Il lavoro aveva assorbito tutto il suo pomeriggio e a Gregory sembrò di riemergere al mondo assolato e quasi assopito di Tokyo quando l'irradiante luce del crepuscolo illuminò quello scorcio di giornata d'autunno.
L'uomo si stiracchiò come un gatto sulla sedia girevole, con i gomiti ancora puntellati sulla scrivania. Poi lo sguardo gli cadde sulle maniche della camicia, poco professionalmente rimboccate, e sui suoi polsi abbronzati e nudi.
Su quello sinistro faceva bella mostra il "Portofino" dal cinturino in cuoio nero. Ormai era diventata un'abitudine infilarselo al mattino, al pari della vera nuziale.
Era stato un regalo di Julian. Un regalo di compleanno e di affetto.
Lo sorprese il fatto che le lancette fossero allineate sulle tre meridiane. Ormai era quasi sera.
Una sensazione stranissima, forse premonitoria e pentita, gli causò un brivido.
Le lancette erano rimaste ferme lì, all'ora della sua promessa mancata. All'ora in cui aveva scelto di restare in ufficio anziché svignarsela al campo per far contento suo figlio.
Si diede dello sciocco per essere così facilmente suggestionabile: certamente era solo la batteria che doveva essere cambiata!
Il trillo del telefono lo distolse da paure infondate dettate, certamente, solo dalla stanchezza.
"Gregory!"
La voce dall'altro capo arrivò lontanissima, stanca e addirittura terrorizzata. Un singhiozzo spezzato.
Non aveva mai colto tante sfumature drammatiche in una sola parola pronunciata da sua moglie. E niente e nessuno avrebbe potuto prepararlo a quello che lei disse dopo.
"Vieni subito in ospedale. Si tratta di Julian!"
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Grazie, grazie, grazie a chi ha letto e recensito il capitolo precedente^^