghigno compiaciuto gli affiorava sulle labbra.
< Ho promesso di sopportarti per tutta la vita... non farmene pentire > bisbigliò, divertito, ma non abbastanza piano da non farsi sentire. Il gestaccio e la linguaccia che ricevette in risposta erano garanzia del fatto che la sua deliziosa neo-consorte avesse afferrato perfettamente ciò che aveva appena detto. La seguì, ancora scuotendo la testa, e, non appena l’ebbe raggiunta, le cinse la vita e la baciò. La lasciò andare soltanto nel momento in cui furono giunti di fronte al portone di casa.
< Pensi davvero che un giorno te ne potresti pentire? > gli chiese Meg, estremamente seria. Lui le rispose con un altro ampio sorriso, rincuorandola. Giocò con i suoi capelli scompigliati, poi le si avvicinò all’orecchio e le posò un bacio anche lì.
< No > le sussurrò, sincero, e guardando quegli occhi verdi capì che sarebbe stato impossibile affermare il contrario.


Angolo dell’autrice

Okay, okay, okay. Sono tornata! Okay, va bene, vi devo delle spiegazioni, ma giuro che stavolta io non c’entro assolutameeeente niente. Mi ero ripromessa di pubblicare immediatamente dopo la Maturità, e invece BOOM, il pc è morto. Proprio così. Il bambino è rimasto al centro riparazioni per tre mesi e mezzo e io non avevo una beata copia di niente da nessuna parte... ma adesso è tornato a casa, ed è questo l’importante. <3
Spero di esser ritornata con un capitolo degno di questo nome, davvero. Non voglio deludere nessuno e spero sia stato all’altezza delle aspettative, a maggior ragione se avete dovuto aspettare tutto questo tempo. Mi sento terribilmente in colpa. D:
Santo cielo, quasi non ricordo più come si scrivono le note a fine capitolo, mi sento totalmente spaesata! Ma a nessuno interessano i miei drammi esistenziali, quindi non voglio tediarvi eccessivamente :’) come sempre vi ricordo che accetto qualsiasi critica costruttiva, qualsiasi appunto, qualsiasi suggerimento e così via, qualsiasi cosa possa aiutare a migliorarmi e soprattutto a migliorare la storia e renderla più vicina a voi. :)
Ora, è il momento di svelare il solito arcano (?): il titolo è di Marisina Vescio, mentre la canzone in apertura è, come avrete ben intuito, Against all Odds di Phil Collins.
Detto questo mi tocca proprio andare, l’Università è appena iniziata e c’è già tanto, tanto da studiare!
Ringrazio:
Angel_Mary, aurora weasley, Beatris Humble, bridilepo, brunettes, Catebaggins, ChiaraColfer95, Daniela_97, Deader, Delta_Mi, Emmy29, eott56, EzraScarlet, Fanny_Weasley, FedeSerecanie, FranChan, Frederique Black, hufflerin, JeckyCobain, maryanne armstrong, Meissa Antares, Perla_Bartolini, pintoisreal, Quella che ama i Beatles, Secretly_S, Soleil Jones, Strix, valepassion95, Vivi_AB, WikiJoe, Zvyagintsevaely, _LenadAvena_, _Sherry_, __Lunatica , che seguono la storia;

EmmaDiggory15, FedeSerecanie, HilaryWhite, JeckyCobain, Jilliana, kariwhite003, Lollie, Martillaaa, MaryWeasley, Meissa Antares, soxsmile, Spark_, sweet years_giuly_, Trillian_97, Vivi_AB, Welcome to the darkside, xleez_, Zarael, __Malandrina , che hanno inserito la storia tra le preferite;

Azazel_, IpseDixit, Leeyum_isMyBatman, Luna Paciock, maryanne armstrong, Perla_Bartolini , che l’hanno inserita tra le ricordate;

Angel_Mary, Meissa Antares e Trillian_97 , che hanno recensito il capitolo precedente. <3

Infine vorrei ringraziare anche xleez_ che ha segnalato la prima storia, I have finally realised I need your love (un titolo più breve non lo potevo scegliere, ma no… amo complicarmi l’esistenza, sempre), per l’inserimento tra le storie scelte del sito, provocandomi un mezzo infarto ed un attacco isterico incredibile di ridarella. Ogni tanto fa bene :D
Di nuovo un ringraziamento a tutti, state certi che non dovrete aspettare di nuovo sei mesi per il prossimo capitolo (di cui però non posso darvi un’anticipazione dato che ancora attende ansiosamente di essere ricopiato sul pc. Lo farò presto, promesso!). (:
Mi siete mancati a dismisura.

Love you all,
Jules
   
 
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