1_This Is Not The First Time
Dicono
che ognuno di noi ha un paio d’ali, ma che solo chi sogna impara a volare.
C’è chi
ci crede, come invece chi fa finta di non sapere nemmeno cosa voglia dire
lasciare andare i pensieri.
Ma
c’è una storia… una storia che dimostra quanto tutto ciò sia vero.
Di quanto
le persone possano cambiare nel giro di un secondo per merito di un sogno.
Quel
giorno Ronald Weasley non aveva nessunissima intenzione di muoversi dal suo
letto.
Era così
caldo, accogliente, comodo… perché farlo? E poi fuori era un freddo cane e la giornata che lo aspettava non era certo delle
migliori.
-Ron!-
Disse una voce ben lontana dai sogni del lentigginoso ragazzo. –Ron, per
favore! Alzati o faremo tardi-
-No,
lasciami dormire…- brontolò lui lottando contro
un’esile mano che cercava inutilmente di portargli via il suo tanto amato
piumone a quadri.
-Certo
che sei proprio un cretino…- La mano mollò la presa
dopo più di dieci minuti di lotta estenuante, e il respiro affannoso della
ragazza si fece più lontano. Ron udì la porta aprirsi e richiudersi subito dopo.
-Finalmente…-
Agguantò il bordo del morbido piumone e se lo tirò sulle spalle, lì dove lei lo
aveva scoperto. Si ridistese per bene e si preparò a tornare a ronfare.
Improvvisamente
però, quando meno se lo aspettava, la ragazza rispuntò dal nulla e lo scoprì
totalmente, mostrando all’aria gelata i boxer a quadretti e la canottiera
grinzosa.
-Uffa-
protestò lui mettendosi le mani sugli occhi pesti, –Certo che sei proprio una rompica…-
-Ron, per
favore!- Lo interruppe lei con voce gelida quasi quanto l’aria, -Non ho voglia
di sentire certe parole così di mattina… non è il caso che tu faccia queste storie. Non sei più un bambino-
Detto
questo spalancò la finestra al lato del letto, ignorando i commenti poco
gradevoli di Ron, prese alcuni vestiti dall’armadio e
li gettò sul letto, girò sui tacchi ed uscì dalla stanza con un commento
tutt’altro che educato.
-E poi
dice a me…- Disse Ron mettendosi a sedere e cercando di aprire quelle maledette
palpebre così decise a rimanere chiuse, senza curarsi
troppo di tenere basso il tono della voce -E che cavolo!-
-Ron!- la
ragazza lo ammonì da dietro la porta chiusa.
-Hermione!-
Le fece il verso lui, osservando la neve scendere sui tetti imbiancati di Daftown.
Ancora intontito
dal sonno, si alzò barcollando e si diresse verso la porta del bagno. Appena fu dentro, aprì il rubinetto del lavandino e si
sciacquò il viso, per asciugarsi poi con l’asciugamano.
Osservò
per un attimo il suo riflesso sullo specchio.
Non ha senso. Tutte le mattine la
stessa storia…
Tirò
fuori il rasoio da un cassetto di lato, e cominciò a radersi svogliatamente.
Se c’era
una cosa che faceva imbestialire Ronald Weasley era proprio quella che non esistesse ancora un incantesimo che rasasse la barba bene
come il rasoio elettrico. Aveva ormai imparato a convivere con la barba che
cresceva ogni giorno di più, ma non riusciva a mandare giù il fatto di dover
usare un aggeggio babbano.
-Ti va un
goccio di caffé?- La voce di Hermione provenne dalla
camera, e il profumo di caffé appena fatto lo raggiunse dolcemente.
-Ok-
borbottò lui assaporando il profumo.
Sentì la
ragazza tornare in cucina.
Posò il
rasoio e si diresse verso il letto, dove Hermione aveva scaraventato i vestiti.
Si mise a sedere, prese i jeans e se li infilò su per
le gambe muscolose. Poi agguantò la camicia bianca e, dopo essersi sfilato la
canottiera e averla gettata in un angolo, la abbottonò per metà.
Richiuse
la finestra e uscì dalla camera.
-Eccoti-
disse Hermione, che era seduta al tavolo con in mano
una tazza di caffé e stava indicando un’altra tazza fumante lì vicino.
Lei lo osservò mentre finiva di agganciarsi la camicia e si metteva
a sedere tranquillo.
-Bè,
cos’è tutta questa calma?- chiese severa.
-Eh dai, Herm- rispose lui annoiato, guardandola negli occhi.
Sapeva che quando faceva così lei non sapeva resistergli.
Infatti
Hermione lo maledì come non aveva mai fatto.
Odiava quando la guardava con quegli occhi azzurri. Le faceva perdere il controllo
delle cose e non lo poteva sopportare.
Per di
più quella mattina era semplicemente irresistibile. Capelli spettinati, camicia
mezza aperta, guance rosse.
-Ok ok-
si arrese lei abbassando lo sguardo verso la tazza fumante, -Ma lo sai che non
posso perdere il treno-
L’ultima
affermazione colpì Ron come una pugnalata in pieno petto.
Se n’era scordato. Completamente.
Hermione
era lì quella mattina, non per una delle sue solite visite, ma perché lui
avrebbe dovuto accompagnarla fino alla stazione, dove avrebbe preso il treno
fino a Oxford.
-Non
dirmi che te n’eri dimenticato- esclamò lei rassegnata, rialzando lo sguardo.
-Bè,
veramente…- cercò di scusarsi lui portandosi una mano dietro la testa e
cominciando a torturasi i capelli ancora spettinati.
-Ron, sei
incorreggibile!- ribadì Hermione sorridendo.
Lui bevve
tutto il caffé in un sorso e si alzò per portare la tazza al lavello.
-Modestamente…-
mormorò sorridendo.
Lei si
lasciò sfuggire una risatina, sorseggiando l’ultimo
goccio di caffé rimasto.
-Ripeto-
disse, -sei incorreggibile. E per me hai qualche
problema. Ti farò ricoverare al San Mungo uno di questi giorni-
Prima che
lui potesse ribadire si alzò allegra e gli mise in
mano la sua tazza vuota.
-Adesso andiamo- disse poi, prendendo il cappotto nero poggiato sul
secolare divano, una volta appartenete all’intera famiglia Weasley.
Ron
rimase appoggiato al bancone, incapace di muoversi. Sarebbe partita ancora una
volta, e lui non sarebbe riuscito a fermarla.
Si
torturò le mani osservando i grossi bottoni neri della giacca di Hermione.
-Ron-
disse lei vedendo che non si era spostato di un millimetro, -possibile che ti
ci voglia così tanto per abituarti?-
Era più
di un anno che andava e veniva da Oxford, e tutte le volte era un trauma. Ron
assumeva quell’aria da cane bastonato e non diceva una parola per l’intero
viaggio fino alla stazione.
Lui
annuì.
-Lo sai
che lo faccio per lo studio- riprese lei con aria falsamente severa, - mi sono stufata di vederti sempre così triste, capito?-
Si
avvicinò al ragazzo che la guardò con aria interrogativa.
-Promettimi
che domani mi chiami- disse dandogli una pacca sulla
spalla.
-Ok-
rispose lui mettendole a sua volta una mano sulla spalla sottile e dirigendosi
verso l’attaccapanni rugginoso, vicino alla porta d’ingresso.
Prese il
giubbotto verde militare e se lo infilò.
-Hai
intenzione di venire solo con quella camicia? È freddo- lo
ammonì Hermione.
Ron fece
spallucce e dopo essersi infilato le scarpe, cercò con lo sguardo il baule
marrone con le iniziali ‘HG’ che Hermione usava sempre per i suoi viaggi.
Lei si
avvicinò e indicò il borsone di pelle che portava sulla spalla. Prese le chiavi
dalla tasca del giubbotto di Ron, aprì la porta e, una volta che tutti e due furono nel vecchio corridoio del palazzo, serrò
la porta restituendo le chiavi al proprietario.
Insieme scesero le scale, che ad ogni loro passo scricchiolavano
come se stessero per cadere da un momento a l’altro e dopo qualche secondo
arrivarono in strada, una delle tante affollate di Daftown, proprio di fianco
alla libreria. Salirono su una vecchia carretta parcheggiata lì davanti.
Hermione
adorava quella macchina. Era scassata, fumante e lenta come una tartaruga, ma Ron ne era il proprietario, e a differenza
della vecchia Ford Anglia, non era stregata ma assolutamente babbana.
Ron le
aprì la portiera ed Hermione entrò sorridendo infilandosi un cappello azzurro,
poi si diresse verso la portiera dall’altro lato, entrò e si sedette al posto
del guidatore. Infilò le chiavi.
Lei le
osservò per qualche istante. C’era un pupazzetto attaccato. E non poté non
ricordarsi di quando lei glielo aveva regalato.
-Tieni
ancora quel coso?- chiese mentre Ron metteva in moto.
Lui lo
osservò, sorrise e annuì.
-Perché,
non dovrei?- chiese poi, svoltando l’angolo verso una piccola strettoia che lo
avrebbe portato sulla strada principale per Londra.
Lei fece
spallucce e improvvisamente scoppiò a ridere.
-Che c’è?- fece lui sorpreso, facendo partire i tergicristalli
cigolanti per grattare via la brina dal vetro.
-Ti ricordi quando te l’ho dato?-
Come
dimenticare. Era stato uno dei momenti più belli della vita di tutti e due.
La prima volta che festeggiavano seriamente il Natale, senza preoccupazioni
o guerre in corso.
Tutto tranquillo.
Erano
nella sala comune di Grifondoro di fronte al camino, il piccolo Ronald e la piccola Hermione. Accanto a loro c’era un piccolo Harry
felice come non mai.
Lei tirò
fuori due pacchetti da dietro la schiena e li porse ai ragazzi che la
guardarono allegri, anche se un po’ delusi dalle dimensioni minuscole del
regalo.
-Hermione-
aveva chiesto Ron, -cos’è questa roba?-
-Dai, apritelo!- aveva risposto lei senza svelare nulla.
Quando
si ritrovarono in mano due piccoli pupazzetti di peluche, simili a nessun
animale esistente al mondo e piuttosto bruttini, quasi avrebbero voluto
buttarli nel fuoco, ma si limitarono a ringraziarla.
Ricordò
che si era aspettata quelle facce, ma poi spiegò loro che quelli non erano
semplici pupazzi. A parte che li aveva fatti lei, con le sue mani, ma erano in
grado di definire l’umore della persona che li teneva in mano.
Diventava
rosa se quella persona era felice, verde se era arrabbiata, rosso era triste e
blu era euforico. Tutti e due i pupazzetti divennero
rosa non appena i ragazzi li presero tra le mani.
-Certo
che me lo ricordo…- disse Ron riportandola alla
realtà. Tenendo con una mano il volante afferrò il pupazzetto con l’altra,
sfoggiando un sorriso spensierato, largo da orecchio a
orecchio.
Hermione
lo guardò e gli occhi le brillarono quando vide che da
quel marrone indefinito era diventato rosa.
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Rieccomi
qua, stavolta con una piccola ficcina… Ok, non è un granché come chap, ma è
solo il primo ^^ Mi è venuta l’ispirazione poco prima di Natale, ma solo ora mi
sono decisa a pubblicarla ç__ç
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